Lo Stato del Re
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Tel Quel – 23/29 febbraio 2008
Stato del Re
di Ahmed R. Benchemsi
Lo Stato di diritto, è una cosa molto carina… Ma quando si tratta della monarchia, non si scherza più!
Il 13 febbraio 2008, Ahmed Nasser è morto in prigione. Aveva 95 anni e si muoveva con la sedia a rotelle. Il 6 settembre scorso aveva avuto un battibecco con un’autista di auto e quest’ultimo l’aveva portato al commissariato accusandolo di “insulti al Re”. Ahmed Nasser è stato processato e condannato lo stesso giorno. A parte l’autista, nessun altro testimone dell’alterco, né delle parole precise usate dai due protagonisti della vicenda. La famiglia dell’imputato ha presentato un certificato medico attestante che il vecchio, più volte ricoverato in ospedale psichiatrico, era periodicamente colpito da crisi di senilità. Né il procuratore né il giudice ne hanno tenuto conto. 3 anni di prigione ferma. Ahmed Nasser si è spento in una cella scura ed umida, lontano dai suoi cari, privo di ogni assistenza medica.
Il 5 febbraio 2008 Fouad Mourtada, un informatico di 26 anni, è stato rapito da alcuni poliziotti e lungamente torturato in un una località segreta che nessuno, né famiglia, né colleghi di lavoro, conosce. 48 ore più tardi un dispaccio della agenzia MAP lo indicava come autore di “pratiche vergognose” e di “usurpazione dell’identità di sua altezza reale, il principe Moulay Rachid”… su Facebook, un sito comunitario che contiene migliaia di falsi “profili” di celebrità mondiali, molto più conosciute di un principe marocchino. Che una tale “usurpazione di identità” non possa produrre, per sua natura e per il contesto, alcun danno, che Fouad, colpevole tutt’al più di uno scherzo di cattivo gusto, non abbia alcun precedente penale, che questo ingegnere dipendente dello Stato sia il figlio meritevole di una famiglia contadina analfabeta… non interessa alle Autorità. Fouad è stato condannato molto seriamente a 5 anni di prigione, e il giudice ha già respinto due istanze di libertà provvisoria.
Noi non siamo qui nemmeno più a rivendicare il diritto alla critica (fosse anche violenta) o allo scherzo (fosse anche idiota) nei confronti dei personaggi pubblici. La legge, anche se aberrante, è pur sempre la legge. Ma la legge offre comunque delle garanzie minime agli imputati: la presunzione di innocenza, il diritto ad esse trattati dignitosamente dalla polizia, il diritto di beneficiare di attenuanti generiche se ne è il caso… Però in questo paese è sufficiente che la parola “Re” o “Reale” figuri nella intestazione di una denuncia perché tutti perdano la testa: quei poliziotti che non hanno esitato a gettare in cella un vecchio in sedia a rotelle, questo giudice che ha acquisito, senza nemmeno consultarlo, un certificato medico più che probante, quegli altri poliziotti che hanno fatto sparire un cittadino dalla faccia della terra per 48 ore, quegli altri ancora che l’hanno torturato senza pietà e perfino quell’avvocato, incaricato d’urgenza dalla famiglia del giovane informatico, che … se ne è scappato senza fiatare quando ha sentito quali erano i capi di imputazione del suo cliente!
Ecco la realtà del Marocco di oggi. Lo Stato di diritto è uno slogan grazioso e si vuole ben fare finta di applicarlo (qualche volta). Ma quando entra in gioco la monarchia, non si scherza più. La legge diventa immediatamente un fuori luogo, e tutti coloro che si suppone debbono garantirne il rispetto non obbediscono che ad una cosa: la paura. La paura che qualcuno, da qualche parte, possa accusarlo di compiacenza verso un “nemico” della monarchia – anche presunto, anche considerato tale per ragioni stupide. Per evitare ciò, diventa normale l’eccesso di zelo. Perché, attraverso lo stesso meccanismo che ha fatto sì che un vecchio in sedia a rotelle morisse in prigione, o che un giovane ingenuo fosse selvaggiamente torturato prima ancora di sapere di cosa lo accusassero… ebbene la polizia, il procuratore e il giudice potrebbero, anche loro, ritrovarsi nella stessa situazione – e per ragioni ugualmente ridicole. E’ la logica del “si salvi chi può”. E’ la logica del terrore cieco, rigorosamente presente in ogni stato totalitario. Avevamo la debolezza di pensare che il Marocco non lo fosse più. Domandate a Fouad Mourtada e alla famiglia di Ahmed Nasser cosa ne pensano…