Una lettera dal Sahara Occidentale
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Lettera dal Sahara
Il movimento degli accampamenti di El Aayoune e di altre città che è stato violentemente represso a Boujdour, La Playa, Smara e Dakhla dal dieci ottobre non è del tutto un movimento spontaneo, ma ha avuto dei precedenti in altre iniziative, che pure sono state violentemente represse, con centinaia di feriti e decine di arresti. Per ricordare alcune delle iniziative con le quali la popolazione autoctona saharawi ha lottato per rivendicare i suoi diritti socio-economici (solo questi, dal momento che le autorità vietano le rivendicazioni politiche), possiamo citare: i fatti di Laayoune del settembre 1999, quando polizia ed esercito marocchini sono intervenuti mobilitando anche centinaia di milizie civili marocchine dotate di armi bianche contro i cittadini saharawi. Ancora, le manifestazioni socio-economiche a Smara che hanno impedito la prevista visita del re Mohammed VI nel 2002 o 2003, e anche in questa occasione la repressione violenta che ha accompagnato questi fatti ha provocato decine di feriti e di prigionieri. E non bisogna dimenticare tutti i piccoli avvenimenti rivendicativi dei diritti socio-economici che vi sono stati dappertutto nei territori, da Dakhla a Boujdour, a Tarfaya, Tantan, Guelmin e Assa, a partire dalla fine degli anni 1990, quando il Marocco comincia a raccontare di essere diventato uno Stato di diritto e democratico.
Prima di allora, i Saharawi dei territori occupati non potevano assolutamente parlare, tenuto conto dell’embargo mediatico e militare imposto alla regione.
Dunque non è corretto né giusto sostenere che i fatti di questi giorni siano occasionali e spontanei. E’ successa la stessa cosa quando è sorto il movimento per il rispetto dei diritti umani. Preso atto delle violazioni gravi commesse dallo Stato marocchino nei territori occupati, un piccolo gruppo di dodici ex-desaparecidos liberati nel 1991 (Comité du Coordination Délégué des ex disparus saharaouis) ha assunto l’iniziativa di lavorare su questo dossier. Essi sono stati bloccati e posti in residenza controllata fino al 1998, quando hanno potuto allontanarsi dalla regione e trasferirsi a Rabat, dove hanno potuto lavorare grazie al sostegno di ONG internazionali, come Amnesty International e di rappresentanti diplomatici, soprattutto degli USA. Da allora il movimento è cresciuto costantemente.
E’ vero che l’imponenza dell’accampamento di Laayoune ha potuto definitivamente smentire le grandi menzogne che il Marocco ha diffuso nel mondo per convincere la comunità internazionale, soprattutto l’Unione Europea, quando si è trattato di firmare gli accordi commerciali in materia di pesca, di vendita di fosfati, dei prodotti agricoli di Dakhla, della vendita della sabbia delle dune del Sahara Occidentale occupato, e di turismo marittimo, per sostenere che la popolazione autoctona beneficia del ricavato di questi accordi. Quanto sta accadendo smaschera il vero volto dello stato marocchino. E quando noi, difensori dei diritti umani, abbiamo segnalato in ogni occasione alla comunità internazionale e alle delegazioni che visitano ufficialmente il territorio le difficili condizioni di vita della maggioranza della popolazione autoctona saharawi, che è quella che paga più di tutti i prezzi del conflitto col genocidio, la separazione delle famiglie, l’emarginazione, le sparizioni, gli arresti arbitrari, la repressione e l’intimidazione quotidiana, impedendo a noi difensori dei diritti umani di contattarli, quando abbiamo segnalato questo, ci hanno definito separatisti comprati dall’Algeria.
Dunque questo esodo massiccio dei Saharawi da Laayoune rafforza la nostra credibilità e mostra con chiarezza la realtà delle condizioni di vita miserabili dei Saharawi e pone la Comunità internazionale (ONU, EU, Coscienza Universale) davanti alle sue responsabilità morali e storiche per risolvere questo conflitto dimenticato.
Infine non si può estrapolare mai qualsiasi iniziativa del popolo oppresso dal contesto del conflitto. Bisogna porsi sempre la domanda sul perché questa popolazione viene tanto emarginata, repressa e tutti i suoi diritti fondamentali sono violati dal 1975. Perché viene punita in forma collettiva? Perché hanno aperto il fuoco sui civili del campo di Laayoune, nonostante vi sia un accordo di cessate il fuoco da 19 anni? E perché un bambino è stato ucciso? Per quale ragione si fa tutto questo contro la popolazione autoctona?
La risposta è perché i loro figli, figlie e genitori sono membri del Fronte Polisario, perché i mariti delle donne sparite per 16 anni erano soldati dell’esercito popolare di liberazione di Saguia El Hamra e Rio de Oro e perché sono loro sotto occupazione e difendono l’autodeterminazione del popolo saharawi, con pacifismo e coraggio dal 1975.
El Ghalia Djimi