Pravda statunitense: alla ricerca della verità sull'11 settembre vent'anni dopo
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Le schede di ossin, 25 settembre 2021 - Trovo difficile pensare a un paese al mondo che abbia tratto evidenti vantaggi dagli attacchi dell'11 settembre e dalla reazione militare USA, con una sola, solitaria eccezione: lo Stato di Israele...
Unz Review, 7 settembre 2021 (trad.ossin)
Pravda statunitense: alla ricerca della verità sull'11 settembre vent'anni dopo
Ron Unz
Il ventesimo anniversario dell'11 settembre è ormai alle porte e, sebbene la sua attualità sia stata in qualche modo ridimensionata alla luce di quanto è accaduto negli ultimi diciotto mesi, dobbiamo comunque riconoscere che ha radicalmente plasmato la storia mondiale degli ultimi due decenni, cambiando notevolmente la vita quotidiana e le libertà della maggior parte dei comuni cittadini statunitensi
I diffusi dubbi sulla veridicità della versione ufficiale fornita dal nostro governo, e promossa quasi universalmente dai nostri media, hanno gravemente sminuito la fiducia popolare nella credibilità di queste due cruciali istituzioni, con conseguenze evidenti anche sui temi più recenti.
Nel corso degli anni, ricercatori diligenti e giornalisti coraggiosi hanno in gran parte demolito la narrativa originale di quegli eventi, e hanno dimostrato con forza, forse persino schiacciante, che il Mossad israeliano, e i suoi collaboratori statunitensi, vi hanno svolto un ruolo centrale. La mia personale ricostruzione degli eventi, basata sostanzialmente proprio su queste prove raccolte nel corso degli anni, è giunta a medesime conclusioni, e quindi la ripubblico qui di seguito, traendola dai miei precedenti articoli apparsi tra la fine del 2018 e l'inizio del 2020, con il materiale successivo che trova larga ispirazione nella storia del Mossad del 2018 di Ronan Bergman, un volume di oltre 750 pagine.
Subito dopo la mia analisi c'è un link ad un articolo particolarmente degno di nota dello scrittore francese Laurent Guyénot, che avevamo originariamente pubblicato contemporaneamente al mio, seguito poi da più di una dozzina di altri articoli significativi del decennio precedente, tutti pubblicati o ripubblicato su questo sito. Nei prossimi giorni, potremmo ripubblicare alcuni di questi, in una sorta di commemorazione del ventennale.
Gli attacchi dell'11 settembre: cosa è successo?
Sebbene in qualche modo correlati, gli omicidi politici e gli attacchi terroristici sono argomenti distinti, e l'ampio volume di Bergman si concentra esplicitamente sui primi. Non possiamo dunque obiettare nulla al fatto che abbia trattato solo in termini generici il tema degli attacchi terroristici. Ma lo schema storicamente ricostruito dell'attività israeliana, in particolare per quanto riguarda gli attacchi sotto falsa bandiera, è davvero notevole, come ho notato in un articolo del 2018:
Uno dei più grandi attacchi terroristici della storia prima dell'11 settembre fu l'attentato del 1946 al King David Hotel di Gerusalemme da parte di militanti sionisti travestiti da arabi, che provocò la morte di 91 persone e distrusse gran parte della struttura. Nel famoso affaire Lavon del 1954, agenti israeliani lanciarono un'ondata di attacchi terroristici contro obiettivi occidentali in Egitto, con l'intenzione di attribuirne la responsabilità a gruppi arabi anti-occidentali. Si è credibilmente affermato anche che, nel 1950, agenti del Mossad israeliano abbiano realizzato una serie di attentati terroristici sotto falsa bandiera contro obiettivi ebraici a Baghdad, usando con successo tali metodi violenti, per contribuire a persuadere la millenaria comunità ebraica irachena ad emigrare nello Stato ebraico. Nel 1967, Israele lanciò un deliberato attacco aereo e marittimo contro lo USS Liberty, con l'intenzione di non lasciare sopravvissuti, uccidendo o ferendo oltre 200 militari statunitensi, fino a quando la notizia dell'attacco raggiunse la nostra sesta flotta, e gli Israeliani si ritirarono.
L'enorme estensione dell'influenza che riesce ad avere la lobby filo-israeliana nei circoli politici e mediatici mondiali ha fatto sì che nessuno di questi brutali attacchi abbia mai provocato serie ritorsioni e, in quasi tutti i casi, essi sono stati rapidamente sepolti nel vuoto della memoria, così che oggi, probabilmente, non più di uno su cento Statunitensi ne è informato. Inoltre, la maggior parte di queste operazioni è venuta alla luce solo per circostanze casuali, quindi possiamo facilmente sospettare che molti altri attacchi di natura simile vi siano stati, ma non siano mai stati registrati come tali nella documentazione storica.
Di tutti questi incidenti, Bergman fa menzione solo dell'attentato al King David Hotel. Ma, molto più avanti nella sua narrazione, descrive l'enorme ondata di attacchi terroristici sotto falsa bandiera scatenati nel 1981 dal ministro della Difesa israeliano Ariel Sharon, che reclutò un ex alto funzionario del Mossad per gestire il progetto.
Sotto la direzione israeliana, grandi autobombe hanno iniziato a esplodere nei quartieri palestinesi di Beirut e in altre città libanesi, uccidendo o ferendo un numero enorme di civili. Un singolo attacco in ottobre provocò quasi 400 vittime e, a dicembre, si sono registrati diciotto attentati in un solo mese, di efficacia notevolmente potenziata dall'uso della nuova tecnologia israeliana dei droni. La responsabilità ufficiale di tutti gli attacchi venne rivendicata da un'organizzazione libanese precedentemente sconosciuta, ma l'intento era quello di provocare l'OLP e spingerla ad una rappresaglia militare contro Israele, che avrebbe poi giustificato l’invasione del Libano, in realtà già pianificata da Sharon.
Ma l'OLP non cadde nel tranello, e allora vennero elaborati piani per bombardare un intero stadio sportivo a Beirut, usando tonnellate di esplosivo durante una cerimonia politica prevista per il 1° gennaio. L’attacco avrebbe dovuto provocare morte e distruzione "di proporzioni senza precedenti, perfino per il Libano”. Ma i nemici politici di Sharon appresero del complotto e fecero presente che in quello stadio vi sarebbero stati anche molti diplomatici stranieri, incluso l'ambasciatore sovietico, ed essi sarebbero rimasti probabilmente uccisi. Quindi, dopo un’aspra discussione, il primo ministro Begin vietò l'attacco. Un futuro capo del Mossad ha raccontato di tutti i problemi che dovettero affrontare per rimuovere la grande quantità di esplosivi che avevano già piazzato all'interno della struttura.
