Inchiesta, settembre 2010 - Guinea/Capo Verde/Senegal. Di fronte a baroni della droga sempre più potenti, gli Stati poveri e poco attrezzati della costa atlantica fanno fatica ad arrestare i flussi di denaro e di stupefacenti







Afrique Asie, luglio 2010

Piattaforma girevole a cielo aperto
di Habib Tawa


Guinea/Capo Verde/Senegal. Di fronte a baroni della droga sempre più potenti, gli Stati poveri e poco attrezzati della costa atlantica fanno fatica ad arrestare i flussi di denaro e di stupefacenti


Qualche anno fa i pescatori di Sao Vicente, situata a nord dell'arcipelago di Capo Verde, scoprirono a Santa Luzia, un'isola vicina e disabitata, diverse casse contenenti una pasta bruna non commestibile. Non sapendo cosa farsene la diedero da mangiare ai maiali, fino a quando non vennero a sapere che si trattava di diverse tonnellate di hashish! Questo racconto, tra tanti altri, dimostra la facilità con la quale le navi dei contrabbandieri usano e mettono a profitto l'immensità dell'oceano per organizzare il loro commercio illecito.


Stato e trafficanti
Oggi, con l'aumento dei traffici e la crescita del consumo di droghe da parte dei turisti e anche dei residenti (i bambini di strada ne sono i principali vettori e le prime vittime), non ci potrebbe più essere una simile manifestazione di ingenuità. Ma, ciò che è più grave, le forze politiche sono sempre più corrotte dal denaro delle diverse mafie. Già nell'aprile 2007, il Movimento per la democrazia (MPD, opposizione) sollecitava un'indagine su eventuali finanziamenti dei partiti provenienti dalla droga. Si trattava di un tentativo di ritorcere contro il Partito africano per l'indipendenza di Capo Verde PAICV, al potere), le insinuazioni che quest'ultimo aveva lanciare il mese precedente in Parlamento, affermando che i deputati dello MPD "diventano nervosi quando si parla di droga".
Da una decina di anni si moltiplicano gli incontri regionali e internazionali, soprattutto a Praia, la capitale. L'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (ONUDC) e la Communauté économique des Etats de l'Afrique de l'Ouest (Cedeao) hanno lanciato un appello per una "cooperazione rafforzata tra l'Africa dell'Ovest, l'Europa e l'America Latina". Il fatto che queste dichiarazioni si ripetano dimostra la gravità della situazione e la difficoltà di farvi fronte con altro che non siano le sole parole.
Non è un caso che il Drug Enforcement Agency (DEA) statunitense abbia classificato le isole di Capo Verde come il secondo punto di passaggio in Africa dell'Ovest delle droghe pesanti (soprattutto la cocina) provenienti dall'America del Sud e destinate all'Europa. Nè può sorprendere che molti capoverdiani vengano arrestati con piccole dosi di cocaina, cannabis e hashish, che tentano di introdurre in Europa. Questi piccoli trasportatori sono chiamati "muli".
In Guinea-Bissau, lo stesso tipo di stuazione è aggravata dalla lotta incessante e violenta che contrappone, fin dall'indipendenza. i diversi clan politico-militari. Resta difficile capire cosa ci sia dietro questi scontri, se unicamente una guerra tra diversi interessi mafiosi o se anche l'impegno di alcune forze in campo per difendere una qualche forma di Stato di diritto. Il partito del defunto presidente Joao Bernardo "Nino" Vieira era particolarmente coinvolto nel traffico di cocaina, mentre il capo di stato maggiore, il generale Tagmé Na Waie, si sarebbe opposto alla corruzione politico-amministrativa. Secondo il quotidiano francese LE FIGARO, gli attentati mortali quasi simultanei del 2 marzo 2009, contro il generale e il presidente, sarebbero stati perpetrati probabilmente da trafficanti colombiani, forse come ritorsione per la destituzione, avvenuta nell'agosto del 2008, del contrammiraglio Bubu Na Tchuto, capo della marina nazionale, sospettato di complicità col traffico. Quest'ultimo si fa vedere in giro oramai a Bissau, dopo essersi rifugiato nel dicembre 2009 presso... le Nazioni unite. Resta comunque che la Guinea-Bissau viene considerata dall'ONUDC come un "narco-Stato".
In Guinea-Conakry, dopo la morte di Lansana Conté nel 2008, si vedono spuntare forze legate alla droga. Da un lato, è in corso un processo contro alcuni ex alti dirigenti del regime di Conté: l'ex direttore dell' Ufficio centrale antidroga, il suo successore, ex comandante della gendarmeria, l'ex capo di stato maggiore della marina, e, dall'altra, un diverso procedimento riguarda alcuni parenti dell'ex presidente, tra cui il figlio maggiore ed il cognato. Tutti sono accusati, tra le altre cose, di narcotraffico. Curiosamente, anche il luogotenente-colonnello Moussa Tiegboro Camara, membro della Giunta e incaricato di dirigere la lotta contro la criminalità e il traffico di stupefacenti, è sotto processo. Ma lui è accusato di complicità nei massacri dello stadio di Conakry del 28 settembre 2009. In tutto questo, resta difficile distinguere i regolamenti di conti dagli altri fatti. Una cosa è sicura: nel corso di  una decina di anni gli investimenti stranieri sono più che raddoppiati e molti di essi sono legati al traffico.
A Dakar, i doganieri arrestano regolarmente viaggiatori che trasportano piccole quantità di cocaina. Come formiche, tentano di congestionare col loro numero il controllo poliziesco. A voler credere al direttore dell'Ufficio centrale per la repressione del traffico di stupefacenti di Dakar, "il Senegal presenta numerosi vantaggi: il servizio aereo verso l'Europa e l'America Latina, via Capo Verde, è efficente, l'accesso a internet per eventuali transazioni finanziarie elettroniche è eccellente".
Secondo Antonio Costa, direttore dell'ONUDC, il traffico di droga "corrompe le economie deboli e compromette le elite politiche". E aggiunge: "E serve talvolta da paravento per altri interessi". Il sottomarino USS Annapolis, da molto tempo ormeggiato presso l'isola capoverdiana di Sao Vicente col pretesto di svolgere una missione di pattugliamento e raccogliere informazioni sul traffico di stupefacenti e l'immigrazione clandestina, permette in particolare alla marina USA di piantare le tende in questa area.



