Cinque domande sul Tibet
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Dopo il nostro ultimo “speciale Tibet” abbiamo ricevuto moltissime lettere. Non possiamo rispondere a ciascuna. Faccio le mie scuse. Dalle lettere ricevute emergono tre tendenze (ricordiamo che il nostro notiziario raggiunge cinquantamila destinatari e arriva a persone di vario orientamento politico, non solo di sinistra).
1. Molti gradiscono il nostro lavoro e lo diffondono.
2. Molti altri cercano di dialogare e di porci delle domande costruttive, il che coincide con i nostri propositi.
3. Altri ancora, sono così indignati che ci affibbiano ogni tipo di epiteti. Ma ci può essere un dialogo con gli epiteti? Noi rispondiamo Fatti! Fatti e ancora fatti!
Una precisazione, qui non si tratta di difendere tutto ciò che fa Pechino (per esempio quello che è successo durante la rivoluzione culturale). Si tratta del diritto dei cittadini a ricevere una informazione corretta ed esaustiva. Indispensabile per farsi un’opinione. E per farlo, bisogna sentire la versione di entrambe le parti. Cosa penseremmo di un giudice che non volesse ascoltare entrambe le parti?
Da quattro anni questo sito informa sulle menzogne mediatiche. Se c’è stata disinformazione in Irak, Yugoslavia, Palestina, Venezuela e in tutti i grandi conflitti in cui erano in gioco gli interessi statunitensi ed europei, perché il Tibet dovrebbe essere un’eccezione?
Sebbene del contenuto degli articoli risponda un solo autore, noi vorremmo fare tre domande:
1. Se quello che capita in Tibet è così chiaro, perché ci hanno propinato tante bugie mediatiche negli ultimi giorni?
2. Perché non si spiega che questi fatti sono stati preparati dalla CIA con metodi già utilizzati in precedenza, contro il Vietnam o per far cadere Salvdor Allende?
3. Perché si nascondono gli interessi strategici che hanno gli USA in quella regione? A questo proposito citiamo il documento fondante della politica di Bush: il già noto “Project for a New American Century (PNAC)”. In quel documento la Cina appare come l’ostacolo principale alla dominazione mondiale degli USA.
Ciascuno deve farsi la sua opinione senza lasciarsi impressionare.
Michel Collon e la squadra Investig'Action
Cinque domande sulla ribellione in Tibet
Peter Franssen
Questo notiziario è totalmente dedicato ai fatti che si sono svolti in Tibet. Lo scorso venerdì 14 marzo si è verificata una ribellione a Lhasa, capitale della Regione Autonoma del Tibet. Ciò che è successo ha scatenato proteste in tutto il mondo contro l’intervento della polizia antisommossa e dell’esercito cinese. Seguono cinque domande essenziali e un abbozzo di risposta per ognuna.
1. Cos’è successo davvero?
In Occidente l’opinione pubblica ha avuto l’impressione che dei manifestanti pacifici, diretti da monaci, avessero sfilato per le strade di Lhasa per chiedere libertà, e che la polizia cinese ed il suo esercito fosse intervenuto in modo molto repressivo. Nei cinque, dieci giorni seguenti, molta gente continuava a mantenere questa versione. Nancy Pelosi, presidente del parlamento statunitense e numero due della gerarchia politica del suo paese, è una di quelle. Pelosi ha dichiarato pubblicamente che il comportamento della Cina era “una sfida alla coscienza del mondo”.
Si veda l’articolo: www.iht.com/articles/ap/2008/03/21/news/Pelosi-Dalai-Lama.php
“Se non parliamo ora, non avremo mai più diritto di parlare”, ha aggiunto la signora. Il Dalai Lama l’ha ringraziata affermando che gli USA erano i “campioni della libertà e della democrazia”. Il Dalai Lama può dirlo perché ha la fortuna di essere tibetano e non di vivere in Vietnam, Cambogia, Laos, Afghanistan o Irak, per citare solo qualcuno dei paesi in cui gli USA, questi “campioni di libertà e democrazia”, hanno scatenato guerre. Guerre che hanno potuto contare sulla benedizione di questo pacifista dall’eterno sorriso che è il Dalai Lama.