Penso che questa storia ben documentata dei principali attacchi terroristici sotto falsa bandiera israeliani, compresi quelli contro obiettivi statunitensi e occidentali, dovrebbe essere tenuta bene a mente quando si esaminino gli attacchi dell'11 settembre, le cui conseguenze hanno trasformato radicalmente la nostra società e ci sono costate tanti trilioni di dollari. Ho analizzato a lungo le strane circostanze degli attacchi e la loro probabile natura nel mio articolo del 2018 :
Abbastanza stranamente, per molti anni dopo l'11 settembre, ho prestato pochissima attenzione ai dettagli degli attacchi. Ero totalmente preso dal progetto di realizzazione di un mio sistema di archiviazione dei contenuti, e il poco tempo che potevo dedicare alle questioni politiche era totalmente riservato al disastro della guerra in Iraq ed al timore che Bush potesse in qualsiasi momento estendere improvvisamente il conflitto all'Iran. Nonostante le bugie neoconservatrici, cui facevano spudoratamente eco i nostri media corrotti, sapevo che né l'Iraq né l'Iran avevano avuto nulla a che fare con gli attacchi dell'11 settembre. Prestai comunque sempre meno attenzione ai fatti dell’11 settembre, e sospetto che lo stesso sia accaduto alla maggior parte degli altri statunitensi. Al Qaeda era in gran parte scomparsa e Bin Laden pareva si fosse nascosto in una grotta da qualche parte. Nonostante gli infiniti "allarmi" lanciati periodicamente dalla Sicurezza Nazionale, non si era verificato nessun altro episodio di terrorismo islamico sul suolo statunitense, e nemmeno altrove, a parte il carnaio iracheno. Quindi i dettagli precisi dell’attentato dell'11 settembre erano diventati, ai miei occhi, quasi irrilevanti.
Altri conoscenti mi sembravano reagire allo stesso modo. Praticamente tutte le conversazioni che avevo con il mio vecchio amico Bill Odom, il generale a tre stelle che aveva diretto la NSA per Ronald Reagan, riguardavano la guerra in Iraq e il rischio che potesse estendersi all’Iran, o la rabbia amara che egli nutriva nei confronti della perversione di Bush che aveva trasformato la sua amata NSA in uno strumento extra-costituzionale di spionaggio interno. Quando il New York Times rivelò quanto fosse enormemente ampio lo spionaggio interno effettuato dalla NSA, il generale Odom dichiarò che il presidente Bush avrebbe dovuto essere messo sotto accusa e il direttore della NSA, Michael Hayden, deferito alla corte marziale. Ma in tutti gli anni precedenti alla sua prematura scomparsa nel 2008, non ricordo nemmeno una volta che abbiamo discusso degli attacchi dell'11 settembre.
Devo ammettere che, di tanto in tanto, sentivo parlare qua e là di alcune notevoli stranezze riguardanti gli attacchi dell'11 settembre, e certamente esse mi avevano fatto sorgere qualche sospetto. Quasi tutti i giorni leggevo la prima pagina di Antiwar.com, e sapevo che alcuni agenti del Mossad israeliano erano stati fermati mentre filmavano gli attacchi aerei a New York, e che un’operazione israeliana di spionaggio molto più importante, quella degli "studenti d'arte", era stata bloccata più o meno nello stesso periodo. Mi sembra che FoxNews abbia persino trasmesso un reportage in più puntate su questo, ma esso venne poi censurato per intervento dell’ebraica Anti Defamation League (ADL).
Sebbene non fossi del tutto sicuro della credibilità di quelle affermazioni, mi sembrava plausibile che il Mossad avesse saputo degli attacchi in anticipo e non li avesse denunciati, permettendo che fossero eseguiti per lucrare gli enormi benefici che poteva trarre dalla reazione anti-araba che ne sarebbe seguita. Ricordo anche vagamente che il direttore editoriale di Antiwar.com, Justin Raimondo, aveva pubblicato The Terror Enigma, un breve libro su alcuni di quegli strani fatti, con il provocatorio sottotitolo "11 settembre e la connessione israeliana", ma non ho mai pensato di leggerlo. Nel 2007, anche Counterpunch pubblicò un'affascinante storia sull'arresto di quel gruppo di agenti israeliani del Mossad a New York, che erano stati sorpresi a filmare e a festeggiare gli attacchi aerei in quel fatidico giorno, e il coinvolgimento del Mossad cominciava a sembrarmi assai maggiore di quanto avessi pensato in precedenza. Ma tutti questi dettagli convivevano un po’ confusamente nella mia mente, accanto alle mie principali preoccupazioni sulle guerre in Iraq e Iran.
Alla fine del 2008, però, alcune cose cominciarono a cambiare. Bush stava terminando il mandato senza aver iniziato una guerra contro l’Iran, e gli USA avevano schivato, per fortuna, il proiettile di un'amministrazione John McCain ancora più pericolosa. Pensavo che Barack Obama sarebbe stato un presidente terribile e si è rivelato peggiore delle mie aspettative, ma ho comunque tirato un enorme sospiro di sollievo ogni giorno che ha passato alla Casa Bianca.
Inoltre, più o meno nello stesso periodo, mi ero imbattuto in un dettaglio sorprendente degli attacchi dell'11 settembre che dimostrava la notevole profondità della mia ignoranza. In un articolo di Counterpunch avevo scoperto che, subito dopo gli attacchi, la presunta mente terrorista Osama bin Laden aveva pubblicamente negato qualsiasi coinvolgimento, dichiarando addirittura che nessun buon musulmano avrebbe commesso tali atti.
Quando ho verificato questa notizia ed è risultata vera, sono rimasto sbalordito. L'11 settembre non è stata solo l'azione terroristica di maggior successo nella storia del mondo, ma potrebbe essere stata la più grande di tutte le precedenti operazioni terroristiche della storia messe insieme. Lo scopo del terrorismo è quello di consentire a una piccola organizzazione di mostrare al mondo che può infliggere gravi perdite a uno Stato potente, e non avevo mai sentito prima di un leader terrorista che negasse il suo ruolo in un'operazione di successo, figuriamoci poi per quella che è stata l’azione più grande della storia. C’era qualcosa che non quadrava per niente nella narrativa dei media, che fino a quel momento avevo accettato. Ho cominciato a chiedermi se fossi stato ingannato, proprio come lo erano state quelle decine di milioni di Statunitensi che nel 2003 e nel 2004 avevano ingenuamente creduto che Saddam fosse la mente degli attacchi dell'11 settembre. Viviamo in un mondo di illusioni generate dai nostri media, e all'improvviso ho notato come uno strappo nelle montagne di cartapesta che fanno da sfondo ad un teatro di posa di Hollywood. Se Osama non era probabilmente l'autore dell'11 settembre, quali altre enormi falsità avevo fino a quel momento ciecamente accettato?
