Israele Uber Alles?
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La guerra in Medio Oriente, 17 marzo 2024 - La lobby ebraica negli Stati Uniti riesce anche ad ottenere il blocco di TikTok, che mostrava troppe immagini del genocidio in corso a Gaza, mentre si rincorrono manovre per salvare la reputazione di israele (nella foto, il senatore Charles Schumer)
Unz Review, 15 marzo 2024 (trad.ossin)
Israele Uber Alles?
Philip Giraldi
O ci sarà alla fine una resa dei conti per i suoi crimini?
Ci sono state, nei giorni scorsi, alcune nuove interessanti dimostrazioni della sottomissione ad Israele del governo degli Stati Uniti a tutti i livelli, e del controllo da parte di Israele dei mezzi di intrattenimento e di informazione. Quasi tutti oramai riconoscono che tale situazione non è dovuta al fatto che gli statunitensi comuni apprezzino effettivamente ciò che Israele rappresenta, ma è piuttosto una conseguenza dei tanti soldi di cui può disporre la lobby israeliana degli Stati Uniti e dell’ampiezza della corruzione possibile, quando si è disposti a spendere miliardi di dollari per sostenere una certa causa molto mirata. E c’è anche lo strumento utilizzato frequentemente per mantenere in riga politici che potrebbero creare problemi, ovvero le campagne miranti a screditare ed emarginare qualsiasi critico dello Stato ebraico, comprese le accuse liberal, spesso fasulle, di presunti crimini di antisemitismo e negazione dell’Olocausto, per demonizzare coloro che vengono presi di mira.
Sia l’attuale che i precedenti primi ministri israeliani si sono vantati di controllare gli Stati Uniti e ci sono prove che in effetti possano farlo. La cosa più scoraggiante nello sturm und drang imposto dai sionisti, che è una sorta di guerra segreta diretta contro la Costituzione degli Stati Uniti, è stato l’impatto che ha avuto sui diritti reali di tutti gli statunitensi, ivi compresa la libertà di parola. La scorsa settimana Kristi Noem, governatrice del Sud Dakota e aspirante candidata alla vicepresidenza repubblicana, si è vantata della nuova legge del suo Stato che criminalizzerà l’antisemitismo. Poiché criticare Israele è considerato ipso facto antisemitismo ed è considerato un cosiddetto “crimine d’odio”, ciò significa, come alcuni hanno osservato, che gli Statunitensi del Sud Dakota e anche della Florida (grazie a Ron DeSantis) potranno criticare il proprio paese, ma non l’autoproclamato Stato ebraico. Paul Craig Roberts la mette in un altro modo, osservando: “Trovo straordinario che gli ebrei siano gli unici tra tutte le etnie a poter stabilire ciò che si può dire di loro. La vera minaccia non è l’antisemitismo. La vera minaccia è la distruzione della libertà di parola e il susseguirsi di leggi basate sullo status, che proteggono alcune etnie favorite e ne perseguitano altre. Ciò che è veramente necessario è un’alleanza contro coloro che stanno distruggendo le basi della verità, della libertà e di un governo responsabile”.
La settimana scorsa c’è stato anche un voto interessante al Congresso, che ha bloccato o imposto la vendita del social media cinese e del sito di networking TikTok, che è diventato molto popolare tra i giovani di tutto il mondo. Quello che i media hanno taciuto prima del voto, che ha bollato il sito come una “minaccia alla sicurezza nazionale”, è stato chi ha esercitato pressioni perché il disegno di legge venisse approvato. E la storia nella storia riguarda ancora una volta Israele. “Abbiamo un grosso problema con TikTok” si è lamentato il grottesco amministratore delegato dell’Anti-Defamation League, Jonathan Greenblatt, che sembrava impazzito perché i giovani di tutto il mondo non si bevono più la propaganda israeliana dal momento che il sito ha qualcosa come una “memoria” che li indirizza verso nuove informazioni o video per i quali avevano precedentemente espresso interesse. Molti utenti sono, secondo Greenblatt, interessati a ciò che sta accadendo a Gaza e ricevono informazioni ostili a Israele. L’approvazione a stragrande maggioranza del disegno di legge, che è stato portato al Congresso in tutta fretta, dimostra ancora una volta il potere della lobby israeliana. Secondo quanto riferito, l’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) è stato fortemente impegnato nell’attività di lobbying fino al voto finale. Tutto ciò dimostra purtroppo che Israele è in grado di decidere come gli statunitensi debbano comunicare e socializzare tra loro e con il mondo. A riassumere il punto di vista della lobby israeliana sulla questione è stata la sempre deliziosa ex candidata presidenziale Nikki Haley, che ha commentato così il disegno di legge: “Abbiamo davvero bisogno di vietare TikTok una volta per tutte e lasciate che vi dica perché. Ogni 30 minuti che qualcuno guarda TikTok in un giorno, diventa il 17% più antisemita e più pro-Hamas”. E c'è anche qualcosa di peggio, perché la legge non vieta solo TikTok. Conferisce anche al presidente il nuovo potere di vietare unilateralmente qualsiasi app o sito Web che ritenga costituisca una “minaccia alla sicurezza nazionale” se posseduto o controllato da un “avversario straniero”, come la Cina, ma anche Russia, Nord Corea e Iran. Addio libertà di parola e di associazione!
