Smacco diplomatico
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Afrique Asie, ottobre 2012 (trad. Ossin)
Sahara Occidentale. Il Centro Robert F. Kennedy ricorda al Marocco la necessità di rispettare i diritti dell’uomo nei territori annessi
Smacco diplomatico
Philippe Lebeaud
Colpo di intimazione al Marocco da parte del centro statunitense Robert F. Kennedy per la giustizia e i diritti dell’uomo (RFK Center). Ha sollecitato il rispetto dei diritti umani in Sahara Occidentale da parte del Marocco, ricordandogli che la sua sovranità su questo territorio, rivendicato dal Polisario e annesso da Rabat nel 1975, non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale, cosa che tuttavia non lo dispensa dall’obbligo di trattare i Saharawi applicando le regole internazionali. Il centro Kennedy sottolinea l’urgenza di instaurare un “meccanismo internazionale permanente finalizzato alla protezione dei diritti dell’uomo e del popolo saharawi”.
Autodeterminazione
Queste raccomandazioni sono contenute in un rapporto redatto all’esito di una visita in Sahara Occidentale da parte di una delegazione composta da giuristi e da esperti internazionali, oltre che dall’ex segretario generale dell’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), Erik Sottas, e guidata dal presidente del centro, Kerry Kennedy.
Senza prendere posizione sul tema del futuro assetto istituzionale del territorio – oggetto fin dal 1991 di un aspro negoziato tra il Polisario e Rabat – il rapporto insiste sul fatto che, dopo che la questione è stata affidata al Comitato dell’ONU per la decolonizzazione, “più di un centinaio di risoluzioni dell’ONU hanno riaffermato il diritto all’autodeterminazione dei Saharawi” e che, in attesa della soluzione definitiva del conflitto, occorre non nascondere la questione del rispetto dei diritti dell’uomo, a proposito dei quali il Marocco ha firmato e ratificato diversi trattati internazionali.
Riconoscendo i “positivi cambiamenti” apportati dalla nuova Costituzione marocchina, approvata col referendum del luglio 2011: criminalizzazione della tortura, delle detenzioni arbitrarie e delle sparizioni forzate, rispetto della libertà di espressione, creazione del Comitato nazionale per i diritti dell’uomo (CNDH), il rapporto invita ad applicare questi principi in Sahara Occidentale. Ciò “attraverso dei meccanismi appropriati che permettano il pieno esercizio del diritto delle persone sottoposte alla giurisdizione marocchina, senza distinzione tra Marocchini e Saharawi”.
La delegazione guidata da Kerry Kennedy si è recata a Laayoune, Dakhla e Smara, le tre principali città del Sahara Occidentale. Ha incontrato i rappresentanti di settanta ONG, con le quali ha avuto conversazioni riservate. Tra questi organismi rappresentativi della società civile, vi era anche il collettivo di Aminatou Haidar, eroina della causa saharawi. Qualche anno fa, proveniente dalla Spagna, la sua ostinazione nel voler rientrare in Sahara Occidentale come Saharawi, nonostante il rifiuto del Marocco, ha occupato la cronaca diplomatica internazionale per settimane.
Ostacoli alla giustizia
I rappresentanti saharawi hanno raccontato ai loro interlocutori di diversi casi di sparizione, torture, detenzioni arbitrarie, brutalità poliziesche, minacce, intimidazioni ed esecuzioni extragiudiziarie. Hanno altresì denunciato la violazione del loro diritto alla libertà di espressione, di riunione e di associazione. Le testimonianze sulle brutalità poliziesche contro i manifestanti pacifici sono venute dai Saharawi del territorio. La delegazione statunitense rileva da parte sua di avere assistito a un incidente: una donna che manifestava pacificamente aggredita dalla polizia. Ma tale testimonianza è stata contestata dal ministero marocchino dell’interno.
Lungo tutto il percorso e per tutta la durata del soggiorno, la delegazione di Kerry Kennedy afferma peraltro di avere constatato “la presenza di diversi veicoli militari o di polizia che stazionavano in quasi tutti gli angoli delle strade” e di essere stati oggetto di una costante sorveglianza da parte di agenti di polizia marocchina in abiti civili.
“La maggiore preoccupazione per la delegazione è la quasi assoluta impunità” di cui beneficiano le forze dell’ordine marocchine, secondo il Centro. Riferisce che molti Saharawi sono stati arrestati, inquisiti penalmente e accusati di tradimento per avere criticato il governo marocchino durante un viaggio in Algeria. Una delle maggiori preoccupazioni espresse dai difensori saharawi dei diritti dell’uomo è il “diniego delle autorità marocchine di concedere il riconoscimento alle organizzazioni della società civile e soprattutto quelle le cui opinioni dissentono con quelle del governo marocchino”, sottolinea.
Alcuni avvocati hanno riferito alla delegazione USA degli ostacoli (aggressioni, minacce, controlli, intimidazioni, impedimenti) posti dalle autorità alle loro attività di difesa dei militanti per i diritti dell’uomo che sono stati “imprigionati e torturati per avere partecipato a manifestazioni pacifiche”. Il rapporto esprime la “profonda preoccupazione (degli osservatori statunitensi) per eventuali rappresaglie contro le persone che hanno collaborato con il RFK Center”, durante la missione.
Mancanza di lucidità da parte marocchina
“La presenza massiccia di forze di sicurezza, le violazioni del diritto alla vita, alla libertà, all’integrità fisica, alla libertà di espressione, di riunione e di associazione creano un’atmosfera di paura e di intimidazione che viola le regole di diritto e il rispetto dei diritti dell’uomo del popolo saharawi (…) Il RFK Center chiede al governo marocchino di porre fine a queste forme di violenza contro il popolo saharawi che rivendica l’indipendenza del Sahara Occidentale”, reclama RFK Center.
Secondo Algeri, questa “requisitoria” rappresenta uno “smacco supplementare per la diplomazia marocchina”. Tanto più che segue quella delle Nazioni Unite sulla stessa questione e il rifiuto di Ban Ki-moon, segretario generale dell’ONU, di piegarsi alla volontà di Rabat che voleva la sostituzione dell’emissario speciale in questo conflitto, il diplomatico USA Christopher Ross, che il Marocco giudica “di parte”.
Rabat, da parte sua, ha violentemente respinto il rapporto del Centro, accusandolo di essere allineato alle tesi del Polisario e rimproverandogli di non avere ascoltato i dissidenti di questo movimento per equilibrare il suo giudizio. Questa polemica ha avuto una eco lontana al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove il ministro marocchino degli affari esteri, che difendeva i diritti dell’uomo in Siria, si è visto mettere a posto dal suo omologo siriano, che gli ha ricordato i suoi obblighi in Sahara Occidentale.