Al Qaeda nel Maghreb islamico al bivio?
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Inchiesta, agosto 2014 - AQMI (Al Qaeda nel Maghreb Islamico) subisce oggi le conseguenze dei rivolgimenti in atto nei paesi mussulmani delle "rivoluzioni" arabe. Ad esse si aggiunge il grosso trauma dell'operazione Serval, che ha provocato la disgregazione del ramo saheliano del movimento nella composizione in cui si era consolidata ai primi del 2013
Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 17 agosto 2014 (trad. ossin)
Al Qaeda nel Maghreb islamico al bivio?
Alain Rodier
AQMI (Al Qaeda nel Maghreb Islamico) subisce oggi le conseguenze dei rivolgimenti in atto nei paesi mussulmani delle "rivoluzioni" arabe. Ad esse si aggiunge il grosso trauma dell'operazione Serval, che ha provocato la disgregazione del ramo saheliano del movimento nella composizione in cui si era consolidata ai primi del 2013, regnando sul Nord Mali. Era già questo uno "Stato islamico", allora in gestazione, e nessuno sa bene dove si sarebbe fermato. Secondo le autorità francesi, Bamako poteva cadere in pochi giorni se non si fosse avviata l'operazione Serval. Infine AQMI subisce - e beneficia - oggi della creazione del "califfato" in Iraq e in Siria, oltre che della totale destabilizzazione della Libia. Abu Bakr al-Baghdadi, il capo dello Stato islamico (IS), sembra lontano in Medio Oriente. Il problema però è che si è autoproclamato califfo, vale a dire comandante di tutti i mussulmani, e che ha ordinato ai responsabili dei movimenti islamici di dichiaragli obbedienza. La cosa non sarebbe grave se la sua popolarità non fosse cresciuta in modo esponenziale tra gli jihadisti internazionalisti di "base", a causa dei successi che riporta sul fronte irako-siriano. A differenza della nebulosa Al Qaeda, della quale è uno dei rampolli, è riuscito a creare il suo Stato e a imporre la sua legge. Gli emiri che operano nelle altre terre di jihad sono dunque costretti a rispondere al suo appello, positivamente o negativamente.
Abdelmalek Droukdel, con un comunicato pubblicato dalla fondazione Al Andalous il 14 luglio, ha respinto la proposta di califfato. Spiega di aver tentato un negoziato tra le parti in Siria - tra Al Qaeda centrale e lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS), il vecchio nome di IS - ma che non ha avuto successo. Sostiene di non essere contrario all'idea del califfato in sé, ma che non è stato rispettato il protocollo previsto, in quanto non sono stati consultati i diversi responsabili. Da notare che Al Qaeda nella Penisola arabica (AQPA), presente in Yemen, si sarebbe pronunciata allo stesso modo nel tentativo di acquietare le tensioni esistenti tra i mujaheddin. Al momento la direzione di questo ramo di Al Qaeda resta fedele a Al-Zawahiri, ma forse non per lungo tempo.
Il problema sta nel fatto che l'autorità di Abdelmalek Droukdel è rimessa in causa da anni, in particolare da alcuni dei suoi collaboratori, come Abu Obeida Yussef Al-Annabi, il capo dei Consiglio dei notabili, l'organo direttivo dell'organizzazione. Quest'ultimo è a capo del Consiglio Consultivo (chura) che raggruppa i diversi presidenti di commissioni (comunicazioni, militare, sanità, relazioni esterne, ecc). Ebbene, diversi membri del Consiglio dei Notabili appoggiano l'IS. Alcuni sarebbero perfino tentati di cerare uno "Stato islamico del Maghreb", deponendo Droukdel. Altri responsabili locali potrebbero essere tentati di unirsi allo Stato Islamico, come Abu Abdullah Othman al-Asemi, l'emiro della "regione centro" di AQMI.
Il punto sul ramo saheliano di AQMI
Se Droukdel ha piazzato al vertice della regione del Sahel uno dei suoi fedeli, Djamel Okacha – è stato un compagno di strada di Abou Zeid ma anche di Mokhtar Belmokhtar – non è certo che questo “emiro del Sahara” goda dell’obbedienza delle katiba (1) che teoricamente si troverebbero sotto la sua autorità.