Due giorni dopo la dichiarazione di Nancy Pelosi, il tedesco Hans-Gert Poettering, presidente del Parlamento Europeo, affermava che “se il governo cinese continua questa linea dura con il Tibet, dovremo pensare a boicottare i Giochi Olimpici”.
Si veda l’articolo: www.ft.com/cms/s/0/7f31888c-f8e5-11dc-bcf3-000077b07658.html
Questa proposta di boicottaggio l’aveva già fatta giorni prima il ministro francese degli Esteri Bernard Kouchner. Il suo collega tedesco, Frank Walter Steinmeier, ha anche lanciato un avvertimento alla Cina dichiarando che il suo comportamento avrebbe potuto compromettere i Giochi Olimpici.
Si veda l’articolo: http://ap.google.com/article/ALeqM5h79xS2DH2a0P1VYcF_2aHikRFJtAD8VHTPG0
Possiamo credere alla sincerità di Pelosi, Poettering, Kouchner o Steinmeier. Senza dubbio, tutte le dichiarazioni, i reportages, i video e le foto dei testimoni diretti dei fatti dimostrano proprio il contrario di quello che quei politici pretendono sia accaduto. Attualmente, possiamo dire con certezza, che lo scorso 14 marzo non ci sono state manifestazioni, ma un vero e proprio moto insurrezionale. Gruppi di giovani (a volte accompagnati da monaci), armati di coltelli, pugnali, pietre e bottiglie molotov, hanno dato fuoco a negozi, veicoli e abitazioni private. Ad eccezione dei turisti, sono stati minacciati tutti i tibetani. Non sono stati attaccati solo i cinesi (a volta fino alla morte), ma anche i musulmani hui. La violenza è stata brutale e di natura etnica e razzista. Raccogliamo una serie di testimonianze provenienti per lo più da fonti occidentali.
“Davanti al nostro hotel hanno dato fuoco a quattro edifici”
”Nell’incrocio davanti al mio hotel ho potuto vedere come alcuni tibetani inferociti prendevano a sassate i cinesi in motocicletta che passavano da lì. Quando qualcuno cadeva dalla motocicletta, li picchiavano brutalmente”, dichiara un turista olandese nel quotidiano De Volkskrant.
Si veda l’articolo: www.volkskrantreizen.nl/blogpost.php?username=reisredactie&webtitle=nederlanders_over_onluste&usergroup=redacti
“Non si salvavano neanche gli anziani”
Il quotidiano francese Le Parisien ha pubblicato un’intervista con un turista canadese, John Kenwood. Il testimone racconta come una banda abbia tirato giù da una motocicletta e preso a botte un anziano. Un occidentale che passava da lì è riuscito a salvarlo.
Si veda l’articolo: www.leparisien.fr/home/info/international/articles/SCENES-DE-LYNCHAGE-DE-CHINOIS-PAR-DES-TIBETAINS_296267549#header
Le immagini dell’insurrezione
Possiamo vedere alcune immagini in cui un uomo infuriato colpisce un cinese in motocicletta. Il cinese viene raggiunto da sei o sette pietre. Altri si lanciano sul di lui, lo atterrano e continuano a colpirlo, anche a terra. Più tardi raggiunge un ospedale. Ha perso un occhio.
Avviso: queste immagini sono molto violente: www.youtube.com/watch?v=Jr3vhPo0pK0
Non si sono salvati né gli ospedali né le scuole.
Il bilancio è molto alto: 13 morti e 325 feriti, 422 negozi, 120 abitazioni private, 6 ospedali e 7 scuole hanno patito attacchi di varia gravità.
Si veda l’articolo: http://english.peopledaily.com.cn/90001/90776/90882/6376824.html
Cinque ragazze bruciate vive
Un gruppo di manifestanti ha incendiato un negozio di Lahsa. In quel negozio lavoravano sei commesse. Cinque sono morte bruciate vive. La più vecchia aveva 24 anni, la più giovane 18.
Si veda l’articolo: www.chinadaily.com.cn/china/2008-03/20/content_6553129.htm
«Non manifestanti, ma criminali!»
Un articolo del giornale tedesco Junge Welt sostiene che non si trattava di manifestanti, ma di criminali!
Si veda l’articolo: www.jungewelt.de/2008/03-20/059.php
“Intorno a me era tutto in fiamme”
Il giornalista Benjamin Morgan ha intervistato vari turisti stranieri che tornavano dalla capitale tibetana Lhasa. Ai turisti costava fatica trovare le parole giuste per descrivere le brutalità cui avevano assistito nei giorni prima.
