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 Marocco, maggio 2009 - Nuova udienza del processo ad Agadir contro 9 militanti saharaoui. Il rapporto di Michéle Decaster






(sit in davanti alla Corte di Appello di Agadir)




Rapporto sulla missione ad Agadir dal 25 al 27 maggio 2009


Per conto del Bureau International pour le Droits de l’homme au Sahara Occidental, l’Association Française d’Amitié et de Solidarité avec les peuples d’Afrique e l’Association Droit Solidarité, il CORELSO, l’AFAPREDESA e nella qualità di osservatore al processo d’appello contro 9 militanti saharaoui ad Agadir, il 27 maggio 2009

Processo d’appello contro la sentenza di 1° grado, emessa il 9 ottobre 2008

Yahya Mohamed Elhafed Iaaza, 43 anni, condannato a 15 anni di prigione
Mahmoud El Berkaoui, 26 anni, condannato a 4 anni di prigione
Salmi Mohamed, 34 anni, condannato a 4 anni di prigione
Najem Bouba, 27 anni, condannato a 4 anni di prigione
Mayara Moujahed, 33 anni, condannato a 4 anni di prigione
Lhcen Lefkir, 28 anni, condannato a 4 anni di prigione
Salam Charafi, 28 anni, condannato a 4 anni di prigione
Abdelghani Bani, 30 anni, condannato a 4 anni di prigione
Omar Lfkir, 22 anni, libero, condannato a 1 anno di prigione con sospensione della pena

I 5 prigionieri che hanno dichiarato di aver sospeso lo sciopero della fame, dichiarano di averlo ripreso da diversi giorni.

Sono presenti numerosi militanti saharaoui:
Larbi Messaoud, membro del CODESA e della sezione di Laayoun dell’AMDH
Ahmed Sbaï , rappresentante dell’ASVDH, della Ligue pour la protection des prisonniers politiques sahraouis e del Comité sahraoui pour le référendum (CODAPSO)
Sid Ahmed Lemjiyed del CSPRON
Yahdih Ettarrouzi, Segretario Generale dell’ODS (L’Organisation des Défenseurs Sahraouis)
Ali salem Tamek, membro del CODESA, della sezione d’Assa dell’AMDH et di Frontline
Essmaili Brahim, membro del CODESA e della sezione di Laayoun dell’AMDH, rappresentante del Centre pour la conservation de la mémoire.
Saleh Lebayhi, membro del CODESA , membro della sezione di Laayoun dell’AMDH, rappresentante del Forum pour la protection de l'enfance.
Elballal Mohamed , membro del CODESA e del Centre pour la conservation de la mémoire
Elhayba Elmah, membro del CODESA e della sezione di Tan Tan dell’AMDH
Egulid Hamoudi, presidente della sezione di Laayoun dell’AMDH e del CODESA
Mohamed Cheikh Khoumani membro del CODESA e della sezione di Tan Tan dell’AMDH
J’day Elhoucine, Kritch Jamal, Ahrouche Mohamed, Touil Mustapha rappresentanti del Comité sahraoui “Annacir” pour la défense des libertés et des droits de l’homme,

oltre a studenti saharaoui dell’Università di Agadir a sostegno delle famiglie dei prigionieri. Tra tutte queste persone, diversi ex prigionieri e vittime di tortura.
Mahjouba Alioua, moglie di Yahya Mohamed Elhafed nasconde l’inquietudine dietro un largo sorriso, ma il suo pallore la tradisce.

Sono presenti tre avvocati spagnoli in veste di osservatori: D. Andres del Foro di Badajoz, Ana Perez Nordelo, avvocato spagnolo, Nieves Cubas Armas, del Foro di Tenerife.

Il Tribunale apre alle 9.


Incontriamo Aabdallah Chelouik e Aantar Elwafi, i due avvocati del Foro di Agadir che difendono i militanti saharaoui. Hanno ricevuto conferma che il processo verrà trattato. Noi ci dirigiamo verso una delle sale di udienza, dove sono visibili sullo scranno dei giudici alcune pile di dossier. Il presidente è assistito da 4 giudici a latere, il Procuratore del Re è seduto sulla destra. L’udienza è aperta alle 9,07.

