La Gaza messicana
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Counterpunch – 24 giugno 2010
La Gaza del Messico
John Ross
I volontari si sono messi in cammino, pieni di energia, per trasportare tonnellate di aiuti umanitari ad una comunità assediata che da mesi era sfornita di tutti i beni di prima necessità. Ma quando sono quasi giunti a destinazione, il convoglio è stato attaccato da paramilitari armati di tutto punto e, nella confusione che ne è seguita, un rispettabile militante per i diritti dell’uomo ed un osservatore sono stati uccisi e una decina di persone sono rimaste ferite, ivi compresi dei giornalisti che accompagnavano la carovana.
Vi ricorda qualcosa?
Salvo che questa missione non era diretta a Gaza e che gli assassini non erano degli Israeliani. I volontari si recavano alla Municipalità autonoma di San Juan Copala, nel lontano territorio degli indiani Triqui a nord est di Oazaca. Sono oramai 9 mesi che 700 famiglie Triqui, vale a dire circa 500 contadini, non ricevono né cibo, né elettricità, né prodotti medici o servizi educativi. Le linee telefoniche sono state tagliate e i paramilitari controllano la strada per Copala.
Così come gli Israeliani avevano diffidato gli organizzatori della Flottiglia della Libertà dal fare rotta su Gaza, il governo di Oaxaca ha intimato ai militanti di fare marcia indietro se non volevano pagarne le conseguenze. Anch’essi però hanno rifiutato di obbedire.
Quando i militanti hanno lasciato la strada principale a La Sabana, un casale posto a qualche chilometro dalla loro destinazione, il 27 aprile scorso, dei tiratori scelti agli ordini di un cacicco locale, Rufino Juarez, il “direttore” di un gruppo di paramilitari soprannominati UBISORT (“Uniti per il benessere sociale della regione Triqui”) e legati all’attuale governatore Ulises Ruiz, hanno preso di mira la carovana. Molti volontari hanno abbandonato i veicoli, sono fuggiti nascondendosi dietro le rocce vicine. Ma Bety Carino, una militante indiana autoctona, che lottava per la salvaguardia del mais ancestrale e che era una delle organizzatrici del convoglio, è caduta sotto i colpi. Jiry Jaakkola, un militante solidale finlandese, si è immediatamente gettato sul corpo sanguinante di Bety per proteggerla, prendendo la sua testa tra le mani, e anche lui è stato falciato dai tiri dei paramilitari.
Jaakkola, che aveva 33 anni, è il secondo militante internazionale ad essere assassinato dal regime assassino del governatore Ruiz. Il 27 ottobre 2006 un giornalista indipendente, militante della causa della giustizia sociale , Brad Will, fu ucciso dalla polizia di Ruiz su di una barricata all’uscita della capitale dello Stato. Almeno 25 Messicani sono stati uccisi dagli agenti della sicurezza di Oaxaca durante i sei mesi di manifestazioni, scoppiate quando la polizia ha aggredito gli insegnanti in sciopero.
Ispirandosi agli insegnamenti di Ricardo Floré Magon , un ideologo della rivoluzione messicana anarchica nato a Oaxaca, Jiri Jaakkola è andato in Messico nel 2009 come rappresentante di un Movimento di solidarietà finlandese, per vigilare sulle violazioni dei diritti umani perpetrate nel conflittuale stato del sud. Egli stesso anarchico, Jiri è stato molto influenzato dagli scritti di Murray Bookchin, l’ecologista morto del Vermont, e dell’educatore radicale brasiliano Paulo Freire, del quale ha applicato gli insegnamenti alla lettera quando ha voluto proteggere Bety Carino: “La solidarietà è mettersi al posto di coloro con cui si è solidali”.
