Cronologia della rivoluzione tunisina
- Dettagli
- Visite: 11144
Cronologia della Rivoluzione Tunisina
Roma, 8 febbraio 2011 - Il volo per Tunisi è incredibilmente vuoto, in tutto saremo una ventina di persone, compresi i francesi costretti a fare scalo a Roma perché l’Air France ha sospeso i voli.
Arrivo a Tunisi alle 22.30 e l’aeroporto è semivuoto, manca solo 1 ora e mezza all’inizio del coprifuoco e bisogna fare presto. L’umo che è venuto a prendermi mi trascina verso l’auto e subito partiamo. Usciamo dal parcheggio senza pagare: “E’ di proprietà della famiglia Trabelsi (la moglie di Ben Ali), non si deve pagare”.
Il centro di Tunisi è deserto, qualche ragazzo schiamazza in avenue Bourghiba inneggiando alla libertà conquistata. Sta per scattare il coprifuoco e non c’è nessun locale aperto. Questa sera si va a letto senza cena.
La rivoluzione tunisina
L’atto simbolico col quale inizia la “rivoluzione tunisina” è il suicidio di Mohamed Bouazizi, il giovane diplomato disoccupato che si arrangiava vendendo frutta e verdura su una bancarella abusiva e che ha risposto al sequestro della merce da parte di una guardia municipale, dandosi fuoco davanti al Palazzo del comune.
Questo avveniva il 17 dicembre 2010 a Sidi Bouzid, una piccola città dell’interno povero della Tunisia. IL 3 gennaio 2011, Mohammed moriva dopo una atroce agonia.
Calendario degli avvenimenti:
17 dicembre 2010 – decine di commercianti e di giovani si uniscono alla famiglia di Bouazizi per manifestare la loro protesta. Durante il week-end le manifestazioni diventano più ampie; la polizia tenta di disperderle ma la situazione degenera: diversi agenti e manifestanti restano feriti, si operano degli arresti.
22 dicembre 2010 – un altro giovane, Houcine Neji, di 24 anni, si arrampica su un pilone dell’alta tensione gridando che non vuole “più miseria, più disoccupazione”. Mentre diverse persone lo supplicano di scendere, il giovane afferra i cavi morendo fulminato. Subito la rivolta riprende più violentemente e si estende alle città vicine di Merknassy e Menzel Bouzaiene. In quest’ultima i manifestanti incendiano il municipio e assediano i locali della Guardia nazionale.
24 dicembre 2010 – la rivolta si propaga nel centro del paese, soprattutto a Menzel Bouzaiene, dove Mohamed Ammari viene ucciso da colpi d’arma da fuoco esplosi dalla polizia. Anche altri manifestanti vengono feriti, tra cui Chawki Belhoussine El Hadri che muore il 30 dicembre. La polizia dichiara di aver sparato per legittima difesa. Un quasi coprifuoco viene imposto sulla città dalla polizia.
27 dicembre 2010 – rispondendo all’appello di militanti sindacali, la rivolta raggiunge la capitale Tunisi, dove circa 1000 cittadini esprimono la loro solidarietà a Bouazizi ed ai manifestanti di Sidi Bouzid. L’indomani l’UGTT tenta di organizzare un sit-in a Gafsa ma la polizia lo impedisce. Nello stesso tempo circa trecento avvocati manifestano davanti alla sede del Primo Ministro a Tunisi.
28 dicembre 2010 – Ben Ali va al capezzale di Mohamed Bouazizi. Lo stesso giorno critica, in un discorso diffuso in diretta dalla televisione nazionale, i manifestanti che sarebbero solo “una minoranza di estremisti e agitatori”, annuncia sanzioni severe a loro carico e se la prende con le televisioni straniere che accusa di divulgare notizie menzognere e di essere responsabili dei disordini. Ma il suo discorso non produce gli effetti sperati e anzi la rivolta si estende in altre città, Gafsa, Sousse, Gabes e Kasserine.
29 dicembre 2010 – Ben Ali fa un rimpasto di governo, dimettendo il ministro della Comunicazione e annunciando cambiamenti alla testa di quello del Commercio e degli Affari religiosi e della Gioventù. L’indomani annuncia il mutamento dei governatori di Sidi Bouzid, Jendouba e Zaghouan.
30 dicembre 2010 – la polizia disperde una manifestazione a Monastir e ricorre alla forza contro manifestazioni a Sbikha e Chebba.