Si veda l’articolo: www.smh.com.au/news/world/crackdown-as-10-burnt-to-death-in-Tíbet-riots/2008/03/15/1205472170804.html
“Attaccavano con pietre, coltelli da macellaio e machete”
La testimonianza dello spagnolo Juan Carlos Alonso.
Si veda l’articolo: www.straitstimes.com/Latest%2BNews/Asia/STIStory_217614.html
I feriti raccontano la loro esperienza
Dal loro letto d’ospedale, due musulmani ci raccontano le loro esperienze.
Si veda l’articolo: http://news.xinhuanet.com/english/2008-03/16/content_7802771.htm
Sono stati aggrediti anche i musulmani
James Miles spiega in che modo i teppisti attaccavano tutto quello che non era tibetano.
Si veda l’articolo: www.economist.com/daily/news/displaystory.cfm?story_id=10870258
“Si è potuto vedere come picchiavano la gente fino alla morte”
Un turista danese offre la sua testimonianza. L’articolo è in danese, ma qui si può leggerne un estratto in inglese:
www.guardian.co.uk/world/feedarticle/7386817
Un turista: “Il quartiere musulmano è stato distrutto completamente”
Negozi saccheggiati, incendiati.. Tutto il quartiere devastato.
Si veda l’articolo: www.arabtimesonline.com/client/pagesdetails.asp?nid=13971&ccid=18
2. Quale era l’obiettivo di queste violenze?
Provocare il governo cinese
C’è stata una ribellione spontanea? Si tratta di un’esplosione di furia popolare che, malauguratamente, è finita male? Questa è la versione che ci vuole dare il Dalai Lama. Le organizzazioni estremiste hanno ammesso che avevano pianificato ciò che è successo. La tattica prevista era provocare le autorità cinesi. Il 15 marzo, cioè il giorno seguente la ribellione, The Seattle Times ha pubblicato un articolo che portava il titolo “Esaminare la Cina”. Tsewang Rigzin, presidente dell’estremista Lega della Gioventù Tibetana, ha dichiarato che i Giochi Olimpici sono un’occasione per trasmettere la loro causa all’opinione mondiale. “Vogliamo sondare la Cina.Vogliamo che mostri il suo vero volto. Per questo la provochiamo così”.
Si veda l’articolo: http://seattletimes.nwsource.com/html/nationworld/2004284049_Tíbetanalysis.html
I fatti hanno seguito il piano previsto. In questo video possiamo osservare, in circa 90 secondi, un uomo armato con due bastoni, in piedi sul tetto di un’auto della polizia. Si tratta del dirigente di una delle bande di violenti. Quell’uomo, facente parte della Lega della Gioventù Tibetana, è noto ai servizi segreti della polizia cinese. È passato alla clandestinità. Quell’uomo faceva parte di un gruppo di 40 tibetani che un mese prima dei fatti, avevano ricevuto un corso intensivo di tre giorni nella città indiana di Dharamshala, dove si trovava il Dalai Lama. Uno degli istruttori non era niente meno che il capo de “The Voice of Tibet”, un’emittente radio finanziata dalla CIA. Durante il corso vennero trattate tematiche come il ruolo dei media, la situazione del Tibet, l’importanza dei Giochi Olimpici, l’importanza di un’azione coordinata sul campo.
Si veda l’articolo: www.phayul.com/news/article.aspx?id=19302
I due manuali utilizzati in quel corso erano già stati usati in precedenza, per esempio nell’Europa dell’Est, dove giovani di organizzazioni di estrema destra, Otpor (Serbia) e Pora (Ucraina), diretti e formati dalla CIA e da altri servizi segreti, hanno partecipato a questi corsi per preparare la famosa “rivoluzione arancione”. Nel 2006 l’Istituto Albert Einstein ha tradotto quei manuali. Il prologo di uno è nientemeno che del Dalai Lama.
