L'11 settembre è stato un lavoro israeliano
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Le schede di ossin, 11 settembre 2021 - "Cos'è un neocon?" chiese una volta Bush jr a suo padre Bush sr, dopo più di tre anni alla Casa Bianca. "Vuoi i nomi o una descrizione?" rispose Bush sr. "Descrizione". "Ebbene", disse Bush sr, "te lo descriverò in una parola: Israele"...
Unz Review, 10 settembre 2018 (trad.ossin)
L'11 settembre è stato un lavoro israeliano
Laurent Guyénot
"Cos'è un neocon?" chiese una volta Bush jr a suo padre Bush sr, dopo più di tre anni alla Casa Bianca. "Vuoi i nomi o una descrizione?" rispose Bush sr. "Descrizione". "Ebbene", disse Bush sr, "te lo descriverò in una parola: Israele"
Impossibilità tecniche
Grazie a coraggiose inchieste, molte incongruenze nella ricostruzione ufficiale degli eventi dell’11 settembre sono state pubblicate in Internet nei mesi successivi, fornendo la prova che si era trattato di un’operazione sotto falsa bandiera e che Osama bin Laden non ne era stato l’autore, come egli stesso ha più volte dichiarato alla stampa afgana e pakistana e ad Al Jazeera.[1] Le prove di questo spaventoso imbroglio, da allora, sono cresciute sempre di più, e sono adesso accessibili a chiunque sia disposto a trascorrere qualche ora di ricerca sul Web. (Anche se, mentre preparavo questo articolo, ho notato che Google sta rendendo l'accesso a quella ricerca più difficile di quanto non fosse cinque anni fa, dando priorità artificialmente ai siti anti-cospirazione.)
Ad esempio, alcuni esponenti di Architects and Engineers for 9/11 Truth hanno dimostrato che è impossibile che il crollo delle Torri Gemelle possa essere stato provocato da incidenti aerei o da incendi di carburante. Anche Donald Trump lo ha capito. In effetti, già parlare di “crollo” è forse fuorviante: le torri sono letteralmente esplose, polverizzando cemento e proiettando ad alta velocità pezzi di travi d'acciaio del peso di diverse centinaia di tonnellate, a centinaia di metri lateralmente ad esse. La polvere piroclastica che ha immediatamente inondato le strade, non diversamente dalla polvere di un vulcano, è composta da una miscela ad alta temperatura di gas caldi e particelle solide relativamente dense, fenomeno che è impossibile si verifichi nel caso di un semplice crollo. È anche impossibile che il WTC7, un altro grattacielo (47 piani), che non era stato colpito da un aereo, sia crollato su sé stesso a una velocità quasi di caduta libera, a meno che non si fosse proceduto ad una "demolizione controllata".
Le testimonianze di alcuni vigili del fuoco, registrate poco dopo gli eventi, descrivono sequenze di esplosioni poco prima del “crollo”, ben al di sotto dell'impatto dell'aereo. La presenza di metallo fuso nel relitto fino a tre settimane dopo l'attacco è inspiegabile se non con la presenza di esplosivi non completamente bruciati. Il pompiere Philip Ruvolo ha testimoniato davanti alla telecamera di Étienne Sauret per il suo film Collateral Damages (2011): "Scendi di sotto e vedrai acciaio fuso, acciaio fuso che scorre lungo i canali, come se fossi in una fonderia, come la lava".
I professionisti dell'aviazione hanno segnalato anche l’impossibilità che gli aerei abbiano avuto i comportamenti attribuiti ad essi dalle verità ufficiali. Le velocità tracciate dei due aerei che colpiscono le Torri Gemelle, 443 mph e 542 mph, escludono che questi aerei possano essere stati Boeing 767, perché esse sono praticamente impossibili in prossimità del suolo. Nell'improbabile eventualità che tali velocità possano essere state raggiunte senza che l’aereo finisse in pezzi, sarebbe stato comunque impossibile guidarli con precisione contro le torri, specialmente dai piloti dilettanti cui il dirottamento è stato attribuito. Hosni Mubarak, un ex pilota, ha detto che non avrebbe mai potuto farlo. (Non è l'unico capo di Stato ad aver espresso simili dubbi: lo hanno fatto anche Chavez e Ahmadinejad). Ricordiamo che nessuna delle scatole nere degli aerei di linea è mai stata ritrovata, e si tratta di un fatto incomprensibile.
E, naturalmente, ci sono le evidenti anomalie che caratterizzano quanto sarebbe avvenuto a Shanksville ed al Pentagono: nessun aereo, e nemmeno verosimili detriti di aereo, sono visibili in nessuna delle numerose foto disponibili.
Lavoro interno o lavoro del Mossad?
I sempre più numerosi Statunitensi che non credono alla versione ufficiale degli attacchi dell'11 settembre si dividono tra i fautori di due teorie contrapposte: le ho chiamate "lavoro interno" e "lavoro del Mossad". La prima è la tesi dominante all'interno del cosiddetto movimento per la verità sull'11 settembre, e incolpa il governo USA, o una fazione all'interno del Deep State statunitense. Il secondo afferma che le menti degli attentati erano membri di una potente rete israeliana, profondamente infiltrata in tutte le sfere di potere all'interno degli Stati Uniti, compresi i media, il governo, l'esercito e i servizi segreti.
Questa tesi sul "lavoro del Mossad" sta guadagnando terreno da quando Alan Sabrosky, professore presso l'US Army War College e l'Accademia militare degli Stati Uniti, ha pubblicato nel luglio 2012 un articolo intitolato "Demistificare l'11 settembre: Israele e la tattica dell'errore", in cui ha espresso la sua convinzione che 11 settembre era “una classica operazione del Mossad”.
Notiamo immediatamente che, sia la tesi della responsabilità araba, che quella della responsabilità israeliana, rientrano entrambe nella teoria del "lavoro esterno" (in effetti, sono immagini speculari l'uno dell'altro, il che è comprensibile alla luce di ciò che Gilad Atzmon spiega sul "senso di colpa proiettato" ebraico).[2] Ma, prima ancora di esaminare le prove disponibili, l’idea di un "lavoro esterno" suona più credibile di quella del "lavoro interno". C'è qualcosa di mostruoso nel pensare che un governo possa ingannare e terrorizzare i propri cittadini uccidendone migliaia, solo per poter lanciare una serie di guerre che non sono nemmeno nell'interesse della nazione. In confronto, una potenza straniera che attacca gli Stati Uniti sotto falsa bandiera sembra quasi un fair play. In effetti, il sospetto del ruolo di Israele dovrebbe sorgere naturalmente in chiunque sia a conoscenza della reputazione del Mossad come: “Spietato e astuto. Ha la capacità di colpire le forze Usa e farlo sembrare come un atto di provenienza arabo palestinese “, come si legge in un rapporto della scuola US Army Alti Studi Militari citato dal Washington Times, il 10 settembre 2001 — il giorno prima degli attacchi.
Questo è un punto importante, perché solleva la questione di come e perché il movimento per la verità sull'11 settembre sia stato portato ad avallare massicciamente l'oltraggiosa tesi del "lavoro interno", senza nemmeno considerare la tesi più probabile di un attacco da parte di una potenza straniera che agisce sotto una falsa bandiera islamica. E quale potenza straniera se non Israele avrebbe potuto farlo?
Certo, le due tesi non si escludono necessariamente a vicenda; almeno, nessuno che incrimini Israele nega che siano coinvolti elementi corrotti dell'amministrazione statunitense o dello stato profondo. L' "amore appassionato" tra Israele e gli Stati Uniti va avanti da decenni, e l'11 settembre è uno dei suoi mostruosi figli.