31 dicembre 2010 – I movimenti sociali proseguono e continua la mobilitazione degli avvocati a Tunisi. Mokhtar Trifi, presidente della Ligue tunisienne des droits de l’homme, dichiara che alcuni avvocati sono stati “selvaggiamente picchiati”.
3 gennaio 2011 – le manifestazioni contro la disoccupazione e il carovita degenerano a Thala: duecentocinquanta persone, per lo più studenti, sfilano in sostegno ai manifestanti di Sidi Bouzid ma vengono dispersi dalla polizia. Per reazione incendiano degli pneumatici e attaccano la sede del RCD (il partito del presidente).
6 gennaio 2011 – continuano le manifestazioni e il movimento di arricchisce di altre componenti della società tunisina, come gli avvocati che scendono in sciopero per protestare contro la violenza poliziesca.
8 gennaio 2011 – un commerciante di 50 anni si immola a Sidi Bouzid. Gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine sono sempre più violenti.
9 gennaio 2011 – 14 civili sono uccisi da colpi d’arma da fuoco a Thala, Kasserine e Regueb.
10 gennaio 2011 – un altro giovane diplomato di Sidi Bouzid si uccide, portando a 5 il numero dei suicidi. Proseguono gli scontri nel triangolo Thala-Kasserine-Regueb. A Tunisi gli studenti manifestano e la polizia antisommossa circonda l’università El Manar. Nella banlieue di Tunisi scoppiano scontri violenti. Ben Ali riprende la parola per denunciare i “delinquenti incappucciati che commettono imperdonabili atti di terrorismo… al soldo dello straniero, che hanno venduto la loro anima all’estremismo e al terrorismo”.
12 gennaio 2011 – Il Primo ministro annuncia il siluramento del ministro degli interni e la liberazione di tutte le persone arrestate dall’inizio del conflitto, nella speranza di spegnere la rivolta.
13 gennaio 2011 – Ben Ali annuncia che non si presenterà nel 2014; impartisce altresì alla polizia l’ordine di non sparare sui manifestanti, annuncia la libertà di stampa e di internet e la riduzione dei prezzi di alcuni prodotti alimentari. Il capo di stato maggior dell’esercito, il generale Rachid Ammar rifiuta di sparare sui manifestanti. Viene dimesso dalle funzioni.
14 gennaio 2011 – Viene dislocato l’esercito a Tunisi ma nuovi scontri scoppiano in centro e le forze dell’ordine reprimono le manifestazioni. In fine pomeriggio il militante comunista Hamma Hammami viene arrestato. A Douz vengono uccisi due civili, tra cui un Francese di origine tunisina. Un altro morto a Thala e cinque feriti da colpi d’arma da fuoco si registrano a Sfax. Lo stesso giorno, alle 15.15, Ben Ali annuncia lo scioglimento del governo e l’indizione di elezioni anticipate nei sei mesi, poi alle 16.00 decreta lo stato di emergenza e il coprifuoco. Nonostante ciò la contestazione aumenta mentre l’esercito non obbedisce a Ben Ali e comincia a proteggere i manifestanti contro i poliziotti. A questo punto il presidente Ben Ali è costretto a lasciare il paese. Verso le 18 il primo ministro, Mohamed Ghannouchi, annuncia l’assunzione della presidenza ad interim, ai sensi dell’art. 56 della Costituzione.
15 gennaio 2011 – il presidente del parlamento, Foued Mbazaa, è proclamato presidente della Repubblica ad interim dal Consiglio Costituzionale in virtù dell’articolo 57 della Costituzione, escludendo così il ritorno alla testa dello Stato di Ben Ali, e ostacolando il piano di rientro ideato dalla guardia presidenziale. Lo stesso giorno una rivolta di detenuti nella prigione di Mahdia viene repressa dalle guardie, che provocano decine di morti. Per evitare altre violenze, il direttore della prigione decide di liberare tutti i detenuti, in numero di 1000 o 1200. Quarantadue prigionieri periscono lo stesso giorno nell’incendio della prigione di Monastir, in seguito al quale i detenuti vengono liberati.
