Giocando a "Fool's Mate" sulla grande scacchiera eurasiatica
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Le guerre dell'Impero in declino, 15 aprile 2023 - Da almeno una generazione o più, le politiche internazionali degli Stati Uniti sono sempre più governate dal Ministero della Propaganda, e siamo forse giunti oramai alla resa dei conti (nella foto, Zbigniew Brzezinski)
Unz Review, 3 aprile 2023 (trad.ossin)
Giocando a "Fool's Mate" sulla grande scacchiera eurasiatica
Ron Unz
Da almeno una generazione o più, le politiche internazionali degli Stati Uniti sono sempre più governate dal Ministero della Propaganda, e siamo forse giunti oramai alla resa dei conti
Mercoledì scorso il Wall Street Journal ha riferito che l'Arabia Saudita avrebbe aderito alla Shanghai Cooperative Organization cinese, una decisione arrivata poche settimane dopo l'annuncio del ristabilimento delle relazioni diplomatiche con l'arcinemico Iran, a seguito dei negoziati tenutisi a Pechino sotto gli auspici cinesi. Per tre generazioni, il regno ricco di petrolio è stato il più importante alleato arabo degli USA, e la frase iniziale dell'articolo del Journal sottolineava come queste novità importanti denunciassero il declino della nostra influenza in Medio Oriente.
Lo stesso giorno, il Brasile ha dichiarato che stava abbandonando l'uso dei dollari nelle sue transazioni con la Cina, il suo principale partner commerciale, e prima ancora era stato annunciato un incontro del presidente del Brasile col leader cinese, a sostegno degli sforzi di quest’ultimo per porre fine alla guerra Russia-Ucraina, iniziativa diplomatica fortemente osteggiata dal nostro stesso governo. Con un effetto domino geopolitico, sembra che l’influenza statunitense stia rapidamente crollando.
A causa dell’enorme deficit di bilancio e commerciale del nostro paese, il mantenimento di un alto tenore di vita negli Stati Uniti dipende fortemente dall'uso internazionale del dollaro, specialmente per le vendite di petrolio, quindi questi sono sviluppi estremamente minacciosi. Per decenni, abbiamo scambiato senza limiti la firma del nostro governo con beni e merci da tutto il mondo e, se ciò diventa molto più difficile, la nostra situazione globale potrebbe degenerare in modo disastroso. Durante la crisi di Suez del 1956, il minacciato crollo della sterlina britannica segnò la fine dell'influenza della Gran Bretagna sulla scena globale, e gli USA potrebbero avvicinarsi rapidamente al proprio "momento di Suez".
Nonostante i nostri enormi sforzi e il forte sostegno dei media occidentali globali, pochi paesi diversi dai nostri servili vassalli sono stati disposti a seguire il nostro esempio e imporre sanzioni alla Russia, un'ulteriore prova della nostra influenza internazionale notevolmente ridotta.
Sin dagli anni '80 ho considerato lo spostamento tettonico del potere geopolitico in Cina come una conseguenza quasi inevitabile dello sviluppo di quel paese, e più di un decennio fa avevo descritto quelle potenti tendenze, già visibili da tempo.
Ron Unz • The American Conservative • 17 aprile 2012 • 6.600 parole
Ma ora i fatti sono diventati palesemente evidenti. Jacques Sapir è direttore degli studi presso l'EHESS, una delle principali istituzioni accademiche francesi, e pochi mesi fa ha pubblicato un breve articolo in cui espone sorprendenti statistiche economiche, un'analisi che ha ricevuto meno attenzione di quanto meriti.
Jacques Sapir • American Affairs • 20 novembre 2022 • 1.700 parole
Ha spiegato che, secondo i tassi di cambio nominali, la Russia sembrava avere una piccola economia, pari solo alla metà di quella della Francia, e più o meno uguale a quella della Spagna, quindi si presentava come molto vulnerabile all'ondata senza precedenti di sanzioni occidentali imposte dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Ma la Russia è sopravvissuta quasi indenne, e invece è stato l'Occidente a subire gravi carenze energetiche, una grave ondata di inflazione e altri gravi stress economici, suggerendo che i parametri utilizzati fossero semplicemente illusori.
Al contrario, secondo il criterio assai più realistico della parità di potere d'acquisto (PPP), l'economia della Russia è in realtà molto più grande, essendo paragonabile a quella della Germania. Ma anche tale metro di misurazione sottovaluta seriamente il vero equilibrio del potere internazionale.