Sono letteralmente secoli che i militanti internazionali vanno in Messico per partecipare ai movimenti sociali. Lo spagnolo Javier Mina combatté la Corona per l’indipendenza del Messico nel 1821. I “San Patricios”, volontari americano-irlandesi, presero le armi contro l’invasione degli Stati Uniti nel 1846 e furono per questo impiccati. Gli scrittori John Reeds e John Kenneth Turner furono voci significative della storica Rivoluzione Messicana.
I governi seguiti alla rivoluzione sono stati spesso sensibili alle critiche dei non Messicani. L’articolo 33 della Costituzione Messicana del 1917 attribuisce al Presidente il diritto di espellere ogni “extranjero”(straniero) considerato non gradito. La fotografa americana di origine italiana, Tina Modotti, venne espulsa dal Messico nel 1930 a causa della sua adesione al Partito comunista.
In una crisi di rabbia xenofoba, durante i più acuti momenti della rivolta degli Zapatisti del Chapas, il presidente Ernesto Zedillo ha ordinato l’espulsione di più di 400 militanti per i diritti umani non messicani, per la maggior parte statunitensi, italiani e spagnoli e qualche norvegese. Un’intera classe di studenti dell’Evergreen College dello stato di Washington è stata espulsa dopo avere accompagnato gli agricoltori perseguitati di San Salvador Atenco durante la marcia della Giornata internazionale del Lavoro del 1 maggio.
Proprio come i militanti internazionalisti Rachel Corrie e Tom Hundall sono stati assassinati dall’esercito israeliano a Gaza, Jiri Jaakkola e Brad Will hanno lasciato la vita nella terra insanguinata di Oaxaca. Così come il governo israeliano, anche Ulises Ruiz si lava le mani da ogni responsabilità. “Chissà che cosa volevano questi visitatori dagli occhi blu? Sono venuti come turisti o per procurarci delle noie?” ha chiesto ai giornalisti dopo l’uccisione di Jaakkola da parte dei suoi sbirri. Il procuratore di stato, Luiz Candalaria Chinas, ha anche espresso dei dubbi sulle reali intenzioni dei volontari internazionali e, quando li ha definiti come dei “fomentatori di discordia travestiti da militanti umanitari”, sembrava di sentire Israele.
San Juan Copala, dove era diretto il convoglio, è devastata da atti sporadici di violenza omicida da decenni. La sequenza degli omicidi è cominciata nel 1976, quando il popolare leader comunitario, Luis Flores, è stato assassinato da sconosciuti. Nel marzo 1984 Amnesty International ha inviato una delegazione nella regione Triqui per svolgere un inchiesta sui 37 omicidi di militanti indigeni. La maggior parte delle vittime erano membri del MULT, il Movimento unificato di lotta del Triqui, creato nel 1981per impedire la distruzione di 13.000 ettari di terre boscose da parte di alcuni cacicchi meticci della vicina città di Putla de Guerrero.
L’anno seguente la delegazione di A.I. ha pubblicato il rapporto della sua prima inchiesta sulla violenza generalizzata nel sud del Messico, intitolato “Violazione dei diritti umani nel Messico rurale degli stati di Oaxaca e Chiapas”. Il rapporto riportava testimonianze affidabili sugli abusi della polizia, sulle esecuzioni extragiudiziarie, l’uso di torture, confessioni estorte, il rifiuto delle autorità di avviare inchieste sulle denunce dei cittadini.
Il rapporto di A.I. fu subito respinto dal governo messicano del PRI (Partito Istituzionale Rivoluzionario), allora al potere. Il sottosegretario di stato, Victor Flores Olea, (che attualmente è un giornalista che lavora a La Jornada) espresse riserve sull’”obiettività” di Amnesty International. 25 anni più tardi il governo del presidente Felipe Calderon e il già citato governatore Ulises Ruiz hanno perpetuato la tradizione, contestando tutti i successivi rapporti di A.I. sulle violazioni dei diritti umani nello stato con le medesime argomentazioni.
