Ferito al capo e poi arrestato, l’adolescente palestinese Mohammed Tamimi mantiene alto il morale
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Middle East Eye, 26 febbraio 2018 (trad.ossin)
Ferito al capo e poi arrestato, l’adolescente palestinese Mohammed Tamimi mantiene alto il morale
Tessa Fox
L’adolescente, insieme ad altri dieci Palestinesi, è stato arrestato nell’ambito della continua campagna di repressione di Israele contro il villaggio di Nabi Saleh, noto per la resistenza di lunga data all’occupazione
Alle tre del mattino, Mohammed Tamimi è stato svegliato da urla e da colpi contro la porta di ingresso della sua abitazione.
Mentre era ancora a letto, la porta della sua camera da letto si è aperta e ha visto dei soldati avvicinarsi, seguiti da suo padre.
Ha capito che lo avrebbero arrestato.
Il villaggio palestinese di Nabi Saleh, a nord est di Ramallah, nella Cisgiordania occupata, è abituato ai raid notturni delle forze israeliane.
Mohammed, 15 anni, e altri dieci giovani Palestinesi del villaggio, sono stati arrestati all’alba del 26 febbraio. Tutti, tranne due, hanno meno di 18 anni.
Mohammed, quindicenne, è un caso speciale, perché è stato dimesso dall’ospedale solo a fine dicembre.
Mohammed è stato quattro giorni in coma ed ha subito due operazioni per rimuovere un proiettile di acciaio ricoperto di gomma dalla parte posteriore del cervello, dopo essere stato colpito a distanza ravvicinata dalle forze israeliane. A causa della ferita non può andare a scuola.
Il giorno dopo, il 27 febbraio, Mohammed e stato liberato, e il coordinatore israeliano delle attività governative nei territori (COGAT), il generale maggiore Yoav Mordechai ha pubblicato un post ufficiale in Facebook nel quale afferma che la ferita al capo di Mohammed era stata "autoinflitta".
Mordechai ha scritto: "Il ragazzo ha confessato alla polizia e al [COGAT] che a dicembre, mentre stava andando in bicicletta, è caduto".
Ha proseguito dicendo che Mohammed aveva confessato, mentre era detenuto, che la ferita era stata "causata dall’impatto della testa sul manubrio ".
E’ falso. Non solo ci sono testimoni che, a dicembre, le forze israeliane hanno sparato contro Mohammed, ma la TAC al cervello, eseguita prima dell’intervento chirurgico, mostra con chiarezza il proiettile alloggiato nella parte posteriore del suo cranio.
Un’esperienza traumatizzante
La madre di Mohammed, Emthal Tamimi, era terribilmente preoccupata per suo figlio dopo l’arresto.
« Sono impazzita », ha confidato a Middle East Eye.
Ha passato mezza mattinata a chiedere ai soldati di liberare il figlio, a cagione della precarietà del suo stato di salute. « Abbiamo discusso a lungo, ho detto loro che era inutile prenderlo, che era ferito, che doveva prendere delle medicine ogni mattina e sera », ha raccontato Emthal.
Emthal, disobbedendo all’ordine di rimanere a casa, è corsa dietro il figlio quando lo hanno portato in un veicolo blindato. « Li ho seguiti e ho chiesto loro di mettergli le manette con le mani davanti perché gli fa male la spalla, ma gliele hanno lasciate dietro », ha ricordato.
Contrariamente agli altri giovani di Nabi Saleh, Mohammed è stato liberato il giorno stesso, nel primo pomeriggio.
L’avvocato è riuscito a localizzare dove l’avevano portato ed è riuscito a farlo rilasciare. « Ha subito un’altra operazione sabato, per questo ne abbiamo ottenuto il rilascio », ha spiegato Emthal.