Appello degli avvocati e degli imputati. Per il processo che ci interessa, si presenta alla sbarra solo il giovane Omar Lkkir, condannato in 1° grado ad un anno con pena sospesa.


Ci rechiamo dal Procuratore generale del Re per sollecitare un incontro con la presenza delle famiglie dei prigionieri dopo l’udienza, come raccomandato da France Weyl dopo che il Procuratore aveva rifiutato di incontrarsi con le famiglie dei detenuti il 9 maggio scorso.  Ci riceve cortesemente e ci chiede se accettiamo che i tre saharaoui che ci accompagnano assistano al nostro incontro. Da parte sua, accetta la nostra richiesta.


Ritorno in aula. Alle 10 il Presidente fa presente che gli altri processi (di diritto comune) sono tutti rinviati. Sospende l’udienza in attesa dell’arrivo dei prigionieri (politici) saharaoui. Mentre attendiamo, l’avvocato Ouafi Antar ci propone di andare a salutare l’avvocato Hassan Ouahbi, ex presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, che ci riceve assai cortesemente.


Ripresa dell’udienza alle 10.40. La Corte entra, il pubblico si alza, il Presidente grida verso una persona che è rimasta seduta. Si tratta di Mohamed Eljafed, il padre di Yahya. Le sue palpebre sono rimaste definitivamente chiuse e i due avambracci strappati da una mina antipersona. Con ogni evidenza il Presidente avrebbe potuto capire che il vecchio non era in grado di rendersi conto del cerimoniale che si svolgeva intorno a lui.
L’arrivo di 5 poliziotti in divisa vicino alla pedana dove siede la Corte e di altri due in fondo all’aula, oltre ai 40 minuti di sospensione, fanno pensare che i prigionieri stiano per arrivare. L’udienza riprende. Omar Lfkir si presenta, poi il Presidente dichiara che Yahya Mohamed Elhafed è malato e ricoverato in ospedale, senza ulteriori dettagli, e che il processo non può avere luogo. Gli altri sette imputati non sono tradotti in aula.
L’avvocato Hassan Ouahbi, poi l’avvocato Aantar Elwafi, intervengono con veemenza. Chiedono al presidente il motivo del ricovero in ospedale di Yahya Mohamed Elhafed Iaaza. Da parte loro ritengono trattarsi delle gravi conseguenze dello sciopero della fame che osserva da 52 giorni, insieme ad altri 3 prigionieri. Dicono con fermezza che i loro clienti sono stati arrestati durante una manifestazione relativa alla questione saharaoui e che dovrebbero dunque essere considerati come prigionieri di opinione. Segnalano che Yahya Mohamed Elhafed Iaaza è in isolamento ed ha subito torture, a proposito delle quali Mahjouba Alioua, sua moglie, ha presentato una denuncia che non ha avuto, ad oggi, alcun seguito.
Il presidente risponde che non è a conoscenza di alcun maltrattamento e che gli imputati stanno bene. Il procuratore del re ribatte, con tono di disprezzo, che sono dei criminali e che si tratta di un processo per omicidio.
Gli avvocati segnalano che le organizzazioni locali ed internazionali seguono questo sciopero della fame e reiterano l’istanza di controlli medici a verifica delle denunce di torture subite.
Il presidente rinvia il processo al 10 giugno, poi al 24 giugno, in quanto Omar Lfkir deve sostenere un esame all’Università di Agadir. Si tratterà della 5° udienza di questo processo di appello. Il presidente annuncia che la Corte si riserva di deliberare sulla istanza di controllo medico.


Uscendo dall’udienza, i militanti saharaoui, gli studenti e le famiglie dei prigionieri si riuniscono davanti ai cancelli della Corte d’appello. Sono circa 100 o 110 e cominciano una manifestazione che dura più di un’ora. Scandiscono slogan che denunciano la colonizzazione del Sahara occidentale, la repressione, la loro volontà di indipendenza. Cantano anche canzoni, tra cui l’inno nazionale saharaoui. E’ un momento di forte emozione che dimostra il coraggio e la determinazione e dei saharaoui di tutte le generazioni.