Si può leggerlo per intero: www.aeinstein.org/organizationsTibetanFDTD.html
Restaurare la teocrazia
La dichiarazione del presidente dell’organizzazione della gioventù che troviamo qui sotto, coincide con gli obiettivi della ribellione fissata da cinque organizzazioni tibetane separatiste. In questo testo si vede chiaramente che le cinque organizzazioni pretendevano far scoppiare una rivolta che ponesse fine alla “occupazione”. Queste sono: il Congresso della Gioventù Tibetana, la Associazione delle Donne Tibetane, il Movimento Gu-Chu-Sum del Tibet, il partito Nazionale Democratico del Tibet e gli Studenti per un Tibet Libero. Nella sua piattaforma di rivendicazioni possiamo trovare l’obiettivo del ritorno del Dalai Lama in Tibet, a cui “conviene dare il posto che gli spetta per diritto come dirigente legittimo del popolo tibetano”. Queste organizzazioni pretendono, pertanto, il ritorno della teocrazia in Tibet. E’ come se i fondamentalisti cattolici volessero la restaurazione dell’ordine feudale medievale in Europa, “consegnando al Papa il suo posto legittimo” alla guida del potere temporale.
Declaration Tibetan Uprising (Dichiarazione sull’insurrezione tibetana) 4 gennaio 2008.
Si veda l’articolo: http://tibetanuprising.org/2008/03/11/background/
Indurre all’escalation di violenza
Di fronte all’opinione pubblica mondiale il movimento tibetano sembra molto amichevole e pacifico, essenzialmente spirituale e dedicato all’elevazione delle anime. Ma ciò che è successo a Lhasa ci mostra una realtà molto diversa. Sei giorni dopo i morti a Lhasa, dopodiché era legittimo aspettarsi una pausa da parte degli istigatori delle violenze, quelle provocazioni si sono di nuovo verificate. Il 20 marzo appartenenti alle cinque organizzazioni separatiste menzionate si sono riunite col Dalai Lama e gli hanno chiesto di fare un appello alla violenza.
Tibetan Youth Congress meets Dalai Lama Meyul (Il Congresso della Gioventù Tibetana si riunisce col Dalai Lama) 20 marzo 2008
Si veda l’articolo: http://meyul.com/2008/03/20/tibetan-youth-congress-meets-dalai-lama/
Per ottenere lo smembramento della Cina
Alcune fra le principali autorità del movimento tibetano pretendono di smembrare la Cina e nei loro desideri non c’è solo il Tibet, ma vorrebbero che la Regione Autonoma dello Xinjiang e della Mongolia si separassero dalla Cina. Le cinque organizzazioni sopra citate hanno organizzato una “marcia della pace”, cominciata il 10 marzo dalla città indiana di Dharamsala. Questa marcia avrà una durata di cinque mesi e prevede di superare la frontiera tra India e Tibet il prssimo 8 agosto, cioè il giorno dell’inaugurazione del Giochi Olimpici. Ma alla marcia non parteciperanno solo i tibetani. Come dicono loro, lo faranno “con popolazioni di altri territori occupati, come Mongolia e Turkmenistan orientale (Xinjiang)». Anche questi “territori occupati” devono essere liberati.
Tibetaanse Vredesmars: 'Return Home March' Passie voor de Rechten van de Mens (Marcia tibetana per la pace. “La marcia del ritorno al paese”, una passione per i diritti umani) 8 marzo 2008.
Si veda l’articolo: http://passievoormensenrechten.web-log.nl/passie_voor_mensenrechten/2008/03/127-tibetaanse.html
3. Menzogne mediatiche, ma con quale obiettivo?
La maggioranza dei politici e dei media hanno condannato la Cina per quanto è accaduto a Lhasa. Ma come si comporterebbero se bande di giovani rivoltosi si mettessero a rubare e incendiare i negozi di Avenue Louise a Bruxelles? Non reclamerebbero l’intervento della polizia e dure sanzioni? Venerdì 14 marzo per tutto il giorno, la polizia ha agito con molta cautela a Lhasa. Ma nei nostri media abbiamo potuto leggere che la Cina aveva reagito con “eccessive violenze”. Per trasmettere questo messaggio all’opinione pubblica, alcuni media hanno giocato sporco. Hanno cercato di convincerci che gli assassini e gli incendiari erano combattenti per la libertà, duramente repressi. Hanno cercato di screditare la politica cinese ad ogni costo.
Questo 14 marzo i tibetani a Lhasa sono stati “abbattuti come cani” dice la ABC:
Si veda l’articolo: www.abcnews.go.com/International/Story?id=4468783&page=4
Lo International Herald Tribune ha comunicato ai suoi lettori che c’erano stati 30 morti per la repressione cinese.
