NATO: Occorre una inchiesta sulle operazioni che hanno provocato la morte di civili in Libia.

Almeno 72 persone sono stati uccise nel corso di raid aerei che non avevano un obiettivo chiaramente definito

14 maggio 2012


(Bruxelles) La NATO non ha ancora riconosciuto che i suoi attacchi aerei hanno provocato decine di vittime tra la popolazione civile durante la campagna di Libia del 2011 e non ha svolto alcuna inchiesta sulla possibilità che alcuni di questi raid siano stati illegali, ha dichiarato Human Rights Watch in un rapporto pubblicato oggi.


Questo rapporto di 76 pagine intitolato
“Unacknowledged Deaths: Civilian Casualties in Nato’s Air Campaign in Libya” (Morti non riconosciute: Gli attacchi aerei della NATO in Libia hanno provocato vittime civili) esamina in dettaglio otto raid aerei della NATO in Libia che hanno provocato 72 morti tra i civili, tra cui 20 donne e 24 bambini. E’ il risultato di inchieste sul campo, almeno una per sito, svolte sui luoghi dei bombardamenti durante e dopo il conflitto, anche attraverso interviste di testimoni e di abitanti.


“La NATO ha preso importanti precauzioni per minimizzare il numero delle vittime civili durante la sua campagna in Libia, ma occorre che siano fornite delle informazioni e che si avvino delle inchieste per spiegare come mai 72 civili sono stati uccisi”, ha dichiarato Fred Abrahams, consigliere speciale di Human Rights Watch e principale autore del rapporto. “Il diritto internazionale consente solo attacchi di obiettivi militari e in certi casi si pongono gravi questioni sulla natura reale degli obiettivi della NATO”.


La campagna militare della NATO in Libia, svolta dal marzo all’ottobre 2011, aveva ricevuto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il mandato di proteggere i civili dagli attacchi delle forze di sicurezza dell’ex-capo di stato libico Muammar Gheddafi.


Il numero di civili uccisi nel corso dei raid aerei della NATO in Libia è stato basso, tenuto conto dell’ampiezza dei bombardamenti e della durata della campagna, ha sottolineato Human Rights Watch. Ciononostante, l’assenza di un obiettivo militare chiaramente definito in sette degli otto siti visitati da Human Rights Watch suscita inquietudine quanto alla possibilità che la legge di guerra possa essere stata violata e ciò deve essere oggetto di una inchiesta.


Human Rights Watch ha invitato la NATO a svolgere una inchiesta su tutti gli attacchi che potrebbero essere stati illegali ed a presentare i risultati al Consiglio di sicurezza, che aveva autorizzato l’intervento militare in Libia.


La NATO dovrà anche affrontare la questione delle vittime civili dei suoi raid aerei in Libia durante il summit degli Stati membri che si terrà a Chicago il 20 e 21 maggio, ha affermato Human Rights Watch.


Il rapporto di Human Rights Watch costituisce, ad oggi, lo studio più approfondito del problema delle vittime civili causate dalla campagna aerea della NATO. Esso esamina tutti i siti conosciuti da Human Rights Watch dove gli attacchi della NATO hanno ucciso dei civili. Non vi sono compresi gli attacchi che non hanno provocato la morte di civili, anche se dei civili sono rimasti feriti e dei beni distrutti.


L’incidente più grave si è verificato nel villaggio di Majer, a 160 km a est di Tripoli, la capitale, l’8 agosto 2011, quando un raid della NATO su due blocchi di abitazioni dove vivevano delle famiglie ha provocato 34 morti tra i civili e più di 30 feriti, ha dichiarato Human Rights Watch. In uno di questi quartieri erano ospitate decine di persone sfollate.


Un secondo attacco proprio all’esterno di uno di questi blocchi ha ucciso e ferito dei civili che, secondo testimoni, ispezionavano i luoghi alla ricerca di vittime. Il sistema a raggi infrarossi di cui era dotata la bomba avrebbe dovuto segnalare al pilota la presenza di molte persone al suolo. Se il pilota non fosse stato in grado di stabilire che queste persone erano dei combattenti, il raid avrebbe dovuto essere annullato o diretto su un altro obiettivo.


Secondo la legge di guerra, i belligeranti non possono colpire se non obiettivi militari e devono prendere tutte le precauzioni possibili per ridurre al minimo i danni provocati ai civili. Anche se la presenza di vittime civili non significa da sola che le leggi di guerra siano state violate, i governi hanno l’obbligo di aprire delle inchieste sulle denunce di gravi violazioni e di indennizzare le vittime di attacchi illeciti.