Dopo aver assistito per una mezzora a questa manifestazione, propongo di recarci dal procuratore generale del re, per l’incontro promesso.
I saharaoui che partecipano al colloquio sono: Mahjouba Alioua, moglie di Yahya Mohamed Elhafed, Salmi Marien, sorella di Salmi Mohamed, Khadija Jellali, madre di Mahmoud Berkaoui, Yahjih Tarouzi SG ODS, Sid Ahmed Majaiad del Comité pour le plan de règlement et la protection des ressources naturelles du Sahara Occidental (CSPRON) di Majid Anouzla e Sahel Boujemaa, studenti che fanno da traduttori.
Io partecipo al Procuratore l’inquietudine delle famiglie, e nostra, circa lo stato di salute di Yahya Mohamed Elhafed, aggiungo che si rende necessario che la moglie possa rendergli visita, essendo la sola in grado di convincerlo a porre termine al digiuno ed evitare drammatiche conseguenze. Quest’ultima dice al Procuratore che il marito è stato vittima di brutalità nel suo stesso letto di ospedale. Io gli chiedo che ci sia reso un bollettino medico, per accertarci che sia ancora in vita. Il procuratore alza il telefono, poi ci comunica che avrà un rapporto nella serata e che Mahjouba Alioua potrà prenderne conoscenza l’indomani. Quanto agli altri prigionieri, ci dice che il loro stato di salute e soddisfacente.
Gli chiediamo di rivedere la sua decisione di vietare le visite dei familiari e gli chiediamo inoltre quali siano le ragioni per cui due prigionieri sono stati trasferiti a Ait Melloul. Risponde che non è stato lui ad assumere queste decisioni e che bisogna rivolgersi al Ministero della Giustizia a Rabat, perché si tratta di decisioni dell’amministrazione penitenziaria. Io propongo allora che le famiglie possano incontrarsi col direttore della prigione ed il medico per avere conferma di queste informazioni. Il procuratore mi dice che è possibile; gli chiedo il numero di telefono del direttore, me ne fornisce due: il diretto 0528834585 e un altro  0528834526. A questo punto prendiamo congedo.


Larbi Messaoud ci riunisce nella piazza di fronte alla Corte di Appello per fare il punto della situazione. Ci informa che la domanda di perizia medica è stata respinta dal Tribunale.


Io tento di chiamare il direttore della prigione, ma nessuno dei numeri risponde. Decidiamo allora di recarci direttamente con una delle famiglie: la madre ed il fratello di Mahmoud Berkaoui. I due avvocati spagnoli ed io stessa siamo accompagnati da Mohamed Moutik, Yahid Etarouzi e Majid Anouzla. Il direttore della prigione, sig. Rifai, è assente. Viene informato della nostra presenza e ci raggiunge in mezzora. Gli parliamo del nostro colloquio col procuratore e del nostro desiderio di vedere i detenuti. Egli fa entrare i parenti del giovane prigioniero e si eclissa con loro, per poi tornare ed informarci che l’ingresso è vietato agli stranieri. Afferma che le famiglie sono state sempre autorizzate a incontrare i prigionieri (ciò che non si concilia con quanto detto dal procuratore generale del re) e che i prigionieri sono trattati bene. Quando i parenti del giovane escono, sono molto inquieti, Mahmoud è apparso loro estremamente debole, era sostenuto per le spalle da due prigionieri comuni.


La sera stessa apprendiamo che Yahya Mohamed Elhafed è stato riportato in prigione, ciò che induce le organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo a sostenere che il suo ricovero in ospedale aveva il solo obiettivo di fornire un pretesto per il rinvio del processo, per non presentare i detenuti in udienza, tenuto conto del loro stato di salute.


Io sono assai inquieto perché non vedo la conclusione di questa storia. I prigionieri non sono raggiungibili e dunque non è possibile renderli partecipi degli inviti a sospendere lo sciopero.
Il procuratore del re aveva promesso di fornire un bollettino medico giovedì mattina alla moglie di Yahya Mohamed Elhafed, ma non lo ha fatto. Ha detto di non averlo ricevuto.


Io ho inviato un fax il venerdì 29 maggio alle 17,25 all’Ufficio del Segretario di Stato ai diritti umani, sollecitando un incontro con le organizzazioni che mi hanno conferito l’incarico di osservatore presso le autorità marocchine. Questo messaggio è restato senza risposta.

Bagnolet, 2 giugno 2009 

                                               Michèle Decaster

 





 

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