Un paio di anni dopo, mi sono imbattuto in un articolo molto interessante di Eric Margolis, un importante giornalista canadese di politica estera, epurato dai media radiotelevisivi per la sua forte opposizione alla guerra in Iraq. Teneva da tempo una rubrica settimanale sul Toronto Sun e, quando il contratto fu al termine, dedicò il suo ultimo articolo ai suoi fortissimi dubbi sulla storia ufficiale dell'11 settembre, sottolineando anche che l'ex direttore della Intelligence pakistana insisteva sul fatto che dietro gli attacchi ci fosse Israele.
Ho poi scoperto che, nel 2003, l'ex ministro del governo tedesco Andreas von Bülow aveva pubblicato un best-seller che suggeriva fortemente che dietro gli attacchi ci fosse la CIA piuttosto che Bin Laden, mentre nel 2007 l'ex presidente italiano Francesco Cossiga aveva similmente sostenuto che responsabili fossero la CIA e il Mossad israeliano, aggiungendo che tale circostanza era ben nota alle agenzie di intelligence occidentali.
Nel corso degli anni, tutte queste affermazioni discordanti avevano gradualmente accresciuto i miei sospetti sulla storia ufficiale dell'11 settembre, ma è stato solo di recente che ho finalmente trovato il tempo per iniziare ad indagare seriamente sull'argomento, ed a leggere otto o dieci dei principali libri che trattano la questione, principalmente quelli del Prof. David Ray Griffin, il più autorevole nel campo. E i suoi libri, insieme agli scritti dei suoi numerosi colleghi e seguaci, mi hanno rivelato ogni sorta di dettagli molto significativi, la maggior parte dei quali in precedenza ignoravo. Sono stato anche molto impressionato dal numero di persone apparentemente rispettabili che avevano aderito al movimento per la verità sull'11 settembre nel corso degli anni.
Quando affermazioni assolutamente sorprendenti di natura estremamente controversa vengono fatte in un ampio arco di tempo da numerosi accademici e da altri esperti che hanno fama di persone rispettabili, e vengono completamente ignorate o soppresse, ma mai efficacemente confutate, è doveroso trarre delle logiche conseguenze. Sulla base delle mie letture molto recenti, il numero totale di falle enormi presenti nella versione ufficiale dell'11 settembre si è oramai accresciuto enormemente. La maggior parte degli argomenti critici è del tutto ragionevole e, se anche solo due o tre di essi sono fondati, ne consegue l’integrale falsità di tutta la narrativa ufficiale a cui molti di noi hanno creduto per così tanto tempo.
Ora, io sono solo un dilettante nel difficile mestiere di intelligence di estrarre pepite di verità da una montagna di falsità fabbricate. E, sebbene le argomentazioni del Movimento per la verità sull'11 settembre mi sembrino abbastanza persuasive, mi sarei ovviamente sentito molto più a mio agio se fossero state confermate da un professionista esperto, come un importante analista della CIA. Alcuni anni fa, sono rimasto scioccato nello scoprire che era davvero così.
William Christison ha trascorso 29 anni alla CIA, diventando una delle sue figure di spicco come direttore dell’Ufficio di analisi politica e regionale, con 200 analisti di ricerca alle sue dipendenze. Nell'agosto 2006, ha pubblicato un notevole articolo di 2.700 parole che spiegava perché non credeva più alla storia ufficiale dell'11 settembre ed era sicuro che il Rapporto della Commissione governativa costituisse un insabbiamento. L'anno successivo, ha fornito una forte approvazione a uno dei libri di Griffin, scrivendo che "[Ci sono] consistenti prove che la versione ufficiale del governo degli Stati Uniti sui fatti dell'11 settembre 2001 sia quasi certamente una mostruosa serie di bugie". E, all'estremo scetticismo di Christison sull'11 settembre, hanno fatto poi eco... molti altri stimati ex professionisti dell'intelligence statunitense.
Potremmo aspettarci che, se un ex ufficiale dell'intelligence della CIA del rango di Christison definisca il rapporto ufficiale sull'11 settembre come una frode e un insabbiamento, una storia del genere occuperebbe le prime pagine di tutti i giornali. Invece la notizia non è mai stata riportata da nessuno dei nostri media mainstream, e io stesso ne sono venuto a conoscenza solo un decennio dopo.
Anche i nostri sedicenti media "alternativi" hanno mantenuto analogo silenzio. Nel corso degli anni 2000, Christison e sua moglie Kathleen, anche lei ex analista della CIA, hanno collaborato regolarmente a Counterpunch, pubblicando molte dozzine di articoli e qualificandosi certamente tra i collaboratori più accreditati su questioni di intelligence e sicurezza nazionale. Ma l'editore Alexander Cockburn si è rifiutato di pubblicare i loro dubbi sulla versione ufficiale dell'11 settembre, e quindi io non ho avuto la possibilità di venirne a conoscenza all’epoca. In effetti, quando un paio d’anni fa mi è capitato di menzionare le opinioni di Christison sull'attuale Counterpunch edito da Jeffrey St. Clair, questi'ultimo è rimasto sbalordito nello scoprire che l'amico che aveva tenuto in grande considerazione era in realtà diventato un "teorico dei complotto a proposito dell'11 settembre". Quando i media fungono da guardiani ideologici, una condizione di ignoranza diffusa diventa inevitabile.
Di fronte a così tanti buchi neri nella versione ufficiale degli eventi di diciassette anni fa, ognuno può scegliere di occuparsi di quelli che gli sembrano più persuasivi, e io ne ho diversi. Il professore di chimica danese Niels Harrit è stato uno degli scienziati che ha analizzato i detriti degli edifici distrutti e ha rilevato la presenza residua di nano-termite, un composto esplosivo di tipo militare, e mi è sembrato piuttosto affidabile durante la sua intervista di un'ora su Red Ice Radio. L'idea che il passaporto intatto di un dirottatore sia stato trovato in una strada di New York dopo la distruzione e l’incendio dei grattacieli è totalmente assurda, così come l'affermazione che il principale dirottatore abbia convenientemente perso il suo bagaglio in uno degli aeroporti, con all’interno una gran mole di informazioni incriminanti. Le testimonianze delle decine di vigili del fuoco che hanno sentito le esplosioni poco prima del crollo degli edifici sembrano contraddire del tutto la versione ufficiale. Anche l'improvviso crollo totale dell'Edificio Sette, mai colpito da nessun aereo di linea, è assolutamente inverosimile.
Gli attacchi dell'11 settembre: chi è stato?