Si veda l’articolo: www.iht.com/articles/ap/2008/03/15/asia/AS-GEN-India-Tibet-Deaths.php
Radio Free Asia ha presentato un video nella sua pagina web con l’informazione che centinaia di persone “protestavano pacificamente” a Lhasa fino a quando “la polizia cinese ne ha uccisi due”. Sembra che quest’emittente della CIA si crei da sé le menzogne, visto che nel video si vedono solo dei veicoli incendiati. Neanche un poliziotto.
Si veda: http://meyul.com/
Le menzogne mediatiche smontate dalla critica
Gli studenti cinesi all’estero sono rimasti indignati per il trattamento di queste notizie da parte dei media occidentali.
Perciò hanno aperto una pagina web: www.anti-cnn.com/ dove sono confutate queste frottole e la loro critica è contenuta in questo video di quattro minuti:
Si veda: www.youtube.com/watch?v=uSQnK5FcKas
Reporters senza vergogna
Ad eccezione delle organizzazioni che girano intorno al Dalai Lama, l’organizzazione Reporters Sans Frontieres (RSF) in questa campagna si è distinta per le menzogne contro la Cina. RSF pretende di essere un’organizzazione indipendente che difende la libertà di stampa e i diritti umani in tutto il pianeta. Ha sufficiente influenza sui media occidentali, anche se come organizzazione non è altro che una fabbrica di bugie. RSF non ha smesso di pubblicare articoli che fomentano l’odio e incolpano la Cina delle violenze e delle vittime. Non poteva mancare l’appello al boicottaggio dei Giochi Olimpici.
Si veda l’articolo: www.rsf.org/article.php3?id_article=26254
RSF è diretto e in parte sovvenzionato dalla CIA. Il suo capo, Robert Menard, un uomo che mantiene strette relazioni con la mafia di Miami. RSF afferma che “Cuba è la prigione di giornalisti più grande del mondo”. Una affermazione sospendente,se teniamo conto che negli ultimi quaranta anni 791 giornalisti sono stati assassinati in America Latina e nemmeno uno è stato ucciso a Cuba.
Robert Ménard e la sua squadra sono molto attivi nella critica a Cuba. Menard è l’uomo che la settimana scorsa ha cercato di sabotare la cerimonia dell’accensione della fiamma olimpica. Anche se i media continuano a credere alle falsità di Menard, l’UNESCO non si sbaglia; giusto poco tempo fa ha chiuso la collaborazione con RSF. La ragione? In varie occasioni RSF aveva mostrato mancanza d’etica nel trattare certi paesi in modo molto poco obiettivo.
Si veda qui in merito alla decisione dell’UNESCO:www.cubanews.ain.cu/2008/0313fracasaintento.htm
4. Il movimento tibetano è spontaneo e indipendente?
In Cina vivono circa 5,4 milioni di tibetani, cioè lo 0,4% della popolazione totale del paese. Il piccolo valoroso Davide contro il gigante malefico Golia: questa è l’immagine che viene propinata all’opinione pubblica. Anche in questo caso la verità è molto diversa. Il principale sostegno del movimento tibetano sono gli USA e più concretamente la CIA e il Ministero statunitense degli Esteri. Da più di mezzo secolo, il Dalai Lama ha rapporti strettissimi con questi due pilastri della politica estera degli USA; Il Dalai Lama se ne andò dal suo paese per rifugiarsi in India su richiesta della CIA in cambio di una grande quantità di dollari, nonostante l’accordo con il governo di Pechino. Da molti anni la CIA stava preparando una sollevazione armata nel Tibet. La ribellione è scoppiata nel 1959, in quell’epoca la CIA aveva un campo d’addestramento nel Colorado, dove allenava centinaia di tibetani in tecniche di guerriglia e terrorismo.Questo programma durò fino al 1961. Ma il conflitto di bassa intensità (LIC) che la CIA mantiene in Tibet ha continuato a funzionare fino ad oggi. Sono cambiati solo i metodi e le tattiche del LIC. Per maggiori informazioni: www.atimes.com/atimes/China/JC26Ad02.html
Finanziamento attraverso la CIA
L’influenza degli USA sul movimento tibetano è evidente quando notiamo che sono principalmente proprio loro quelli che sostengono quel movimento. Nel 1998, il giornalista Jim Mann ha scritto un interessante articolo nel quotidiano australiano The Age basandosi su documenti ufficiali delle autorità statunitensi. Questo articolo rivelava, tra l’altro, che negli anni 60 la CIA aveva dato 1,7 milioni di dollari l’anno al movimento tibetano all’estero. Il Dalai Lama riceveva direttamente 180.000 dollari all’anno.