Io mi sono recato a San Juan Copala nella primavera del 1987, munito di un rapporto di Amnesty International. La tensione era forte. I soldati della Sezione 28 che erano stati considerati responsabili del massacro perpetrato dal MULT pattugliavano le strade polverose. Io sono stato ricevuto dal Consiglio degli Anziani e ho confrontato le liste dei morti – ce n’erano 13 di più rispetto a quelli citati nel rapporto di Amnesty. Un po’ più tardi, mi sono arrampicato su una collina che sovrasta la città ed ho scattato delle foto. All’improvviso, cinque soldati sono usciti dai cespugli e mi hanno puntato le armi al capo. Poi hanno preso il mio apparecchio fotografico (io protestavo dicendo che avevo fotografato solo dei polli) e mi hanno scortato fino alla grande strada, intimandomi di non rimettere mai più piede a San Juan Copala.
Oggi, quasi 25 anni dopo il primo rapporto di Amnesty International, il numero di morti violente nella regione ha superato i 400.
Le incessanti tensioni che agitano la maggioranza indiana di Oaxaca sono esacerbate dall’approssimarsi delle elezioni per la successione di Ulises. Secondo i sondaggi, il delfino del candidato uscente, Eviel Perez del PRI, partito da lungo tempo al potere nello stato, è alla pari con Gabino Cue, esponente di una strana coalizione che comprende il partito di centro sinistra, il partito della rivoluzione democratica (PRD) e il partito di destra di Felipe Calderon, il PAN. Molti in Messico pensano che il PAN abbia vinto con i brogli le elezioni nazionali, quando era contrapposto a Andres Manuel Lopez Obrador, candidato del PRD. Per quanto il PRI abbia dovuto cedere il potere al PAN al livello nazionale nel 2000, ha continuato a governare a Oaxaca con pugno di ferro.
Le tensioni elettorali si ripercuotono a San Juan Copala. Durante le elezioni-broglio del 2006, i dirigenti del MULT si sono alleati al PUP, il partito locale di unità popolare, un partito fantoccio del PRI che ha come unico obiettivo quello di sottrarre i voti degli indiani autoctoni a Lopez Labrador. Poco dopo il MULT si è scisso e, il primo gennaio 2007, il MULT-indipendente o MULT pacifico ha preso il potere a Copala, dichiarando che il villaggio Triqui era una municipalità indipendente sul modello delle “Municipalità autonome” zapatiste del Chiapas.
Secondo il trattato di San Andres, concernente i diritti e le tradizioni degli autoctoni, che era stata negoziata tra l’esercito nazionale di Liberazione zapatista e il governo messicano nel 1966 e che non è mai stato ratificato, le Municipalità autoctone indiane avrebbero dovuto ottenere una autonomia totale sulla terra, l’habitat e lo sfruttamento delle risorse naturali, l’ambiente, l’educazione, la sanità e la politica agricola. I responsabili avrebbero dovuto essere designati secondo gli usi e costumi degli indiani e non dai partiti politici. Le Comunità Autonome auto-proclamate degli stati del Chiapas, Guerrero e Mexico (San Salvador Atento) hanno in seguito sempre vissuto sotto il regime di “malgoverno” o “cattivo potere” delle armi.
Sotto l’effetto congiunto della scissione del MULT e del MULTI e dell’accresciuta aggressività dell’’UBISORT di Ulises, una violenza crescente scuote San Juan Copala. Marcos Albino, il rappresentante per i diritti umani della municipalità, ha contato 25 nuovi omicidi solo negli ultimi sei mesi.