Tra le economie occidentali, i servizi costituiscono una frazione ampia, a volte schiacciante, dell'attività economica totale e le relative statistiche sono molto più soggette a manipolazione. Alcuni economisti hanno sostenuto che lo spaccio di droga, la prostituzione e altre attività criminali dovrebbero essere incluse in quel totale, il che quindi aumenterebbe la nostra presunta prosperità nazionale.
Al contrario, durante i periodi di aspro conflitto internazionale, i settori produttivi del PIL - industria, miniere, agricoltura e costruzioni - costituiscono probabilmente una misura di gran lunga più realistica del potere economico relativo, e la Russia è molto più forte in quei settori. Quindi, sebbene il PIL nominale della Russia sia solo la metà di quello della Francia, la sua economia produttiva reale è più del doppio, rappresentando quasi un cambiamento di cinque volte nell’equilibrio economico. Questo aiuta a spiegare perché la Russia abbia superato così facilmente le sanzioni occidentali che avrebbero dovuto paralizzarla.
Quando Sapir applica questa stessa analisi ad altri paesi, i risultati sono ancora più notevoli. Anche se i nostri falsi media mainstream descrivono invariabilmente la Cina come la seconda economia più grande del mondo, in realtà la Cina ha superato gli Stati Uniti in termini reali diversi anni fa, come chiunque può confermare consultando il World Factbook della CIA. Ma mentre in Cina solo un sostanziale 44% dell'economia è costituito da servizi, il settore dei servizi statunitense - pubblicità, vendite al dettaglio, istruzione, servizi personali, consulenza sulla diversità - ammonta a quasi l'80% del totale, riducendo la nostra produzione mercantile solo ad una piccola frazione.
Una delle tabelle di Sapir ha dimostrato che già nel 2019 l'economia produttiva reale della Cina era già tre volte più grande di quella statunitense.
In effetti, nel 2017 il settore produttivo reale della Cina ha superato il totale combinato di USA, Unione Europea e Giappone.
Gli ammiratori degli USA esaltano spesso i nostri presunti vantaggi in materia di tecnologia e innovazione ma, sebbene il nostro vantaggio passato sia stato enorme, questo sembra meno vero oggi, e lo sarà ancor meno in futuro. Sapir ha fornito un grafico che mostra l'enorme crescita delle domande di brevetto cinesi negli ultimi quarant'anni, che sono aumentate da quasi nulla ad oltre il 60% del totale mondiale entro il 2018, quasi cinque volte la quota statunitense.
Ci sono alcune prove empiriche che confermano le statistiche ufficiali. Le aziende statunitensi hanno creato, e un tempo dominato interamente, l'ecosistema dei social media e degli smartphone così importante per i consumatori globali, e per anni la loro posizione è sembrata inattaccabile. Ma secondo un recente articolo del WSJ, quattro delle cinque app per smartphone più popolari negli Stati Uniti sono ora cinesi, con Facebook al quinto posto. La risposta principale della nostra classe politica bipartisan è stata quella di minacciare il divieto di TikTok, molto popolare tra i nostri giovani, proprio come la nomenklatura della decadente Unione Sovietica una volta aveva cercato disperatamente di vietare i blue jeans occidentali e la musica rock.
Questa rapida ascesa della Cina in termini di tecnologia e competitività economica non sorprende. Come ha sottolineato il fisico Steve Hsu nel 2008, secondo i dati psicometrici internazionali, la popolazione statunitense registra circa 10.000 individui con un QI di 160 o superiore, mentre il totale per la Cina è di circa 300.000, una cifra trenta volte maggiore.
La più grande vulnerabilità strategica della Cina è la sua dipendenza dall'energia e dalle materie prime che deve importare per alimentare la sua massiccia base industriale e, in caso di scontro, gli USA potrebbero servirsi del controllo sui mari per impedire tali rifornimenti vitali. Ma la Russia possiede il più grande scrigno del mondo di tali risorse, e la nostra incessante ostilità ha ora spinto quel paese in uno stretto abbraccio col suo vicino cinese, come recentemente sottolineato dal vertice di Mosca dei loro due leader.
Pertanto, siamo stati noi stessi a forgiare una forte alleanza Cina-Russia che sembra destinata a spodestare gli USA dalla loro posizione globale dominante. Un tale risultato sarebbe un evento di proporzioni storiche, paragonabile per grandezza al crollo dell'Unione Sovietica tre decenni fa.