Non mi pare esservi migliore simbolo di questa realtà del matrimonio di Ted e Barbara Olson. Ted Oslon, dopo aver difeso Bush nelle contestate elezioni del 2000, venne premiato con la carica di procuratore generale (difese anche Dick Cheney quando si rifiutò di sottoporre al Congresso documenti relativi alla Enron). Barbara era una famosa giornalista della CNN, ma era nata Barbara Kay Bracher da genitori ebrei, aveva studiato alla Yeshiva University School of Law, ed era stata assunta dallo studio legale WilmerHale (di cui era socio anche Jamie Gorelick, un futuro membro del 9/11 Commission), tra i cui clienti vi sono potenti aziende israeliane come Amdocs, una società di comunicazione digitale incaricata di spionaggio per conto di Israele negli Stati Uniti. L'11 settembre 2001, Barbara Olson sarebbe stata sul volo AA77, e avrebbe fatto due telefonate a suo marito. La notizia di queste telefonate è stata data nel pomeriggio dalla CNN, e costituisce uno dei dettagli della ricostruzione ufficiale, come i “taglierini” usati come uniche armi dai dirottatori. Invitato ripetutamente in programmi televisivi dopo l'11 settembre, Ted Olson si è spesso contraddetto quando gli veniva chiesto delle telefonate di sua moglie. In un rapporto del 2006, l'FBI ha identificato solo una chiamata di Barbara Olson, ed era una chiamata non connessa della durata di 0 secondi. Come tutte le altre telefonate segnalate da passeggeri disperati (incluso il famoso "Ciao, mamma. Questo è Mark Bingham"), la chiamata di Barbara era semplicemente impossibile, perché la tecnologia necessaria per effettuare chiamate telefoniche ad alta quota è stata sviluppata solo nel 2004.[3]
L'11 settembre è stato reso possibile da un'alleanza tra adoratori segreti di Israele ed elementi statunitensi corrotti. La domanda è: chi, dei due, era la mente di questa operazione incredibilmente audace e complessa, e quale ne era lo scopo?
Un'altra domanda è: perché quelli che continuano a ripetere come un mantra "l'11 settembre è stato un lavoro interno" ignorano testardamente le prove convincenti che puntano su Israele? In altre parole, fino a che punto costituiscono una “opposizione manipolata” destinata a coprire Israele? Porsi questo tipo di domande non significa voler tacciare di ipocrisia coloro che sostengono una teoria errata o incompleta. La maggior parte delle persone che difendono l’una o l’altra tesi lo fa sinceramente, sulla base delle informazioni cui ha accesso. Io stesso ho creduto alla versione ufficiale per 7 anni, e per altri 2 alla tesi del “lavoro interno”, e solo nel 2010 mi sono convinto che era stato un lavoro del Mossad. D'altra parte, possiamo supporre che coloro che inducono il pubblico in errore a lungo termine, non solo sbagliano, ma mentono. In ogni caso, è legittimo indagare sul background degli opinion maker, e quando vengono colti a mentire o a distorcere la verità, è legittimo formulare ipotesi sulle loro motivazioni. Tornerò su questo problema alla fine dell'articolo.
Gli Israeliani danzanti
I fautori della tesi del “lavoro del Mossad” citano il comportamento di un gruppo di individui che sono diventati famosi come gli "Israeliani danzanti" dopo il loro arresto, sebbene il loro obiettivo fosse quello di passare per "Arabi danzanti". Vestiti con abiti apparentemente "mediorientali", sono stati visti da vari testimoni in piedi sul tetto di un furgone parcheggiato a Jersey City, esultare e farsi selfie sullo sfondo del WTC, nel momento stesso in cui il primo aereo colpiva la Torre Nord. Essi hanno poi spostato il loro furgone in un altro parcheggio a Jersey City, dove altri testimoni li hanno visti inscenare identiche ostentate manifestazioni di giubilo.
Una telefonata anonima alla polizia di Jersey City, riferita lo stesso giorno da NBC News, menzionava “un furgone bianco, 2 o 3 ragazzi lì dentro. Sembrano Palestinesi e girano intorno a un edificio. […] È vestito come un arabo”. La polizia emise immediatamente il seguente avviso BOLO (be-on-the-look-out) per un "veicolo probabilmente correlato all'attacco terroristico di New York. Bianco, furgone Chevrolet del 2000 con registrazione del New Jersey con cartello "Urban Moving Systems" sul retro visto al Liberty State Park, Jersey City, NJ, al momento del primo impatto del jet di linea col World Trade Center. Tre individui con furgone sono stati visti festeggiare dopo l'impatto iniziale e la successiva esplosione".
Per caso, il furgone venne intercettato intorno alle 16, e al suo interno vi erano cinque giovani: Sivan e Paul Kurzberg, Yaron Shmuel, Oded Ellner e Omer Marmari. Prima ancora che venisse loro rivolta qualsiasi domanda, l'autista, Sivan Kurzberg, è esploso: “Siamo Israeliani. Non siamo il tuo problema. I tuoi problemi sono i nostri problemi. I Palestinesi sono il tuo problema”. I fratelli Kurzberg vennero formalmente identificati come agenti del Mossad. Tutti e cinque lavoravano ufficialmente per una società di traslochi (una classica copertura per lo spionaggio) chiamata Urban Moving Systems, il cui proprietario, Dominik Otto Suter, è fuggito a Tel Aviv il 14 settembre.[4]
La notizia venne riferita per la prima volta il giorno dopo gli attentati dal giornalista Paulo Lima sul quotidiano del New Jersey The Bergen Record, citando "fonti vicine alle indagini" che erano convinte che i cinque fossero informati già in precedenza dell’imminenza degli attentati: "Sembrava che sapessero cosa sarebbe successo quando erano al Liberty State Park”. Il rapporto dell'FBI di 579 pagine sull'indagine che ne è seguita (parzialmente declassificata nel 2005) rivela alcuni fatti importanti. Innanzitutto, una volta sviluppate, le foto scattate dagli indagati mentre guardavano la Torre Nord in fiamme confermano i loro atteggiamenti festoso: “Sorridevano, si abbracciavano e si davano il cinque”. Per spiegare la loro contentezza, gli indagati si sono detti semplicemente felici che, grazie a questi attacchi terroristici, “gli Stati Uniti avrebbero preso provvedimenti per fermare il terrorismo nel mondo”. Tuttavia, nel momento in cui festeggiavano, prima che la seconda torre venisse colpita, la maggior parte degli Statunitensi credeva che l’impatto dell’aereo fosse stato un incidente. Si è scoperto che i cinque Israeliani erano collegati ad un'altra società chiamata Classic International Movers, che impiegava altri cinque Israeliani arrestati per i loro contatti con i diciannove presunti dirottatori suicidi. Inoltre, uno dei cinque indagati aveva chiamato “un individuo in Sudamerica con autentici legami con militanti islamici in Medio Oriente”. Infine, il rapporto dell'FBI afferma che “Il veicolo è stato perquisito anche da un cane addestrato antibomba e sono state rinvenute tracce di esplosivo”.