Human Rights Watch ha dichiarato che la NATO dovrà anche prendere in considerazione la possibilità di risarcire economicamente i civili vittime dei suoi attacchi, sia che vi siano state violazioni, sia che non vi siano state, come ha fatto anche in Afghanistan.


Su sette dei siti presi in considerazione dal rapporto, Human Rights Watch non ha trovato indizi – se non dei sospetti – della presenza al momento dell’attacco di forze militari libiche, di armi, di materiale pesante o impianti o comunicazioni. Le circostanze sollevano gravi interrogativi sulla possibilità di considerare gli edifici attaccati – tutti residenziali – obiettivi militari legittimi. Quanto all’ottavo sito, dove tre donne e quattro bambini sono stati uccisi, l’obiettivo era forse un ufficiale libico.


Alcuni responsabili della NATO hanno comunicato a Human Rights Watch che tutti i suoi obiettivi erano militari, dunque legittimi. Ma l’Organizzazione non ha fornito alcuna informazione specifica a sostegno di questa comunicazione, limitandosi in genere a dire che questo o quel sito era “un nodo di comando e di controllo” o una “zona di transito militare”.


La NATO ha affermato che gli edifici colpiti a Majer erano una “base di transito e di bivacco militare” per le forze di Gheddafi, ma non ha fornito alcuna informazione precisa a sostegno di questa affermazione. Nel corso di quattro visite a Majer, una delle quali all’indomani dell’attacco, il solo indizio possibile di una presenza militare trovato da Human Rights Watch è una camicia di stile militare – abito portato correntemente da molti Libici – scoperta tra le rovine di una delle tre case distrutte.


Alcuni membri delle famiglie delle vittime di Majer, oltre ad alcuni vicini, hanno affermato in modo indipendente che non vi era stata alcuna presenza ed alcuna attività militare nel settore, prima e durante l’attacco.


“Mi domando perché hanno fatto questo; perché hanno preso di mira le nostre case?”, si è lamentato Muammar al-Jarud, che ha perso la madre, la sorella, sua moglie e una figlia di otto mesi durante l’attacco. “Si sarebbe potuto capire se nei dintorni vi fossero stati dei carri o dei veicoli militari, ma noi eravamo solo dei civili e non si devono colpire i civili”.


Nell’ambito delle sue ricerche sugli otto incidenti, Human Rights Watch ha visitato i siti, talvolta a più riprese, esaminato i frammenti di armi, interrogato testimoni, letto i referti medici e i certificati di morte, consultato le riprese satellitari, e raccolto foto dei feriti e dei morti. Sono state rivolte delle domande dettagliate alla NATO e agli Stati che hanno partecipato alla campagna, soprattutto nel corso di una riunione dell’agosto 2011 con alcuni responsabili di alto rango della NATO coinvolti nella scelta degli obiettivi.


Il mandato della NATO proveniva dalla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza, che autorizzava l’uso della forza per proteggere i civili in Libia. Il numero relativamente basso delle vittime civili registrate durante questa campagna di sette mesi testimonia della cura con cui la NATO si è sforzata di ridurre al minimo i danni per la popolazione, ha rilevato Human Rights Watch.


Alcuni paesi come la Russia, che hanno avanzato stime esagerate sul numero di civili uccisi nel corso dei raid aerei della NATO durante la campagna di Libia, non hanno fatto riferimento a dati sicuri, ha rilevato Human Rights Watch.


“I paesi che hanno criticato il numero asseritamente massiccio di vittime civili della NATO in Libia cercano di segnare punti sul piano politico piuttosto che proteggere i civili”, ha affermato Fred Abrahams.


La NATO afferma di non potere effettuare inchieste post-operative sulle vittime civili in Libia perché non ha mandato per operare al suolo. Ma la NATO non ha chiesto l’autorizzazione al governo di transizione libico per esaminare gli incidenti nei quali sono stati uccisi dei civili e dovrà farlo senza ritardo, ha affermato Human Rights Watch.


“La cura posta dalla NATO in generale per evitare di provocare vittime tra i civili durante questa campagna viene offuscata dal rifiuto di esaminare le decine di morti di civili che quanto meno vi sono state”, ha concluso Fred Abrahams. “E’ tuttavia una necessità perché le vittime di attacchi illegali siano indennizzate e per trarre insegnamento dagli errori commessi e ridurre al minimo le vittime civili nei futuri conflitti”.  
 

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