Pena di morte in Libia
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Pena di morte in Libia
Le esecuzioni avvengono per decapitazione o con un colpo di pistola in fronte, sulla pubblica piazza perché siano di esempio. Nel paese partner per eccellenza del Governo italiano, viene praticata la pena di morte su larga scala, specialmente nei confronti degli immigrati stranieri. Nel rapporto che segue, scritto dall’amico di Ossin Moustapha Kadi, difensore nigerino dei diritti dell’uomo, all’esito di una missione ufficiale in Libia svolta su incarico del Governo del Niger e a seguito della esecuzione capitale di tre concittadini, si possono trarre importanti dati. Al di là del linguaggio diplomatico, infatti, emerge che nel solo giugno 2010, solo tra gli immigrati Nigerini (non più di 35.000 persone), sono state pronunciate 25 condanne a morte. Tre di esse sono state eseguite e le altre sospese, per l’intervento ufficiale del Governo del Niger, paese vicino e amico della Libia. I detenuti Nigerini nelle carceri libiche ammontavano a 1014, molti dei quali per infrazioni quali il consumo di alcool o di droga, o l’immigrazione clandestina. 1.000 Nigerini (o presunti tali, giacché non risulta che fossero state praticate affidabili procedure di identificazione) erano in procinto di essere rimpatriati in Niger.
Questi dati, ufficiali e certi, riguardano tuttavia un numero assai ridotto di immigrati in Libia. Facendo un calcolo presuntivo su una scala enormemente più ampia (giacché la Libia è paese nel quale convergono i candidati all’emigrazione da tutta l’Africa), si delinea un quadro agghiacciante. Servono forse a questo i 5 miliardi che Gheddafi ha chiesto all’Europa? Per imprigionare e giustiziare un bel po’ di neri in viaggio verso l’Europa?
E l’Europa che cosa intende fare? Accetterà di condividere la responsabilità morale e giuridica di un ricorso massiccio a quella pena capitale che dichiara solennemente di aborrire?
Rapporto sulla missione di Moustapha Kadi, nel corso della visita effettuata a Tripoli (Libia) dal 15 al 17 giugno 2010
Dopo l’esecuzione, avvenuta tra lo stupore generale dei difensori dei diritti umani e di tutto il popolo Nigerino, di tre residenti Nigerini nella Grande Jamahiriya Araba Libica, il 30 maggio 2010, una delegazione di difensori dei diritti dell’uomo (CODDHD) è stata ricevuta dal Capo dello Stato, Salou Djibo, Presidente del Consiglio Supremo per il Ripristino della Democrazia (CSRD), lunedì 7 giugno 2010.
Nel corso del colloquio, che ha riguardato soprattutto la situazione preoccupante dei nostri emigrati che vivono in Libia, il Capo dello Stato che seguiva con apprensione le notizie provenienti da Tripoli, ci ha informato che intendeva recarsi al più presto in Libia e che avrebbe desiderato che due rappresentanti delle Organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo l’accompagnassero in questa missione, nel corso della quale intendeva incontrare le autorità Libiche per chiedere loro spiegazioni su quanto era accaduto ed informarsi circa la situazione dei nostri compatrioti che si trovano in difficoltà e di coloro che, per diverse ragioni, sono detenuti nelle prigioni libiche.
Al suo rientro da una visita privata in Libia, effettuata domenica 13 giugno 2010, il Capo dello Stato ha disposto una missione ufficiale per martedì 15 giugno 2010. Questa missione, guidata dal Ministro dell’Interno, della Sicurezza, del Decentramento e degli Affari religiosi, il dottor Cissé Ousmane, è composta dal Ministro dell’Insegnamento secondario, superiore e della Ricerca scientifica, porta-voce del governo, Mahamane Dan Dah, dal Ministro della Giustizia e dei diritti dell’uomo, guardasigilli, Abdoulaye Djibo, dal Consigliere tecnico del Ministro dell’interno, il commissario di polizia Daddy Gao, dal Direttore della Polizia Giudiziaria, Souley Boubé, dal Direttore Medio oriente e Paesi Arabi al Ministero degli Affari esteri, Souleymane Issiakou e da due difensori dei diritti umani, il professore Khalid Ikhiri e Moustapha Kadi, coordinatore del CODDHD e Presidente del CODDAE.
Questa missione puramente tecnica si è svolta da martedì 15 a giovedì 17 giugno 2010. Poco dopo il decollo, avvenuto presso il Raggrupamento aereo nazionale alle ore 15.30, la delegazione è atterrata all’aeroporto militare di Tripoli verso le 19.00 ed è stata accolta da dirigenti Libici civili e militari e da un gruppo di rappresentanti della Comunità dei Nigerini in Libia, guidato dall’Ambasciatore del Niger in Libia, Gonemi Boukar Amadou. Dopo aver trascorso la prima notte in Libia, la delegazione è stata ricevuta dal Primo Ministro Libico nel suo Gabinetto, mercoledì 16 giugno alle ore 10.00.
