ProfileLe guerre in Medio Oriente, 27 gennaio 2024 - La parola araba Asabiyya, o “solidarietà sociale”, in Occidente è solo una parola ad effetto, ma viene presa molto sul serio dai nuovi contendenti del mondo, In suo nome lo Yemen si sacrifica per la moralità collettiva del mondo, nel tentativo di porre fine al genocidio di Gaza...        

 

The Cradle, 25 gennaio 2024 (trad.ossin)
 
Come l'asabiyya dello Yemen sta rimodellando la geopolitica
Pepe Escobar
 
La parola araba Asabiyya, o “solidarietà sociale”, in Occidente è solo una parola ad effetto, ma viene presa molto sul serio dai nuovi contendenti del mondo, Cina, Russia e Iran. È lo Yemen, tuttavia, che sta diffondendo l’idea, sacrificando tutto per la moralità collettiva del mondo nel tentativo di porre fine al genocidio di Gaza
 
 
 
 
Quando si verifica un cambiamento generale delle condizioni,
 
È come se fosse modificata la creazione
 
e il mondo intero muta,
 
come se si ripetesse una nuova creazione,
 
un mondo di nuovo riportato in luce
 
— Ibn Khaldun 
 
 
Le forze di resistenza Ansarallah dello Yemen hanno chiarito molto esplicitamente, fin dall'inizio, che il blocco navale che hanno istituito nel Bab el-Mandeb e nel Mar Rosso meridionale vale solo per le navi mercantili di proprietà o destinate a Israele. Il loro unico obiettivo era e rimane quello di fermare il genocidio di Gaza, perpetrato dalla psicopatia biblica israeliana
 
In risposta a un appello che si basa sull’imperativo morale di porre fine a un genocidio di esseri umani, gli Stati Uniti, leader della guerra globale del terrorismo (corsivo mio), com’era prevedibile hanno bollato gli Houthi dello Yemen come “organizzazione terroristica”, hanno lanciato un bombardamento seriale sulle sotterranee installazioni militari di Ansarallah (supponendo che l’intelligence USA sappia dove si trovano) e hanno messo insieme una mini-coalizione di volenterosi che include i suoi vassalli britannici, canadesi, australiani, olandesi e del Bahrein.   
 
Senza perder tempo, il Parlamento dello Yemen ha dichiarato i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito “Reti terroristiche globali”.
 
Ora parliamo di strategia. 
 
In un solo colpo, la resistenza yemenita ha colto il vantaggio strategico di controllare di fatto un collo di bottiglia geoeconomico chiave: Bab el-Mandeb. Dunque, può causare seri problemi a settori delle catene di approvvigionamento globali, del commercio e della finanza. 
 
E Ansarallah ha il potenziale per raddoppiare le sue azioni, se necessario. I commercianti del Golfo Persico, in via ufficiosa, hanno confermato le voci insistenti secondo cui lo Yemen potrebbe prendere in considerazione l’imposizione del cosiddetto Triangolo di Al-Aqsa – così appropriatamente definito dopo l’operazione di resistenza palestinese del 7 ottobre volta a distruggere la divisione militare israeliana di Gaza e a prendere prigionieri da utilizzare in un ampio accordo di scambio di prigionieri. 
 
Una mossa del genere significherebbe bloccare selettivamente non solo la rotta di Bab el-Mandeb e del Mar Rosso verso il Canale di Suez, ma anche lo Stretto di Hormuz, tagliando le consegne di petrolio e gas a Israele dal Qatar, dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti – sebbene i principali fornitori di petrolio di Israele siano in realtà Azerbaigian e Kazakistan. 
 
Questi yemeniti non hanno paura di nulla. Se potessero imporre il triangolo – in questo caso solo con il coinvolgimento diretto dell’Iran – realizzerebbero il Grande Disegno del generale della Forza al Quds assassinato dagli Stati Uniti, Qassem Soleimani. Questo piano ha il potenziale realistico di abbattere finalmente la piramide di centinaia di trilioni di dollari in derivati – e di conseguenza, l’intero sistema finanziario occidentale. 
 