Quindi, in cambio di tanto dolore e di nulla di tangibile a vantaggio degli Stati Uniti e dei suoi cittadini, Israele viene celebrato come “il migliore e più stretto amico degli USA”, beneficiando nel contempo di miliardi di dollari regalatigli dai contribuenti statunitensi e una completa protezione politica conferitagli dai pagliacci che governano Washington, qualunque cosa faccia e qualsiasi danno effettivamente infligga al popolo o agli interessi statunitensi. In questo senso, la notizia più importante è la denuncia del leader della maggioranza al Senato Charles Schumer nei confronti del governo israeliano del primo ministro Benjamin Netanyahu, in un discorso di 40 minuti pronunciato dall'aula del Senato seguito da un tweet X.
Schumer, che è il deputato ebreo di più alto rango nel governo degli Stati Uniti, ha accusato Netanyahu di continuare la guerra di Gaza e di gestirla in modo tale da dimostrare che “privilegia la propria sopravvivenza politica ai veri interessi di Israele”. Schumer ha osservato che il governo israeliano, chiunque lo guidi, deve apportare “correzioni di rotta” e che “[Netanyahu] è stato troppo disposto a tollerare il bilancio delle vittime civili a Gaza, che sta facendo crollare il sostegno a Israele in tutto il mondo ai minimi storici. Israele non può sopravvivere se diventa un paria” tra le nazioni, cosa che in una certa misura è già avvenuta. Alla luce di ciò, Schumer ha raccomandato che "In questo momento critico, credo che una nuova elezione sia l'unico modo per consentire un processo decisionale sano e aperto sul futuro di Israele", ha detto Schumer, aggiungendo che è “un momento in cui tanti israeliani hanno perso la fiducia nelle idee e nella direzione del loro governo”.
Schumer ha anche criticato Netanyahu per aver rifiutato la proposta dell'amministrazione Biden di discutere l'istituzione di un governo palestinese subito dopo la fine della guerra. “Come sostenitore di Israele da sempre, è ormai chiaro per me: il governo di coalizione di Netanyahu non risponde più ai bisogni di Israele dopo il 7 ottobre. Il mondo è cambiato – radicalmente – da allora, e il popolo israeliano è soffocato in questo momento da una visione del governo bloccata nel passato”. Ha aggiunto che “come democrazia, Israele ha il diritto di scegliere i propri leader, e dovremmo lasciare che le cose seguano il loro corso. Ma la cosa importante è che agli israeliani venga data la possibilità di scegliere. È necessario un nuovo dibattito sul futuro di Israele. Secondo me, ciò si ottiene meglio indicendo nuove elezioni”.
Una nuova elezione non produrrebbe necessariamente un cambiamento nella politica di Gaza, dato che la maggior parte degli israeliani sostiene la guerra con un ampio margine, secondo i sondaggi d’opinione. Ma un sondaggio pubblicato a gennaio suggerisce che solo il 15% degli elettori vorrebbe che Netanyahu rimanga in carica dopo la fine del conflitto. Il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz, rivale di Netanyahu e molto probabile successore, sostiene sostanzialmente il massacro di Gaza in corso, salvo modeste differenze rispetto a quanto sta facendo attualmente il primo ministro.
Molti democratici del Congresso hanno elogiato il discorso di Schumer e il successivo tweet di X, ma i repubblicani negli Stati Uniti e i leader in Israele hanno subito risposto negativamente alle sue osservazioni. Il partito israeliano Likud afferma che Israele non è una “repubblica delle banane”, mentre il presidente della Camera Mike Johnson ha affermato in una dichiarazione: “È altamente inappropriato e semplicemente sbagliato che il senatore Schumer chieda nuove elezioni in Israele”. Il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell è d’accordo con questo giudizio: “È grottesco e ipocrita per gli statunitensi che si preoccupano eccessivamente dell’ingerenza straniera nella nostra democrazia chiedere la rimozione di un leader di Israele democraticamente eletto. Questo è senza precedenti”. Respingendo le critiche provenienti dai repubblicani, alcuni democratici hanno reagito, tra essi il senatore Mark Warner della Virginia, che ha osservato: “Netanyahu non è stato certamente timido nel cercare di interferire nella politica statunitense”.
