ProfileLe guerre dell'Impero in declino, 25 marzo 2023 - Il mandato di arresto della Corte penale internazionale per il presidente russo Vladimir Putin serve, se non altro, a distogliere un po’ l’attenzione dai misfatti e dai crimini di altri leader attuali e precedenti (nella foto, i criminali George W Bush, Tony Blair e John Howard)        

 

Dissident Voice, 20 marzo 2023 (trad.ossin)
 
Criminali in libertà: la guerra in Iraq vent'anni dopo
Binoy Kampmark
 
Il mandato di arresto della Corte penale internazionale per il presidente russo Vladimir Putin è arrivato al momento opportuno. Serve, se non altro, a distogliere un po’ l’attenzione dai misfatti e dai crimini di altri leader attuali e precedenti. La Russia, non essendo un paese membro della CPI, non riconosce la giurisdizione della Corte dell’Aia. Nemmeno gli Stati Uniti, del resto, nonostante le risatine del presidente degli Stati Uniti Joe Biden
 
I criminali di guerra Tony Blair, George W Bush e John Howard
 
Vent'anni dopo, l'ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush, l'ex primo ministro britannico Tony Blair e anche l’australiano John Howard, la troika maggiormente responsabile non solo dell'invasione criminale di un paese straniero, ma anche del cataclisma regionale e globale che ne è conseguito, restano in libertà. Da allora, Bush ha iniziato a dipingere; Blair e Howard hanno preferito vendere pezzi di presunta saggezza nel circuito delle conferenze.
 
L'invasione dell'Iraq del 2003 da parte della Coalition of the Willing guidata dagli Stati Uniti è stata un esempio da manuale di violazione di quello stesso sistema internazionale di regole cui Washington, Londra e Canberra fanno appello, quando si tratta di condannare i nemici di turno da bollare come criminali internazionali. L’invasione dell’Iraq riflette pienamente quelle cupe parole del Tribunale militare internazionale, pronunciate al processo per crimini di guerra di Norimberga nel 1946: “La guerra è essenzialmente una cosa malvagia. Le sue conseguenze non si limitano ai soli Stati belligeranti, ma interessano il mondo intero. Iniziare una guerra di aggressione, quindi, non è solo un crimine internazionale; è il crimine internazionale supremo che si differenzia dagli altri crimini di guerra perché contiene in sé la somma di tutti i mali”.
 
L'invasione dell'Iraq ha sfidato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che avrebbe dovuto essere l’unico arbitro sulla necessità o meno dell'uso della forza per combattere una vera minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale. Ha violato la Carta delle Nazioni Unite. Ha incoraggiato casi di orrenda menzogna (quelle delle armi di distruzione di massa) e l’enfatizzazione delle presunte minacce provenienti dal regime di Saddam Hussein.
 
Ivi compreso l'indimenticabile contributo britannico sulla presunta capacità di Saddam di lanciare armi chimiche e biologiche in 45 minuti. Come Blair dichiarò ai parlamentari nel settembre 2002: “Essa [il servizio di intelligence] conclude che l'Iraq ha armi chimiche e biologiche, che Saddam ha continuato a produrle, che ha piani militari esistenti e attivi per l'uso di armi chimiche e biologiche, che potrebbe essere attivato in 45 minuti".
 
Putin, che non soffre di amnesia su questo punto, vi ha fatto riferimento nel suo discorso che ha annunciato l'attacco della Russia all'Ucraina. L'Iraq, ha osservato, era stato invaso "senza alcun fondamento legale". Le bugie, ha detto, sono state testimoniate “al più alto livello statale e espresse dall'alto podio delle Nazioni Unite. Come conseguenza, abbiamo assistito a un'enorme perdita di vite umane, danni, distruzione e una colossale ondata di terrorismo".
 
Subito dopo l'invasione, l'infrastruttura del paese andò in rovina, il suo esercito e i suoi servizi pubblici vennero sciolti, creando in tal modo enormi riserve di reclute per l'insurrezione che ne è seguita. Il Paese, diviso tra sciiti, sunniti e curdi e governato da una forza di occupazione di colossale inettitudine, ha subito un vero e proprio collasso, lasciando un vuoto, sfruttato dai jihadisti e, poi, dallo Stato islamico.
 
Dopo l'invasione, sono stati intrapresi numerose iniziative della società civile contro il discutibile triumvirato di guerrafondai evangelisti. Il tribunale per i crimini di guerra di Kuala Lumpur, convocato per quattro giorni nel novembre 2011, ha invocato la giurisdizione universale per ritenere Bush, Blair ei loro complici colpevoli dell'atto di aggressione.
 
Nonostante il suo inconfondibile sapore politico – l'organismo originario era stato istituito unilateralmente dall'ex primo ministro malese Mahathir Mohamad – il suo ragionamento era abbastanza solido. L'invasione dell'Iraq non poteva “essere giustificata da alcuna ragionevole interpretazione del diritto internazionale” e minacciava “di riportarci in un mondo in cui la legge della giungla prevale sullo stato di diritto, con conseguenze potenzialmente disastrose per i diritti umani, non solo degli iracheni ma dei popoli di tutta la regione e del mondo”.
 
Anche la SEARCH Foundation con sede a Sydney ha deciso di presentare una denuncia alla CPI nel 2012, sperando che l'organismo conducesse un'indagine e emettesse un mandato di arresto per Howard. Nel settembre 2013, Peter Murphy, Segretario della Fondazione, ha sporto denuncia, accusando, tra una serie di reati, la commissione di atti di aggressione, violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani e crimini contro la pace. L’iniziativa non ebbe successo, lasciando Howard irritantemente libero.
 
Dopo due decenni, gli Stati Uniti si trovano ancora invischiati in Iraq, con 2.500 soldati di stanza con compiti che difficilmente si esauriranno troppo presto. Detto questo, i parallelismi con l'Afghanistan sono già stati tracciati. Nel 2022, il capo uscente del comando centrale degli Stati Uniti, il generale dei marine Frank McKenzie, ha delineato gli obiettivi: "Vogliamo giungere a un punto in cui le nazioni e i loro apparati di sicurezza siano in grado di affrontare una violenta minaccia estremista senza necessità di un nostro supporto diretto".
 
Ironia della sorte, tali violente minacce estremiste sono state non poco incoraggiate dal disastroso intervento di Washington. Alla fine, gli iracheni dovrebbero semplicemente accettare di "farsi carico da soli di quello che finora abbiamo fatto noi".
 
La calamità dell'Iraq è anche un salutare monito per i paesi che siano disposti a fare affidamento sull’alleanza con gli Stati Uniti, o a fare affidamento sulla buona grazia di Washington. Essere un nemico degli Stati Uniti potrebbe essere pericoloso, ma come ci ricorda Henry Kissinger, essere un amico potrebbe rivelarsi fatale.
 
 
 
Ossin pubblica articoli che considera onesti, intelligenti e ben documentati. Ciò non significa che ne condivida necessariamente il contenuto. Solo, ne ritiene utile la lettura

 

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