La verità comincia a venire a galla
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Courrier International, 5 febbraio 2015 (trad.ossin)
Zacarias Moussaoui accusa alcuni principi sauditi di avere finanziato Al Qaida
La verità comincia a venire a galla
Alcuni personaggi della famiglia reale avrebbero finanziato Al Qaida alla fine degli anni 1990, afferma in una deposizione Zacarias Moussaoui, ex membro francese di Al Qaida detenuto negli Stati Uniti. L’Arabia Saudita smentisce e insinua dubbi sulla fragile salute mentale del prigioniero
Alcuni personaggi della famiglia reale saudita avrebbero finanziato Al Qaida alla fine degli anni 1990, afferma Zacarias Moussaoui, il Francese che qualcuno considera il “20° pirata dell’aria” negli attentati dell’11 settembre.
In una deposizione raccolta dagli avvocati nella prigione di massima sicurezza nella quale è detenuto, l’ex membro di Al Qaida descrive alcuni principi sauditi come “i massimi donatori dell’organizzazione terrorista”, rivela The New York Times in prima pagina nell’edizione del 4 febbraio. Nel verbale, depositato il 2 febbraio presso il tribunale federale di New York, il terrorista racconta anche di aver discusso della possibilità di un attentato contro l’aereo presidenziale Air Force One con un membro dell’ambasciata saudita a Washington.
Zacarias Moussaoui, che si trovava detenuto al momento degli attentati dell’11 settembre, è stato riconosciuto colpevole, nel 2006, di sei capi di imputazione per complotto, legati agli attentati dell’11 settembre, e condannato all’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata.
Zacarias Moussaoui
L’anno scorso “Moussaoui aveva scritto al giudice statunitense Georges B. Daniels, che è incaricato dell’indagine su una denuncia contro l’Arabia Saudita presentata dai familiari delle vittime dell’11 settembre, dichiarando di voler rendere testimonianza”, sottolinea l’articolo. In ottobre un gruppo di avvocati è stato autorizzato ad interrogarlo per due giorni, in Colorado.
Credibile o no?
Nella sua recente deposizione, Zacarias Moussaoui ha riferito di essere stato incaricato dai leader di Al Qaida, alla fine degli anni 1990, di realizzare “una banca dati che contenesse tutti i donatori del gruppo”. Una lista nella quale figuravano diversi principi sauditi, tra cui Turki al-Faisal, allora direttore dell’Agenzia di informazioni saudite, e Bandar Ben Sultan, che è stato per molti anni ambasciatore saudita negli Stati Uniti.
Lunedì l’ambasciata saudita ha emesso un comunicato, nel quale si afferma che “le parole di Moussaoui non sono minimamente credibili” a causa del suo stato mentale. Nel 2006 l’atteggiamento di Moussaoui nel corso del processo fu “erratico”, ricorda il giornale. Soprattutto aveva tentato di revocare la nomina dei suoi avvocati quando essi avevano sostenuto che “egli soffriva di seri problemi di salute mentale”. Era stato peraltro giudicato “capace di stare in giudizio”.
“Le accuse di Moussaoui intervengono in un momento sensibile delle relazioni tra l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, commenta The New York Times, meno di due settimane dopo la morte del re Abdallah, e la successione del fratello, il re Salman”