Processo alla schiavitù
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PROCESSO ALLA SCHIAVITU’
Processiamo i padroni dei piccoli Said e Yarg
Giovedì 30 giugno 2011 alle ore 12.00, nei locali della Camera Penale di Napoli nel Palazzo di Giustizia, l’Osservatorio Internazionale, con l’adesione della Camera Penale di Napoli e dell’Associazione Nazionale Magistrati di Napoli, presenterà la missione in Mauritania per assistere al processo contro i padroni di Said e Yarg, schiavi bambini di 13 e 8 anni.
Partecipano all’incontro: Nicola Quatrano (presidente Osservatorio Internazionale), Biram Abeid (militante antischiavista mauritano), on. Rosa Russo Iervolino, Celeste Carrano (Presidente ANM Napoli), Bruno Larosa (Camera Penale), Maria Donatella Aschettino (Osservatorio Internazionale)
Scheda informativa:
La quasi totalità del lavoro domestico a Nouakchott, e del lavoro agricolo nelle campagne, viene svolto da schiavi. Vale a dire viene svolto senza remunerazione da persone legate da complicati rapporti con il “maître” (padrone). La schiavitù, infatti, in Mauritania è una condizione che si acquista con la nascita: il figlio della schiava, come il vitello, il capretto, i frutti dell’albero, appartiene al padrone, che ne dispone come crede, lo impiega nel lavoro domestico o agricolo, lo sfrutta sessualmente fin da tenerissima età. In un certo qual senso, dunque, esso appartiene alla famiglia del padrone, ma non gode di alcun diritto e non è trattato come gli altri membri della famiglia stessa. Dorme in locali separati, non ha il diritto di sposarsi senza il permesso del padrone, può essere affittato e venduto.
Moltissimi di questi schiavi impiegati nel lavoro domestico sono bambini piccolissimi, anche di cinque-sei anni, ai quali non viene fornita alcuna istruzione. D’altronde l’ignoranza è una condizione essenziale per il mantenimento della schiavitù su persone alle quali si fa credere che un’antica maledizione ha reso i neri schiavi dei bianchi e che i neri devono accettare tale condizione per guadagnarsi il Paradiso.
In Mauritania la schiavitù è stata abolita legalmente solo nel 1981 ed è recentissima (del 2007) la legge che ha sancito severe pene detentive nei confronti degli autori di trattamenti schiavisti. Ma la legge non basta, perché il fenomeno è radicatissimo e l’élite politico-amministrativa mauritana è composta praticamente da soggetti tutti appartenenti a famiglie proprietarie di schiavi. Così la legge del 2007 non ha avuto finora alcuna pratica applicazione.
Said e Yarg, schiavi nella brousse
Said Ould Salka ha 13 anni e suo fratello Yarg Ould Salka ne ha solo 8. Dovrebbero andare a scuola, nel tempo libero avrebbero diritto di giocare, ma non è così. Infatti Said e Yarg sono schiavi, schiavi per nascita, in quanto figli di una schiava, Salka Mint Elemine.
Così Said è costretto a badare alle capre e ai cammelli e Yarg a fare lavori domestici in casa. Ignoranti anch’essi come capre: non sono mai andati a scuola, non sanno né leggere né scrivere. Ma nell’aprile di quest’anno Said decide di scappare e si rifugia a Lemden (Brakna) dalla zia Salma Mint M’Bareck. Quest’ultima si rivolge ad un militante dell’IRA (Initiative pour la Résurgence du Mouvement Abolitionniste), Cheikh Brahim Ould Oudaa, coordinatore dell’associazione a Brakna.
E il caso scoppia. Il 17 aprile 2011, Biram Abeid, dell’IRA, Boubacar Ould Messaoud, di SOS Esclave e Aminetou Mint El Moctar, dell’AFCF, presentano una denuncia contro i padroni dei due bambini: Mariem Mint Mohamed M’Barek, e i suoi figli Cheikh (che fa il poliziotto a Nouakchott), Tijani, Nadhirou, Ahmed, Mouhamed, Oumkelthoum ould El Houssein, tutti residenti a Boutilimit.
La denuncia viene presentata nelle mani dell’ispettrice capo della brigata della polizia che si occupa dei minori, Aicha Mint Ethmane. Come è frequente in casi del genere, la polizia non si mostra particolarmente sensibile e prende tempo. Allora i militanti organizzano un sit-in davanti al commissariato. Un sit-in che dura diversi giorni (dal 17 al 25 aprile), e che conosce anche momenti di forte tensione, come quando l’ispettrice Aicha Mint Ethmane ordina l’arresto del militante antischiavista Biram Abeid, arresto che viene, per fortuna, immediatamente ritirato.
Finalmente i manifestanti ottengono quanto richiesto: l’apertura di una inchiesta contro i presunti schiavisti: sei indagati vengono deferiti dinanzi alla Procura, accusati di pratiche schiaviste e anche la madre dei piccoli, Salka Mint Elemine viene denunciata per induzione alla rinuncia della libertà.
I due bambini vengono liberati e affidati ai militanti dell’IRA. Tutti i membri della famiglia schiavista viene addirittura sottoposta a fermo di PG e imprigionata dal 21 al 15 aprile. Il 26 aprile il Giudice istruttore provvederà a scarcerarli.