Supponiamo ora che le prove siano effettivamente schiaccianti e accettiamo l’idea espressa da ex analisti di alto livello dell'intelligence della CIA e da illustri accademici e professionisti esperti, che gli attacchi dell'11 settembre non siano stati come ci ha raccontato la versione ufficiale. Riconosciamo che è estremamente implausibile che tre enormi grattacieli di New York siano crollati improvvisamente a velocità di caduta libera su loro stessi, quando solo due erano stati colpiti da aerei, e anche che è assai improbabile che un grande aereo di linea civile abbia colpito il Pentagono, senza lasciare alcun relitto. Cosa è successo realmente e, cosa più importante, chi ne è il responsabile?
Alla prima domanda è ovviamente impossibile rispondere senza un'indagine ufficiale onesta e approfondita. Fino a quando ciò non accadrà, non ci deve sorprendere che numerose ipotesi, in qualche modo contrastanti, siano avanzate e dibattute all'interno della comunità che si batte per la Verità sull'11 settembre. Ma la seconda domanda è probabilmente la più importante e rilevante, e penso che sia stata un punto dolente per tutti i critici della versione ufficiale.
Per lo più, come nei numerosi libri di Griffin, si è del tutto evitato il problema, concentrandosi esclusivamente sulla critica della versione ufficiale. Questa è una posizione perfettamente accettabile, ma suscita ogni sorta di seri dubbi. Quale gruppo organizzato sarebbe stato sufficientemente potente e audace da sferrare un attacco di così vasta portata al centro dell'unica superpotenza mondiale? E come è riuscito ad ottenere un insabbiamento politico e mediatico così massicciamente efficace, con la complicità dello stesso governo degli Stati Uniti?
La minoranza della comunità che si batte per la verità sull’11 settembre che si pone una simile domanda sembra soprattutto espressa dagli attivisti di base piuttosto che dai prestigiosi esperti, e di solito parla di "inside job". La convinzione diffusa sembra essere che i massimi vertici politici dell'amministrazione Bush, tra cui probabilmente il vicepresidente Dick Cheney e il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, abbiano organizzato gli attacchi terroristici, forse addirittura all’insaputa del loro ignorante presidente George W. Bush. Si suppone che la finalità sia stata quella di giustificare gli attacchi militari contro vari paesi, sostenere gli interessi finanziari della potente industria petrolifera e del complesso militare-industriale e consentire la distruzione delle tradizionali libertà civili statunitensi.
Anche se non completamente in sintonia con le tesi sostenute dai militanti per la Verità sull’11 settembre, il successo di botteghino del regista di sinistra Michael Moore, Fahrenheit 9/11, sembra avere sollevato sospetti simili. Il documentario, realizzato in economia, ha guadagnato la sorprendente cifra di 220 milioni di dollari, suggerendo che i legami commerciali molto stretti tra la famiglia Bush, Cheney, le compagnie petrolifere e i Sauditi fossero responsabili della guerra in Iraq che è seguita agli attacchi terroristici, nonché delle limitazioni delle libertà civili, che era parte integrante dell'agenda repubblicana di destra.
Purtroppo, questa immagine apparentemente plausibile sembra non avere quasi alcun fondamento nella realtà. Mentre si andava preparando la guerra in Iraq, ho letto articoli del Times che contenevano interviste a numerosi importanti petrolieri del Texas, e tutti esprimevano totale perplessità sui motivi per cui gli USA stavano pianificando di attaccare Saddam, sostenendo che, evidentemente, il presidente Bush sapeva qualcosa che loro stessi ignoravano. I leader sauditi erano fermamente contrari a un attacco statunitense all'Iraq, e hanno fatto ogni sforzo per impedirlo. Prima di entrare nell'amministrazione Bush, Cheney era stato amministratore delegato di Halliburton, un gigante dei servizi petroliferi, e la sua azienda aveva esercitato forti pressioni per la revoca delle sanzioni economiche statunitensi contro l'Iraq. Il prof. James Petras, studioso di forti inclinazioni marxiste, ha pubblicato un eccellente libro nel 2008, intitolato “Sionismo, militarismo e declino del potere degli Stati Uniti”, nel quale ha dimostrato in modo conclusivo che erano stati gli interessi sionisti, piuttosto che quelli dell'industria petrolifera, a dominare l'amministrazione Bush sulla scia degli attacchi dell'11 settembre, ed a promuovere la guerra in Iraq.
Per quanto riguarda il film di Michael Moore, ricordo che all'epoca mi feci parecchie risate con un mio amico (ebreo). Trovavamo infatti ridicolo che un governo così permeato in modo schiacciante da neocon fanatici filo-israeliani fosse ritratto come al servizio dei Sauditi. Non solo la trama del film di Moore ha dimostrato il temibile potere della Hollywood ebraica, ma il suo enorme successo è una dimostrazione del fatto che la maggior parte del pubblico statunitense sembra non aver mai sentito parlare dei neocon.
I critici di Bush hanno giustamente ridicolizzato il presidente per la sua dichiarazione imbarazzata, che i terroristi dell'11 settembre avevano attaccato gli USA "per le loro libertà", e i “Complottisti” hanno ragionevolmente bollato come non plausibile le affermazioni secondo cui attacchi di enorme portata possano essere stati organizzati da un predicatore islamico che abitava in una caverna. Ma l’idea che siano stati guidati e organizzati dagli elementi di spicco dell'amministrazione Bush sembra ancora più assurda.
Cheney e Rumsfeld erano stati per decenni sostenitori dell'ala moderata pro-business del Partito Repubblicano, e sia l’uno che l’altro avevano già ricoperto ruoli governativi di vertice ed erano stati anche amministratori delegati di grandi società. L'idea che abbiano coronato la loro carriera entrando nell’amministrazione repubblicana all'inizio del 2001, e quasi immediatamente si siano dati ad organizzare un gigantesco attacco terroristico sotto falsa bandiera contro le torri più orgogliose della nostra città più grande e contro il quartier generale militare nazionale, provocando l’uccisione di migliaia di Statunitensi, è troppo ridicola perfino per una satira politica di sinistra.
Facciamo un passo indietro. In tutta la storia del mondo, non riesco a trovare un solo caso documentato in cui la massima leadership politica di un paese abbia lanciato un grande attacco sotto falsa bandiera contro i propri centri di potere e finanziari, ed abbia cercato di uccidere un gran numero della propria gente. Gli Stati Uniti del 2001 erano un paese pacifico e prospero, gestito da leader politici relativamente insipidi, impegnati sui tradizionali obiettivi repubblicani di tagliare le tasse ai ricchi e ridurre le normative ambientali. Troppi attivisti sembra abbiano attinto la loro visione del mondo dai cartoni animati di sinistra in cui i repubblicani sono tutti Dr. Evil diabolici, che cercano di uccidere gli Statunitensi per pura malvagità, e Alexander Cockburn aveva assolutamente ragione a ridicolizzarli, almeno su questo specifico aspetto.