Una localizzazione ideale
Situato a metà strada tra l'America del Sud e l'Europa, ognuno di questi quattro paesi dell'Africa dell'Ovest offre vantaggi particolari che li rendono attrattivi per i trafficanti di droga latino-americani.
Particolarmente bien piazzato, l'arcipelago di Capo Verde è lo Stato più vicino al Nord-Est brasiliano. Le sue tante isole, che si estendono per 965 km quadrati di coste, talvolta deserte, poco sorvegliate e difficili da controllare da poteri pubblici poveri di mezzi, fanno di esse un luogo di stoccaggio e di transito ideale per ogni tipo di traffico.
La Guinea-Bissau, lusofono come l'arcipelago capoverdiano, è stato a lungo unito ad esso nell'Impero portoghese, per distaccarsene definitivamente nel 1980, sei anni dopo l'indipendenza. La comune cultura portoghese, condivisa anche col Brasile, li avvicina e li apre ai contatti con l'America Latina. La costa estremamente frastagliata, con numerose anse, foci di fiume e isole (soprattutto l'arcipelago di Bijagos) costituisce un riparo ideale per scambi discreti con navi che vengono dal largo.
Posto di fronte all'arcipelago di Capo Verde, il Senegal dispone di infrastrutture di trasporto, di comunicazione e della base finanziaria  indipensabile per trattare con l'Europa. Per altro, la comunità etnolinguista che avvicina le popolazioni del nord della Guinea-Bissau a quelle della Casamance, che vivono nel sud del Senegal, realizza un asse di comunicazione naturale tra i due paesi.
La Guinea-Conakry che, come il Senegal, disponeva fino a poco fà di un potere centrale forte, confina a sud con la Guinea-Bissau. Questi due paesi mettono in contatto la costa africana con gli Stati africani dell'interno, Mali e Costa d'Avorio.



