RD Congo - Colonialismo a distanza
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L’Expression - 27 novembre 2008
RD Congo - Colonialismo a distanza
di Chems Eddine CHITOUR (Ecole nationale polytecnique)
(…) I Bianchi hanno tuttavia apportato qualche cosa a questi popoli (colonizzati), il peggio che potessero loro apportare, le piaghe del nostro mondo: il materialismo, il fanatismo, l’alcolismo e la sifilide. Per il resto, giacché essi possedevano per loro conto molto più di quanto noi potessimo loro dare, sono rimasti loro stessi. Una sola cosa rende attivo il bilancio dei colonizzatori: hanno dappertutto suscitato l’odio. L’odio che spinge tutti questi popoli, risvegliati dal loro sonno, a darci la caccia”. Testamento politico di Hitler
Questa riflessione di Hitler sulla denuncia del colonialismo ha un sapore particolare, tenuto conto della demonizzazione di cui è stato fatto oggetto. Nondimeno, a ben guardare, essa non fa una grinza tanto si adatta alla situazione dei paesi africani che sono sempre colonizzati ancora nel XXI secolo. Giacché i paesi occidentali hanno inventato una nuova forma di neocolonialismo che si rivela essere un colonialismo a distanza, un neocolonialismo condito di diritti dell’uomo, imposto caso mai dal concetto di dovere poi dal diritto di ingerenza umanitaria, del quale si sa che Bernard Kouchner, per esempio, è stato uno degli ideologi. “Hitler – scrive Rosa Amelia Plumelle-Uribe – non è stato altro se non il rivelatore di una crudeltà razzista, un sistema di annientamento dell’uomo del quale, fino a quel momento, solo i popoli colonizzati avevano fatto esperienza”.
I grandi appetiti
Non si può che restare perplessi dinanzi allo “scoop” di Human Rights Watch, che ha denunciato lo scorso 25 novembre, gli abusi del regime di Kabila. Nell’indifferenza della comunità internazionale, il regime del presidente congolese Joseph Kabila porta avanti da due anni una “repressione brutale” che ha provocato l’uccisione di più di 500 oppositori e l’arresto di un migliaio di persone. Dopo le elezioni del 2006, “largamente sostenute da finanziatori internazionali”, i partner stranieri della RDC “si sono dedicati a guadagnare i favori del nuovo governo di Kabila ed hanno mantenuto il silenzio sulle violazioni dei diritti dell’uomo”. I rapporti dell’ONU relativi a “questi crimini per motivi politici – sostiene ancora Human Rights Watch - sono stati deliberatamente insabbiati o pubblicati troppo tardivamente”.
Il messaggio è indirizzato alla “coscienza occidentale” colma di “umanismo”, quella stessa coscienza che ha portato al potere il tiranno attuale e che è responsabile del genocidio dei Tutsi nell’indifferenza generale e soprattutto nel silenzio sui principali responsabili occidentali di questo macello. Il capo della diplomazia francese ha stimato, venerdì 31 ottobre, che la zona est della Repubblica Democratica del Congo è stata teatro di un “massacro come non se ne è probabilmente mai avuto in Africa, che sta per svolgersi quasi sotto i nostri occhi, con più di un milione di rifugiati, con attacchi precisissimi, mutilazioni sessuali che costituiscono atti ordinari della guerra in questo luogo” (Le Monde del 31.10.08. - RDC:”Non si è mai avuto probabilmente mai un simile massacro in Africa)