Considerate anche solo gli aspetti pratici. La gigantesca ampiezza del complotto, postulato dal movimento per la Verità, avrebbe richiesto un'enorme pianificazione e presumibilmente il coinvolgimento di molte dozzine, o addirittura centinaia di agenti qualificati. Ordinare agli agenti della CIA, o alle unità militari speciali, di organizzare attacchi segreti contro obiettivi civili in Venezuela o Yemen è una cosa, ma un ordine di attaccare il Pentagono e il cuore di New York City comporterebbe enormi rischi.
Bush aveva perso il voto popolare nel novembre 2000 ed era arrivato alla Casa Bianca solo con l’aiuto di alcuni voti contestati in Florida e della controversa decisione di una Corte Suprema profondamente divisa. Di conseguenza, la maggior parte dei media statunitensi guardava alla sua nuova amministrazione con enorme ostilità. Se il primo atto di una tale squadra presidenziale appena insediata fosse stato ordinare alla CIA, o all'esercito, di preparare attacchi contro New York City e il Pentagono, sicuramente quegli ordini sarebbero stati considerati come emessi da un gruppo di pazzi, e sarebbero immediatamente trapelati su di una stampa nazionale ostile.
L'idea che l’11 settembre sia stato ordito dai principali leader statunitensi è più che ridicola, e quegli esponenti del movimento per la verità sull'11 settembre che affermano questo, senza un brandello di prova, hanno purtroppo contribuito in modo determinante a screditare l’intero movimento. In effetti, l’idea del "lavoro interno" è così palesemente assurda e controproducente, che si potrebbe persino sospettare che essa sia stata incoraggiata da coloro che cercano di screditare l'intero movimento per la verità sull'11 settembre.
L'attenzione su Cheney e Rumsfeld sembra particolarmente mal diretta. Sebbene non abbia personalmente mai incontrato né avuto alcun rapporto con nessuno di loro, sono stato piuttosto attivamente coinvolto nella politica di Washington durante gli anni '90 e posso dire con una certa sicurezza che, prima dell'11 settembre, nessuno di loro era considerato neocon. Erano piuttosto ritenuti esempi archetipici di repubblicani mainstream moderati di tipo imprenditoriale, che erano stati ai vertici dell'amministrazione Ford durante la metà degli anni '70.
Chi non è d’accordo con tale affermazione fa notare che essi hanno firmato la dichiarazione del 1997 del Project for the New American Century (PNAC), un importante manifesto di politica estera neocon lanciato da Bill Kristol, ma io considererei questa come una specie di falsa pista. Nei circoli di Washington DC, le persone sollecitano continuamente i loro amici a firmare varie dichiarazioni, che possono o meno essere indicative di qualcosa, e ricordo che Kristol cercò di convincere anche me a firmare la dichiarazione del PNAC. Ma io ero personalmente contrarissimo alle posizioni neocon, che consideravo una follia in politica estera, e dunque mi sottrassi cortesemente a tali sollecitazioni. Ma all'epoca avevo con lui un rapporto abbastanza amichevole, quindi se non avessi avuto in proposito delle opinioni forti, probabilmente avrei firmato.
Questo solleva una questione di più ampia portata. Nel 2000, i neocon avevano ottenuto il controllo quasi totale di tutti i principali media conservatori/repubblicani e delle ali di politica estera di quasi tutti i gruppi di pensiero della medesima area politica a Washington, eliminando con successo la maggior parte dei loro avversari tradizionali. Quindi, sebbene Cheney e Rumsfeld non fossero essi stessi Neocon, stavano nuotando in un mare Neocon, e la maggior parte delle informazioni che pervenivano loro proveniva da tali fonti, e tutti i loro assistenti, come "Scooter" Libby, Paul Wolfowitz e Douglas Feith, erano neocon. Rumsfeld era già un po' anziano mentre Cheney aveva subito diversi attacchi di cuore a partire dall'età di 37 anni, quindi era piuttosto facile orientarli verso determinate posizioni politiche.
In effetti, tutta l’operazione di demonizzazione di Cheney e Rumsfeld nei circoli anti-guerra in Iraq mi è sembrata alquanto sospetta. Mi sono sempre chiesto se i media liberal controllati da ebrei non avessero dirottato il rancore popolare verso quei due individui, per occultare in tal modo le colpe dei neocon ebrei, che erano indubbiamente gli ispiratori di quella guerra; e lo stesso potrebbe essere capitato col Movimento per la verità sull'11 settembre, che probabilmente temeva di esporsi ad accuse di antisemitismo. Quanto al primo punto, un importante editorialista israeliano è stato assai schietto nel 2003, suggerendo fortemente che 25 intellettuali neocon, quasi tutti ebrei, fossero stati i veri ispiratori della guerra. In circostanze normali, chiunque avrebbe attribuito il ruolo di mente malvagia allo stesso presidente, ma "W" era troppo noto per la sua ignoranza perché simili accuse potessero risultare credibili.
Sembra del tutto plausibile che Cheney, Rumsfeld e altri alti leader dell’amministrazione Bush possano essere stati manipolati e indotti a intraprendere azioni che hanno inconsapevolmente favorito il complotto dell'11 settembre, mentre alcuni dirigenti di livello inferiore potrebbero essere stati coinvolti più direttamente, forse anche come cospiratori veri e propri. Ma non credo che questo sia il significato usuale dell'espressione “lavoro interno”.
Allora a che punto siamo adesso? Sembra molto probabile che gli attacchi dell'11 settembre siano stati opera di un'organizzazione molto più potente e professionalmente qualificata di una banda di diciannove arabi armati di taglierini, ma anche molto improbabile che gli attacchi siano stati il lavoro del governo statunitense stesso. Quindi chi ha effettivamente attaccato il nostro paese in quel fatidico giorno di diciassette anni fa, uccidendo migliaia di nostri concittadini?
Le operazioni di intelligence efficaci si nascondono in una stanza degli specchi, spesso estremamente difficile da penetrare per gli estranei, e gli attacchi terroristici sotto falsa bandiera rientrano certamente in questa categoria. Ma usando una metafora diversa, potremmo dire che la complessità di tali eventi può essere vista come un nodo gordiano, quasi impossibile da districare, ma vulnerabile al colpo di spada costituito dalla semplice domanda: "A chi ha giovato?"
Agli USA ed alla maggior parte del mondo certamente no, e le disastrose eredità di quel fatidico giorno hanno trasformato la nostra società e distrutto molti altri paesi. Le infinite guerre statunitensi che ne sono conseguite ci sono già costate molti trilioni di dollari e hanno messo la nostra nazione sulla strada della bancarotta, mentre uccidevano o deportavano molti milioni di innocenti mediorientali. Più di recente, un'ondata di profughi disperati rischia di travolgere l'Europa, e la pace e la prosperità di quell'antico continente sono ora gravemente minacciate.