Si veda l’articolo: http://listserv.muohio.edu/scripts/wa.exe?A2=ind9809c&L=archives&P=14058
Naturalmente, possiamo domandarci quale sia la qualità democratica del Dalai Lama se il suo movimento riceve appoggio economico da un’organizzazione responsabile di milioni di morti in molti luoghi del pianeta.
Finanziamento attraverso la NED
Nello stesso periodo e in seguito, la CIA dovette affrontare delle critiche per l’applicazione del programma Phoenix in Vietnam, che costò la vita a 26.000 persone, il golpe contro il presidente Allende in Cile e l’appoggio degli squadroni della morte in America Latina. Per questa ragione, una parte delle attività della CIA vennero trasferite ad un nuovo organismo, chiamato cinicamente National Endowment for Democracy (NED, Dotazione Nazionale a favore della Democrazia). Da allora, gran parte del denaro che il movimento tibetano ha ricevuto, arriva dalle sue casse. Venne anche finanziata, fra gli altri, la International Campaign for Tibet (ICT), un’organizzazione il cui obiettivo era allineare l’opinione pubblica mondiale a quella del Dalai lama. Il Consiglio d’amministrazione della ICT è formato, fra gli altri, dall’agente della CIA e presidente ceco Vaclav Havel e dal vecchio presidente della Lituania Vytautas Landsbergis. Queste due persone sono anche membri del Comitato Internazionale per la Democrazia a Cuba, un club d’elite di estrema destra.
Si può ammirare questo gruppo nel link: www.cubanismo.net/teksten_nl/democratie/eu_voor_cuba.htm
Un altro beneficiario del denaro statunitense è il Tibet Fund (Fondo Tíbet). Quest’organizzazione ha come obiettivo quello di convincere i tibetani e il resto del mondo della legittimità del Dalai Lama. Nel 2001, Sharon Bush era la sua direttrice: niente di più e niente di meno che la cognata dell’attuale presidente degli USA.
Un altro gruppo che riceve denaro dal NED è la Tibet Information Network (Rete d’informazione sul Tíbet), la cui sede è a Londra. Questo gruppo ha una vocazione propagandistica. E’ diretto da Oppenheimer, un giornalista che ha lavorato 22 anni per la BBC.
Anche la Tibetan Literary Society (Società Letteraria Tibetana) è finanziata dal NED, per la pubblicazione del giornale Bod-Kyl-Dus-Bab(Tibet Times).
Nei bilanci della Ned compare anche il Tibet Multimedia Center, che diffonde registrazioni audio e video con messaggi del Dalai Lama. La Tibetan Review Trust Society è, anche questa, finanziata dal NED per le sue pubblicazioni in tibetano e cinese.
Nel rapporto NED del 2006 (www.ned.org/grants/06programs/grants-asia06.html#chinaTibet) si può notare che cinque organizzazioni tibetane ricevono fondi che, insieme, arrivano ad un totale di 173.000 dollari. Ma la lista non è completa, per il “carattere confidenziale” di certe donazioni.
Finanziamento attraverso il ministero statunitense per gli Affari Esteri
Il NED non è l’unico a fornire fondi al movimento tibetano. Il Dalai Lama e il suo entourage ricevono grandi somme di denaro attraverso il Bureau of Democracy, Human Rights and Labor (DRL – Ufficio per la Democrazia, i Diritti Umani e il lavoro) del Ministero degli Esteri. Il DRL riceve denaro dallo stato per favorire “la democrazia e i diritti umani” in tutto il mondo. Destina la quarta parte a organizzazioni che si interessano alla “democrazia e diritti umani” in Cina. La maggioranza sono tibetani. L’anno scorso il DRL ha donato 23 milioni di dollari. Un terzo di questo donato è stato dato al Ned, il resto lo ha spartito lo stesso DRL. Tra gli altri beneficiari, il Tibet Fund prima citato. L’ultimo rapporto annuale del Tibet Fund è datato 2005.
