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Bolivia e Russia, nemici strategici
Una sola chiave per capire le crisi nel mondo
(Valerio Quatrano)
In questi giorni assistiamo ad un’offensiva nordamericana su due fronti.
La Bolivia, il cui establishment dopo avere nuovamente avuto dimostrazione del consenso di cui gode Evo Morales continua nell'opera di destabilizzazione del paese, e la Russia, contro la quale il leader georgiano filo-americano Saakashvili tenta un intervento in Ossezia del Sud, con la speranza di un intervento nordamericano stile Kosovo.
(ministro degli esteri russo Sergey Lavrov)
In proposito vi sono diversi commenti: l’ex assistente del ministro delle Finanze americano, Paul Craig Roberts, dichiara su Horizons et Debats (8 Settembre - ) che gli Stati Uniti non sono piú una superpotenza, “ma una farsa in collisione”.
Il regime neo-conservatore di Bush ha fatto ricorso al NED (National Endowment for Democracy) per destabilizzare l’Ucraina e la Georgia al fine di instaurare regimi compiacenti con Washington. Inoltre questo attacco non è rivolto solo alla Russia ma anche agli Europei, che non avrebbero accettato l’ammissione della Georgia nella NATO per non fare un torto alla Russia.
Ebbene l’intervento russo in Georgia (cosi’viene presentato dai media filo-americani) sarebbe la dimostrazione che gli Europei avevano torto e che sarebbero stati troppo morbidi con Mosca. Roberts continua dicendo che tutti i paesi ne hanno abbastanza della guerra, salvo gli Stati Uniti, e che d’ora in poi per i paesi europei sará sempre piú difficile essere alleati degli USA.
L’intellettuale e fondatore del movimento internazionale euro-asiatico Aleksander Dugin (vicino al Partito comunista russo) coglie l’occasione dell’offensiva nordamericana per invitare i paesi dell’ex URSS e il Medio Oriente a farsi promotori di un processo che metta in discussione l’egemonia USA. Dugin nota come inizialmente Putin fosse pro-americano, ma con il passare del tempo e con questa amministrazione (disastrosa), la Russia si sia trovata a dover venire costantemente in aiuto degli USA. Infine la forza delle materie prime ha consentito alla Russia di smarcarsi dalle posizioni USA.
Dugin è concorde con la volontá di Putin di liberarsi dei propri consiglieri pro-Occidentali. “La Russia non sará isolata, né dall’Europa né dall’Asia, forse dagli USA, ma ció non importa” (4 Settembre ).
Quest’articolo sembra fare il paio con quello del professor YU Bin su Asia Times (6 Settembre), che mette in guardia dai facili tentativi di parlare di distacco Russia-Cina, in occasione delle pacate dichiarazioni della Cina al vertice della SCO, piuttosto si tratterebbe di una diplomazia cinese che si fa piú sofisticata, non disposta a scegliere tra i suoi numerosi partners (inclusi gli USA) e desiderosa di conservare lo status-quo.
Emblematico è il sottotitolo del suo articolo: “SCO non significa SOS”.
Vi proponiamo a tal proposito anche un’intervista all’ambasciatore russo all’ONU, Valery Loshchinin (2 Settembre), che denuncia il deliberato tentativo di manipolare la veritá, che il conflitto con la Georgia è molto antico e che l’intervento militare sarebbe addirittura stato pianificato dagli USA.
Valery Loshchinin accusa la Georgia di pulizia etnica in Ossezia del Sud, il che rimetterebbe in discussione la moralitá del sostegno nordamericano. L’argomentazione russa è forte in sede diplomatica: la Georgia avrebbe invaso l’Ossezia del Sud in piena notte causando la morte di piú di 2100 persone su una popolazione totale di 70.000! I Georgiani, infatti, avrebbero nominato la propria operazione “campo libero”, nome senz’altro evocativo. Il dirigente russo propone un nuovo tavolo di discussioni sulla Georgia e strizza l’occhio alla Germania.
Nel Fohla de Sao Paulo, il colonnista Josias de Souza si concentra sulla piú attuale questione della propria sub-regione, la Bolivia; ci dice che i paesi del Sud America sono imbarazzati da questo tentativo di golpe da parte dei ricchi Boliviani. L’ Unasul (una sorte di UE sudamericana) ha infine espresso il proprio appoggio ad Evo Morales (posizione concordata tra il presidente brasiliano e cileno) e in secondo luogo ha incitato al dialogo.
Interessante l' articolo del giornalista indipendente Marco Aurélio Weissheimer, su Carta Maior, che denuncia la partecipazione dell’ambasciatore americano Philip Goldber alle proteste della opposizione boliviana (12 Settembre).
1) denunciare l’aumento del narcotraffico
2) denunciare un aumento della corruzione e del malgoverno
3) imputare al governo le responsabilitá delle violenze
Date queste premesse, si comprende meglio il motivo che ha spinto il presidente boliviano ad espellere l’ambasciatore USA. Prima che venisse espulso, Goldberg aveva causato giá notevoli danni al paese. E' stato lui l’ispiratore del referendum, vinto da Evo Morales con il 67% dei consensi, che se avesse avuto esito negativo per il governo avrebbe aperto la strada alla fase due, le dimissioni di Evo Morales. Nonostante l’opposizione sia uscita sconfitta, Goldberg ha dato l’avvio al piano B: bloccare il paese per esasperare la popolazione e costringere il governo a dimettersi. Se avesse fallito anche questa ipotesi ci sarebbe stata un’ulteriore possibilitá, Goldberg avrebbe organizzato la separazione dalla Bolivia delle province ribelli.