Graham Allison di Harvard è stato il decano fondatore della Kennedy School of Government, quando io ero ancora al liceo, e il suo influente bestseller del 2017 Destined for War ha coniato l'espressione "la trappola di Tucidide" per quello che temeva potesse essere un quasi inevitabile conflitto tra una Cina in ascesa e gli USA superpotenza unica. Ma la nostra irrazionale ostilità nei confronti della Russia ha ora trasformato il panorama geopolitico, e la scorsa settimana Allison ha utilizzato le pagine di Foreign Policy per sostenere che l'alleanza Cina-Russia ora probabilmente ha superato la nostra:
It’s become more important than Washington’s official alliances today
Graham Allison • Foreign Policy • 23 marzo 2023 • 1.300 parole
Vale la pena citare integralmente i paragrafi conclusivi:
Una regola elementare delle relazioni internazionali è che "Il nemico del mio nemico è mio amico". Affrontando contemporaneamente sia la Cina che la Russia, gli Stati Uniti hanno contribuito a creare quella che l'ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Zbigniew Brzezinski definì una "alleanza dei danneggiati". Ciò ha permesso a Xi di ribaltare il successo della "diplomazia trilaterale" di Washington degli anni '70, che aveva ampliato il divario tra la Cina e il principale nemico degli Stati Uniti, l'Unione Sovietica, in modi che hanno poi contribuito grandemente alla vittoria degli Stati Uniti nella Guerra Fredda. Oggi, nelle parole di Xi, Cina e Russia sono sempre più vicine.Dal momento che Xi e Putin non sono solo gli attuali presidenti delle loro due nazioni, ma anche leader le cui cariche non hanno effettivamente date di scadenza, gli Stati Uniti dovranno capire che si trovano di fronte all'alleanza non dichiarata più significativa del mondo.
Secondo Allison, stiamo attualmente assistendo alla fine dell'indiscusso dominio globale statunitense che seguì al crollo dell'Unione Sovietica più di trent'anni fa. Pertanto, era del tutto appropriato che citasse le opinioni di Zbigniew Brzezinski, il politologo di origine polacca che era stato uno dei principali artefici della nostra strategia di successo per vincere la Guerra Fredda.
Studioso accademico di lunga data della scuola "Realista" presso le università di Harvard e Columbia, Brzezinski era stato il principale organizzatore della Commissione Trilaterale nel 1973 e, nel 1976, venne nominato Consigliere per la Sicurezza Nazionale nell'Amministrazione Carter, guadagnando gradualmente ascendente per la sua linea più dura rispetto al suo rivale, il Segretario di Stato Cyrus Vance. Brzezinski ha fortemente sostenuto l'attività dei dissidenti dell'Europa orientale, particolarmente quella del potente movimento Solidarnosc nella sua nativa Polonia, e ha anche organizzato una pesante assistenza militare ai ribelli musulmani nell'Afghanistan controllato dai sovietici. Entrambi queste iniziative hanno probabilmente svolto un ruolo significativo nell'indebolire fatalmente l'URSS.
In effetti, sebbene Brzezinski fosse lui stesso un democratico con forti tendenze socialdemocratiche, le sue posizioni di politica estera erano così ammirate dai conservatori repubblicani che qualcuno afferma che Ronald Reagan gli abbia offerto di mantenere lo stesso ruolo, dopo avere sconfitto Carter nel 1980.
Verso la metà degli anni '80, Brzezinski si era convinto che il comunismo sovietico fosse in declino terminale e, nel 1989, pubblicò The Grand Failure, con il sottotitolo profetico "La nascita e la morte del comunismo nel ventesimo secolo". L'opera è apparsa in stampa quasi un anno prima che la caduta del muro di Berlino segnasse la fine di un'epoca.
Il crollo della cortina di ferro ha riunito le metà separate dell'Europa due generazioni dopo la loro separazione, e questo è stato seguito due anni dopo dal crollo scioccante e dalla disintegrazione della stessa Unione Sovietica. Mosca perse presto il controllo sui territori che aveva governato per secoli, e i suoi confini tornarono a quelli di prima del regno di Pietro il Grande nel 1682.
L'improvvisa scomparsa dell'URSS ha trasformato totalmente il panorama geopolitico, lasciando gli Stati Uniti come unica superpotenza mondiale, con un dominio incontrastato sull'intero globo, una situazione unica nella storia del mondo.