Ma la liberazione dei bambini sembra l’unica soddisfazione che la Giustizia mauritana è disposta a dare ai militanti antischiavisti, perché il giudice istruttore incaricato delle indagini ha successivamente dichiarato il non luogo a procedere, nonostante che le accuse fossero precise e le dichiarazioni degli indagati contraddittorie e in parte confessorie.
Una nuova ondata di proteste ha poi convinto la Procura generale ad impugnare la decisione del Giudice. E oggi si è in attesa della fissazione dell’udienza di discussione. Ossin sarà presente con propri osservatori
Altre informazioni: www.ossin.org
Dispaccio Ansa
ZCZC0/SXB Sociale --> Schiavitù, Lavoro minorile Giustizia, Criminalità --> Giustizia Agitazioni,Conflitti, Guerre --> ManifestazioneR CRO S0B QBXB MAURITANIA: SCHIAVITU'; DALL'ITALIA PARTONO OSSERVATORIA NAPOLI INIZIATIVA PER SOLLECITARE PROCESSO A SFRUTTATORI BIMB (ANSA) - NAPOLI, 29 GIU - Per quanto abolita formalmente nel
1981 la schiavitu' in Mauritania e' un fenomeno ancora assai
diffuso e profondamente radicato nella societa'. La quasi
totalita' del lavoro domestico a Nouakchott, e del lavoro
agricolo nelle campagne, viene svolto da schiavi. Vale a dire
viene svolto senza remunerazione. La schiavitu', infatti, in
Mauritania e' una condizione che si acquista con la nascita: il
figlio della schiava, come il vitello, il capretto, i frutti
dell'albero, appartiene al padrone, che ne dispone come crede,
lo impiega nel lavoro domestico o agricolo, lo sfrutta
sessualmente fin da tenerissima eta'. In un certo qual senso,
dunque, esso appartiene alla famiglia del padrone, ma non gode
di alcun diritto e non e' trattato come gli altri membri della
famiglia. Dorme in locali separati, non ha il diritto di
sposarsi senza il permesso del padrone, puo' essere affittato e
venduto.
E' quanto denuncia l'Osservatorio Giovedi' Internazionale,
organismo che si occupa di diritti umani, che nei prossimi
giorni sara' presente con un gruppo di osservatori in Mauritania
nell'ambito di una mobilitazione per sollecitare la celebrazione
di un processo contro sei schiavisti. L'iniziativa sara'
presentata domani presso la Camera Penale di Napoli nel Palazzo
di Giustizia, con la partecipazione di Nicola Quatrano,
presidente Osservatorio Internazionale, Biram Abeid, militante
antischiavista mauritano, l'ex sindaco Rosa Russo Iervolino,
Celeste Carrano,e il giudice presidente ANM Napoli, l'avv.
Bruno Larosa (Camera Penale), Maria Donatella Aschettino
dell'Ossevatorio internazionale.
Moltissimi degli schiavi impiegati nel lavoro domestico -
spiegano i promotori - sono bambini piccolissimi anche di
cinque-sei anni, ai quali non viene fornita alcuna istruzione.
In Mauritania la schiavitu' e' stata abolita legalmente solo
nel 1981 ed e' del 2007 la legge che ha sancito severe pene
detentive nei confronti degli autori di trattamenti schiavisti.
Ma la legge non basta, perche' il fenomeno e' radicatissimo e
l'elite politico-amministrativa mauritana e' composta
praticamente da soggetti tutti appartenenti a famiglie
proprietarie di schiavi. Cosi' la legge del 2007 non ha avuto
finora alcuna pratica applicazione. L'Osservatorio si sta
occupando, tra l'altro, della vicenda di Said e Yarg, di 13 anni
e di 8 anni. In quanto figli di una schiava, Said era costretto
a badare alle capre e ai cammelli e Yarg a fare lavori
domestici. Non sono mai andati a scuola, non sanno ne' leggere
ne' scrivere. Ma nell'aprile di quest'anno Said decide di
scappare e si rifugia a Lemden (Brakna) da una zia che si
rivolge ad un militante del movimento abolizionista Ira. E il
caso scoppia. Gli abolizionisti il 17 aprile presentano una
denuncia contro i padroni dei due bambini. La polizia - spiega
l'Osservatorio - non si mostra particolarmente sensibile e
prende tempo. Allora i militanti organizzano un sit-in davanti
al commissariato. Un sit-in che dura diversi giorni (dal 17 al
25 aprile), e che conosce anche momenti di forte tensione, come
quando viene ordinato l'arresto, poi ritirato, di un militante
antischiavista. Finalmente i manifestanti ottengono quanto
richiesto: l'apertura di un'inchiesta contro i presunti
schiavisti: sei indagati vengono deferiti dinanzi alla Procura.
I due bambini vengono liberati e affidati ai militanti dell'Ira.
Tutti i membri della famiglia schiavista sono imprigionati dal
21 al 25 aprile. Il 26 aprile il Giudice istruttore provvedera'
a scarcerarli e a successivamente a dichiarare il non luogo a
procedere. Una nuova ondata di proteste ha poi convinto la
Procura generale a impugnare la decisione del giudice. In attesa
che venga fissata l'udienza gli osservatori saranno in
Mauritania.(ANSA).
COM-LN