Le nostre tradizionali libertà civili e garanzie costituzionali sono state drasticamente ridotte, e la nostra società si trasforma sempre di più in un vero e proprio Stato di polizia. I cittadini statunitensi oramai accettano passivamente violazioni inimmaginabili delle loro libertà personali, tutte determinate dal pretesto di prevenire il terrorismo.
Trovo difficile pensare a un paese al mondo che abbia tratto evidenti vantaggi dagli attacchi dell'11 settembre e dalla reazione militare USA, con una sola, solitaria eccezione.
Durante il 2000 e la maggior parte del 2001, gli USA erano un paese prospero e pacifico, ma una certa piccola nazione del Medio Oriente si trovava in una situazione sempre più disperata. Sembrava allora che Israele stesse combattendo per la propria sopravvivenza contro le massicce ondate di terrorismo interno della Seconda Intifada palestinese.
Era opinione diffusa che lo stesso Ariel Sharon avesse deliberatamente provocato quella rivolta nel settembre 2000, marciando verso il Monte del Tempio sostenuto da un migliaio di poliziotti armati, e la violenza e la polarizzazione della società israeliana che ne era conseguita aveva favorito la sua elezione a Primo Ministro all'inizio del 2001. Ma una volta ottenuta la vittoria elettorale, la repressione brutale da lui lanciata non era riuscita a porre termine agli attacchi, che assumevano sempre più la forma di attentati suicidi contro obiettivi civili. Molti credevano che la violenza avrebbe presto potuto innescare un’enorme emigrazione di cittadini israeliani, forse avviando una spirale che poteva decretare la morte dello Stato ebraico. Iraq, Iran, Libia e altre grandi potenze musulmane stavano sostenendo i Palestinesi con denaro, retorica e talvolta armi, e la società israeliana sembrava sul punto di sgretolarsi.
Sharon era un leader notoriamente sanguinario e spericolato, con una lunga storia di imprese strategiche di sorprendente audacia, che a volte puntavano tutto su un solo lancio di dadi. Aveva aspirato per decenni alla carica di Primo Ministro, ma dopo averla finalmente ottenuta, ora si trovava con le spalle al muro, senza nessuna possibilità di soccorso.
Gli attacchi dell'11 settembre hanno cambiato tutto. Improvvisamente l'unica superpotenza mondiale si è mobilitata totalmente contro i movimenti terroristici arabi e musulmani, specialmente quelli del Medio Oriente. Gli stretti alleati politici neocon di Sharon negli USA hanno approfittato della crisi inaspettata come un'opportunità per prendere il controllo della politica estera statunitense e dell'apparato di sicurezza nazionale, e un membro dello staff della NSA in seguito ha raccontato che i generali israeliani circolavano liberamente per le sale del Pentagono, senza alcun controllo di sicurezza. Nel frattempo, la scusa di prevenire il terrorismo interno è stata usata per implementare i controlli della polizia contro varie organizzazioni politiche antisioniste, alcune delle quali sono state addirittura chiuse. Uno degli agenti del Mossad israeliano arrestati dalla polizia a New York City mentre lui e i suoi compagni stavano festeggiando gli attacchi dell'11 settembre e girando un film delle torri in fiamme del World Trade Center, disse ai poliziotti: "Siamo Israeliani... i vostri problemi sono i nostri problemi». E così è immediatamente diventato.
Il generale Wesley Clark riferì che, subito dopo gli attacchi dell'11 settembre, venne informato che vi era un qualche piano militare segreto che prevedeva che gli USA avrebbero attaccato e distrutto sette principali paesi musulmani, inclusi Iraq, Iran, Siria e Libia, che per coincidenza erano tutti i più forti avversari regionali di Israele e i principali sostenitori dei Palestinesi. Quando gli USA hanno iniziato a versare oceani di sangue e danaro, attaccando tutti i nemici di Israele dopo l'11 settembre, Israele non ebbe più bisogno di doverlo fare in prima persona. Quasi nessun'altra nazione al mondo ha migliorato così enormemente la sua situazione strategica ed economica negli ultimi diciassette anni, anche se una larga parte della popolazione statunitense si è fortemente impoverita nello stesso periodo, e il nostro debito pubblico è cresciuto a livelli insormontabili. Un parassita può spesso ingrassare anche se il suo ospite soffre e declina.
Ho già detto che, per molti anni dopo gli l'11 settembre, ho prestato poca attenzione ai dettagl,i e sapevo solo vagamente che esisteva anche un movimento organizzato per la verità sull'11 settembre. Ma se qualcuno mi avesse convinto che gli attacchi terroristici erano stati un’operazione sotto falsa bandiera e la responsabilità non era di Osama, avrei immediatamente pensato che erano stati Israele e il suo Mossad.
Certamente nessun'altra nazione al mondo può lontanamente eguagliare la storia che ha Israele in fatto di assassini di alto livello straordinariamente audaci e di attacchi sotto falsa bandiera, terroristici e non, contro altri paesi, compresi gli USA e le sue forze armate. Inoltre, l'enorme predominio di elementi ebraici e filo-israeliani nei media dell'establishment statunitensi e, sempre di più, in quelli di molti altri importanti paesi occidentali ha garantito per lungo tempo che, quando pure vengono scoperte le prove concrete di tali attacchi, pochissimi ne vengono poi a conoscenza.
Una volta accettato che gli attacchi dell'11 settembre sono stati probabilmente un'operazione sotto falsa bandiera, un indizio centrale per individuarne gli autori è certamente la straordinaria capacità che hanno avuto di assicurare che una tale quantità di prove enormemente sospette fosse totalmente ignorata, praticamente da tutti i media statunitensi, liberal o conservatori, di sinistra o di destra.
Nel caso specifico, il considerevole numero di neocon fanaticamente filo-israeliani situati appena sotto la fascia più visibile dell'amministrazione Bush era tale da poter facilitare notevolmente sia il successo degli attacchi, che il loro efficace insabbiamento e occultamento. Libby, Wolfowitz, Feith e Richard Perle sono solo i nomi più noti. Non è del tutto chiaro se tali individui conoscessero i cospiratori, ovvero se i legami personali con essi abbiano reso possibile una loro strumentalizzazione.
Certamente agli occhi degli osservatori esperti, tali connessioni dovevano apparire in modo evidente, e sospetto fortemente che molte persone che avevano prestato molta più attenzione di me ai dettagli degli attacchi dell'11 settembre possano essere giunti molto più rapidamente di me a simili conclusioni. Ma per ovvie ragioni sociali e politiche, c'è una grande riluttanza a puntare pubblicamente il dito contro Israele su una questione di così enorme portata. Quindi, fatta eccezione per alcuni attivisti marginali qua e là, tali oscuri sospetti non sono stati per nulla divulgati.
