Obama e l'Africa
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Le Potentiel (13.7.2009)
Rivolgendosi all’Africa dal Ghana
Obama parla anche della Repubblica Democratica del Congo (RDC)
Domanda da un milione di dollari: La RDC soddisfa le condizioni fissate da Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, nel suo discorso all’Africa dal Ghana, per beneficiare del suo sostegno? Se bisogna stare ai “cinque flagelli” di cui ha recentemente parlato il presidente della Repubblica, Joseph Kabila, nel suo messaggio del 30 giugno alla Nazione, vale a dire l’indisciplina, l’intolleranza, la concussione, gli sprechi finanziari, la corruzione, la RDC non dovrebbe avere diritto a beneficiare del sostegno degli Stati Uniti. Ad Accra, Obama è stato chiara: gli Stati Uniti non saranno al fianco dei paesi che non daranno prova di buon governo, che si macchiano di pratiche anti-democratiche e di corruzione. Un vero e proprio invito a smetterla di sognare e ad adottare comportamenti conseguenti, scegliendo il “suo campo”.
Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, si è effettivamente indirizzato all’Africa da Accra, sabato 11 luglio. Una prima dopo la sua elezione. Un momento molto atteso, perché il presidente USA doveva approfittare di questa opportunità per annunciare le grandi linee della politica africana degli Stati Uniti.
Ed egli non ha sprecato l’occasione, per non lasciare il tempo a molti Africani di continuare a sognare, a causa delle sue origini africane. Egli ha parlato come presidente degli Stati Uniti di come il Nord America intende sostenere le sue relazioni con l’Africa. E questa nuova visione degli Stati Uniti si fonda su una idea di cooperazione in forma di partenariato. Essa si riassume in questa frase pronunciata già all’indomani della sua investitura: “In passato gli Stati Uniti hanno lavorato per l’Africa. Ora vogliamo lavorare con l’Africa”.
Dicendo la stessa cosa ad Accra, con parole inequivoche, Barack Obama ha detto senza mezzi termini questo ai dirigenti africani: “Io non considero i paesi e i popoli dell’Africa come un mondo a parte; io considero l’Africa come una parte fondamentale del nostro mondo interdipendente, come un partner degli Stati Uniti per la costruzione dell’avvenire che desideriamo per tutti i nostri figli. Questa collaborazione deve fondarsi sulla mutua responsabilità e sul mutuo rispetto: è di questo che voglio parlarvi oggi. Noi dobbiamo partire dal principio che spetta agli Africani decidere sull’avvenire dell’Africa”. Il capo dell’Esecutivo USA ha posto un accento particolare sulla “alta responsabilità politica”.
Governance dipendente
Ma come fare per raccogliere questa grande sfida? Il presidente USA ha risposto con chiarezza anche a questo interrogativo: “Ora, per realizzare questa promessa, dobbiamo prima di tutto riconoscere una verità fondamentale che voi avete attuato in Ghana, e cioè che lo sviluppo dipende dal buon governo. E’ l’ingrediente che manca in troppi paesi da troppo tempo. E’ il cambiamento che può liberare le potenzialità dell’Africa. Infine, si tratta di una responsabilità di cui solo gli Africani possono assumersi”.
Obama ha parlato di un buon governo, ma debitore. Da ciò la sua insistenza per la realizzazione della democrazia in Africa, avvisando che gli USA sosterranno solo gli Stati che realizzano il buon governo e rispettano le regole democratiche. “Noi dobbiamo sostenere le democrazie forti e stabili. Come ho detto al Cairo, ciascuna nazione modella la democrazia a suo modo, in conformità con le proprie tradizioni. Ma la storia pronuncia un verdetto chiaro: i governi che rispettano la volontà dei loro popoli, che governano col consenso e non con la costrizione, sono più prosperi, più stabili e più fiorenti di quelli che non lo fanno”.