Sono stati trattati diversi argomenti importanti, tra cui soprattutto il prossimo allontanamento di 1000 Nigerini custoditi in un centro di accoglienza a Sebha e la messa a loro disposizione di mezzi finanziari per potersi inserire nella vita attiva in Niger. Il ripristino della cooperazione tra i nostri due paesi in materia di insegnamento superiore e secondario. La messa in sicurezza delle frontiere comuni e le misure da adottare per frenare “l’immigrazione clandestina”. Il traffico di droga nella striscia sahelo-sahariana.
Conformemente al calendario proposto dal primo Ministro Libico, i colloqui sono cominciati immediatamente con un incontro tecnico al Ministero della Giustizia. Al termine di questa riunione, è stato costituito un Comitato congiunto Nigero-Libico, al fine di esaminare la situazione di tutti i detenuti Nigerini caso per caso. La prima riunione del Comitato congiunto ha avuto luogo lo stesso giorno nel pomeriggio, alle 16.00, presso la prigione centrale di Tripoli, sotto la presidenza del Direttore Generale della prigione, il Generale Issouf. Alla fine di questa riunione è stata consegnata una lista di 507 detenuti presunti Nigerini al Direttore della Polizia Giudiziaria del Niger, così da permettere alla delegazione nigerina una valutazione dei casi, secondo una ripartizione della gravità dei fatti addebitati (delitti o crimini).
Giacché l’inventario era scritto in lingua araba, il Primo Consigliere dell’Ambasciata del Niger a Tripoli è stato incaricato di effettuare, con l’aiuto dei suoi collaboratori, la trascrizione della lista in francese per permetterci di continuare il lavoro la mattina successiva. Cosa che è stata effettuata durante la notte. Questa lista conteneva 22 imputazioni punite con la pena di morte, otto delle quali già sfociate in una condanna a morte definitiva e 14 ancora in fase di giudizio. In relazione a questi ultimi casi, su proposta del Ministro della giustizia libico, un comitato paritario composto da rappresentanti dell’ambasciata del Niger a Tripoli, con l’appoggio dei due difensori dei diritti umani, incontrerà le famiglie e gli aventi diritto delle vittime libiche onde sollecitare il loro perdono e versare loro un eventuale risarcimento danni, conformemente alla legislazione libica.
Al momento è la Fondazione Gheddafi che si propone di assumere il carico finanziario dell’operazione, ma essa potrà essere coadiuvata da altre organizzazioni per i diritti dell’uomo onde trovare una soluzione definitiva a questa grave situazione, tenuto conto degli impegni assunti dai Libici. Bisogna ricordare che il ministro della giustizia libico ha assunto anche l’impegno di ricorrere ai suoi servizi per contattare i parenti delle vittime e gli aventi diritto, anche in relazione agli altri 22 che saranno presumibilmente condannati a morte, onde facilitarne gli incontri coi membri del Comitato paritario. Se i negoziati avranno esito positivo, le condanne a morte saranno commutate in ergastolo, ciò che consentirà il loro trasferimento in prigioni nigerine. Ma da subito, nel corso della sua visita a Tripoli, il capo dello Stato ha ottenuto una sospensione eccezionale delle procedure di esecuzione dei Nigerini, fino a quando sarà trovata una soluzione soddisfacente.
La lista conta anche 362 condannati per diverse infrazioni, tra cui: consumo di alcool, consumo o vendita di droga, ingresso clandestino ecc…, oltre ad altri 145 detenuti in attesa di giudizio. Di comune accordo, il libici hanno deciso di mettere insieme un totale di 275 prigionieri che saranno consegnati alla delegazione del Niger, tra i quali 198 giudicati e 77 in attesa di giudizio, affinché essi scontino la loro pena nelle prigioni Nigerine, conformemente alla Convenzione giudiziaria in materia penale ratificata dai due paesi.
I prigionieri di cui si tratta sono attualmente distribuiti in sette località libiche. Il Comitato ha ritenuto che essi debbano essere raggruppati in tre Centri di accoglienza, vale a dire Bengasi, Sebha e Tripoli. I prigionieri di Misourata e Zawiya dovranno giungere giovedì alla Prigione centrale di Tripoli. Tenuto conto dell’urgenza, il Direttore generale aggiunto della Polizia Giudiziaria libica ha accettato in punto di principio di trasferire i prigionieri del centro di Bengasi a Tripoli. Ha poi chiesto di designare un rappresentante del Consolato del Niger a Sebha che si metta in contatto con le autorità penitenziarie onde poter incontrare i detenuti Nigerini che sono all’incirca 141, se il Comitato congiunto non possa recarsi a Sebha.