Brzezinski rifletté sulle conseguenze di quello sconvolgimento globale e, nel 1997, pubblicò The Grand Chessboard, un libro breve ma influente che illustrava la posizione internazionale senza precedenti in cui si erano trovati gli USA e delineava le politiche geostrategiche necessarie a rafforzare il nuovo dominio sul continente mondiale eurasiatico, la regione che costituisce la "grande scacchiera" del suo titolo.
Nel corso degli anni, Brzezinski è stato spesso accusato di aver sostenuto una strategia per l'egemonia globale statunitense permanente, ma penso che tali critici confondessero in realtà le sue idee con il crudo trionfalismo propugnato dai neoconservatori, che seguivano un percorso ideologico completamente diverso. Quando ho letto il suo libro, diversi anni fa, vi ho trovato un'analisi molto ponderata e moderata dei pericoli e delle opportunità che agli USA venivano dalla massa continentale eurasiatica, ed ho anche rilevato come l'autore sottolineasse ripetutamente che il nostro dominio mondiale era solo una condizione temporanea, impossibile da mantenere in modo permanente.
Gli USA erano il suo paese ed egli certamente propose alleanze e altre misure per rafforzare ed estendere la nostra posizione globale, ma cercò di farlo in modo ragionevole e contenuto, evitando azioni provocatorie o precipitose e tenendo anche conto dei legittimi interessi geopolitici di altre grandi potenze come Cina, Russia, Giappone e i maggiori Stati europei.
Il suo libro apparve nel momento in cui erano all'apice assoluto il prestigio e l'influenza statunitense e, all'indomani degli attacchi dell'11 settembre, alcuni anni dopo, Brzezinski divenne un forte critico pubblico dei piani influenzati dai neocon dell'amministrazione Bush per una guerra in Iraq, un errore disastroso che ha distrutto la stabilità del Medio Oriente, ha sperperato la nostra credibilità nazionale e ci è costato molte migliaia di miliardi di dollari. Dalla metà degli anni '70 il suo più stretto alleato e collaboratore fu il suo ex aiutante militare Bill Odom che, da generale a tre stelle ha gestito la NSA per Ronald Reagan durante la metà degli anni '80, e i due in seguito sollecitarono un immediato riavvicinamento strategico con l'Iran e il ritiro dall'Iraq.
I drammatici cambiamenti geopolitici che stiamo vivendo di recente mi hanno spinto a rileggere il breve libro di Brzezinski del 1997 di cui pure mantenevo un ricordo fedele. Esso esordisce con l’esposizione delle ragioni principali del dominio globale degli USA, prevedendo che la maggior parte di esse sarebbero persistite per almeno una generazione e forse più a lungo:
In breve, gli USA sono primi nei quattro domini decisivi del potere globale : militarmente, ha una portata globale senza pari; economicamente, rimane la principale locomotiva della crescita globale, anche se sfidata per certi aspetti da Giappone e Germania (nessuno dei quali gode degli altri attributi della potenza globale); tecnologicamente, mantiene la leadership assoluta nelle aree di punta dell'innovazione; e culturalmente, nonostante qualche volgarità, gode di un fascino che non ha rivali, specialmente tra i giovani del mondo, il che conferisce agli Stati Uniti un peso politico che nessun altro Stato si avvicina a eguagliare. È la combinazione di tutti e quattro che rende gli USA l'unica superpotenza globale completa.
Sebbene l'autore di origine polacca conservasse sicuramente una profonda ostilità personale nei confronti del tradizionale avversario russo della sua patria e il suo libro fosse stato scritto nel momento peggiore del declino nazionale della Russia, sono visibili solo tracce di tale animosità, ed egli considerava pienamente la possibilità che una Russia risorta avrebbe potuto integrarsi con successo in un'Europa allargata, quella "casa comune europea" un tempo promossa da Mikhail Gorbaciov. Esprimeva una certa preoccupazione per l'instabilità nel mondo islamico, ma le nostre disastrose guerre mediorientali successive all'11 settembre gli sembrarono poi atti di inimmaginabile incoscienza e follia.