Dopo tutte queste prove incriminanti arriva il passaggio più sconcertante del rapporto: la sua conclusione che "l'FBI non ha più alcun interesse investigativo nei confronti dei cinque fermati e che gli stessi devono rispondere di violazione delle norme sull’immigrazione". Infatti, una lettera indirizzata all'US Immigration and Naturalization Service, datata 25 settembre 2001, prova che, a meno di due settimane dai fatti, la sede federale dell'FBI aveva già deciso di chiudere l'inchiesta, chiedendo che “The US Immigration and Naturalization Il servizio di naturalizzazione dovrebbe procedere con le opportune procedure di immigrazione”. I cinque “Israeliani danzanti”, conosciuti anche come “quelli che si danno il cinque”, sono stati detenuti per 71 giorni in una prigione di Brooklyn, dove prima hanno rifiutato, poi hanno fallito, i test della macchina della verità. Alla fine, sono stati tranquillamente rimandati in Israele, con l'accusa minima di "violazione del visto di ingresso". Tre di loro furono poi invitati a un talk show televisivo israeliano nel novembre 2001, dove uno di loro dichiarò ingenuamente: "Il nostro scopo era semplicemente quello di documentare l'evento".
La rete di spionaggio israeliana
I cinque "Israeliani danzanti", gli unici sospetti arrestati il giorno stesso degli attacchi dell'11 settembre, erano solo la punta di un iceberg. Nel settembre 2001, la polizia federale era impegnata a smantellare la più grande rete di spionaggio israeliana mai scoperta sul suolo statunitense. Durante l'estate che ha preceduto l'attacco, la Drug Enforcement Agency (DEA) ha compilato un rapporto che sarebbe stato rivelato al pubblico da parte del Washington Post il 23 novembre 2001, seguita da quattro puntate di un documentario di Carl Cameron, trasmesso da Fox News dall’11 dicembre 2001 al 14 marzo 2002. E ancora, da un articolo del quotidiano francese le Monde, firmato da Sylvain Cypel, che pure parlava del rapporto, poco prima che la rivista francese Intelligence Online lo rendesse completamente accessibile su Internet [5]. Il rapporto diceva che 140 spie israeliane, di età compresa tra i 20 e i 30 anni, erano state arrestate dal marzo 2001, mentre altre 60 vennero arrestate dopo l'11 settembre. Generalmente fingendosi studenti d'arte, essi avevano visitato almeno "36 siti sensibili del Dipartimento della Difesa". “La maggior parte degli interrogati ha dichiarato di aver prestato servizio nelle unità di intelligence militare, di intercettazione di segnali elettronici o di ordigni esplosivi. Alcuni sono stati collegati a funzionari di alto rango dell'esercito israeliano. Uno era figlio di un generale a due stelle, uno era la guardia del corpo del capo dell'esercito israeliano, uno prestava servizio in un'unità di missione patriottica. Un altro, Peer Segalovitz, ufficiale del battaglione 605 delle alture del Golan, "ha riconosciuto di poter far saltare in aria edifici, ponti, automobili e qualsiasi altra cosa di cui avesse bisogno".[6]
Particolarmente interessante è l’indicazione che "l'area di Hollywood, in Florida, sembra essere un punto centrale per questi individui".[7] Più di 30 dei 140 falsi studenti israeliani identificati prima dell'11 settembre vivevano in quella città di 140.000 abitanti. E questa città è anche il luogo dove si erano riuniti quindici dei diciannove presunti dirottatori islamisti dell'11 settembre (nove a Hollywood, sei nelle vicinanze), inclusi quattro dei cinque che avrebbero dirottato il volo AA11. Qual era il rapporto tra le spie israeliane e i terroristi islamisti? Ci è stato detto da notizie mainstream che i primi stavano monitorando i secondi, ma non hanno segnalato le attività sospette di questi terroristi alle autorità statunitensi. Non è un’accusa, perché un'agenzia di spionaggio non può essere incolpata di non condividere informazioni con il paese in cui sta spiando. Nella peggiore delle ipotesi, l'intelligence israeliana può essere accusata di aver "lasciato fare", una garanzia di impunità. In realtà, gli agenti israeliani non stavano certo solo monitorando i futuri "dirottatori", ma li finanziavano e li manipolavano, prima di sbarazzarsene. Sappiamo che l'israeliano Hanan Serfaty, che aveva affittato due appartamenti vicino a Mohamed Atta, ha speso almeno 100.000 dollari in tre mesi. E abbiamo appreso anche dal New York Times il 19 febbraio 2009, che Ali al-Jarrah, cugino del presunto dirottatore del volo UA93 Ziad al-Jarrah, aveva trascorso venticinque anni a spiare per il Mossad come agente sotto copertura infiltrandosi nella resistenza palestinese e in Hezbollah.
Sembra che gli agenti israeliani amino operare spacciandosi per artisti. Poco prima dell'11 settembre, un gruppo di quattordici “artisti” ebrei sotto il nome di Gelatin, si installarono al novantunesimo piano della torre nord del World Trade Center. Lì, con la scusa di realizzare un’opera di “street art”, hanno rimosso una finestra e ampliato un balcone in legno. Per capire quale ruolo possa aver giocato questo pezzo di impalcatura, bisogna ricordare che l'esplosione presumibilmente conseguente all'impatto del Boeing AA11 sulla Torre Nord è avvenuta tra il novantaduesimo ed il novantottesimo piano. Poiché l'unico film dell'impatto sulla Torre Nord è quello dei fratelli Naudet, sospettati per numerose ragioni, molti ricercatori sono convinti che nessun aereo abbia colpito questa torre e che l'esplosione che simula l'impatto sia stata provocata da esplosivo azionato all'interno della torre.
I piani dal novantatré al cento della Torre Nord erano occupati da Marsh & McLennan, il cui amministratore delegato era Jeffrey Greenberg, figlio del ricco sionista (e finanziatore di George W. Bush) Maurice Greenberg, che è anche il proprietario di Kroll Inc., la società che l’11 settembre era responsabile della sicurezza per l'intero complesso del World Trade Center. I Greenberg erano anche gli assicuratori delle Twin Towers e, il 24 luglio 2001, ebbero l’ispirazione di far riassicurare il contratto da concorrenti. Nel novembre 2000, nel consiglio di amministrazione di Marsh & McLennan è entrato anche (Lewis) Paul Bremer, il presidente della Commissione nazionale sul terrorismo, che, l'11 settembre 2001, solo due ore dopo la polverizzazione della Torre Nord, sarebbe apparso in un programma di NBC, per indicare bin Laden come primo sospettato, perfettamente calmo nonostante 400 dei suoi dipendenti risultassero dispersi (295 saranno infine dichiarati morti). “È il giorno che cambierà le nostre vite”, ha detto. “È il giorno in cui la guerra che i terroristi dichiararono agli USA [. . .] è stata portata negli Stati Uniti”. Nel 2003, Bremer sarebbe stato nominato amministratore dell'Autorità provvisoria della coalizione in Iraq per radere al suolo lo Stato iracheno e supervisionare il furto di quasi un trilione di dollari destinati alla sua ricostruzione.
Il super-sayanim
Con Goldberg e Bremer, abbiamo raggiunto il livello più alto della cospirazione, che comprende una serie di influenti personalità ebraiche, che lavorano dentro e fuori il governo degli Stati Uniti – dei super sayanim (espressione che designa ebrei civili, per lo più della diaspora, che sono agenti “in sonno” del Mossad, e vengono attivati solo alla bisogna, ndt), per così dire. Il più rappresentativo di quelli fuori dal governo è Larry Silverstein, lo squalo immobiliare che, con il suo socio Frank Lowy, ha affittato le Torri Gemelle a New York nella primavera del 2001. Il capo della New York Port Authority, che ha concesso a Silverstein e Lowy il contratto di locazione, non era altri che Lewis Eisenberg, un altro membro della United Jewish Appeal Federation ed ex vicepresidente dell'AIPAC. Sembrava che Silverstein avesse fatto un affare disastroso, perché le Torri Gemelle dovevano essere decontaminate dall'amianto. Il processo di decontaminazione era stato rinviato a tempo indeterminato dal 1980 a causa dei costi, stimati in circa $ 1 miliardo nel 1989. Nel 2001, l'Autorità Portuale di New York era stato felicissima di affibbiare la patata bollente a Silverstein.