Dopo il completamento della lista definitiva, è stato ottenuto il trasferimento di 344 detenuti di nazionalità nigerina. Si tratta di Nigerini imputati di delitti diversi da quelli contro l’incolumità personale. I prigionieri restanti sono quelli nei confronti dei quali possono essere reclamati interessi civili libici. Noi rileviamo che i risultati di questa nostra missione a Tripoli sono stati accolti con sollievo da tutti i nostri compatrioti, sia i funzionari, che i semplici cittadini. Con l’arrivo, mercoledì 7 luglio, di un primo gruppo di 111 prigionieri, abbiamo avuto la prova del rispetto degli impegni da parte delle autorità libiche. Un secondo e ultimo gruppo di 233 persone è atteso nei prossimi giorni proveniente da Sebha, cosa che conforterà i nostri cuori dopo l’emozione provata con l’esecuzione di 3 nostri compatrioti. Noi riteniamo che si sia finalmente voltata pagina, grazie al dialogo. Non vi è contenzioso tra Libia e Niger che non possa trovare una soluzione consensuale. Spetta ormai ai nostri fratelli rimpatriati e a quelli che restano in Libia di trarre insegnamento da questo triste avvenimento e comportarsi nel paese che li accoglie con dignità, lealtà e responsabilità.
La missione avvierà anche delle iniziative per l’individuazione di centri di detenzione in Niger che possano accogliere i detenuti nigerini in Libia. Si tratta di Nigerini accusati di reati diversi da quelli contro l’incolumità fisica delle persone. A fine della giornata, la parte libica ha chiesto la presenza dei giornalisti Nigerini per divulgare la notizia dei significativi passi avanti che siamo riusciti a fare.
Nella mattinata di giovedì 17 giugno, il Comitato congiunto ha incontrato 60 prigionieri nigerini trasferiti alla prigione centrale di Tripoli. Ha parlato con loro ed ha proceduto alla prima fase di identificazione negli uffici dei responsabili libici. I 60 prigionieri non hanno nascosto la loro gioia e soddisfazione nell’apprendere che saranno rimpatriati in Niger.
I restanti 212 prigionieri sono quelli nei confronti dei quali possono essere reclamati interessi civili libici. La delegazione del Niger non ha potuto incontrare i condannati a morte. Dopo una lunga giornata di lavoro, il Comitato ha lasciato la prigione di Tripoli verso le 17.00, attendendo l’arrivo degli 80 detenuti provenienti da Bengasi. In seguito, la delegazione ha incontrato all’Ambasciata del Niger la Comunità nigerina in Libia, stimata oggi in 35.000 persone. La missione è terminata lo stesso giorno verso le ore 23.30. Subito dopo il suo rientro a Niamey, la missione ha incontrato il Capo dello Stato alle 11.00, per rendere conto dei risultati.
Emerge da questa missione che sono stati fatti importanti passi avanti e dunque il bilancio è molto positivo, cosa che permette di stabilire che i negoziati svolti nel reciproco rispetto dovranno essere privilegiati, perché i nostri due paesi intrattengano relazioni caratterizzate da sentimenti di fratellanza e buona comprensione.
Tenuto conto di tutto quanto premesso, i difensori dei diritti umani del Niger:
1) Condannano ogni offesa alla vita e chiedono l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo;
2) Ritengono che la strada della mano tesa reciproca e del dialogo sia la migliore delle soluzioni tra due paesi vicini, perché rientra nell’ambito degli interessi comuni dei popoli nigerino e libico.
3) Auspicano che negoziati e dialoghi preventivi costituiscano la regola sulla base di fermi impegni.
4) Si augurano che d’ora in poi i nostri due Capi di Stato e i nostri due Governi moltiplichino i contatti al fine di dissipare ogni incomprensione ed ogni equivoco.
5) Raccomandano che questa vicenda molto seguita dall’opinione pubblica nazionale e internazionale sia definitivamente risolta nel più breve termine e nelle migliori condizioni reciproche per i nostri due paesi e i nostri due popoli.
6) Rivolge un invito alla Fondazione Gheddafi perché voglia impegnarsi nella soluzione effettiva di questo problema umanitario e perché voglia invocare clemenza verso le persone condannate a morte da parte delle famiglie e delle autorità libiche.
7) Incoraggia le autorità dei nostri due paesi a creare un quadro vivace di cooperazione giudiziaria Nigero-Libico.
Infine, fiduciosi nel buon seguito che sarà riservato alle procedure avviate con soddisfazione delle due parti, ringraziano vivamente e sinceramente le autorità libiche per la loro accoglienza calorosa e per i mezzi a disposizione della delegazione nigerina onde facilitare il compimento di questa missione portatrice di speranze per i due popoli.