Eppure, anche se lo Yemen controlla il Mar Rosso e l’Iran controlla lo Stretto di Hormuz, il Triangolo di Al-Aqsa rimane solo un’ipotesi di lavoro. 
 
Benvenuti al blocco dell'egemone
 
Con una strategia semplice e chiara, gli Houthi hanno capito perfettamente che quanto più trascinano gli USA, privi di strategia, nella palude geopolitica dell’Asia occidentale, in una sorta di modalità di “guerra non dichiarata”, tanto più saranno in grado di infliggere gravi sofferenze all’economia globale, di cui il Sud del mondo darà la colpa all’egemone.   
 
Oggi, il traffico marittimo del Mar Rosso si è di colpo dimezzato, rispetto all’estate del 2023; le catene di approvvigionamento sono traballanti; le navi che trasportano generi alimentari sono costrette a circumnavigare l’Africa (e rischiano di consegnare merci oltre la data di scadenza); com’era prevedibile, l’inflazione nel vasto settore agricolo dell’UE (per un valore di 70 miliardi di euro), sta aumentando rapidamente. 
 
Tuttavia, non sottovalutare mai un impero messo alle strette. 
 
I giganti assicurativi occidentali hanno compreso perfettamente le regole del blocco limitato imposto da Ansarallah: le navi russe e cinesi, ad esempio, hanno libero passaggio nel Mar Rosso. Gli assicuratori globali si sono rifiutati di coprire solo le navi statunitensi, britanniche e israeliane, esattamente come intendevano gli yemeniti. 
 
Quindi gli Stati Uniti, come era prevedibile, hanno trasformato la narrazione in una grande, grassa bugia: “Ansarallah sta attaccando l’intera economia globale”. 
 
Washington ha imposto sanzioni turbolente (non un grosso problema dato che la resistenza yemenita utilizza finanziamenti islamici); ha intensificato i bombardamenti e, in nome della sacrosanta “libertà di navigazione” – sempre applicata in modo selettivo – ha scommesso sulla “comunità internazionale”, compresi i leader del Sud del mondo, implorando pietà, nel senso di tenere aperte le rotte marittime. L’obiettivo del nuovo, riformulato inganno statunitense è quello di spingere il Sud del mondo a non sostenere la strategia di Ansarallah. 
 
Prestate attenzione a questo cruciale gioco di prestigio degli Stati Uniti: perché, d’ora in poi, in una nuova perversa svolta dell’Operazione Genocide Protection, sarà Washington a bloccare il Mar Rosso contro il mondo intero. La stessa Washington, sia chiaro, sarà risparmiata: il trasporto marittimo statunitense dipende dalle rotte commerciali del Pacifico, non da quelle dell’Asia occidentale. Ciò aggraverà la sofferenza dei clienti asiatici e soprattutto dell’economia europea, che ha già subito i pesanti colpi delle sanzioni energetiche russe associate all’Ucraina.
 
Come ha detto Michael Hudson, c’è una forte possibilità che i neoconservatori responsabili della politica estera degli Stati Uniti vogliano effettivamente (corsivo mio) che Yemen e Iran implementino il triangolo di Al-Aqsa: “Saranno colpiti i principali acquirenti di energia in Asia, Cina e altri paesi. E questo (…) darà agli Stati Uniti ancora più potere nel controllare l’offerta di petrolio del mondo come merce di scambio nel tentativo di rinegoziare questo nuovo ordine internazionale”.
 
Questo, in effetti, è il classico modus operandi dell’Impero del Caos.   
 
Richiamare l’attenzione sul “nostro popolo a Gaza”
 
Non ci sono prove concrete che il Pentagono abbia la minima idea di ciò che i suoi Tomahawk stanno colpendo nello Yemen. Anche diverse centinaia di missili non cambieranno nulla. Ansarallah, che ha già resistito otto anni alla potenza di fuoco ininterrotta di Stati Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita ed Emirati – e sostanzialmente ha vinto – oggi non cederà ad alcuni attacchi missilistici.
 
