Più di mille firme per la liberazione dei 6 saharawi detenuti a Salé


L’appello lanciato da Ossin per la liberazione dei 7 (oggi sono 6, dopo la scarcerazione di Idegja Lachgar per gravi motivi di salute) saharawi detenuti nel carcere militare di Salé, e che ha visto come primi firmatari l’on. Antonio Bassolino (al momento presidente della Regione Campania) e l’on. Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli,  ha raccolto oltre 1000 adesioni. Una bella soddisfazione per un piccolo gruppo come Ossin, sia per la quantità che per la qualità dei firmatari.
Si tratta di firme che in qualche caso non sono a titolo individuale, ma rappresentano organismi, gruppi o associazioni: è il caso della sezione Campania di Magistratura Democratica, della Camera Penale di Napoli, della sezione napoletana di Antigone, dell’Associazione L.E.S.S, del gruppo sinistra svegliati di Napoli. In altri casi i firmatari sono dirigenti di importanti organismi: il Cisp, l’Osservatorio Euromediterraneo e del Mar Nero, l’ Arci Modena, la CGIL.
Di assoluto prestigio sono i nomi di molti degli aderenti, ricordiamo solo – tra i tanti – l’on. Avv. Vincenzo Siniscalchi, il prof. Giuseppe Cataldi, la prof. Valeria Del Tufo, il prof. Giuliano Balbi, gli onorevoli Maria Grazia Gatti e Carmen Motta, il presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, dott. Sergio Mattone. E il regista Mario Martone, e Toni Servillo, certamente uno dei più grandi attori italiani.
 Per raggiungere il numero di mille (esattamente 1015), bisogna poi aggiungere all’elenco decine e decine di magistrati, avvocati, impiegati, pensionati, studenti, operai, professionisti, disoccupati, precari, casalinghe (c’è anche una”casalinga per necessità”), commercianti, imprenditori, medici, giornalisti, professori, docenti, ricercatori, artigiani, agricoltori, componenti di organismi elettivi, operatori sociali… una vera e propria rappresentanza di tutto il corpo sociale.
Il fatidico numero “1000” viene toccato in un momento molto importante:  Ali Salem Tamek, Brahim Dahane, Ahmad Anasiri, Yahdih Ettarrouzi, Saleh Lebavhi e Rachid Sghavar sono in sciopero della fame da un mese. Chiedono una cosa molto semplice: di essere liberati. Dalle notizie che abbiamo, sono tutti molto provati ma il loro morale è altro, e questa è la cosa più importante.
La loro detenzione è diventata ormai una tragica farsa. Ricordiamo che sono stati arrestati l’8 ottobre 2009 all’aeroporto di Casablanca, di ritorno da un viaggio nei campi dei rifugiati di Tindouf, dove si erano recati in visita ai loro fratelli separati, i saharawi fuggiti durante la guerra di occupazione marocchina e sistemati da 35 anni in  accampamenti di fortuna. Il governo marocchino li ha accusati di delitti terribili: tradimento, intelligenza col nemico, delitti puniti con la morte.
Erano i giorni in cui il re Mohammed VI aveva lanciato un ultimatum ai “separatisti dell’interno”: o capitolate, riconoscendo la sovranità marocchina, o contro di voi ci sarà una guerra senza quartiere. E subito era cominciata, con il sequestro dei passaporti  di molti militanti dell’intifada pacifica, l’espulsione senza complimenti gli stranieri che si recavano in Sahara Occidentale per visitarli, l’arresto e il pestaggio di giovani e ragazze… Una campagna culminata nell’assurda espulsione di Aminatou Haidar dal paese e l’inumano divieto di far ritorno a casa sua. Poi, la coraggiosa lotta della militante saharawi ha costretto le autorità marocchine a fare marcia indietro e, da allora, le cose sono sensibilmente migliorate.
Tra il 21 e il 22 febbraio undici saharawi (Ambarka Aalina e la sua bambina, Izana Amaidane, Ennaama Asfari, Brahim Sabbar, Ahmed Sbai, Hamia Ahmed, Aatiko Baray, Ismaili Brahim, L’Amjaid Sid Ahmed, Tahlil Mohammed, Banga Sheikh) sono partiti alla volta dei campi di Tindouf, hanno ripercorso tappa per tappa, tutto il giro (di incontri e riunioni) che erano valsi ai sei ancora in carcere le accuse di tradimento e intelligenza col nemico. Ebbene, al loro rientro i Marocco… non è successo nulla.
E, dopo di loro, ancora un altro gruppo, e un terzo è in procinto di fare altrettanto nei prossimi giorni.
La logica della forza, che caratterizza i paesi che non sono Stati di diritto come il Marocco, impedisce alle autorità di porre in essere azioni repressive che, soprattutto dopo lo smacco del ritorno di Aminatou Haidar, sarebbero per loro estremamente imbarazzanti di fronte all’opinione pubblica internazionale.
Ma ancora più assurda è diventata oggi la situazione dei sei detenuti di Salé, arrestati per qualcosa che è oramai consentita a tutti, tranne che a loro. Detenuti in attesa di un processo che non si sa se e quando si farà.
Sono dunque preziose queste mille firme, che trasmetteremo al Ministro degli esteri, on. Franco Frattini, al presidente della Commissione diritti umani del Senato, sen. Pietro Marcenaro, in occasione di una audizione che Ossin avrà nella prima settimana di maggio, e al presidente del Comitato diritti umani della Camera dei deputati, on. Fulvio Colombo.
Chiediamo che le istituzioni italiane facciano pressione sul Governo del Marocco per una soluzione umanitaria del caso. Prima che sia troppo tardi, prima che lo sciopero della fame trasformi la farsa in tragedia.
Ai firmatari dell’appello non sapremmo cosa dire, se non un “grazie” militante.
Napoli, 23 aprile 2010

Il presidente di Ossin
Nicola Quatrano
 

   



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