L'Africa si droga
di Corinne Moncel

Dipendenza. Da una ventina di anni nel continente, da nord a sud, da ovest a est, si registra un massiccio consumo di droghe


E' molto lontano il tempo in cui le droghe si consumavano solo per ragioni rituali: un po' di iboga, una pianta psicotropa, nelle pozioni degli stregoni dell'Africa equatoriale, per entrare in contatto con gli antenati; qualche foglia allucinogena di datura, nell'Africa sahelo-saharaiana, per curare, stimolare o entrare in trance. Nell'Africa del XXI secolo cambia lo scenario: si consuma a tutto spiano. Per i bambini soldato o quelli che vivono per strada, per i giovani senza prospettive. Le persone più dinamiche, sia di città che di campagna, che fanno più lavori per sbarcare il lunario. Gli artisti, le elite e i politici, per darsi una botta di energia e concedersi qualche piacere. E perfino il bestiame, come quei buoi del Benin, alimentati - come i loro padroni - a datura per sopportare le spossanti fatiche del lavoro nei campi.
All'uscita dei licei di Rabat o del Cairo, si fuma un joint o due; nelle "fumerie" di Kinshasa o di Kampala ci si "fa" con la dagga; nei quartieri malfamati di Dakar o di Nairobi, ci si cerca le vene per iniettarsi una dose di eroina; nelle strade di Port Louis o Lagos, si inala il crack; negli appartamenti di Johannesburg o di Bissau, si sniffa una linea di cocaina; nei porti di Dar es-Salam o di Luanda, si ingoia un'amfetamina... La tossicomania è diventato un vero e proprio problema di salute pubblica in Africa. Tuttavia essa non viene considerata come tale nella maggior parte dei paesi. Sempre per le stesse ragioni: relativizzazione del problema, mancanza di finanziamenti pubblici per la prevenzione e le cure, priorità data ad altre emergenze sanitarie.
La cannabis, o canapa indiana, che si assume sotto forma di erba da fumare (marijuana, kif, dagga, ganja, ecc.) o di resina (hashish, shit), è la droga preferita dai consumatori africani: il 63% di essi, secondo le stime 2009 dell'Organizazione delle Nazioni unite contro la droga e il crimine (ONUDC), calcolate sulla base delle richieste di trattamento sanitario, contro il 20% dell'Europa, il 23% dell'America del Nord e il 10% dell'Asia. Il primo produttore mondiale, il Marocco, che si era specializzato nell'esportazione verso l'Europa, è riuscito a crearsi dei mercati nell'Africa del Nord e nei paesi limitrofi. Altrove la cannabis è diventata una coltura dominante per il consumo interno o regionale: in Ghana certamente, dove il consumo è generalizzato fin dagli anni 1960, in Africa del Sud, primo produttore subsahariano, in Senegal, dove è diffusa in tutte le regioni, nella Repubblica Democratica del Congo, tra due filari di maioca, e in  molti altri paesi dove la sua coltivazione è molto più redditizia dell'agricoltura alimentare.


I prezzi calano
Le droghe pesanti, oppiacei (eroina e sostituti, tipo Subutex o metadone) cocaina e il suo derivato, il crack, restano di gran lunga dietro alla cannabis, e sono consumati rispettivamente dal 17% e dal 7% della popolazione, secondo le stime dell'ONUDC. Il loro consumo è aumentato in proprozione all'aumento della quantità transitante per l'Africa, diventata crocevia del traffico mondiale. Tutti gli specialisti lo sanno: per ogni chilo trasportato lungo una regione verso un'altra, restano decine, addirittura centinaia, di grammi nel paese di transito. Si creano abitudini, si aprono mercati, l'offerta cresce e i prezzi calano (salvo quando l'offerta viene artificialmente contratta dai trafficanti), il consumo aumenta.
Le amfetamine rappresentano il 5% del consumo africano. Queste sostanze sintetiche dopanti, spesso chiamate "droghe da lavoro" o "cocaina dei poveri" sono vendute a poco prezzo e abbondano nei mercati urbani e rurali. Restano tutte le altre droghe (l'8% del consumo totale, secondo l'ONUDC): allucinogeni naturali (funghi, iboga, datura...) o sintetici (LSD, acidi, "polvere d'angelo"...), barbiturici e tranquillanti (tra cui il Mandrax, superconsumato in Africa Australe), e i solventi (etere, benzina, colla, smalto...), i meno cari. E i più tossici, consumati soprattutto dai bambini.


 



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