Immediatamente dopo l’acquisizione delle Torri Gemelle, Silverstein ha rinegoziato i contratti di assicurazione a copertura di attacchi terroristici, raddoppiando la copertura a $ 3,5 miliardi e ha fatto in modo di assicurarsi il diritto di ricostruire dopo un evento del genere. Dopo gli attacchi, ha portato i suoi assicuratori in tribunale per ricevere un doppio risarcimento, sostenendo che i due aerei avevano realizzato due attacchi separati. Dopo una lunga battaglia legale, è riuscito ad intascare $ 4,5 miliardi. Silverstein è un membro di spicco della United Jewish Appeal Federation of Jewish Philanthropies di New York, la più grande raccolta di fondi per Israele (dopo il governo degli Stati Uniti, che paga circa $ 3 miliardi all'anno in aiuti a Israele). Silverstein ha anche mantenuto "stretti legami con Netanyahu", secondo Haaretz (21 novembre 2001): “I due sono stati in rapporti amichevoli sin dal periodo in cui Netanyahu era ambasciatore di Israele presso le Nazioni Unite. Per anni sono rimasti in stretto contatto. Ogni domenica pomeriggio, ora di New York, Netanyahu chiamava Silverstein». Oltre ad essere un uomo potente, Larry è un uomo fortunato: come ha spiegato in questa intervista, ogni mattina della settimana, faceva colazione al Windows on the World in cima alla Torre Nord, ma l'11 settembre aveva un appuntamento con il suo dermatologo.
Complici dell'attacco sotto falsa bandiera dell'11 settembre con forti collegamenti israeliani dovrebbero esservi stati anche all'altra estremità della traiettoria degli aerei che si dice si siano schiantati contro le Torri Gemelle. I voli AA11 e UA175 sono decollati dall'aeroporto Logan di Boston, che ha subappaltato la loro sicurezza a International Consultants on Targeted Security (ICTS), una società con sede in Israele e guidata da Menachem Atzmon, un tesoriere del Likud. Lo stesso l'aeroporto di Newark, dove secondo quanto riferito è decollato il volo UA93 prima di schiantarsi a Shanksville.
Una seria indagine avrebbe potuto seguire molte altre piste, come ad esempio i messaggi istantanei Odigo ricevuti dai dipendenti al WTC due ore prima dell’impatto degli aerei, come riportato da Haaretz il 27 settembre 2001. Il primo aereo ha colpito il WTC nel preciso momento che era stato annunciato, "quasi al minuto", ha ammesso Alex Diamandis, vicepresidente di Odigo, con sede in Israele. Inquietante anche il comportamento della filiale statunitense di Zim Israel Navigational, colosso marittimo di proprietà al 48% dello Stato ebraico (occasionalmente usato come copertura per i servizi segreti israeliani), che ha trasferito i suoi uffici dal WTC, insieme ai suoi 200 dipendenti, il 4 settembre 2001, una settimana prima degli attacchi - “come un miracolo divino, ci siamo spostati”, ha detto l'amministratore delegato Shaul Cohen-Mintz quando è stato intervistato da USA Today, il 17 novembre 2001 .
Ma, naturalmente, nessuna di queste piste è stata mai battuta. Questo perché i cospiratori più potenti si trovavano ai più alti livelli del Dipartimento di Giustizia. Michael Chertoff, nel 2001, era a capo della Divisione Criminale del Dipartimento di Giustizia ed era, tra l’altro, responsabile di ottenere il rilascio degli agenti israeliani arrestati prima e dopo l'11 settembre, compresi gli "Israeliani danzanti". Nel 2003, questo figlio di un rabbino e di un pioniere del Mossad sarebbe stato nominato Segretario della Sicurezza Nazionale, incaricato dell'antiterrorismo sul suolo statunitense, ciò che gli avrebbe permesso di controllare i cittadini dissenzienti e limitare l'accesso alle prove, con il pretesto che contenevano informazioni sensibili sulla sicurezza.
Un altro capo dell'insabbiamento è stato Philip Zelikow, il direttore esecutivo della Commissione presidenziale sull'11 settembre istituita nel novembre 2002. Zelikow è un sedicente specialista nell'arte di creare "miti pubblici", "bruciando o modellando” eventi [che] assumono un'importanza 'trascendente' e, quindi, conservano il loro potere anche quando la generazione che li sperimenta esce di scena” (Wikipedia). Nel dicembre 1998, ha co-firmato un articolo per Foreign Affairs dal titolo "Terrorismo catastrofico", in cui ipotizzava cosa sarebbe successo se l'attentato al WTC del 1993 (già attribuito a bin Laden) fosse stato compiuto con una bomba nucleare: “Un atto di terrorismo catastrofico che uccida migliaia o decine di migliaia di persone e/o incida sulle necessità di vita di centinaia di migliaia, o addirittura milioni, sarebbe un evento spartiacque nella storia degli USA. Potrebbe comportare la perdita di vite umane e di proprietà senza precedenti in tempo di pace e minare il fondamentale senso di sicurezza degli Statunitensi all'interno dei propri confini, più o meno come quando ci fu il test della bomba atomica sovietica nel 1949, o forse anche peggio. … Come Pearl Harbor, l'evento dividerebbe il nostro passato e il futuro in un prima e un dopo. Gli Stati Uniti potrebbero rispondere con misure draconiane che riducono le libertà civili, consentendo una più ampia sorveglianza dei cittadini, la detenzione dei sospetti e l'uso della forza letale. Questo è l'uomo che ha controllato l'indagine governativa sugli attacchi terroristici dell'11 settembre. Thomas Kean e Lee Hamilton, che nominalmente guidavano la commissione, hanno rivelato nel loro libro Without Precedent: The Inside Story of the 9/11 Commission (2006), che la commissione "è stata istituita per fallire" fin dall'inizio. Zelikow, affermano, aveva già scritto una sinossi e una conclusione per il rapporto finale ancor prima di cominciare. Ha controllato tutti i gruppi di lavoro, ha impedito loro di comunicare tra loro e ha dato loro come unica missione di provare la versione ufficiale; Il Team 1A, ad esempio, aveva il compito di "raccontare la storia dell'operazione di maggior successo di Al-Qaeda: gli attacchi dell'11 settembre".
Uno stretto controllo dei media mainstream è forse l'aspetto più delicato dell'intera operazione. Non approfondirò questo aspetto, perché sappiamo tutti cosa aspettarci dal sistema dei media mainstream. Per un argomento innovativo sulla misura in cui l'11 settembre è stato orchestrato dal sistema dei media mainstream, raccomando il documentario di Ace Baker del 2012 9/11 The Great American Psy-Opera , capitoli 6, 7 e 8.
Meta-sionisti machiavellici
Se saliamo al livello più alto della cospirazione, ci troviamo a Tel Aviv. La preparazione per l'11 settembre ha coinciso con l'avvento al potere di Benjamin Netanyahu nel 1996, seguito da Ehud Barak nel luglio 1999, e Ariel Sharon nel marzo 2001, che ha riportato Netanyahu al Ministero degli Esteri nel 2002 (con Netanyahu di nuovo primo ministro nel 2009). Va notato che sia Netanyahu che Ehud Barak erano temporaneamente fuori dal governo israeliano nel settembre 2001, proprio come Ben-Gurion al momento dell'assassinio di Kennedy (leggi il mio articolo su JFK). Pochi mesi prima dell'11 settembre, Barak, un ex capo dell'intelligence militare israeliana, è stato "reclutato" come consulente da una società di facciata del Mossad, SCP Partner, specializzata in sicurezza e situata a meno di sette miglia da Urban Moving Systems.[8] Un'ora dopo l'esplosione della Torre Nord, Barak era su BBC World per puntare il dito contro bin Laden (il primo a farlo) e concludere: "È tempo di lanciare una guerra operativa e completa contro il terrorismo".