E il presidente USA insiste: “Non si tratta solo di organizzare le elezioni - bisogna vedere anche cosa succede tra uno scrutinio e l’altro. La repressione ha forme diverse e troppi paesi, anche quelli che tengono le elezioni, sono assillati da problemi che condannano il loro popolo alla povertà. Nessun paese può creare ricchezza se ha dei dirigenti che sfruttano l’economia per arricchirsi personalmente, o se i suoi poliziotti possono essere comprati dai trafficanti di droga. Nessuna impresa investe in un paese dove il governo pretende all’avvio un 20%, o nel quale il capo dell’autorità portuaria è corrotto. Nessuno può vivere in una società dove la regola del diritto cede il passo alla legge del più forte e alla corruzione. Questa non è democrazia, è tirannia, anche se di tempo in tempo si tiene un’elezione qui e la, ed è arrivato il momento che questo tipo di governo sparisca… L’Africa non ha bisogno di uomini forti, ma di forti Istituzioni”.
Ecco un’osservazione che non lascia i Congolesi indifferenti , se si tiene conto delle osservazioni fatte ultimamente dal capo dello Stato , Joseph Kabila Kabange. Quest’ultimo ha denunciato i “cinque flagelli”, udite udite, l’indisciplina, l’intolleranza, la concussione, gli sprechi finanziari e la corruzione che distruggono la società congolese. Questo stile di governo, come ha detto il presidente USA, deve sparire.
No al narcisismo
Prendendo le mosse dalla sua personale esperienza, quella di suo padre e del suo paese, il Kenya, Barack Obama ha inteso respingere l’afro pessimismo, Ed ha invitato una volta di più gli Africani a prendere nelle loro mani il loro destino per combattere le pratiche antidemocratiche, i conflitti e le malattie.
Ha insistito affinché gli Africani volgano lo sguardo all’avvenire e non ricorrano al colonialismo per spiegare le guerre, le malattie, il sottosviluppo e la corruzione. Ha precisato che l’Occidente non è responsabile della distruzione dell’economia dello Zimbabwe o dell’arruolamento di bambini tra i combattenti. Responsabili di questo sono gli stessi Africani. Pertanto occorre smetterla con questo atteggiamento narcisista di gettare la pietra sugli altri.
Ma quello che il presidente Obama non ha detto è che non sono gli Africani a fabbricare le armi. Meno ancora i telefoni portatili. Ma piuttosto nazioni potenti come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia ed altre. E che in molti conflitti c’è sempre questa puzza di colonialismo per perpetuare una certa dominazione in Africa: il neocolonialismo. Perché la Gran Bretagna non interviene mai nell’Africa dell’Ovest, e lo fa invece la Francia, specialmente in Costa d’Avorio ed in Guinea?... Quale è la ragione della penetrazione anglosassone nella regione dei Grandi Laghi? Sarebbe stato interssante che il presidente Obama avesse risposto a questi interrogatovi per meglio sensibilizzare gli Africani.
Che cosa dire della RDC nel discorso di Obama? Rileggendo attentamente il suo discorso, Omaba ha citato tre volte il caso della Repubblica Democratica del Congo. La prima volta, senza menzionarla, sottolineando che la storia dell’Africa è in marcia da molto tempo, ma che le promesse sono lontane dall’essersi realizzate. Paesi come il Kenya il cui reddito pro capite era superiore a quello della Corea del Sud, quando egli è nato, sono oggi assai più bassi. La RDC si trova nella stessa situazione, sempre a paragone della Corea del Sud. “Le malattie e i conflitti hanno devastato molte regioni del continente africano” ha sottolineato.
La seconda volta, quando ha parlato delle violenze sessuali in Africa e dei bambini soldati. “Noi dobbiamo levarci contro l’inumanità presente tra noi. Non è mai giustificabile – mai giustificabile – colpire degli innocenti in nome di una ideologia. E’ una condanna a morte per tutta la società, come obbligare dei bambini ad uccidere in una guerra. E’ un marchio supremo di criminalità e vigliaccheria quello di condannare delle donne all’ignominia continuata e sistematica dello stupro. Noi dobbiamo rendere testimonianza del valore di ogni bambino in Darfour e della dignità di ogni donna in Congo. Nessuna religione, nessuna cultura può scusare le atrocità che le sono inflitte”.
Infine, la terza volta, quando si è occupato della stabilità delle istituzioni nazionali: “Con istituzioni potenti ed una ferma volontà, io so che gli Africani possono realizzare i loro sogni a Nairobi e a Lagos, a Kigali e a Kinshasa, a Harare e anche qui ad Accra”. C’è bisogno di altro perché la RDC non si senta chiamata in causa dal discorso di Obama?