Il discorso di Schumer deve essere contestualizzato. Schumer, che è al Senato degli Stati Uniti da 25 anni, è sempre stato un forte e acritico sostenitore di ciò che fa Israele e di come gestisce la sua sicurezza. Ha richiamato il proprio cognome, che deriva dalla parola ebraica “shomer” che significa “protettore” o “guardiano”, per rivendicare apertamente di essere il “protettore di Israele” al Senato. Detto questo, è del tutto possibile che Schumer creda davvero che il continuo massacro di Palestinesi da parte di Israele, che prosegue senza sosta, stia causando gravi danni al futuro dello Stato ebraico. Molti altri eminenti ebrei statunitensi e amici di Israele, come Tom Friedman del New York Times, ammoniscono allo stesso modo che lo Stato ebraico sta agendo in modo sconsiderato, contro i propri stessi interessi. I sondaggi ci dicono che Israele è la nazione più disprezzata al mondo a causa delle torture, della fame e dell’uccisione totale di civili palestinesi. Dopo Israele, questi sondaggi collocano gli Stati Uniti, che stanno pagando il prezzo di essere i fornitori politici, finanziari e di armi di Netanyahu, consentendo le morti e rendendosi complici del conflitto. Tutto ciò fatto in gran parte segretamente da Biden e dal Segretario di Stato Anthony Blinken, e coperto da una serie di bugie.
L’impatto delle azioni israeliane sulle prossime elezioni negli Stati Uniti potrebbe aver motivato Schumer a parlare adesso mentre c’è ancora tempo per correggere la rotta e ridurre sia il bilancio delle vittime palestinesi sia il danno arrecato alla Casa Bianca. Il presidente Joe Biden quasi certamente avrebbe approvato il discorso di Schumer, ma non ha voluto andare troppo avanti sulla questione. Il trucco è quello di far sembrare il conflitto di Gaza come se fosse la guerra di Netanyahu, ribadendo al tempo stesso i propri principi “umanitari” in un modo da non dover giungere ad una condanna effettiva di Israele. Sarà difficile e non c’è certezza del successo, ma Schumer e Biden cominciano evidentemente ad avvertire l’odore di una possibile sconfitta elettorale a novembre, determinata proprio dalla guerra di Gaza e dal modo in cui la base del Partito Democratico e gli elettori indipendenti hanno reagito ad essa.
La Casa Bianca ha alleati potenti, cosa abbastanza interessante, nel Partito Repubblicano, che è stato trasformato in una irremovibile macchina di propaganda filo-israeliana, così come nei media mainstream, che continuano a coprire il massacro di Gaza in un’ottica filo-israeliana. In effetti, le osservazioni di Schumer sono arrivate, non a caso, il giorno dopo che i repubblicani del Senato avevano invitato Netanyahu a parlare come loro ospite speciale ad una prossima convention del partito a Washington. Gli elettori sinceramente contrari alla guerra potrebbero benissimo votare democratico ritenendolo il minore dei due mali, soprattutto tenendo presente il consiglio rivolto da Donald Trump agli israeliani di “completare il lavoro” coi Palestinesi. In ogni caso, è probabile che siano queste le cose che stanno attualmente frullando per le teste di Biden e Schumer, così come di coloro che dirigono la campagna del Partito Democratico.
Ma non vi fate ingannare: l’Amministrazione sta facendo in modo che coloro che vogliono continuare la lotta contro ciò che viene definita la minaccia terroristica internazionale (e che giustifica le guerre in corso) abbiano sempre qualche nuova guerra da promuovere. Lunedì scorso, nel corso di un’audizione annuale sulle minacce alla sicurezza globale tenutasi presso gli uffici del Senate Intelligence Committee, i massimi funzionari dell’intelligence USA hanno avvertito che la guerra a Gaza potrebbe incoraggiare i gruppi terroristici, che sono uniti nella loro opposizione agli Stati Uniti per il loro sostegno a Israele. “La crisi ha incoraggiato all’uso della violenza una serie di attori in tutto il mondo. E anche se è troppo presto per dirlo, è probabile che il conflitto di Gaza avrà un impatto generazionale sul terrorismo”, ha detto Avril Haines, che è ovviamente ebrea, direttrice dell’intelligence nazionale. Durante l’incontro il senatore Tom Cotton, repubblicano dell’Arkansas e convinto sostenitore di Israele, ha esortato il direttore della CIA William Burns e Haines a confutare le accuse dei critici secondo cui Israele sta “sterminando il popolo palestinese” con la sua campagna militare. In effetti, anche senza considerare gli apologeti sionisti come Cotton, nessuno dei presenti nella stanza ha suggerito che porre fine al genocidio israeliano potrebbe essere il modo migliore per porre fine alla proliferante minaccia terroristica.
E così la vita non si ferma. Il problema di come fare tutto ciò che Israele vuole senza dare l’impressione di farlo ha afflitto ogni Amministrazione statunitense fin dai tempi di Harry Truman, solo che è diventato sempre più difficile, man mano che il comportamento di Israele è peggiorato e i politici statunitensi sono diventati più corrotti e apertamente dipendenti dai soldi ebraici. Sarà interessante vedere se il discorso di Schumer avrà effettivamente una certa risonanza o servirà solo a ingannare l’opinione pubblica facendole credere che il governo statunitense abbia effettivamente riconquistato la propria indipendenza. Solo il tempo lo dirà, ma potrebbe diventare una competizione interessante, politicamente parlando, da qui a novembre.
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