Quanto a Netanyahu, non ci sorprende sentirlo vantarsi, alla CNN nel 2006, di aver predetto nel 1995 che, “se l'Occidente non si renderà conto della natura suicida dell'Islam militante, la prossima cosa che vedremo sarà l’Islam che abbatte il World Trade Center”. Netanyahu è un esempio della "relazione speciale" sempre più stretta tra Stati Uniti e Israele, iniziata con Truman e sbocciata sotto Johnson. Netanyahu ha vissuto, studiato e lavorato negli Stati Uniti dal 1960 al 1978, tra gli 11 e i 27 anni - tranne durante il servizio militare – e, di nuovo dopo, i 33 anni, quando fu nominato vice ambasciatore a Washington e poi delegato permanente alle Nazioni Unite. Netanyahu è apparso regolarmente sulla CNN all'inizio degli anni '90, contribuendo alla trasformazione del principale canale di notizie del mondo in un importante strumento di propaganda sionista. Il suo destino politico è stato in gran parte pianificato e plasmato negli Stati Uniti, sotto la supervisione di quelli che oggi chiamiamo neoconservatori, e l'unica cosa che lo distingue da loro è che, per ragioni di pubbliche relazioni, non possiede la nazionalità statunitense.
"Cos'è un neocon?" una volta ha chiesto Bush jr a suo padre Bush sr, dopo più di tre anni alla Casa Bianca. "Vuoi i nomi o una descrizione?" rispose Bush sr. "Descrizione". "Ebbene", disse Bush sr, "te lo descriverò in una parola: Israele".[9] Quell'aneddoto è citato da Andrew Cockburn. Il movimento neoconservatore nacque nella redazione del mensile Commentary, che aveva sostituito nel 1945 il Contemporary Jewish Record come organo di stampa dell'American Jewish Committee. "Se c'è un movimento intellettuale negli USA sulla cui invenzione gli ebrei possono rivendicare l'esclusiva, è il neoconservatorismo", ha scritto Gal Beckerman nel Jewish Daily Forward, il 6 gennaio 2006. "È un fatto che, come filosofia politica, il neoconservatorismo era nato tra i figli di immigrati ebrei ed è ora in gran parte dominio intellettuale dei nipoti di quegli immigrati”.
I padri fondatori del neoconservatorismo (Norman Podhoretz, Irving Kristol, Donald Kagan, Paul Wolfowitz, Adam Shulsky) erano autoproclamati discepoli di Leo Strauss, un immigrato ebreo tedesco che insegnava all'Università di Chicago. Strauss può definirsi un meta-sionista nel senso che, mentre era un ardente sostenitore dello Stato di Israele, rifiutava l'idea che Israele come nazione dovesse mantenersi all'interno dei suoi confini; Israele deve conservare la sua specificità, deve essere ovunque, disse in sostanza nella sua conferenza del 1962 "Perché rimaniamo ebrei". Strauss approverebbe anche di essere chiamato machiavellico, perché nei suoi Pensieri su Machiavelli, lodò «l'intrepidezza del suo pensiero, la grandezza della sua visione e la graziosa sottigliezza del suo discorso» (p. 13). Il modello di Principe di Machiavelli fu Cesare Borgia, il tiranno che dopo aver incaricato il crudele Ramiro d'Orco di sottomettere la provincia di Romania, lo fece giustiziare con estrema crudeltà, raccogliendo così la gratitudine del popolo, dopo averne deviato su di lui l’odio. Machiavelli, scrive Strauss, «è un patriota di un genere particolare: si preoccupa più della salvezza della sua patria che della salvezza della sua anima» (p. 10). E questo è esattamente ciò che caratterizza l'ebraicità, secondo pensatori ebrei come Harry Waton: "Gli ebrei che hanno una comprensione più profonda dell'ebraismo sanno che l'unica immortalità che esiste per l'ebreo è l'immortalità nel popolo ebraico" (leggi di più qui). È un dato di fatto che nel Jewish World Review del 7 Giugno 1999, Michael Ledeen, un neocon e fondatore del Jewish Institute for National Security Affairs (JINSA), sostiene che Machiavelli debba essere stato segretamente un “Ebreo,” dal momento che “se ascolti la sua filosofia politica ascolterai musica ebraica”.
I neoconservatori della prima generazione originariamente si posizionavano all'estrema sinistra. Irving Kristol, uno dei principali redattori di Commentary, aveva a lungo affermato di essere un trotskista. Fu subito dopo la riuscita annessione dei territori arabi da parte di Israele nel 1967, che gli Straussiani sperimentarono la loro conversione al militarismo di destra, a cui devono il loro nuovo nome. Norman Podhoretz, caporedattore dal 1960 al 1995, si è trasformato da attivista contro la guerra in sostenitore del budget della difesa nei primi anni '70. Nel 1979 diede la seguente spiegazione: “Il sostegno statunitense a Israele dipende dal continuo coinvolgimento USA negli affari internazionali, cosicché l’emergere di umori isolazionisti negli USA [. . .] che sembrano possano adesso di nuovo prevalere, rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza di Israele”. (Rompere i ranghi, P. 336). Guidare gli Stati Uniti in una guerra a beneficio di Israele è l'essenza dei cripto-sionisti machiavellici, conosciuti ingannevolmente come neoconservatori.
Il progetto per un nuovo secolo (((americano)))
La storia di come i neoconservatori abbiano raggiunto la posizione di influenza che sono riusciti ad avere sotto George W. Bush è complicata, e posso solo farne dei cenni. Sono entrati per la prima volta nell'apparato statale nel bagaglio di Rumsfeld e Cheney, durante il rimpasto di governo del presidente Ford noto come il "massacro di Halloween", in seguito alle dimissioni di Nixon. Quando la Guerra Fredda si calmò, dopo l'evacuazione delle truppe USA dal Vietnam nel 1973, e quando la CIA produsse analisi rassicuranti sulle capacità e le ambizioni militari dell'URSS, Rumsfeld (come Segretario della Difesa) e Cheney (come Capo di Stato Maggiore) persuasero Ford a nominare un comitato indipendente, noto come Squadra B, per rivedere al rialzo le stime della CIA sulla minaccia sovietica e riattivare le tendenze belliciste nell'opinione pubblica, nel Congresso e nell'amministrazione.
Durante la parentesi democratica della presidenza Carter (1976-1980), i neoconservatori lavorarono per raccogliere il maggior numero di ebrei attorno alle loro politiche, fondando il Jewish Institute for National Security Affairs (JINSA), che divenne la seconda più potente lobby filo-israeliana dopo l'AIPAC. La sua “mission” dichiarata è di "indirizzare i decisori in materia di sicurezza nazionale del Congresso, militari e civili, sulla difesa degli USA e sugli interessi strategici, principalmente in Medio Oriente, la cui pietra angolare è una solida cooperazione di sicurezza tra Stati Uniti e Israele". Nel 1980, i neocon furono premiati da Ronald Reagan per il loro sostegno con una dozzina di incarichi nella sicurezza nazionale e nella politica estera: Richard Perle e Douglas Feith al Dipartimento della Difesa; Richard Pipes al Consiglio di sicurezza nazionale; Paul Wolfowitz, Lewis "Scooter" Libby e Michael Ledeen del Dipartimento di Stato. Hanno aiutato Reagan a intensificare la Guerra Fredda, riversando miliardi di dollari sul complesso militare-industriale.