Si veda il documento in PDF: http://tibetfund.org/annual_reports/2005report/2005_annualreport.pdf
In quel documento possiamo notare che quell’anno disponeva di cinque milioni di dollari, di cui la metà proveniva dal governo statunitense, specialmente dall’Ufficio di Popolazione, Rifugiati e Immigrazione del Ministero degli Esteri. Quest’ufficio è una sezione del DRL. Nel 2005 il Dalai Lama ha ricevuto direttamente 500.000 dollari del fondo.
Finanziamento proveniente dall’Europa
Il governo statunitense è il principale fornitore di risorse al movimento tibetano. Pertanto, è comprensibile la predilezione del Dalai Lama nei confronti della politica estera degli USA. Ma i governi europei non sono da meno. Grandi fette dei pagamenti al movimento tibetano non sono fatti direttamente, ma per mezzo di fondazioni come, per esempio, la Friedrich Naumann Stiftung Foundation e la Heinrich Böl Stiftung Foundation. Il Dalai Lama, nel 2005 ha conferito il premio Light of Truth (Luce della verità) al conte Otto Lambsdorff, presidente della Friedrich Naumann Stiftung.
Qui si può leggere un rapporto sull’argomento: www.savetibet.org/nl/news/news.php?id=12
5. La Cina è condannata da tutta la comunità internazionale?
Se crediamo alle informazioni occidentali, la Cina è completamente isolata, perciò tutto il mondo condanna la sua politica. In realtà, dallo scorso 14 marzo, un centinaio di paesi hanno manifestato pieno sostegno alla Cina. Le parole “comunità internazionale” in bocca al presidente statunitense Bush, del francese Sarkozy e della cancelliera tedesca Merkel, non rappresentano che loro stessi. Asia America Latina e Africa non fanno parte del coro. Ricordiamo che la “comunità internazionale” di G. Bush appoggiava anche la guerra contro l’Irak. Ma se guardiamo meglio, questo non era vero in assoluto.
Secondo Vietnam, Cambogia e Bangladesh, la Cina si è comportata correttamente.
I governi di Vietnam, Cambogia e Bangladesh sono stati i primi ad esprimere il loro appoggio alla Cina. Il viceministro vietnamita degli Esteri ha dichiarato: “Il Vietnam appoggia pienamente il governo cinese in merito alle misure applicate per stabilizzare la situazione nel Tibet”.
Si veda l’articolo: http://news.xinhuanet.com/english/2008-03/21/content_7832281.htm
Hugo Chávez appoggia la Cina e i Giochi Olimpici
Il presidente venezuelano ha condannato le violenze degli incendiari di Lhasa. Egli è convinto che i responsabili sono gli USA.
Si veda l’articolo: www.standaard.be/Artikel/Detail.aspx?artikelId=B080326
Russia, Bielorussia, Pakistan, i paesi arabi…
Non hanno manifestato appoggio a Pechino solo i diretti vicini.
Si veda l’articolo: www.chinadaily.com.cn/china/2008-03/21/content_6554245.htm
I paesi dell’Asia centrale, Sierra Leone, Benin, Siria, Mongolia, Nepal, Tagikistán...
La lista è lunga. In merito alla sollevazione di Lhasa, il ministro siriano degli Esteri ha dichiarato: “La Siria condanna i fatti e coloro che vi sono dietro.Esprimiamo la nostra solidarietà e ci dichiariamo a favore della posizione della Cina”.
Si veda l’articolo: http://news.xinhuanet.com/english/2008-03/22/content_7836298.htm
“Cuba condanna i fatti recentemente accaduti nel Tibet”.
In questi duri termini il governo cubano ha condannato la sollevazione di Lhasa. Anche Cuba ha dichiarato che “le aggressioni contro 19 ambasciate e consolati cinesi in 16 paesi sono una gravissima violazione dello spirito e della carta della Convenzione di Vienna sui rapporti diplomatici e consolari”.
Si veda l’articolo: www.ansa.it/ansalatina/notizie/notiziari/cuba/20080322215634620241.html
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR
www.resistenze.org - popoli resistenti - cina - 30-03-08 - n. 221
da Rebelion - www.rebelion.org/noticia.php?id=65321