La Turchia, l’Occidente e gli Arabi: quando le coscienze sono governate dalla cupidigia e dalla perfidia
Djerrad Amar

Criticando la Francia che ha intenzione di criminalizzare la “negazione del genocidio armeno”, Erdogan deve capire che si è fatto fregare su tutti i fronti. Non ha trovato niente di meglio da replicare se non la necessità di “fare luce sui genocidi della Francia in Algeria o in Ruanda”. Non ha parlato della partecipazione della Francia al recente genocidio dei Libici (tra 50 e 70 mila morti), perché anche lui ha sostenuto questa aggressione. Si attiva ancora per replicarla in Siria.

Servirsi del genocidio della Francia in Algeria e in Ruanda come risposta – quando non l’ha mai fatto in tempo di “pace” – è un comportamento immorale, una perfidia che dimostra il grado di vassallaggio della Turchia verso l’Impero


A causa della sua cupidità, la Turchia si è fatta trasformare in una “spalla” dell’Impero. Una specie di strumento del quale l'Impero si serve per dominare il Medio Oriente. La si autorizza, temporaneamente, a fare delle cose (la repressione dei Curdi ad esempio), solo per meglio servirsene contro la Siria (che pure era sua alleata) con pressioni economiche e anche militari. Gli si fa balenare la prospettiva della possibile integrazione nell’Unione Europea, che non otterrà masi per ragioni storiche e razziste.

Eppure una destabilizzazione della regione è utile solo agli Anglo-Sassoni e ai sionisti di Israele! Non solo la Turchia non entrerà mai nell’UE, ma rischia anche di perdere alcuni dei suoi alleati arabi; in primo luogo la Siria, con la quale intrattiene buone relazioni economiche e molto di più. Non c’è alcun vantaggio ad alienarsi le simpatie dei vicini per seguire delle chimere. Permettere di utilizzare il proprio territorio come base arretrata di terroristi – alcuni mercenari libici, qualche rinnegato siriano ed islamisti al soldo delle monarchie del Golfo – per compiere attentati in Siria, per cacciare un regime che non conviene ai sionisti, è la cosa più vile che mostra il grado di servilismo e di disonore al quale è giunta questa Turchia. Si “disonorata”, pur restando – come di solito si dice – il “malato” d’Europa.

E’ stata illusa, obnubilata dalla proposta mielosa/avvelenata di Obama che avrebbe chiamato i governanti di Ankara, dicendosi favorevole ad un “sub-imperialismo neo-ottomano” controllato da Washington, dopo le inquietudini espresse dalla Turchia a proposito della dominazione esercitata sul Medio Oriente da Stati Uniti e Israele? Certamente! Ragione sufficiente perché gli arabi e, in questo caso anche alcune monarchie, le voltino le spalle e cessino di fidarsi durevolmente della Turchia.

A ipocrita, ipocrita e mezzo, perché, nello stesso momento, l’opportunista Francia sarkozista passa all’offensiva contro la Turchia – come a ricordarle il suo rango di sub-europea, di nazione “utile” e “di servizio” – annunciando il suo progetto che il portavoce dell’ambasciata turca a Parigi considera un “atto ostile”, minacciando perfino di congelare ogni forma di cooperazione e di progetti comuni.

E’ perché la Turchia si è accorta, sia pure con ritardo, di essere stata ingannata – oltre che per il malcontento che i Turchi cominciano a provare contro il loro governo per gli effetti nefasti della sua politica che si cominciano a manifestare, e per il rapporto di forza sfavorevole che si comincia a intravvedere – che adesso si mostra reticente nei confronti di una rischiosa operazione militare dal suo territorio che la Francia vuole invece ostinatamente? Certamente! Ricordando alla Francia i suoi genocidi in Algeria e in Ruanda – sembrando dirle: “E voi allora?” – la Turchia riconosce da una parte quello che le viene rimproverato, ma si tradisce anche, criticando ciò che essa stessa ha appoggiato nel caso della Libia. Così Erdogan dà prova, come i suoi padroni, di ipocrisia.

Quindi le violente reprimende indirizzate al presidente israeliano Shimon Peres, a Davos, a proposito dei suoi attacchi contro Gaza che hanno causato la morte di 1300 Palestinesi innocenti, o anche l’intento della Turchia di riavvicinarsi al mondo arabo – con l’obiettivo di “riconciliarsi… e pervenire ad un linguaggio politico e comportamenti comuni coi paesi arabi”, come ha detto Bulent Aring, rappresentante di Erdogan al recente Forum arabo-turco che si è svolto a Istanbul – appaiono ambigue, ingannevoli, perfino un tentativo di diversione.

Ci sembra che in questo modo l’immagine della Turchia sia quella di chi vuole tenere due piedi in una scarpa obbedendo ciecamente all’occidente e, nello stesso tempo, strizzando l’occhio agli arabi, agli islamisti e giungendo a partecipare all’aggressione della Libia e della Siria, sostenendo le forze anti-arabe! Tutto qui! Cercando di rafforzare le sue relazioni coi paesi arabi, la Turchia -  che si crede ancora l’erede dell’impero ottomano – mira più a servirsene come forza di appoggio e “ponte” per riposizionarsi come “asse forte” sulla scena internazionale.

A nostro avviso la Turchia di Erdogan è piuttosto diventata la “figlia depravata dell’Europa”, difendendo una cosa e il suo contrario. Qualche volta sposa le tesi occidentali, nella speranza di esservi integrata, qualche volta finge di discostarsene per piacere agli Arabi. Questa contraddizione le costerà cara perché la farà perdere da entrambe le parti.


(Traduzione di Ossin)

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