La pianificazione a lungo termine dell'11 settembre probabilmente è iniziata allora. Si dice che Isser Harel, fondatore dei servizi segreti israeliani (Shai nel 1944, Shin Bet nel 1948, Mossad fino al 1963) abbia profetizzato nel 1980, in un'intervista con il sionista cristiano Michael Evans, che il terrorismo islamico avrebbe finito per colpire gli USA nel loro "simbolo fallico”: “Il vostro più grande simbolo fallico è New York City e il vostro edificio più alto sarà il simbolo fallico che colpiranno”.[10] (Ci vorrebbe un intero articolo per documentare e spiegare la rinascita del dono ebraico della profezia apocalittica negli ultimi decenni.)
Nel 1996, durante gli anni di Clinton, i neoconservatori gettarono tutto il loro peso nel loro think tank definitivo, il Project for the New American Century (PNAC), diretto da William Kristol e Robert Kagan. Il PNAC raccomandava di approfittare della sconfitta del comunismo per rafforzare l'egemonia statunitense e impedire l'emergere di qualsiasi rivale. La loro Dichiarazione di principi prometteva di estendere l'attuale Pax Americana, che prevedeva "un esercito forte e pronto ad affrontare le sfide presenti e future". Nel suo rapporto del settembre 2000 intitolato Rebuilding America's Defenses, PNAC ha anticipato che le forze statunitensi devono diventare "in grado di dispiegare e vincere rapidamente più guerre simultanee su larga scala". Ciò richiede profonde trasformazioni, compreso lo sviluppo di "nuove armi nucleari". Sfortunatamente, secondo gli autori del rapporto, "il processo di trasformazione […] sarà probabilmente lungo, in assenza di qualche evento catastrofico e catalizzatore, come una nuova Pearl Harbor". Non è certo una coincidenza che proprio Pearl Harbor sia stata evocata nell'estate del 2001, radicando convenientemente l’idea di una nuova Pearl Harbor nelle menti di milioni di persone.
Gli architetti del PNAC hanno giocato la carta dell'egemonia statunitense, ammantandosi del discorso super-patriottico della missione civilizzatrice statunitense. Ma la loro ambiguità emerge in un documento portato a conoscenza del pubblico nel 2008: un rapporto pubblicato nel 1996 dal think tank israeliano Institute for Advanced Strategic and Political Studies (IASPS), intitolato A Clean Break: A New Strategy for Securing the Realm, scritto in particolare per il nuovo primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Il team responsabile del rapporto era guidato da Richard Perle e comprendeva Douglas Feith e David Wurmser, che lo stesso anno figurarono tra i firmatari del PNAC. Come suggerisce il titolo, il Clean BreakIl invitava Netanyahu a rompere con gli Accordi di Oslo del 1993, che impegnavano ufficialmente Israele alla restituzione dei territori che occupava illegalmente dal 1967. Il nuovo primo ministro avrebbe invece dovuto "impegnare tutte le energie possibili per ricostruire il sionismo" e riaffermare il diritto di Israele alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza.
Nel novembre 2000, Bush Jr. venne eletto tra forti sospetti di brogli elettorali. Dick Cheney, che aveva diretto la sua campagna, si è nominato vicepresidente e ha piazzato due dozzine di neoconservatori in posizioni chiave in politica estera. Il Dipartimento di Stato fu affidato a Colin Powell, ma quest’ultimo venne circondato da aiutanti neocon come David Wurmser. In qualità di consigliere per la sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, una specialista della Russia senza esperienza di Medio Oriente, dipendeva interamente dal suo consigliere neocon Philip Zelikow. William Luti ed Elliott Abrams, e in seguito Eliot Cohen, furono anche incaricati di guidare la Rice. Ma è stato principalmente all'interno del Dipartimento della Difesa, sotto Donald Rumsfeld, che i neocon più influenti sono stati in grado di modellare la politica estera e militare degli Stati Uniti.
Il miracolo di Hanukkah per l'inizio della 4° Guerra Mondiale
Dopo otto mesi di presidenza, Bush si è dovuto confontare con l'"evento catastrofico", la "nuova Pearl Harbor" che il PNAC aveva auspicato un anno prima. L'11 settembre è stato un vero "miracolo di Hanukkah" per Israele, hanno commentato il capo del Mossad Ephraim Halevy e il presidente del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano Uzi Dayan. Netanyahu si è rallegrato: “È molto buono […] genererà un'immediata simpatia […], rafforzerà il legame tra i nostri due popoli, perché abbiamo sperimentato il terrore per così tanti decenni, ma ora gli Stati Uniti hanno sperimentato una massiccia accumulazione di terrore.” Il 21 settembre ha pubblicato un editoriale sul New York Post intitolato "Oggi, siamo tutti americani", in cui pronunciava la sua frase di propaganda preferita: "Per i bin Laden del mondo, Israele è solo un baraccone. Il bersaglio sono gli Stati Uniti". Tre giorni dopo, New Republic ha risposto con il titolo: "Ora siamo tutti israeliani". Gli Statunitensi hanno vissuto l'11 settembre come un atto di odio da parte del mondo arabo e hanno sentito un'immediata simpatia per Israele, che i neoconservatori hanno sfruttato incessantemente. Uno degli obiettivi era incoraggiare gli Statunitensi a considerare l'oppressione israeliana dei Palestinesi come parte della lotta globale contro il terrorismo islamico.
E 'stato un grande successo. Negli anni che hanno preceduto l'11 settembre, la reputazione di Israele aveva toccato il fondo; erano piovute condanne da tutto il mondo per la sua politica di apartheid e colonizzazione, e per la sua guerra sistematica contro le strutture di comando palestinesi. Un numero crescente di voci statunitensi aveva messo in dubbio l’utilità di un rapporto speciale tra gli Stati Uniti e Israele. Dal giorno degli attacchi, tutto questo finì. Gli Statunitensi intendevano combattere fino alla morte i terroristi arabi, avrebbero smesso di chiedere a Israele una rappresaglia più ragionevole e proporzionata contro gli attentatori suicidi palestinesi e i razzi.
Per contro, i discorsi del presidente (scritti dal neocon David Frum) definivano gli attacchi dell'11 settembre come l'innesco di una guerra mondiale di nuovo tipo, combattuta contro un nemico invisibile sparso in tutto il Medio Oriente. Primo, la vendetta deve colpire non solo bin Laden, ma anche lo Stato che lo ospita: “Non faremo distinzioni tra coloro che hanno commesso questi atti e coloro che li ospitano” (11 settembre). In secondo luogo, la guerra si estende a tutto il mondo: “La nostra guerra al terrore inizia con Al Qaeda, ma non finisce qui. Non finirà finché ogni gruppo terroristico di portata mondiale non sarà stato trovato, fermato e sconfitto” (20 settembre). Terzo, qualsiasi paese che non supporterà Washington sarà trattato come un nemico: “O sei con noi, o sei con i terroristi” (20 settembre).