La più importante katiba, la Tarek Ibn Ziyad, ovvero el Fatihine, che è stata sotto il comando di Abou Zeid fino al suo annientamento durante l’operazione Serval nel febbraio 2013, è oggi nelle mani dell’algerino Said Abou Moughatil, alias Yahia Abou el Houmam.
La katiba Al-Ansar è guidata da Hamada Ag Hama, alias Abdelkrim il Tuareg, nipote di Ag Ghaly, il creatore di Ansar Dine. E’ questa unità che terrebbe prigioniero Serge Lazarevic, sequestrato nel novembre 2011.
La katiba Al-Fourgan è posta sotto il comando del mauritano-libico Abderrahmane Talha.
Infine la katiba Yussef Ibn Tachfin è agli ordini di Abdelakim al Kidali, lui stesso un transfuga di Al-Ansar.
Ciò non toglie che queste unità sembrano essersi dissolte nel nulla, per i colpi ricevuti durante l’operazione Serval. La loro attuale preoccupazione è più di sopravvivere che di realizzare operazioni di ampia portata per le quali non posseggono più le capacità operative, cosa che non esclude però le operazioni terroristiche circoscritte, più facili da realizzare sul piano tattico.
Riorganizzazione di AQMI attorno al “fronte Nord”
E’ verosimilmente a causa del deterioramento della situazione per le sue truppe, ma anche perché non le controlla più, che Droukdel ha riorientato la sua strategia decidendo di puntare su un “fronte Nord”, lungo le coste del Mediterraneo. Partendo dal suo Quartier Generale, situato a est di Algeri, più precisamente in Cabila, ha deciso di inviare una parte dei suoi uomini in Tunisia. Il comando di questa operazione che dovrebbe spalmarsi nel tempo, sarebbe stato affidato a Khaled Chaieb, alias Lokman Abou Sakr. Egli si sarebbe accordato con due movimenti radicali tunisini: Ansar al-Charia Tunisia – il cui capo storico, Seiffalah Ben Hassine, si è fatto ultimamente assai discreto – e la katiba Okba Ibn Nafaa. Queste unità sarebbero responsabili di numerosi attentati nella regione frontaliera con l’Algeria, intorno al Monte Chambi, L’ultima risale al 16 luglio, quando quattordici soldati sono stati uccisi e altri venti feriti, in un attacco lanciato all’ora della rottura del digiuno del ramadan. Già a fine maggio, AQMI aveva rivendicato l’attacco al domicilio di Lofi Ben Jeddou, il ministro dell’interno, che aveva provocato la morte di quattro elementi delle forze di sicurezza.
Per ciò che concerne la Libia, massima è la confusione, non è certo che la direzione di AQMI vi sia presente in maniera significativa. Per contro deve registrarsi la presenza della katiba al Mourabitoune, l'unita dissidente che raggruppa gli uomini di Mokhtar Belmokhtar e del MUJAO (Movimento per l’unicità e la jihad in Africa dell’Ovest) di Hamada Ould Khaïrou e Ahmed Ould Amer Timlesi. Benché presenti soprattutto nel Fezzan (sud-ovest del paese), contatti sarebbero stati intrecciati con Ansar al-Charia Libia, attiva a Bengasi (emiro Ahmed Boukhtala) e a Derna (emiro Abou Soufiane Qumu). Da notare che uno “Stato Islamico” è stato già proclamato a Bengasi ad inizio agosto, ma non sembra incontrare lo stesso successo tra le tribù locali del suo omologo sul fronte iraqo-siriano.
Ruolo del crimine organizzato
Il crimine organizzato approfitta della situazione deteriorata del Sahel per sviluppare le sue reti di traffici. Un analista parla di un “incontro tra Mad Max e i Soprano”.