Persino i proverbiali “funzionari senza nome” hanno informato il New York Times che “localizzare gli obiettivi Houthi si è rivelato più difficile del previsto”, essenzialmente a causa delle pessime informazioni statunitensi sulla “difesa aerea, sui centri di comando, sui depositi di munizioni, sullo stoccaggio di droni e missili e gli impianti di produzione." 
 
È piuttosto illuminante ascoltare come il primo ministro yemenita Abdulaziz bin Saleh Habtoor definisce la decisione di Ansarallah di bloccare Israele come “basata su aspetti umanitari, religiosi e morali”. Si riferisce, in modo cruciale, al “nostro popolo di Gaza”. E la visione d’insieme, ci ricorda, “nasce dalla visione dell’Asse della Resistenza”.
 
Si tratta di un riferimento che gli osservatori attenti riconosceranno come l'eredità eterna del generale Soleimani. 
 
Con acuto senso storico – dalla creazione di Israele alla crisi di Suez e alla guerra del Vietnam – il primo ministro yemenita ricorda come “Alessandro Magno raggiunse le coste di Aden e dell'isola di Socotra ma fu sconfitto (…) Gli invasori tentarono di occupare la capitale dello stato storico di Shebah e hanno fallito (…) Quanti paesi nel corso della storia hanno tentato di occupare la costa occidentale dello Yemen e hanno fallito? Inclusa la Gran Bretagna”.
 
È assolutamente impossibile per l’Occidente e anche per la maggioranza globale comprendere la mentalità yemenita senza imparare alcuni fatti dall’Angelo della Storia. 
 
Torniamo quindi al maestro della storia universale del XIV secolo, Ibn Khaldun, l'autore di Muqaddimah. 
 
Ibn Khaldun decifra il codice Ansarallah 
 
La famiglia di Ibn Khaldun ha vissuto nella fase ascendente dell'Impero arabo, in movimento insieme ai primi eserciti dell'Islam nel VII secolo, dall'austera bellezza delle valli Hadramawti verso quello che oggi è lo Yemen meridionale fino all'Eufrate.
 
Ibn Khaldun, soprattutto, fu un precursore di Kant, che offrì la brillante intuizione secondo cui “la geografia è alla base della storia”. E lesse Averroè, maestro di filosofia andaluso del XII secolo, così come altri scrittori influenzati dalle opere di Platone e capì come quest'ultimo si riferisse alla forza morale del “primo popolo” nel Timeo, nel 360 a.C.
 
Sì, questo si riassume in “forza morale” – per l’Occidente, una semplice frase ad effetto; per l'Oriente, una filosofia essenziale. Ibn Khaldun capì come ebbe inizio la civiltà e come essa fu costantemente rinnovata da persone dotate di bontà ed energia naturali; persone che comprendevano e rispettavano il mondo naturale, che vivevano con leggerezza, uniti dal sangue o uniti da un'idea rivoluzionaria condivisa o da una spinta religiosa.
 
Ibn Khaldun definì asabiyya questa forza che unisce le persone. 
 
Come tante parole in arabo, asabiyya mostra una gamma di significati diversi e vagamente collegati. Probabilmente, i più rilevanti sono lo spirito di corpo, lo spirito di squadra e la solidarietà tribale, proprio come dimostra Ansarallah. 
 
Come dimostra Ibn Khaldun, quando il potere dell’asabiyya è pienamente sfruttato, estendendosi ben oltre la tribù, diventa più potente della somma delle sue singole parti e può diventare un catalizzatore per rimodellare la storia; creare o distruggere imperi; incoraggiare le civiltà; o costringerli a crollare. 
 
Stiamo decisamente vivendo un momento asabiyya, determinato dalla forza morale della resistenza yemenita.   
 