Il penultimo e più lungo capitolo della sua analisi dell'Eurasia è intitolato "L'ancora dell'Estremo Oriente" e descrive quella regione come "un successo economico senza pari nello sviluppo umano". Si osserva in particolare che, nella fase di decollo dell'industrializzazione, la Gran Bretagna e gli USA hanno impiegato ciascuna circa mezzo secolo per raddoppiare la loro produzione, mentre sia la Cina che la Corea del Sud hanno raggiunto lo stesso risultato in un solo decennio. Brzezinski era fiducioso che, salvo circostanze sfortunate, la Cina sarebbe sicuramente diventata una potenza economica globale leader e credeva che il nostro paese avrebbe dovuto cercare di incorporarla nel sistema mondiale che avevamo costruito, pur riconoscendo correttamente che "la storia della Cina è stata una storia di grandezza."
Ma sebbene le previsioni di Brzezinski sulla Cina fossero molto favorevoli, la sua analisi del 1997 era in realtà piuttosto cauta nelle sue proiezioni. Dubitava che i notevoli tassi di crescita economica del paese sarebbero continuati per un altro paio di decenni, cosa che avrebbe richiesto "una combinazione insolitamente felice di un'efficace leadership nazionale" e numerose altre condizioni favorevoli, sostenendo che una tale "combinazione prolungata di tutti questi fattori positivi non era scontata”.
Era invece orientato verso una prognosi più convenzionale secondo cui, entro il 2017, la Cina avrebbe potuto avere un PIL totale considerevolmente più grande di quello del Giappone, affermandosi così come "una potenza globale, all'incirca alla pari con gli Stati Uniti e l'Europa". Ma la realtà era che in quell'anno il PIL reale della Cina era più di quattro volte superiore a quello del Giappone, e la sua produzione industriale reale era superiore a quella degli USA e dell'Unione Europea messe insieme.
Pertanto, il peso economico della Cina nel mondo di oggi supera di gran lunga le previsioni del 1997 di Brzezinski e tale differenza amplifica l'importanza dei suoi avvertimenti strategici, che la nostra leadership politica ha completamente ignorato. In tutto il suo libro, egli ha ripetutamente sottolineato che il più grande pericolo che gli USA avrebbero dovuto affrontare sarebbe stato l’unione delle principali nazioni eurasiatiche contro di noi:
Infine, occorre brevemente evidenziare alcune possibili contingenze che coinvolgono futuri allineamenti politici... gli Stati Uniti potrebbero dover decidere in quale modo far fronte alle coalizioni regionali che cercano di spingere gli USA fuori dall'Eurasia, minacciando così lo status degli Stati Uniti come potenza globale... scenario pericoloso sarebbe una grande coalizione di Cina, Russia e forse Iran, una coalizione "antiegemonica" unita non dall'ideologia ma da rimostranze complementari... Evitare questa eventualità, per quanto remota essa sia, richiederà una forte abilità geostrategica da parte degli USA attivata simultaneamente sui perimetri occidentali, orientali e meridionali dell'Eurasia.
Tuttavia, una coalizione che allei la Russia sia con la Cina che con l'Iran può svilupparsi solo se gli Stati Uniti sono abbastanza miopi da inimicarsi contemporaneamente Cina e Iran.
Dati i recenti avvenimenti, si comprende come i suoi avvertimenti profetici siano stati completamente ignorati. Invece, la nostra leadership politica nazionale ha scelto di ribaltare esattamente i suoi suggerimenti, e lo ha fatto nonostante la Cina fosse diventata molto più forte di quanto egli stesso avesse previsto.
Lo stesso Brzezinski ha riconosciuto alcuni di questi importanti sviluppi e, l'anno prima della sua morte nel 2017, ha aggiornato la sua analisi per proclamare che l'era del dominio statunitense stava già volgendo al termine e che dovremmo riconoscere quella realtà.
As its era of global dominance ends, the United States needs to take the lead in realigning the global power architecture.
Zbigniew Brzezinski • The American Interest • 17 aprile 2016 • 2.500 parole
Invece di prestare attenzione alle sue preoccupazioni e adeguare ad esse l’iniziativa politica, il nostro governo ha raddoppiato la sua rozza strategia di tentare di mantenere un'impossibile egemonia globale statunitense, una politica che sembra destinata a finire in un disastro nazionale.
I nostri leader hanno apparentemente deciso di giocare una partita a "Fool's Mate" (*) sulla grande scacchiera eurasiatica.
(*) Fool’s Mate è il modo più veloce per dare scacco matto in sole tre mosse nel gioco degli scacchi.
Ossin pubblica articoli che considera onesti, intelligenti e ben documentati. Ciò non significa che ne condivida necessariamente il contenuto. Solo, ne ritiene utile la lettura |