16 gennaio 2011 – In seguito al verificarsi di molte estorsioni e saccheggi realizzate da bande armate di miliziani, viene emesso un mandato di arresto nei confronti del generale Ali Seriati, capo della sicurezza di Ben Ali, accusato di essere il fomentatore di queste manovre di destabilizzazione e di “complotto contro la sicurezza interna dello Stato”. Lo stesso giorno l’esercito assalta il Palazzo di Cartagine che ospita dei membri della guardia presidenziale restati fedeli a Ben Ali. Lo stesso giorno ancora, il potere interinale annuncia la costituzione di un governo provvisorio dal quale resteranno escluse figure importanti del regime di Ben Ali. Moncef Marzouki annuncia il suo ritorno dall’esilio e Rached Ghannouchi dichiara che non si presenterà come candidato alle prossime elezioni presidenziali, ma che il movimento islamista intende partecipare alle elezioni legislative.
17 gennaio 2011 – Appena costituito il governo di transizione, Mohamed Ghannouchi annuncia la liberazione di tutti i prigionieri di opinione, l’eliminazione di ogni divieto per la LTDH (Lega Tunisina per i diritti umani), la libertà d’informazione. Nello stesso giorno si registrano manifestazioni spontanee e scontri a Tunisi e in altre città per protestare contro la composizione del governo considerata “troppo RCD” e per lo scioglimento del partito presidenziale.
18 gennaio 2011 – migliaia di persone manifestano in tutto il paese contro la presenza di ministri dei governi Ben Ali nel governo di transizione.
20 gennaio 2011 – la prima riunione del governo provvisorio ha per ordine del giorno il progetto di un’amnistia generale e di separazione tra le strutture dello Stato e quelle del partito di Ben Ali (RCD). I ministri che appartenevano a quest’ultimo partito annunciano di essersi dimessi dallo stesso.
21 gennaio 2011 – il Primo ministro Mohammed Ghannouchi annuncia alla televisione che abbandonerà la politica dopo avere assicurato la transizione.
22 gennaio 2011 – vi sono manifestazioni per un nuovo governo privo di esponenti del vecchio regime e con rivendicazioni di carattere sociale e settoriale: i dipendenti comunali reclamano il miglioramento delle condizioni di lavoro, dipendenti di imprese chiedono aumenti salariali… Lo stesso giorno numerosi poliziotti in borghese e in uniforme sfilano per le strade di Tunisi per chiedere la creazione di un sindacato di polizia. Sempre nello stesso giorno una carovana di diverse centinaia di giovani provenienti dal centro-ovest del paese marcia su Tunisi per reclamare l’esclusione dal governo delle personalità del vecchio regime.
23 gennaio 2011 – i manifestanti, cui si sono aggiunti centinaia di tunisini, istituiscono un presidio nella Kasbah (Piazza del governo), determinati a far cadere il governo di transizione.
24 gennaio 2011 – continua il presidio e si registra qualche scontro con le forze dell’ordine.
25 gennaio 2011 – continua il presidio mentre il governo effettua delle consultazioni per “portare dei miglioramenti alla composizione inziale”.
26 gennaio 2011 – il presidio continua e si registrano scontri tra manifestanti e polizia. L’esercito si interpone tra loro. Nel frattempo, nel corso di una conferenza stampa, Lazhar Karooui Chebbi, ministro della giustizia, annuncia una serie di misure, tra cui soprattutto l’emissione di un mandato di arresto internazionale contro Ben Ali, sua moglie e certi familiari per “acquisizione illegale di beni mobili e immobili” e “illecito trasferimento di valuta all’estero, chiedendo la collaborazione dell’Interpol.
27 gennaio 2011 – dopo tre giorni di negoziati e transazioni difficili, Mohamed Ghannouchi presenta un nuovo governo e provoca un’esplosione di gioia tra i manifestanti della piazza della Kasbah, accampati li da quattro giorni.
7 e 9 febbraio 2011 – le due Camere del Parlamento tunisino votano una legge che consente al presidente ad interim di emanare decreti-legge. Inoltre il partito presidenziale RCD viene sospeso, le sue attività vietate, le sedi chiuse, in vista dello scioglimento.
8 febbraio 2011 – il ministero della difesa annuncia il richiamo dei riservisti, mentre continuano le voci di complotti e le manifestazioni.
10 febbraio 2011 – Movimenti in corso in seno alla centrale sindacale unica UGTT, dove prevale l’ala sinistra che chiede un cambio di direzione, giudicata troppo debole nei confronti del vecchio regime.
(segue...)