Antiproibizionismo, agosto 2013 - Dopo più di quattro decenni di una guerra alla droga che si è dimostrata essere un fallimento, crescono gli inviti ad un cambiamento di strategia. In America Latina la discussione è onnipresente. I leader della Colombia, del Messico e dell’Uruguay hanno avviato dei forti mutamenti nelle loro politiche in materia di droghe, che hanno dato impulso a grandi cambiamenti nella regione e nel mondo (nella foto, vittime della guerra dei narcos a Ciudad Juarez)







Le Monde, 7 giugno 2013 (trad. ossin)



Regolamentiamo il traffico di droga per lottare contro la violenza

e la corruzione


Fernando Henrique Cardoso, Cesar Gaviria, Ricardo Lagos, George P. Shultz, Paul Volcker, Louise Arbour, Ernesto Zedillo, Ruth Dreifuss e Michel Kazatchkine



Dopo più di quattro decenni di una guerra alla droga che si è dimostrata essere un fallimento, crescono gli inviti ad un cambiamento di strategia. In America Latina la discussione è onnipresente. I leader della Colombia, del Messico e dell’Uruguay hanno avviato dei forti mutamenti nelle loro politiche in materia di droghe, che hanno dato impulso a grandi cambiamenti nella regione e nel mondo.


Il dibattito è giunto anche negli Stati Uniti, dove l’opinione pubblica in tema di regolamentazione sta modificandosi. Per la prima volta, infatti, un sondaggio ha mostrato che la maggioranza sostiene l’ipotesi di regolamentazione della vendita della cannabis per il consumo degli adulti. Da nessuna parte questa posizione è apparsa più evidente che negli Stati del Colorado e di Washington, che hanno di recente approvato nuovi progetti di legge che vanno in questa direzione. Questo cambiamento nell’opinione pubblica è in conflitto con la legge federale USA, ma anche con le convenzioni in materia di droghe delle Nazioni Unite, oltre che con il regime internazionale delle politiche sulle droghe.


La commissione globale per la politica delle droghe, facendo seguito all’appello ad un cambiamento di impostazione formulato dalla commissione latino-americana sulle droghe e la democrazia, spinge in questa direzione dal 2011. Venti leader mondiali hanno così posto in evidenza gli effetti devastanti delle politiche sulle droghe di carattere repressivo sulle persone, sulle modalità di governo e sull’economia, non solo in America Latina, ma dappertutto nel mondo.


Il nostro rapporto – la guerra contro la droga – formula due principali raccomandazioni:


- Sostituire la criminalizzazione dell’uso di droga con un approccio che privilegi la sanità pubblica


- Sperimentare dei modelli di regolamentazione legale diretti a indebolire il potere del crimine organizzato


Aprendo un dibattito veramente globale sulla riforma delle politiche in materia di droghe, noi abbiamo infranto un tabù secolare. Una nuova voce si è recentemente unita a questa discussione, quella della Organizzazione degli Stati americani (OEA), con un rapporto molto atteso sugli scenari alternativi per il controllo e la regolamentazione delle droghe nelle Americhe. Lo studio ha sviluppato una idea che originariamente era del presidente della Colombia Santos, e che era stata approvata da tutti i capi degli Stati americani nel corso del summit delle Americhe a Cartagena nel 2012.


Fatto proprio dalla OEA, questo rapporto propone quattro scenari possibili per le future politiche delle droghe, riflettendo un consenso che si va diffondendo in America Latina. Fortunatamente nessuno scenario si attesta sullo status quo. La maggior parte degli esperti condivide i primi tre scenari – il passaggio da un approccio repressivo ad un approccio che privilegi la sicurezza dei cittadini, la sperimentazione di differenti ipotesi di regolamentazione delle droghe illegali e il rafforzamento della capacità delle comunità ad affrontare il problema. Beninteso, tutti vogliono evitare a qualsiasi costo il quarto scenario, la minaccia di veder nascere dei narco-Stati. Nella sua globalità, il rapporto presenta per la prima volta un insieme completo di raccomandazioni da parte di una organizzazione multilaterale per la riforma delle politiche in materia di droghe.


Lo studio della OEA propone la sperimentazione di ipotesi complementari, piuttosto che di proposte che si escludono vicendevolmente. Queste proposte si basano sull’ipotesi realista che la domanda di sostanze psicoattive continuerà nel corso del prossimo decennio e che solo una piccola parte di utilizzatori ne diventerà dipendente. Infatti molti paesi già si avviano a decriminalizzare l’uso delle droghe e sperimentano la regolamentazione della cannabis, investendo in programmi di riduzione del rischio, ivi compresa la prescrizione medica delle droghe dette “dure”. Lungi dal creare problemi, come annunciato dai loro detrattori, questi programmi producono risultati positivi e misurabili.


L’OEA e i paesi dell’America Latina contribuiscono risolutamente a infrangere il tabù che ha contribuito per troppo tempo a bloccare il dibattito su una politica in materia di droghe più umano e più efficace. E’ tempo oramai che i governi di tutto il mondo siano autorizzati a sperimentare in modo responsabile dei modelli di regolamentazione che siano adatti alle loro realtà e ai bisogni locali. La capacità di leadership di cui danno prova il presidente Santos e il segretario generale dell’OEA è benvenuta. Ma il rapporto non è che il primo passo – i leader delle Americhe devono prendere questo studio sul serio ed esaminare concretamente come le loro politiche possano essere migliorate.


Ciò facendo essi spezzeranno il circolo vizioso della violenza, della corruzione e delle prigioni sovraffollate, e porranno la salute e la sicurezza dei solo cittadini al primo posto



Fernando Henrique Cardoso, ex presidente del Brasile; Cesar Gaviria, ex presidente della Colombia; Ricardo Lagos, ex presidente del Cile; George P. Shultz, ex segretario di Stato, Stati Uniti, presidente onorario; Paul Volcker, ex presidente della Riserva Federale degli Stati uniti e della commissione di rilancio economico; Louise Arbour, ex alto commissario delle Nazioni Ernesto Zedillo, ex presidente del Messico; Ruth Dreifuss, ex presidente della Svizzera; Michel Kazatchkine, inviato speciale delle Nazioni Unite per l’aids in Europa dell’est e in Asia centrale  

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