Quando ha saputo che entro un’ora Mohammed sarebbe stato riportato al villaggio, Emthal ha atteso pazientemente a casa sua, in compagnia di amici e della sua famiglia. « Sperò che andrà tutto bene », ha detto Emthal nervosamente, preoccupata del suo stato di salute e della brutalità dei soldati.
Morale alto
Rientrando a casa, Mohammed era sorridente.
Ha abbracciato la madre in anticamera. Emthal voleva restare abbracciata un altro po’. Si capisce che non vuole perderlo ancora.
Mohammed sembrava disteso e calmo, ma quando si è seduto vicino alla madre, lo ha preso l’emozione e ha dovuto trattenere le lacrime. Però, quando ha cominciato a parlare, si è messo a scherzare.
« Penso che è solo sfortuna », ha detto.
Ha spiegato poi, scherzando, che I soldati israeliani lo avevano arrestato perché lui aveva spostato i mobili della sua camera, perché li aveva evidentemente disposti senza rispettare i principi del feng shui (tradizione cinese di disposizione dei mobili in modo da sprigionare energia positiva, ndt).
« Quando ho spostato il letto, sono venuti ad arrestarmi », ha dichiarato Mohammed a Middle East Eye. « Prima era così, ha detto descrivendone la posizione con le mani, e non sono venuti ».
« E’ la seconda volta. Mi hanno già arrestato una volta, sempre dopo aver spostato il letto», ha detto Mohammed agitando le braccia e ridendo, tentando di dimostrare la fondatezza della sua teoria.
Non sapendo più dove mettere il letto per evitare di essere arrestato, Mohammed ha detto che doveva ormai « spostarlo in un’altra stanza ».
Mohammed si è detto sorpreso di essere stato rilasciato lo stesso giorno dell’arresto, anche tenuto conto del suo stato di salute. « Stavo dormendo, mi hanno svegliato e mi hanno detto che potevo tornare a casa », ha raccontato.
Gli manca ancora parte del cranio, perché i chirurghi aspettano che si riassorba la tumefazione del cervello, prima di completarne la copertura.
Non deve esporsi ai raggi del sole e deve stare attento ad evitare qualsiasi urto.
I soldati israeliani se ne sono fregati del fatto che il suo cervello non era protetto. « Mi hanno colpito alle gambe e mi hanno schiaffeggiato, facevano come se non si accorgessero dello stato del mio capo », ha dichiarato Mohammed.
« Ho fatto quanto potevo per proteggere la mia testa, perché a loro non importava. Hanno continuato a colpirmi e a darmi calci ».
Liberato per portare un messaggio
Mohammed e la sua famiglia sanno che è stato arrestato insieme agli altri ragazzi di Nabi Salh per essere d’esempio. Liberato in anticipo, si trova ad essere latore di un messaggio israeliano all’intera comunità.
« Il primo messaggio è: “Ne arresteremo da sei a quaranta tutte le notti” », ha riferito Mohammed.
« L’altro messaggio è rivolto ai più anziani: ne arresteranno la maggior parte, chiunque osi parlare », ha proseguito, aggiungendo che prenderanno soprattutto di mira i leader della resistenza di Nabi Saleh.
« Hanno cercato di strapparmi dei nomi, perché sapevano che avevo paura dei calci e dei colpi al capo ».
Questi messaggi e questi arresti di massa fanno parte della punizione collettiva che Israele continua a infliggere a Nabi Saleh da quando il villaggio ha cominciato a protestare contro l’occupazione israeliana nel 2010.
Anche Naji Tamimi, padre di Noor Tamimi, 20 anni, arrestata con la cugina Ahed a metà dicembre, è stato minacciato durante il raid notturno.
« Mi hanno fatto domande sulla resistenza a Nabi Saleh, vogliono che mi assuma le mie responsabilità », ha dichiarato Naji a Middle East Eye.
« Io ho risposto che il problema è l’occupazione, che la resistenza è l’altra faccia dell’occupazione. Che se vogliono porre fine alla resistenza, devono porre fine all’occupazione ».