D’altronde i leader del movimento per la verità sull'11 settembre probabilmente temevano che sarebbero stati demonizzati come squilibrati antisemiti, se avessero mai fatto anche solo un accenno a tali ipotesi. Questa strategia politica potrebbe essere stata anche necessaria ma il problema è che, non avendo indicato alcun colpevole plausibile, essi hanno creato un vuoto che è stato presto riempito da "utili idioti" che gridavano al "lavoro interno!", puntando il dito contro Cheney e Rumsfeld, contribuendo enormemente a screditare l'intero movimento per la verità sull'11 settembre.
Questa malaugurata cospirazione del silenzio si è finalmente rotta nel 2009, quando il dottor Alan Sabrosky, ex direttore dell'US Army War College, si è fatto avanti e ha dichiarato pubblicamente che il Mossad israeliano era molto probabilmente responsabile degli attacchi dell'11 settembre, scrivendo una serie di articoli sull'argomento, e rilasciando una serie di interviste ai media, insieme ad analisi aggiuntive.
È inutile dire che dichiarazioni tanto esplosive non hanno mai raggiunto le pagine del mio Times mattutino, ma hanno ricevuto una copertura considerevole, anche se transitoria, in alcuni media alternativi, e ricordo di averne visto richiami molto ben visibili su Antiwar.com e altrove. Non avevo mai sentito parlare di Sabrosky in precedenza, quindi ho consultato il mio sistema di archiviazione e ho scoperto immediatamente che aveva scritto articoli di tutto rispetto sugli affari militari nei principali periodici di politica estera, e aveva anche ricoperto una serie di incarichi accademici presso prestigiose istituzioni. Leggendo uno o due dei suoi articoli sull'11 settembre, mi è sembrato che sostenesse in modo convincente il coinvolgimento del Mossad, sulla base di informazioni già a me note, e di molte altre a me ignote.
Impegnato come ero nel mio lavoro sul software, e non avendo prestato molta attenzione ai dettagli sull'11 settembre o ai libri sull'argomento, la mia fiducia nelle sue affermazioni all'epoca era ovviamente tiepida. Ma ora che ho finalmente studiato il caso in modo molto più dettagliato e letto molto, penso che sia abbastanza probabile che la sua analisi del 2009 fosse del tutto corretta.
Consiglierei in particolare la sua lunga intervista del 2011 su Iranian Press TV, che ho visto per la prima volta solo un paio di giorni fa. Si è rivelato altamente credibile e schietto nelle sue affermazioni: (naturalmente è stato censurato)
Ha anche fornito una conclusione combattiva in un'intervista radiofonica molto più lunga del 2010: (anche censurata)
Sabrosky ha concentrato gran parte della sua attenzione su un particolare segmento di un film documentario olandese sugli attacchi dell'11 settembre prodotto diversi anni prima. In quell'affascinante intervista, un esperto professionista di demolizioni di nome Danny Jowenko, che non si era mai occupato degli attacchi dell'11 settembre, ha immediatamente identificato il crollo filmato dell'edificio 7 del WTC come una demolizione controllata, e quelle immagini sono state trasmesse in tutto il mondo da Press TV, e ampiamente discusse in Internet.
Ma, per una coincidenza molto strana, appena tre giorni dopo che la video intervista trasmessa aveva ricevuto così tanta attenzione, Jowenko ha avuto la sfortuna di morire in una collisione frontale con un albero in Olanda. Sospetto che la comunità di esperti professionisti di demolizioni sia piccola, e i colleghi sopravvissuti a Jowenko potrebbero essere giunti rapidamente alla conclusione che altri gravi incidenti rischiano di capitare a chi divulgasse controverse opinioni sul crollo delle tre torri del World Trade Center.
Nel frattempo, l'organizzazione della lobby ebraica Anti-Defamation League (ADL) si è subito impegnata enormemente perché Press TV fosse bandita in Occidente per aver promosso "teorie del complotto” antisemite, persuadendo persino YouTube a eliminare completamente l'enorme archivio video, in particolare la lunga intervista di Sabrosky .
Più di recente, Sabrosky ha partecipato in giungo ad una video conferenza di un'ora di Deep Truth, esprimendo un notevole pessimismo sulla situazione politica statunitense, e sostenendo che il controllo sionista sulla nostra politica e sui media sia cresciuto ancora più fortemente nell'ultimo decennio.
Questo video è stato ritrasmesso da Guns & Butter, un importante programma radiofonico progressista, che è stato per questo chiuso, dopo diciassette anni di grande popolarità nazionale e forte consenso di ascoltatori.
Anche il compianto Alan Hart, un illustre giornalista televisivo e corrispondente estero britannico, ha rotto il suo silenzio nel 2010 e anche lui ha indicato gli Israeliani come i probabili colpevoli degli attacchi dell'11 settembre. Chi ne abbia interesse, può ascoltarlo qui.
Il giornalista Christopher Bollyn è stato uno dei primi ad esplorare i possibili collegamenti israeliani con gli attacchi dell'11 settembre, e le osservazioni contenute nella sua lunga serie di articoli sono spesso citati da altri ricercatori. Nel 2012 ha raccolto tutto il materiale e lo ha pubblicato in un libro intitolato Solving 9-11, mettendo così a disposizione di un pubblico molto più ampio le sue informazioni sul possibile ruolo del Mossad israeliano, con una versione disponibile online. Purtroppo il suo volume soffre molto della tipica mancanza di risorse a disposizione degli scrittori messi ai margini dalla politica, è mal coordinato e presenta frequenti ripetizioni dovute al fatto che è una raccolta di singoli articoli, e questo può sminuirne la credibilità presso alcuni lettori. Quindi chi lo acquista dovrebbe essere avvertito di queste gravi debolezze stilistiche.
Un compendio probabilmente molto migliore delle prove sulla responsabilità israeliana è stato fornito più recentemente dallo scrittore francese Laurent Guyénot, sia nel suo libro del 2017 JFK-9/11: 50 Years of the Deep State, che anche nel suo articolo di 8.500 parole "9/11 was an Israeli Job", pubblicato in concomitanza con questo e che fornisce una ricchezza di dettagli molto maggiore di quella qui contenuta. Anche se non sottoscriverei necessariamente tutte le sue affermazioni e argomentazioni, la sua analisi complessiva sembra pienamente coerente con la mia.
Questi autori hanno fornito molto materiale a sostegno dell'Ipotesi del Mossad israeliano, ma vorrei focalizzare l'attenzione su un solo punto importante. Ci aspetteremmo che attacchi terroristici che hanno provocato la completa distruzione di tre giganteschi edifici per uffici a New York City e un assalto aereo al Pentagono abbiano dovuto coinvolgere un enorme numero di persone e mezzi logistici considerevoli. All'indomani degli attacchi, il governo degli Stati Uniti ha compiuto grandi sforzi per individuare e arrestare i cospiratori islamici sopravvissuti, ma è riuscito a malapena a trovarne uno. Apparentemente, erano tutti morti negli attacchi stessi o semplicemente svaniti nel nulla.