Il traffico più lucrativo resta quello delle droghe. La cocaina proviene dall’America Latina e continua a riversarsi sulle coste dell’Africa dell’ovest. L’eroina che viene dall’Afghanistan e dall’Estremo Oriente, arriva attraverso le coste orientali dell’Africa, particolarmente attraverso la Tanzania, il Mozambico e l’Africa del Sud.
Oltre alle organizzazioni criminali transnazionali (OCT) nigeriane e sudafricane, che sono abbastanza potenti e strutturate per gestire questi traffici dall’inizio alla fine, per lo più sono piccole bande di fuorilegge a occuparsi del trasporto, ciascuna per una piccola parte del viaggio, un po’ come i pompieri che formano una catena umana per passarsi i secchi d’acqua. I committenti sono le OCT sudamericane (2), le gang pachistane e indiane, le triadi cinesi, le mafie italiane e turche.
Le rotte utilizzate vengono spesso scelte in funzione delle opportunità del momento, e dunque non propriamente regolari, la droga venendo spesso stoccata in zone di attesa prima di ripartire per la destinazione finale: l’Europa (3). I punti di imbarco sono noti;
• Il Marocco, dove i passeur abbinano il traffico di droghe pesanti alla produzione tradizionale di cannabis che utilizza rotte che passano dalla Spagna;
• L’Algeria, dove un grande ruolo viene svolto dalla corruzione;
• La Libia, dove tutti i gruppi politico-religiosi che controllano porzioni di zona costiera traggono da questi traffici lucrative risorse.
La Tunisia e l’Egitto costituiscono un caso a parte, tanto le forze di sicurezza sono impegnate in una lotta accanita contro gli islamisti radicali, cosa che rappresenta per i criminali un rischio innegabile di venire direttamente minacciati da una delle due parti (o tutte e due). Il crimine ha orrore delle situazioni instabili che nuocciono al buon andamento degli affari. Di conseguenza questi paesi, al momento, vengono tendenzialmente evitati dalle OCT, a eccezioni di sporadici passaggi. La difficoltà infatti sta nel creare delle reti affidabili che durino nel tempo.
Più all’interno, le rotte dei contrabbandieri che trasportano, oltre alla droga, anche esseri umani, materie prime e armi, si appoggiano soprattutto sui movimenti tuareg, la katiba al Mourabitoube e AQMI per attraversare le zone pericolose.
Gli Occidentali non sono disarmati di fronte a queste mutazioni, prova ne è il successo dell’operazione francese Barkhane in Sahel. I paesi minacciati tentano sempre più di unire gli sforzi per lottare contro il terrorismo, come ha fatto la Comunità economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest (CEDEAO) o il “gruppo dei sei” paesi vicini della Libia, guidato dal Cairo e da Algeri. Ma, in generale, è la carenza di mezzi che si fa sentire crudelmente. Certamente la penuria è molto forte per le forze impegnate, sia in personale che in materiali, ma soprattutto in finanziamenti, che sono quelli che permettono agli Stati della regione di prendere in carico ciò che normalmente compete loro, e che sono troppo pochi. D’altronde rischi di carestia non sono da escludere in Nord Mali e nemmeno in Egitto. Le prospettive sono dunque fosche in quanto non si intravvede alcuna soluzione possibile e i leader politici procedono alla giornata secondo l’evolversi della situazione. L’evacuazione della Libia da parte degli Occidentali è rivelatrice dell’impotenza della comunità internazionale a gestire il disordine che cresce sempre di più.
Note:
1) Corrisponde in francese a un battaglione. Erano le unità leggere dell’Esercito di Liberazione Nazionale Algerino, durante la guerra di indipendenza (ndt).
2) In testa sono i cartelli messicani, che occupano la prima fila del crimine organizzato sudamericano, seguiti dai Colombiani e poi dai Brasiliani. Essi hanno spesso intrecciato rapporti con le OCT nigeriane. Ma sul terreno la regola è quella del subappalto
3) Oltre alle droghe sintetiche che cominciano a essere prodotte sul continente africano e che ripartono poi verso l’Estremo Oriente, dove sono assai ricercate e la produzione locale non è in grado di soddisfare la domanda.