Il 26 maggio Timoteo Alejandro Ramirez e sua moglie Tleriberta, i fondatori storici del MULT che hanno lasciato l’organizzazione nel 2006 per formare il MULT-I, sono stati assassinati a casa loro a Yosoyuxi, vicino al capoluogo Copala. Le cause di questo duplice omicidio non sono chiare. Ramirez era stato accusato dai suoi nemici politici della sparizione di due sorelle di Triqui, di 14 e di 21 anni, le cui famiglie erano iscritte al MULT. Due personalità della radio comunitaria, Felcia Martinez e Teresa Bautista, sono state anche loro assassinate nell’aprile 2009 sulla strada di Copala. Felicitas e Teresa, due protette di Bety Carino, erano animatrici di un programma popolare della stazione radio locale MULT-I: “La voce che rompe il silenzio”.
Nonostante gli omicidi si moltiplichino con l’andar degli anni e che Amnesty International abbia allertato le autorità con numerosi rapporti, il governo federale e quello dello stato di Oaxaca non intervengono per mettere fine alla violenza. “E’ un problema loro, è colpa dei loro idioti usi e costumi se si uccidono tra loro. Solo i Triqui possono risolvere il problema”, afferma Chinas, il procuratore di Oaxaca.
La violenza rivoltante che regna nella regione Triqui e gli omicidi di Betty Carino e di Jiri Jaakkola hanno avuto una eco nazionale e internazionale. All’inizio del mese di giugno, il Parlamento europeo ha chiesto al presidente Felipe Calderon di aprire una inchiesta sulla morte dei militanti. Un nuovo convoglio è stato organizzato da una delegazione di membri del Congresso del PRD. Il governatore Ulises Ruiz ha immediatamente condannato questo nuovo tentativo di portare aiuto umanitario a San Juan Copala, definendola come una ingerenza nelle prossime elezioni.
L’8 giugno, 250 militanti tra cui molti affiliati all’Altra Campagna degli Zapatisti, ma guidati da 15 deputati federali del PRD, hanno lasciato Città del Messico per percorrere i 500 km di strada per Copala, con un convoglio di 7 autobus carichi di 30 tonnellate di cibo, vestiti e prodotti medici. L’esercito messicano e il governatore di Oaxaca hanno entrambi rifiutato di fornire protezione al convoglio, per quanto il procuratore Chinas avesse promesso che lo Stato avrebbe inviato degli agenti per controllare i documenti degli osservatori internazionali ed evitare eventuali pericoli.
Anche stavolta i militanti hanno rifiutato di fare marcia indietro ma, come un aprile, il convoglio non è riuscito a oltrepassare La Sabana. La strada di Copala era bloccata da enormi massi. Un cordone di donne Triqui guidate da Rufini Juarez e spalleggiate da paramilitari armati di lunghi fucili hanno impedito ai bus di passare. Si sono uditi colpi d’arma da fuoco in basso nella vallata. La polizia dello stato che sorvegliava i bus ha subito rinunciato. Il bus che trasportava i deputati del PRD ha subito fatto marcia indietro ed è ripartito per Città del Messico, seguito loro malgrado dai militanti di Altra Campagna.
Ma, come nella lotta per rompere il blocco di Gaza, i militanti del Movimento Solidarietà non rinunciano ed è già prevista una terza carovana, composta unicamente da donne.
Il massacro di nove pacifisti turchi da parte dell’esercito israeliano il 31 maggio ha scatenato un’ondata di indignazione internazionale, anche in Messico. Durante la prima settimana di giugno, quando moltissimi messicani si sono radunati davanti all’ambasciata israeliana nel ricco settore occidentale di questa enorme metropoli, la metà dei manifestanti erano donne Triqui, vestite nei loro abiti tradizionali di un rosso sfavillante che danno loro l’aria di grosse fragole.
Barricati dietro le porte dell’ambasciata i diplomatici israeliani non si sono certamente ricreduti.
« Quello che il governo israeliano ha fatto ai militanti che portavano aiuto umanitario a Gaza è identico a quello che Ulises e i suoi paramilitari hanno fatto a noi”, ha spiegato Marcos Espino “noi siamo venuti qui per solidarietà verso i nostri fratelli e sorelle di Gaza, Molti di noi sono stati anche uccisi”.