Ventotto giorni
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Ventotto giorni
Sta per passare il ventottesimo giorno di sciopero della fame e permane una situazione di stallo. La diplomazia si muove coi suoi tempi lunghi, ma non si intravvedono ancora soluzioni all’orizzonte.
La giornata di oggi è stata soprattutto segnata dall’incontro, a Washington, tra il Ministro degli esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, e la segretaria di stato USA, Hillary Clinton.
All’esito, nel corso di una conferenza stampa congiunta, Moratinos ha informato i giornalisti che durante l’incontro avevano affrontato anche il caso particolare di Aminatou Hadar e che Spagna e USA intendono cooperare per far sì che l’attivista ponga termine al suo sciopero della fame.
Sì, perché l’impegno sembra essere questo: non di ottenere il ritorno di Aminatou a casa sua, ma quello di convincerla (senza esercitare pressioni, quasi un suggerimento – ha precisato Moratinos ) che la sua causa “giusta e legittima” può essere combattuta senza necessità di continuare lo sciopero della fame.
Clinton, da parte sua, non ha detto una sola parola sul caso Haidar durante la conferenza stampa.
Conclusione deludente, dunque. I più ottimisti potranno trarre qualche speranza almeno dalle parole che Moratinos ha detto, parlando in generale del problema del Sahara Occidentale. Egli ha spiegato che sia la Spagna che gli Stati Uniti “intendono contribuire alla realizzazione di una integrazione regionale maghrebina”, per realizzare la quale è indispensabile che “Marocco ed Algeria” possano intendersi e che “Marocco e Fronte Polisario” raggiungano “una soluzione definitiva del problema del Sahara che permetta la libera autodeterminazione del popolo saharawi”.
Hayat Haidar, forte come la madre
Si è appreso il contenuto della lettera che Aminatou ha fatto avere ai figli per le mani della deputata spagnola Rosa Diez, la stessa che ieri, dopo l’incontro con la famiglia Haidar, è stata cacciata dalla casa dell’attivista El Ghalia Djimi, da parte di circa venti agenti di polizia.
"Ai miei cari Hayat e Mohammed Hayat e alla mia cara nipote Touta. Vi amo infinitamente e mi mancate tanto. Abbiate molta cura di voi. Vostra madre che pensa a voi in ogni istante. Vi adoro alla follia. Aminatou"
Rosa Díez si è intrattenuta coi ragazzi ed ha poi fatto sapere che il figlioletto appare molto colpito, mentre la figlia dimostra un carattere forte come quello della madre.
Se ne è accorto anche il giornalista di El Mundo che accompagnava la deputata e che ha rivolto alcune domande alla ragazza:
- "Chiederesti a tua madre di interrompere lo sciopero della fame e cedere?"
"Io soffro molto per questa situazione ma allo stesso tempo non posso chiederle di interrompere lo sciopero della fame", ha risposto Hayat in un francese corretto.
"Mia madre è un esempio da imitare. Siamo molto orgogliosi di lei ed è molto difficile per me rispondere a questa domanda. Non so se posso chiederglielo."
Correzione di tiro da parte di Clinton?
La stampa algerina continua a sostenere che Hillary Clinton abbia sostanzialmente corretto le posizioni favorevoli al piano di autonomia marocchina, manifestate a Marrakech ai primi dello scorso novembre. Il quotidiano L’Expression di oggi 14 dicembre 2009 pubblica un articolo a firma Mohamed Touati dal titolo: “Affaire Aminatou Haidar, Hillary Clinton parla a sproposito
E’ stata sufficiente una telefonata a fare piazza pulita di ogni ambiguità circa la posizione dell’amministrazione Obama in questa drammatica vicenda di rispetto della dignità umana. Il Nordamerica ufficiale si è spostato definitivamente dalla parte della lotta della partigiana saharawi. La diplomazia marocchina subisce un duro colpo. Venerdì l’ex First Lady USA e rappresentante della politica estera del suo paese ha telefonato al suo omologo marocchino. Gli ha posto delle domande sul caso di Aminatou Haidar, sullo stato di salute assai preoccupante da quando ha cominciato uno sciopero della fame. Gli ha partecipato la sua “inquietudine” a proposito dello stato di salute della pasionaria saharawi. “La nostra inquietudine per la salute della signora Haidar e l’auspicio che questa situazione possa risolversi al più presto”.
