Fidel il beniamino di Dio
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Arrêt sur Info, 26 novembre 2016 (trad. ossin)
Fidel il beniamino di Dio
Bruno Guigue
Fidel Castro è appena partito per l’altro mondo, e già si levano le voci dei calunniatori di servizio che vorrebbero lordarne la figura. Gli sciacalli della stampa borghese ne fiutano le spoglie con l’acquolina in bocca. Gli stessi che gettarono spazzatura su Hugo Chavez adesso stanno là, decisi a rimettersi a tavola. Nessun dubbio. Questi giornaletti al soldo dei loro padroni, questi cani da guardia del capitale intendono gridarlo in tutti i modi possibili: Fidel Castro era un tiranno
Un tiranno. Quello che rischiò la vita nel fiore degli anni, scacciò il dittatore Batista, restaurò la sovranità nazionale, restituì fierezza al popolo cubano, diede la terra ai contadini, sradicò la miseria, tolse voce al razzismo, liberò la donna cubana dalle catene del patriarcato, creò il migliore sistema di sanità pubblica del Terzo Mondo, ridusse la mortalità infantile a tassi sconosciuti nel resto dell’America Latina, eliminò l’analfabetismo, rese l’educazione fruibile per tutti, e resistette vittoriosamente al fianco del suo popolo all’aggressione imperialista?
Non vi diranno che Fidel Castro era un tiranno perché è vero. Questi affabulatori ve lo diranno perché il castrismo incarna tutto quello che essi detestano. L’amore per la libertà, l’essere esigenti con se stessi, la fierezza di non obbedire a nessuno, l’etica rivoluzionario combinata col senso della realtà, lo slancio generoso che trionfa sull’indifferenza, la solidarietà incondizionata sia all’interno che all’estero, il patriottismo che sa convivere con l’internazionalismo. Tutto questo è il castrismo. Un illustre combattente della liberazione africana ne sapeva qualcosa.
Quando Nelson Mandela venne liberato dalla sua prigione sud-africana, il suo primo viaggio fuori dall’Africa fu a La Havana. Volle ringraziare il popolo cubano che aveva versato il suo sangue per sconfiggere l’apartheid. Per venti anni, 300.000 Cubani hanno combattuto il colonialismo in Africa. L’esercito sud africano sconfitto a Cuito Cuanavale, l’indipendenza della Namibia strappata a Pretoria, l’ANC rafforzata nelle posizioni di retroguardia e confortata dalla solidarietà comunista internazionale, il crollo finale dell’apartheid reso ineluttabile: queste pagine della storia africana sono state scritte anche col sangue cubano. Noi l’abbiamo dimenticato. I Sudafricani e i Cubani invece se lo ricordano.
Gli intellettuali ufficiali, certamente, vi diranno arricciando il naso che Castro era comunista. Lo era infatti! Perché l’Unione Sovietica si era schierata al fianco di questa rivoluzione cubana che gli Stati Uniti volevano stroncare, perché l’idea comunista stava dalla parte degli umiliati e degli affamati, perché evocava un futuro migliore dell’inferno capitalista. Nel corso della sua storia, l’URSS ha commesso gravi errori, ma spesso si trovò dalla parte giusta della barricata.
Sì, Castro era comunista, e ne aveva tutte le ragioni. Lenin fu il primo a proclamare il «diritto delle nazioni a decidere della loro sorte» (1916). L’URSS liquidò il nazismo a prezzo di 20 milioni di morti, giocò un ruolo decisivo nella decolonizzazione del sud-est asiatico, aiutò gli Arabi contro l’aggressione sionista nel 1967 e 1973, sostenne la lotta per le indipendenze africane e diede il colpo di grazia all’apartheid, fornendo un appoggio decisivo all’ANC. Non è male. Nemici giurati di Castro, gli USA hanno ammazzato Lumumba e Allende, destituito Mossadeq, massacrato due milioni di Vietnamiti e un milione di Iracheni, sostenuto l’aggressione sionista, consegnato Mandela, assassinato Che Guevara e creato Al-Qaeda.
Fidel Castro aveva visto giusto. Fedele ai suoi ideali, Fidel il beniamino di Dio è oramai entrato nella Storia dalla porta principale.