In un articolo sul Wall Street Journal datato 20 novembre 2001, il neoconservatore Eliot Cohen definì la guerra contro il terrorismo "IV Guerra Mondiale", espressione poi ripresa da altri sionisti statunitensi (la strana scelta del nome WW IV piuttosto che WW III deriva, sospetto, dalla visione del mondo etnocentrica, secondo cui ogni guerra mondiale è un passo verso la costruzione della Grande Israele; siccome un passo importante è stato compiuto nel 1967, la Guerra Fredda conta come WW3). Nel settembre 2004, in una conferenza a Washington intitolata "La quarta guerra mondiale: perché combattiamo, chi combattiamo, come combattiamo", Cohen disse: "Il nemico in questa guerra non è il 'terrorismo' […] ma l'Islam militante". Come la Guerra Fredda, l'imminente guerra mondiale, secondo la visione di Cohen, ha radici ideologiche, avrà implicazioni globali e durerà a lungo, coinvolgendo tutta una serie di conflitti. Commentary, febbraio 2002), seguito da un secondo articolo in "World War IV: How It Started, What It Means, and Why We Have to Win" (settembre 2004), e infine un libro intitolato World War IV: The Long Struggle Against Islamofascism (2007).[11]
Il complotto deviato e l'opposizione manovrata
Nel caso dell'11 settembre, come nel caso di Kennedy, c’ una opposizione manovrata che opera su molti livelli, e molti studiosi onesti ora si rendono conto che lo stesso movimento per la verità sull'11 settembre è in parte controllato da individui e gruppi che mirano segretamente ad allontanare i sospetti da Israele. Questo è certamente il caso dei tre giovani ebrei (Avery, Rowe e Bermas) che hanno diretto il film Loose Change (2005), il film sulla cospirazione sull'11 settembre più visto dalla sua prima versione nel 2005. I tre autori hanno motivato la loro tesi facendo un confronto tra l’11 settembre e il progetto di attacco sotto falsa bandiera mai realizzato, noto come Operazione Northwoods (rivelato al pubblico nel maggio 2001 dal libro di James Bamford “Body of Secrets”, scritto con il supporto dell'ex direttore della NSA Michael Hayden, che ora lavora per Michael Chertoff). I tre autori si sono ben guardati però dal menzionare l'attacco alla USS Liberty, un attacco sotto falsa bandiera ben documentato da parte di Israele contro il suo alleato USA. Non hanno lasciato trapelare nemmeno una parola sulla lealtà dei neocon nei confronti di Israele, e hanno bollato di antisemitismo chiunque abbia citato il ruolo israeliano nell'11 settembre. Lo stesso si può dire del più recente film di Bermas Invisible Empire (2010), prodotto anche da Alex Jones: una raccolta di cliché antimperialisti incentrati sui Bush e sui Rockefeller, senza un solo accenno al ruolo svolto da altri.
E 'interessante notare che la sceneggiatura 9/11 utilizzata da Loose Change era in realtà già stata scritta da Hollywood: il 4 marzo 2001, Fox TV mise in onda il primo episodio della serie The Lone Gunmen, guardato da 13 milioni di Statunitensi. La trama parla di hacker informatici che lavorano per una cabala segreta all'interno del governo degli Stati Uniti, e che dirottano un jet a mezzo di un telecomando, con l’intenzione di schiantarlo contro una delle Torri Gemelle, facendo sembrare che sia stato dirottato da terroristi islamici. All’ultimo momento, però, i piloti riescono a riprendere il controllo dell'aereo. Lo scopo dell'operazione fallita era quello di scatenare una guerra mondiale con il pretesto di combattere il terrorismo. I veri sostenitori della scuola "inside job" immaginano che questo episodio debba essere stato scritto da qualche informatore all'interno della Fox. Improbabile!
C'è, ovviamente, del vero nella teoria del "lavoro interno", come ho detto all'inizio. Israele (in senso lato) non sarebbe in grado di portare a termine un'operazione del genere e farla franca, senza complicità al più alto livello del governo degli Stati Uniti. Come funziona? Più o meno come per l'assassinio di Kennedy, se si considera che il paese era allora governato dal suo vicepresidente Dick Cheney, il presidente essendo un semplice manichino (vedi Lou Dubose e Jake Bernstein, “Vice: Dick Cheney and the Hijacking of the American Presidency”, Random House, 2006). Nel mio libro JFK-9/11, ho proposto un’ipotesi plausibile, secondo cui Israele si sarebbe in realtà ingerita in un più modesto attacco sotto falsa bandiera al Pentagono, organizzato dal Deep State allo scopo limitato di giustificare l’intervento contro i Talebani in Afghanistan, un obiettivo pienamente supportato da certi "Grandi manovratori” come Zbigniew Brzezinski, ma che non bastava ai neocon.
Quello che i neocon volevano era una nuova guerra contro l'Iraq, e poi una conflagrazione generale in Medio Oriente che avrebbe portato allo sgretolamento di tutti i nemici di Israele, con Siria e Iran in cima alla lista. Quindi hanno rilanciato e attribuito all'operazione l’ampiezza che essi volevano, con l'aiuto del loro super- sayan di New York Silvertein. George W. Bush, Colin Powell, Condoleezza Rice e altri goy che erano stati tenuti fuori dal giro, trovandosi coinvolti in macchinazioni geopolitiche di portata globale, hanno solo tentato di salvare la faccia. Il 19 e 20 settembre, il Defense Policy Board di Richard Perle si è riunito con Paul Wolfowitz e Bernard Lewis (inventore della profezia che si autoavvera dello “scontro di civiltà”) ma in assenza di Powell e Rice. Ha preparato una lettera a Bush, scritta su carta intestata del PNAC, per ricordargli la sua storica missione: “Anche se le prove non collegano direttamente l'Iraq all'attacco, qualsiasi strategia che miri allo sradicamento del terrorismo e dei suoi sponsor deve includere uno sforzo determinato per rimuovere Saddam Hussein dal potere in Iraq.[12] Questo era un ultimatum. Bush era certamente consapevole dell'influenza che i neocon avevano acquisito sui principali media cartacei e televisivi. Fu obbligato, sotto pena di finire nel proverbiale bidone della spazzatura della storia, ad approvare l'invasione dell'Iraq che suo padre aveva negato ai sionisti dieci anni prima.
Quanto a Brzezinski e ad altri veri imperialisti statunitensi, il loro sostegno all'invasione dell'Afghanistan rese inefficaci le loro timide proteste contro la guerra in Iraq. Era un po' tardi nel febbraio 2007, quando Brzezinski denunciò davanti al Senato "una calamità storica, strategica e morale […] guidata da impulsi manichei e arroganza imperiale". Nel 2012 ha dichiarato, a proposito del rischio di conflagrazione con l'Iran, che Obama avrebbe dovuto smettere di seguire Israele come uno “stupido mulo”. Ben presto scomparve dal circuito dei media mainstream, come un utile idiota non più utile.
La "mezza verità" della teoria esclusivamente "inside job", che considera l'11 settembre come un'operazione sotto falsa bandiera perpetrata dagli USA contro i propri cittadini, funziona come una falsa bandiera secondaria che nasconde i veri organizzatori dell'operazione, che sono infatti agenti al servizio di una nazione straniera. Uno degli obiettivi di questa opposizione manipolata è di costringere i funzionari statunitensi a insistere sulla pista bin Laden, per non correre il rischio che l’eliminazione della falsa bandiera islamica faccia venir fuori solo quella degli Stati Uniti, e non quella israeliana. Non avendo il controllo dei media, non riuscirebbero a strappare anche questa seconda falsa bandiera e denunciare le responsabilità di Israele. Qualsiasi tentativo di arrivare alla verità si rivelerebbe quindi un suicidio politico. Tutti capiscono qual è la posta in gioco: se un giorno, sotto la crescente pressione dell'opinione pubblica o per qualche altra ragione strategica, i media mainstream abbandonassero la storia ufficiale di bin Laden, lo slogan ben collaudato "l'11 settembre è stato un lavoro interno" avrà preparato gli Statunitensi a prendersela con il proprio governo, lasciando i sionisti intoccati (il metodo di Machiavelli: fai realizzare ad un altro i tuoi sporchi fini e poi indirizza la rivolta popolare contro di lui). E Dio sa cosa accadrà, se il governo non sarà ancora riuscito a disarmare i suoi cittadini attraverso operazioni psicologiche tipo Sandy Hook. I funzionari del governo non hanno altra scelta che attenersi alla storia di Al-Qaeda, almeno per i prossimi cinquant'anni.