E’ con queste parole che il segretario di stato USA si è rivolto a Taieb Fassi Fihri, ministro marocchino degli affari esteri, che si trovava a New York venerdì, secondo quanto riferito da Ian Kelly, la portavoce del Dipartimento di Stato. Ricordiamo che la militante saharawi per i diritti dell’uomo era stata espulsa lo scorso 13 novembre dalle forze di occupazione marocchine di Laayoune verso l’isola di Lanzarote nell’arcipelago delle Canarie, per essersi rifiutata di indicare la “nazionalità marocchina” sulla carta di sbarco. La reazione dell’amministrazione USA è di fatto un richiamo all’ordine.
In effetti, già dal 26 novembre essa aveva manifestato la propria “preoccupazione” per lo stato di salute di Aminatou Hadar.
“Washington resta inquieta per il benessere e la salute della militante saharawi Aminatou Haidar, insignita del premio Robert F. Kennedy per i diritti dell’uomo 2008 e del premio 2009 al coraggio civile della Fondation Train” aveva sottolineato un precedente comunicato della diplomazia USA. Ecco che si rimettono le cose a posto a proposito della posizione di quest’ultima nei confronti del conflitto del Sahara Occidentale, considerata filo-marocchina e favorevole al piano di larga autonomia promosso dal Regno alauoita. E’ notorio che l’amministrazione Bush l’aveva sostenuto e, nel corso di una sua visita in Marocco all’inizio del mese di novembre 2009, la neo segretaria di stato USA ha lasciato intendere che la posizione del suo paese non era cambiata. Si è trattato di una semplice interpretazione? In ogni caso la stampa e i dirigenti marocchini l’avevano applaudita. Hillary Clinton, durante la sesta riunione ministeriale del Forum per l’avvenire, tenutosi a Marrakech dal 2 al 3 novembre 2009, aveva in effetti rilasciato un’intervista all’agenzia di stampa ufficiale MAP: “Si tratta di uno schema che, come sapete, è stato avviato sotto l’Amministrazione Clinton, è stato riaffermato sotto l’amministrazione Bush e resta la politica degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Obama. Attualmente sosteniamo il processo delle Nazioni Unite, perché pensiamo che una soluzione pacifica delle difficoltà esistenti coi vostri vicini dell’est, del sud e dell’ovest sia nell’interesse di tutti… Io non voglio che vi siano dubbi, nella regione o altrove, a proposito della nostra politica che resta uguale”.
Nessuno ignora che il presidente USA, appena insignito del premio Nobel per la pace, è stato sollecitato, a inizio mandato, da numerosi senatori democratici, guidati da loro emblematico capofila, scomparso il 25 agosto scorso, a sostenere la realizzazione di un referendum di autodeterminazione in Sahara Occidentale. “Nel momento in cui assume il suo incarico – avevano scritto Ted Kennedy ed i suoi compagni – noi chiediamo con insistenza a lei ed alla sua amministrazione di agire per sostenere il popolo del Sahara Occidentale nel suo diritto all’autodeterminazione attraverso l’organizzazione di un referendum libero, giusto e trasparente”.
Aminatou Hadar che simboleggia più di ogni altro il sogno di libertà del popolo saharawi per la feroce resistenza che oppone alle forze di repressione marocchine, mettendo a rischio anche la propria vita, ha suscitato l’ammirazione della comunità internazionale.
Che ha messo all’indice e condannato unanimemente la repressione marocchina. L’organizzazione USA Human Rights Watch, che ha investito del problema anche il Commissariato europeo dei diritti dell’uomo, ha manifestato anch’essa la sua preoccupazione per la situazione drammatica che vive Aminatou Haidar dopo la sua espulsione dal Marocco. “Human Rights Watch esprime la sua inquietudine perché le autorità spagnole non hanno aiutato la militante saharawi a tornare a casa. Questa espulsione è un attentato al diritto del popolo saharawi all’autodeterminazione”, ha concluso il comunicato dell’organizzazione internazionale.