Ma senza fare alcuno sforzo, il governo statunitense ha rapidamente individuato e arrestato circa 200 agenti del Mossad israeliano, molti dei quali avevano sede esattamente nelle stesse posizioni geografiche dei presunti 19 dirottatori arabi. Inoltre, la polizia di New York ha arrestato alcuni di questi agenti mentre festeggiavano pubblicamente gli attacchi dell'11 settembre, e altri sono stati sorpresi alla guida di furgoni nell'area di New York contenenti tracce residue di esplosivo. La maggior parte di questi agenti del Mossad si è rifiutata di rispondere a qualsiasi domanda, e quelli che lo hanno fatto non hanno superato il test della macchina della verità, ma alla fine sono stati tutti rilasciati e rimandati in Israele. Un paio di anni fa, molte di queste informazioni sono state presentate in modo molto efficace in un breve video disponibile su YouTube (censurato).
C'è un altro bocconcino affascinante che ho visto menzionato molto raramente. Appena un mese dopo gli attacchi dell'11 settembre, due Israeliani furono sorpresi a introdurre di nascosto armi ed esplosivi nell'edificio del Parlamento messicano, una storia che naturalmente venne ripresa in prima pagina dai principali giornali messicani dell'epoca, ma che fu accolta dal totale silenzio dei media statunitensi. Alla fine, per effetto di formidabili pressioni politiche, tutte le accuse sono state ritirate e gli agenti israeliani sono stati rimandati a casa. Questo straordinario incidente è stato riportato solo su un piccolo sito web di attivisti ispanici e discusso in pochi altri siti. Alcuni anni fa ho trovato facilmente su Internet le prime pagine scannerizzate dei giornali messicani che riportavano quei drammatici eventi, ma adesso non è più facile trovarle. I dettagli sono ovviamente un po' frammentari e forse confusi, ma certamente piuttosto intriganti.
Si potrebbe ipotizzare che, se presunti terroristi islamici avessero attaccato e distrutto l'edificio del Parlamento messicano un mese dopo l'11 settembre, il sostegno dell'America Latina alle invasioni militari USA in Medio Oriente sarebbe stato notevolmente maggiore. Inoltre, la scena di una simile distruzione nella capitale messicana da parte di terroristi arabi sarebbe stata sicuramente trasmessa senza sosta su Univision, la rete di lingua spagnola dominante negli Stati Uniti, consolidando pienamente il sostegno ispanico alle imprese militari del presidente Bush.
Sebbene i miei crescenti sospetti sugli attacchi dell'11 settembre risalgano a un decennio o più, le mie indagini sull'argomento sono piuttosto recenti, quindi posso considerarmi un novellino del campo. Ma a volte un estraneo può notare cose che possono sfuggire all'attenzione di coloro che hanno trascorso così tanti anni profondamente immersi in un determinato argomento.
Dal mio punto di vista, troppi esponenti della comunità per la verità sull'11 settembre si occupano troppo dei dettagli specifici, discutendo il metodo preciso con cui sono state abbattute le torri o cosa abbia effettivamente colpito il Pentagono. Ma questo tipo di questioni mi sembrano non dirimenti.
Direi che l'unico aspetto importante sta nel fatto che l'evidenza complessiva dimostra in modo sufficientemente chiaro la falsità della narrativa ufficiale sull'11 settembre e dimostra anche che gli attacchi debbano essere stati opera di un'organizzazione altamente sofisticata con accesso a tecnologia militare avanzata, piuttosto che una banda di 19 arabi armati di taglierini. Tutti gli altri dettagli sono di secondaria importanza.
Se ciò è vero, credo che tutti gli indizi raccolti negli ultimi diciassette anni lo dimostrino inequivocabile. Solo per fare un esempio, anche solo l’accertata presenza di nano-termite, un composto esplosivo di tipo militare, è sufficientemente dimostrativa dei due aspetti importanti che si diceva. Mi pare quindi abbiano poco senso gli infiniti dibattiti sul fatto che sia stata usata la nanotermite, o la nanotermite più qualcos'altro, o solo qualcos'altro. E dibattiti tecnici così complessi rischiano di confondere il quadro generale, allontanando e intimidendo gli spettatori meno motivati, con ciò risultando abbastanza controproducenti rispetto agli obiettivi generali del movimento per la verità sull'11 settembre.
Una volta concluso che i colpevoli facevano parte di un'organizzazione altamente sofisticata, possiamo allora concentrarci sul Chi e sul Perché, che è tema certamente più importante rispetto ai dettagli particolareggiati del Come. Eppure attualmente tutto l'infinito dibattito sul Come tende a dominare quello sul Chi e sul Perché, e mi chiedo se questa malaugurata situazione sia intenzionalmente voluta.
La ragione sta forse nel fatto che, se tutta la comunità per Verità sull’11 settembre si concentrasse sulle questioni più importanti, l’enorme quantità di prove disponibili si incanalerebbe chiaramente in un'unica direzione, quella del coinvolgimento di Israele e del suo Mossad, che sono portatori di un movente schiacciante, avevano i mezzi e l’opportunità. E accusare Israele e i suoi complici interni del più grande attacco mai lanciato contro gli Stati Uniti sul nostro suolo comporta enormi rischi sociali e politici.
Ma tali difficoltà devono essere valutate tenendo conto della realtà di tremila vite civili statunitensi e dei successivi diciassette anni di guerre multimiliardarie, che hanno causato la morte o il ferimento di decine di migliaia di soldati statunitensi e la morte o lo sfollamento di molti milioni di innocenti mediorientali.
Il Movimento per la verità sull'11 settembre deve quindi chiedersi se la “verità” sia davvero l'obiettivo centrale del suo impegno.
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L'11 settembre era un lavoro israeliano (tradotto in italiano)
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Christopher Ketcham • Counterpunch • 1 marzo 2007 • 6.900 parole
Pepe Escobar • Asia Times • 12 settembre 2009 • 2.000 parole
Pepe Escobar • Asia Times • 18 settembre 2009 • 1.300 parole
Eric Margolis • Toronto Sun Media • 10 settembre 2010 • 1.700 parole
Alan Sabrosky • Veterans Today • 11 marzo 2011 • 300 parole
Alan Sabrosky • Veterans Today • 27 giugno 2011 • 5.100 parole
Alan Sabrosky • Veterans Today • 4 luglio 2011 • 4.800 parole
Paul Craig Roberts • PaulCraigRoberts.org • 11 settembre 2012 • 3.200 parole
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