Stephen Zunes
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Il piano di autonomia proposto dal Marocco, sostenuto con entusiasmo dai governi nordamericano e francese come una ragionevole soluzione di compromesso ad un conflitto eterno, ha provocato enormi sofferenze al popolo saharaoui ed ha seriamente bloccato gli sforzi per fare avanzare la cooperazione strategica ed economica tra Marocco ed Algeria. Il Marocco ha perso l’occasione di rispettare i termini dell’accordo di cessate il fuoco del 1991, con la supervisione delle Nazioni Unite, che richiedeva un referendum libero ed equo circa le sorti del territorio. Una serie di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, così come il parere consultivo storico del 1975 della Corte Internazionale di Giustizia, hanno riaffermato il diritto del popolo del Sahara Occidentale all’autodeterminazione. Tuttavia la Francia e gli Stati Uniti hanno impedito al Consiglio di Sicurezza di assicurare l’osservanza delle sue risoluzioni a causa della palese preoccupazione di rinforzare la monarchia marocchina, considerata come un baluardo contro il comunismo ed il nazionalismo arabo radicale durante la guerra fredda e, più recentemente, come un alleato importante nella lotta contro l’estremismo islamista. Sfortunatamente il piano marocchino per l’autonomia non risponde più a quanto è necessario per giungere ad un regolamento pacifico del conflitto. Per soprammercato esso tenta di creare un precedente pericoloso che minaccia le fondamenta stesse del sistema giuridico internazionale dopo la Seconda Guerra mondiale.
L’indipendenza senza condizioni
La proposta marocchina poggia sull’ipotesi che il Sahara Occidentale faccia parte integrante del Marocco, una allegazione respinta da molto tempo dalle Nazioni Unite, dalla Corte Internazionale di Giustizia, dall’Unione Africana e larga parte dell’opinione giuridica internazionale. Accettare il piano di autonomia del Marocco significherebbe, per la prima volta dalla creazione delle Nazioni Unite, che la Comunità internazionale accetti l’espansione territoriale di un paese con la forza militare. Se il popolo del Sahara Occidentale accettasse un accordo di autonomia al posto dell’indipendenza, nell’ambito di un referendum libero ed equo, questo costituirebbe un atto legittimo di autodeterminazione. Tuttavia il Marocco ha espressamente chiarito che la proposta di autonomia “esclude, per definizione, la possibilità di ogni opzione di indipendenza da sottoporre” al popolo del Sahara Occidentale, la cui grande maggioranza, secondo gli esperti, è favorevole alla indipendenza senza condizioni. Essendo chiaro che il Marocco non ha mai rispettato le sue promesse nei confronti della comunità internazionale per quanto concerne il referendum stabilito dalle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale e le connesse obbligazioni basate sull’accordo di cessate il fuoco di 17 anni fa, non si può certo avere la certezza che il Regno mantenga le sue promesse di accordare una vera autonomia al Sahara Occidentale. Un’attenta lettura della proposta, infatti, solleva domande a proposito del modo in cui una tale autonomia viene offerta. Le questioni importanti, come il controllo delle risorse naturali del Sahara Occidentale e l’applicazione della legge (al di là delle giurisdizioni locali), restano ambigue. Per soprammercato sembra che la proposta preveda che tutti i poteri che non vengono specificamente assegnati alla regione autonoma restino di competenza del Regno. L’incoraggiamento di un tale compromesso e il tentativo di trovare una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti costituiscono certamente la via preferibile per cercare una regolamento pacifico e durevole ai conflitti etnici ed ai diversi conflitti internazionali.
L’esempio di Timor est
Il Sahara Occidentale è un caso chiaramente definito di autodeterminazione per un popolo che lotta contro l’occupazione militare straniera. Il Fronte Polisario ha già offerto garanzie a protezione degli interessi strategici ed economici del Marocco nel caso in cui ottenesse l’indipendenza. L’insistenza che il popolo del Sahara Occidentale debba rinunciare al suo diritto legale e morale ad una vera autodeterminazione non è un modo per risolvere il conflitto ma finirebbe piuttosto col creare un conflitto più serio per l’avvenire. A causa delle minacce di veto nordamericane e francesi, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è riuscito ad inquadrare la questione del Sahara Occidentale nell’ambito del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, ciò che conferirebbe alla comunità internazionale il potere di imporre sanzioni o di esercitare altre forme appropriate di pressione per costringere il regime marocchino ad adempiere alle disposizioni dell’ONU, che non ha fino ad oggi cessato di misconoscere. Il rifiuto del Fronte Polisario di rinunciare al diritto del popolo saharaoui all’autodeterminazione non deve quindi essere considerato come l’ostacolo maggiore alla soluzione del conflitto. Nel caso analogo di Timor est, è stato solo per effetto della pressione esercitata dalle organizzazioni per i diritti dell’uomo, degli organismi confessionali e di altri attivisti, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Australia ed in altri paesi, sui loro governi per porre fine al loro sostegno all’occupazione indonesiana che i regime di Giacarta ha alla fine accettato di organizzare un referendum che ha conferito agli abitanti di Timor est il loro diritto all’autodeterminazione.
Questo precedente potrà servire per una simile campagna in Europa ed in America del Nord che possa ottenere che le potenze occidentali tengano fede alle loro obbligazioni legali internazionali ed esercitino una pressione sul Marocco e permettano dunque al Popolo del Sahara Occidentale di decidere del proprio destino.