Dopo aver raggiunto questa conclusione in JFK-9/11, ho avuto la soddisfazione di trovare che Victor Thorn, in un libro che mi era sfuggito (Made in Israel: 9-11 and the Jewish Plot Against America, Sisyphus Press, 2011), aveva già espresso la stessa tesi in termini più duri: “In sostanza, il 'movimento per la verità sull'11 settembre' è stato creato prima dell'11 settembre 2001, come uno strumento per sopprimere le notizie relative alla complicità israeliana. Nel 2002-2003, i "truthers" iniziarono ad apparire alle manifestazioni con cartelli che dicevano "L'11 settembre è stato un lavoro interno". Inizialmente, questi segnali hanno fornito speranze a coloro che non credevano alle assurde verità ufficiali. Ma poi si è capita la verità: lo slogan "l'11 settembre è stato un lavoro interno" è stato probabilmente il più grande esempio di propaganda israeliana mai concepito. […] Il mantra "l'11 settembre è stato un lavoro interno" è vero solo in parte ed è intrinsecamente dannoso per il "movimento per la verità", perché distoglie l'attenzione dall'attacco traditore di Israele contro gli USA. […] I leader di questi falsi gruppi sull'11 settembre conoscono la verità sulla barbarie israeliana dell'11 settembre. La loro volontà di insabbiare la verità li rende alla fine colpevoli e vili come coloro che hanno lanciato gli attacchi. Non ci sono diversi gradi di responsabilità in questo affare. È una questione in bianco e nero. Dite tutta la verità sulla cabala di Israel's Murder, Inc., o dormite nello stesso letto infetto in cui giacciono questi cani assassini. […] I finti cospiratori si lamentano del fatto che il governo e le fonti ufficiali non dicono la verità, eppure hanno eretto un totale blackout sui dati riguardanti Israele e l'11 settembre”.
I 2,3 trilioni di dollari mancanti
Alcuni lettori si lamenteranno che sto facendo apparire troppo semplice un'operazione molto complessa. Mi dichiaro colpevole: qui ho semplicemente cercato di delineare il caso nel breve ambito di un articolo. Ma sono pienamente consapevole che la creazione della Grande Israele attraverso una guerra mondiale combattuta dagli Stati Uniti potrebbe non essere stata l'unica considerazione nella preparazione dell'11 settembre. Molti interessi privati dovevano essere coinvolti. Eppure credo che nessuno di loro abbia interferito con il piano di Israele, e la maggior parte di essi lo ha sostenuto.
C'è, per esempio, l'oro mancante nel seminterrato WTC: sono stati recuperati solo $ 200 milioni a fronte di $ 1 miliardo registrato: chi ha preso il resto? Ma questo è nulla in confronto ai $ 2.3 trilioni di che mancavano nelle casse del Dipartimento della Difesa per l'anno 2000, in aggiunta ai $ 1.1 trilioni mancanti nei conti del 1999, secondo quanto si è appreso in una dichiarazione televisiva del 10 settembre 2001, il giorno prima degli attentati, di Donald Rumsfeld. Solo per fare un confronto, questo è più di mille volte le colossali perdite di Enron, che quello stesso anno innescarono una catena di fallimenti. Tutto questo denaro è evaporato nel nulla sotto la sorveglianza di William Cohen, Segretario alla Difesa, durante il secondo mandato di Bill Clinton. Nel 2001, l'uomo incaricato di aiutare a rintracciare i trilioni dispersi era il sottosegretario alla Difesa (controllore) Dov Zakheim, membro del PNAC e rabbino ordinato. In pratica, il mistero doveva essere risolto dagli analisti finanziari di Resource Services Washington (RSW). Sfortunatamente, i loro uffici sono stati distrutti da "al-Qaeda" la mattina seguente. I "dirottatori" o il volo AA77, invece di colpire il centro di comando sul lato orientale del Pentagono, hanno scelto di tentare una spirale discendente teoricamente impossibile a 180 gradi per colpire il lato ovest dell'edificio, proprio in corrispondenza della sede degli uffici contabili. I 34 esperti di RSW sono morti nei loro uffici, insieme ad altri 12 analisti finanziari, come si legge nella biografia del team leader Robert Russell per il National 9/11 Pentagon Memorial: “Nel fine settimana prima della sua morte, tutto il suo ufficio ha partecipato a una festa a base di granchi in casa Russell. Festeggiavano il completamento del bilancio relativo all'anno fiscale. Tragicamente, tutti coloro che hanno partecipato a quella festa sono stati coinvolti nell'esplosione del Pentagono e risultano attualmente dispersi”.
Per un'incredibile coincidenza, è stato riferito che uno degli esperti finanziari che cercavano di dare un senso alla perdita finanziaria del Pentagono, Bryan Jack, è morto nel luogo preciso dove si trovava il suo ufficio, non perché quel giorno stesse lavorando lì, ma perché era in un viaggio di lavoro sul volo AA77. Nelle parole del database del Washington Post: “Bryan C. Jack è stato responsabile della riduzione del budget della difesa USA. Era un passeggero del volo 77 dell'American Airlines, diretto per affari ufficiali in California, quando il suo aereo ha colpito il Pentagono, dove, in qualsiasi altro giorno, Jack sarebbe stato al lavoro al suo computer”.
Yahweh è davvero dispettoso!
Note a piè di pagina
[1] Philippe Broussard, “En dépit des déclarations américaines, les indici menant à Ben Laden restent minces”, Le Monde, 25 settembre 2001.
[2] Gilad Atzmon, Being in Time: a Post-Political Manifesto, Interlink Publishing, 2017 , p. 142.
[3] David Ray Griffin, 9/11 Contradictions, Arris Books, 2008, pp. 170-182; Webster Griffin Tarpley, 9/11 Synthetic Terror Made in USA, Progressive Press, 2008, pp. 321-324.
[4] Christopher Bollyn, Solving 9-11: The Deception That Changed the World, C. Bollyn, 2012, pp. 278–280.
[5] E' qui citato dal lìbro di Bollyn e da Justin Raimondo, The Terror Enigma: 9/11 and the Israeli Connection, iUniverse, 2003.
[6] Christopher Bollyn, Solving 9-11: The Deception That Changed the World, C. Bollyn, 2012, p. 159.
[7] Justin Raimondo, The Terror Enigma: 9/11 and the Israeli Connection, iUniverse, 2003, p. 3.
[8] Christopher Bollyn, Solving 9-11: The Deception that Changed the World, 2012, pp. 278-280.
[9] Citato da Andrew Cockburn, che afferma di aver sentito l’aneddoto da “amici di famiglia”, in Rumsfeld: His Rise, His fall, and Catastrophic Legacy, Scribner, 2011, p. 219.
[10] Michael Evans ha raccontato di questa profezia in una intervista rilasciata a Deborath Calwell e ne suo libro The American Prophecies, Terrorism and Mid-East Conflict Reveal a Nation’s Destiny), citato in Christopher Bollyn, Solving 9-11: The Deception That Changed the World, C. Bollyn, 2012, p. 71.
[11] Stephen Sniegoski, The Transparent Cabal: The Neoconservative Agenda, War in the Middle East, and the National Interest of Israel, Enigma Edition, 2008, p. 193.
[12] Stephen Sniegoski, The Transparent Cabal: The Neoconservative Agenda, War in the Middle East, and the National Interest of Israel, Enigma Edition, 2008, p. 144.
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