Il 31 ottobre 2008 Alan Doss, capo della Missione di pace dell’ONU nella Repubblica Democratica del Congo (Monuc), aveva tuttavia dato l’allarme: “Spero che possano arrivarci dei rinforzi il più rapidamente possibile, in modo da poter essere in grado di rimettere il processo di pace in carreggiata”. Sembra che tali affermazioni, per quanto inquietanti, non abbiano trovato alcuna eco in seno all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza e l’Unione Europea hanno rifiutato di fornire i rinforzi richiesti! Come si può quindi sperare che le truppe ONU si oppongano alle “gravi atrocità contro i civili, ivi comprese le esecuzioni sommarie” che sono state denunciate, giovedì sera, 6 novembre, alla portavoce della missione dell’ONU in RDC? L’ONU sembra riprodurre la medesima inerzia e l’autismo che hanno permesso i massacri in Rwanda. Quella lezione non ha insegnato niente? Perché questa insostenibile leggerezza? Quale ne è l’obiettivo? (Cosa succede in Congo? L’insostenibile leggerezza dell’ONU. Le Post, 2.11.2008)
Per comprendere di cosa si tratta, vediamo cosa dice Jean-Philippe Rémy del giornale Le Monde: “Dopo il 2006 – scrive – il piccolo conflitto del Nord-Kivu sembrava che non avrebbe mai valicato i confini della regione. Perché non ci si ricordava che i due Kivu, Nord e Sud, confinanti col Rwanda, Uganda e Burundi, costituivano la matrice delle guerre regionali. Per due volte questi conflitti sono cominciati con delle ribellioni di ambito apparentemente locale, prima che il coinvolgimento dei paesi vicini non finisse col trasformarle in guerre transfrontaliere.
Nel 1996 un’insurrezione di Banyamulenge, membri della comunità tutsi del Sud-Kivu, è stata il preludio del primo conflitto. Questo accadeva solo due anni dopo il genocidio dei Tutsi da parte degli Hutu in Rwanda, dall’altro lato della frontiera. Nel Kivu, nell’est dell’attuale Congo (che allora si chiamava Zaire), campi di rifugiati hutu, fuggiti all’arrivo al potere dei Tutsi a Kigali, servivano da basi di retroguardia per i “genocidi” esiliati che contavano di tornare in Rwanda a “completare il lavoro”. I Banyamulenge, Tutsi congolesi, sembravano anche loro minacciati dagli Hutu. Hanno preso le armi in Kivu. Su questa scia ha preso vita un movimento nebuloso, appoggiato da alcuni paesi vicini, che si proponeva di avviare la conquista del paese e spazzare via il maresciallo Mobutu dal potere, a Kinshasa, nel 1997. Due anni dopo si è riprodotto un fenomeno similare. Nel 2006, il tutsi Laurent Nkunda fonda il Congresso nazionale per la difesa del popolo (CNDP), col patrocinio del Rwanda. Si tratta di battersi per scacciare i ribelli hutu dalle loro basi arretrate in Kivu. Con questo obiettivo il CNDP si riarma e si rinforza aprendo soprattutto dei centri di addestramento. Ma il capo della ribellione tutsi sembra ampliare le sue ambizioni. All’inizio di ottobre rivela anche la sua volontà di liberare il popolo del Congo” (Jean-Philippe Rémy: Le Nord et le Sud-Kivu, foyers de guerres régionales – Le Monde, 31.10.2008)
Il “generale” Laurent Nkunda non è uno sconosciuto. E’ – scrive Michel Collon – un Tutsi congolese reclutato nell’esercito di Paul Kagamé (attuale presidente del Rwanda) nel 1994 durante la lotta contro i genocidi Hutu. Nel 1998 egli si unisce in Congo alla “ribellione” pro-rwandese. Ha commesso diversi crimini di guerra prima di essere integrato nell’esercito congolese, secondo gli accordi del 2003. Ma nel 2004 egli si fa promotore di un ammutinamento contro il governo congolese. Il Rwanda nega di appoggiarlo. (…) Laurent Nkunda è finanziato da uomini di affari vicini a Paula Kagame, come i fratelli Alexis e Modeste Makabuza, e dall’uomo più ricco del Rwanda, Tribert Rujugiro. Viene approvvigionato in uomini e materiali dall’esercito rwandese attraverso l’Uganda, alleato del Rwanda durante la guerra di aggressione contro il Congo nel 1998-2003. Le ricchezze locali del Kivu permettono alle milizie, al Rwanda ed all’Uganda di finanziare l’instabilità e l’insicurezza. Ciò è possibile solo grazie alla tacita complicità della Monuc (Missione delle Nazioni Unite), degli Stati Uniti e degli Stati membri dell’Unione Europea. (Tony Busselen: Que se passe-t-il au Nord-Kivu? http://www.michelcollon.info/).