Solido come una roccia
 
Ansarallah ha compreso naturalmente la minaccia del sionismo escatologico, che sembra rispecchiare le crociate cristiane di un millennio fa. Ed è praticamente l’unico, in termini pratici, a cercare di fermarlo. 
 
Ora, come bonus extra, sta smascherando l’egemone plutocratico, ancora una volta, come bombardiere dello Yemen, lo stato-nazione arabo più povero, dove almeno metà della popolazione rimane “in condizioni di insicurezza alimentare”.    
 
Ma Ansarallah non è esente da armi pesanti, come i mujaheddin pashtun che hanno umiliato la NATO in Afghanistan. 
 
I loro missili da crociera antinave includono il Sayyad e il Quds ZO (portata fino a 800 km) e l'Al Mandab 2 (portata fino a 300 km). 
 
I loro missili balistici antinave includono il Tankil (portata fino a 500 km); l'Asef (autonomia fino a 450 km); e Al-Bahr Al-Ahmar (portata fino a 200 km). Ciò copre la parte meridionale del Mar Rosso e il Golfo di Aden, ma non, ad esempio, le isole dell'arcipelago di Socotra. 
 
Rappresentando circa un terzo della popolazione del paese, gli Houthi dello Yemen, che costituiscono la spina dorsale della resistenza di Ansarallah, hanno una propria agenda interna: ottenere un'equa rappresentanza nel governo (hanno lanciato la Primavera Araba dello Yemen); proteggere la loro fede Zaydi (né sciita né sunnita); lottare per l'autonomia del governatorato di Saada; e lavorare per la rinascita dell’Imamato Zaydi, che era attivo e funzionante prima della rivoluzione del 1962.
 
Ora stanno lasciando il segno nel quadro generale. Non c’è da meravigliarsi che Ansarallah combatta ferocemente gli arabi vassalli dell’egemone, in particolare quelli che hanno firmato un accordo per normalizzare le relazioni con Israele sotto l’amministrazione Trump.
 
La guerra degli Emirati Arabi Uniti contro lo Yemen, con l’egemone che “guidava da dietro”, è stata un pantano che è costato a Riad almeno 6 miliardi di dollari al mese per sette anni. Si è conclusa con una traballante tregua del 2022 e una vittoria di fatto di Ansarallah. Va notato che un accordo di pace firmato è stato respinto dagli Stati Uniti, nonostante gli sforzi sauditi per siglare un accordo.
 
Ora, Ansarallah sta capovolgendo la geopolitica e la geoeconomia non solo con pochi missili e droni, ma anche con oceani di astuzia e acume strategico. Per invocare la saggezza cinese, immagina una singola roccia che cambia il corso di un ruscello, che a sua volta cambia il corso di un possente fiume. 
 
Gli epigoni di Diogene possono sempre sottolineare, un po’ per scherzo, che la partnership strategica Russia-Cina-Iran potrebbe aver contribuito con le proprie pietre ben piazzate in questo percorso verso un ordine più equo. È proprio questo il bello: potremmo non essere in grado di vedere queste rocce, ma solo gli effetti che causano. Ciò che vediamo, però, è la resistenza yemenita, solida come una roccia. 
 
Vediamo l'Egemone che, ancora una volta, torna alla modalità pilota automatico: Bombe, Bombe, Bombe. E, in questo caso particolare, bombardare significa deviare la narrazione lontano da un genocidio commesso in tempo reale da Israele, la portaerei dell'Impero nell'Asia occidentale. 
 
Tuttavia, Ansarallah può sempre aumentare la pressione attenendosi fermamente alla sua narrativa e, guidato dal potere dell’asabiyya, consegnare all’egemone un secondo Afghanistan, rispetto al quale Iraq e Siria sembreranno un fine settimana a Disneyland.
 
 
Ossin pubblica articoli che considera onesti, intelligenti e ben documentati. Ciò non significa che ne condivida necessariamente il contenuto. Solo, ne ritiene utile la lettura.

 

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