Gandhi: sarebbe un crimine contro l’umanità sostituire gli Arabi con gli Ebrei in Palestina
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La guerra in Medio Oriente, 27 febbraio 2024 - Nel 1938, i sionisti cercarono di ottenere l'approvazione del Mahatma Gandhi ai loro progetti di colonizzazione della Palestina, ma l'erore antimperialista non li accontentò, anzi proclamò che la sostituzione degli Arabi con gli Ebrei, in Palestina, sarebbe stato un crimine contro l'umanità (nella foto il Mahatma Gandhi)
Gandhi: sarebbe un crimine contro l’umanità sostituire gli Arabi con gli Ebrei in Palestina
Tratto da Ilan Pappe, 10 miti su Israele, Napoli, 2022, pp.90-92
L'ultima argomentazione proposta per giustificare la colonizzazione sionista della terra santa, come espresso nella Bibbia, postulava la necessità per gli ebrei di tutto il mondo di trovare un rifugio sicuro, soprattutto dopo l'Olocausto. Tuttavia, anche se si fosse trattato di una posizione legittima, sarebbe stato possibile trovare una soluzione che non si limitasse a seguire i confini della mappa biblica e che non prevedesse l'espulsione di un intero popolo. Questa posizione venne espressa da alcune personalità di spicco, quali il Mahatma Gandhi e Nelson Mandela. Essi pensavano che i Palestinesi dovessero essere considerati in questa decisione, che si dovesse chiedere loro se avrebbero voluto offrire un rifugio sicuro agli ebrei perseguitati, ma insieme alla popolazione nativa e non al posto di essa. Il movimento sionista considerava tali proposte un'eresia.
La differenza tra stabilirsi al fianco dei nativi o semplicemente espellerli fu riconosciuta dal Mahatma Gandhi quando il filosofo ebreo Martin Buber gli chiese di esprimere il suo sostegno al progetto sionista. Nel 1938, Ben Gurion chiese a Buber di fare pressione su diverse figure morali di spicco per dimostrare il loro sostegno pubblico al sionismo. Sentivano che l'approvazione di Gandhi, come leader di una lotta nazionale non violenta contro l'imperialismo, sarebbe stata particolarmente utile ed erano pronti a far leva sul suo rispetto per Buber per ottenerla.
La principale dichiarazione di Gandhi sulla Palestina e sulla questione ebraica apparve nell'editoriale, ampiamente noto, sull'«Harijan» dell'11 novembre 1938, durante la grande ribellione dei nativi palestinesi contro le politiche filosioniste del governo britannico. Gandhi aprì il suo pezzo affermando che tutte le sue simpatie erano verso gli ebrei, che come popolo erano stati sottoposti per secoli a trattamenti disumani e persecuzioni. Ma, aggiunse:
- La mia simpatia non mi rende cieco alle esigenze della giustizia. Il grido che invoca una patria nazionale per gli ebrei non mi attira particolarmente. La legittimazione di questo progetto è ricercata nella Bibbia e nella tenacia con cui gli ebrei hanno desiderato il loro ritorno in Palestina. Perché non dovrebbero, come altri popoli della terra, fare delle case in cui sono nati e dove si guadagnano da vivere il proprio paese? (1)
Gandhi quindi mise in dubbio la logica fondamentale del sionismo politico, rifiutando l'idea di uno stato ebraico nella terra promessa e sottolineando che «la Palestina della concezione biblica non è un'entità geografica». Pertanto, disapprovava il progetto sionista sia per ragioni politiche che religiose. L'avallo di quel progetto da parte del governo britannico ha solo allontanato ulteriormente Gandhi, che non aveva dubbi su chi potesse rivendicare le terre della Palestina:
- La Palestina appartiene agli arabi così come l'Inghilterra appartiene agli inglesi o la Francia ai francesi. È sbagliato e disumano imporre gli ebrei agli arabi... Sicuramente sarebbe un crimine contro l'umanità eliminare gli orgogliosi arabi per far sì che la Palestina possa essere restituita agli ebrei in tutto o in parte come loro patria nazionale. (2)
La risposta di Gandhi sulla questione palestinese contiene diversi elementi che comprendono sia argomentazioni etiche che di realismo politico. Ciò che è interessante è che, pur credendo fermamente nell'indivisibilità tra religione e politica, egli respinse con veemenza il nazionalismo culturale e religioso sionista e non condivise il tentativo di cercare una giustificazione di tipo religioso per la creazione di uno stato-nazione. Buber rispose a questo scambio cercando di giustificare ulteriormente il sionismo, ma a quanto pare Gandhi ne aveva abbastanza e la corrispondenza si esaurì.
In effetti, lo spazio vitale che il movimento sionista chiedeva per sé non era determinato dalla necessità di salvare gli ebrei perseguitati, ma dal desiderio di prendere quanta più Palestina possibile con il minor numero di abitanti nativi.
Note:
1. Citato in Crane, 2007. Si veda anche Ramakrishnan, 2001 sul sito twf.org
2. Citato in Falk, 1963, p.2