« Dietro tali ambizioni politiche si profilano soprattutto le tensioni tra il Congo ed il Rwanda (…) Ma il Kivu – proteso verso l’est più che verso la lontana Kinshasa, saturo di ricchezze minerarie e di terre arabili che mancano ai suoi vicini – stuzzica gli appetiti. Il Rwanda e l’Uganda, attraverso i cui territori transitano i minerali estratti nel Kivu, sognano sempre di includerlo nella loro zona di influenza”.
Eccoci! Le guerre etniche hanno probabilmente giocato un ruolo. Ma queste guerre sono state attizzate soprattutto dal colonialismo che alimenta i due campi in armi con la promessa di sfruttamento delle ricchezze, come al buon tempo antico delle colonie, salvo che tutto viene fatto a distanza. L’analisi che segue ci permetterà di vedere le cose un po’ più chiaramente: “Da un saccheggio ad un altro… Che cosa è cambiato dai tempi del buon re Leopoldo? Che cosa si nasconde dietro il vostro telefono mobile, dietro il vostro computer o la vostra playstation? Una guerra. Una guerra terribile che si trascina. Una guerra tra le più sanguinose che si siano conosciute. Una guerra che appare, agli occhi del grande pubblico, di tipo tribale, della quale non ci sarebbe niente da capire, al di là dei ciechi scontri etnici, come tante altre volte è accaduto in Africa. E’ esatto se si resta alle immagini popolari, coloniali o postcoloniali. E poi è così lontano…” (RDC:Terrain de chasse pour le multinationales? Agoravox, 2.11.2008)
“Una guerra per le materie prime di cui il Congo trabocca. Una guerra cui sono interessate un gran numero di multinazionali, con la complicità dei loro paesi di origine. Il più apprezzato è il coltan, un minerale indispensabile per la produzione dei telefoni mobili, di certi computer e delle playstation. Una guerra per capi locali interposti, le cui conseguenze ricadono drammaticamente sulla popolazione (sequela di atrocità, sfollati), in uno Stato che non funziona più, del cui disfacimento approfittano i gruppi predatori che fanno a pezzi la ricchezza di questo paese, che avrebbe tutta la possibilità di essere uno dei più ricchi dell’Africa, ma del quale alcuni gruppi hanno interesse a prolungare la povertà. Come spesso durante la belle époque coloniale, si attizzano le rivalità latenti, le si incoraggiano armando i gruppi rivali, si alimentano i conflitti, si soffia sul fuoco, si trova complicità nei signori della guerra locali, li si strumentalizza, li si paga bene, si crea una cortina di fumo. Si sostiene con grandi spese una forza dell’ONU che non serve a niente. Così tutti i fruttuosi commerci di materie prime possono passare inosservati, dietro la scena delle passioni scatenate e gli orrori che finiscono nelle ultime pagine dei quotidiani.
Una Commissione di inchiesta incaricata dalle Nazioni Unite ha comunque denunciato i legami tra il commercio di questo minerale e le importazioni illegali di armi nella regione.
Ecco che cosa diceva, già a Natale del 1999, il vescovo di Bukavu, Mgr Kataliko: “Poteri stranieri, con la collaborazione di alcuni nostri fratelli congolesi, organizzano guerre con le risorse del nostro paese. Tali risorse, che dovrebbero essere utilizzate per lo sviluppo, per l’educazione dei nostri figli, per curare le malattie, insomma, per farci vivere in modo più umano, vengono invece utilizzate per ucciderci. Ed ancora di più, il nostro paese e noi stessi siamo diventati oggetto di sfruttamento. Tutto ciò che ha valore viene depredato, saccheggiato e portato all’estero, o semplicemente distrutto. Le imposte raccolte, che dovrebbero essere investite per il bene comune, sono stornate”.
“Succede quindi che alcune imprese occidentali sono responsabili della guerra in RDC… Un anno fa una ONG inglese, Global Witness, ha denunciato la società inglese Afrimex, accusandola di avere contribuito al conflitto nell’est della Repubblica democratica del Congo, per poter fare commercio dei minerali. Infatti, se Afrimex è riuscita a rifornirsi di coltan e di stagno dopo l’inizio delle due guerre del Congo (1996-2003), è perché ha versato tangenti al Rassemblement congolais pour la démocratie-Goma (RDC-Goma), un gruppo armato ribelle alleato del Rwanda, responsabile del massacro di civili e di atti di tortura (…). Finché avrà degli acquirenti…, ci sarà la guerra…” Come dice C. Braekman:”Mentre un po’ dappertutto nel mondo le risorse minerarie sono già state ampiamente consumate, se non esaurite, in questa regione poco accessibile, a lungo difesa come una cassaforte dalle società belghe del tempo della colonizzazione o poco appetibile per gli investimenti a causa della dittatura, la maggior parte dei giacimenti sono ancora vergini e poco sfruttati: diamanti, rame, stagno, carbone, ferro, manganese, ma anche niobio, cobalto, uranio, germanio, gas metano e petrolio, il Congo ha di che suscitare l’avidità. Altre risorse ancora rendono il paese una postazione strategica, perché tutti sanno che il loro possesso farà la differenza nel corso dei prossimi anni. Si tratta dell’acqua, dell’energia idroelettrica, delle terre arabili, delle foreste…Si assiste ad uno smembramento della RDC. In fondo il dramma della Repubblica democratica del Congo è costituito dalla ricchezza del sottosuolo”.
Il ruolo giocato dalle multinazionali nella perpetuazione dei conflitti che devastano la RDC da anni è stata d’altronde oggetto di un rapporto sconvolgente da parte delle Nazioni Unite, che aveva anche pubblicato i nomi di un centinaio di esse, coinvolte nell’estrazione, la commercializzazione di minerali strategici, sfruttati nelle regioni in guerra.
Il Vangelo alla riscossa
Si sa in conclusione che le tre C “Cristianesimo, Commercio, Colonizzazione” hanno consentito all’Europa di asservire per 500 anni il continente africano. Il re del Belgio dava perfino consigli ai missionari sul modo di trattare i fedeli neri. Con raro cinismo, il re del Belgio utilizzava lo spirituale a fini volgarmente commerciali. “Il vostro ruolo principale è di facilitare il loro compito agli amministratori ed agli industriali. Vale a dire che voi interpreterete il Vangelo nel modo che meglio serva a proteggere i nostri interessi in questa parte del mondo. Per ottenere ciò voi dovrete tra l’altro scoraggiare nei selvaggi ogni interesse nei confronti delle ricchezze che rigurgitano nel loro sottosuolo” (C.E.Chitour: Conférence de Lisbonne, conférence de Berlin. www.millebabords.org , 23.12.2007).
Perché l’Africa si trova in tale stato di sottosviluppo? La risposta senza appello ci viene dal presidente Sarkozy. Il 26 luglio 2007, a Dakar (Senegal), dichiarava di fronte alla gioventù africana: “Il dramma dell’Africa è che l’uomo africano non è sufficientemente entrato nella storia. Non si slancia mai verso l’avvenire”. Per aiutarlo a slanciarsi, lo si continua a colonizzare a distanza… Il mondo occidentale ha costruito la sua ricchezza, la sua potenza e la sua arroganza sul sangue, il sudore e le lacrime di questi popoli prostrati. È tempo oramai ch’esso rinunci alla sua ipocrisia di piromane-pompiere e a dare lezioni. Riuscirà un giorno a trattare l’Africa con eguale dignità, perché essa prenda il suo giusto posto tra le nazioni?
Traduzione in italiano a cura di ossin