Ucraina, controffensiva sul fronte orientale
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Il Manifesto, 19 maggio 2014
Ucraina, controffensiva sul fronte orientale
Manlio Dinucci
Russia-Cina. Putin, rompe l’isolamento sull’Ucraina e risponde alle sanzioni occidentali con accordi strategici con Pechino
Mentre sull’Ucraina la Nato convoca domani a Bruxelles i 28 ministri della difesa per potenziare le sue forze in funzione anti-Russia, intensificando, come dichiara, anche l’addestramento di militari e paramilitari di Kiev (compresi gli squadristi che hanno tentato di assassinare il segretario del Pc ucraino?), e la Ue vara nuove sanzioni contro la Russia, la risposta viene non da Mosca ma dalla lontana Pechino. Il presidente Putin inizia oggi la sua visita ufficiale in Cina, durante la quale verrà firmata una trentina di accordi bilaterali, il cui primo effetto sarà quello di vanificare il piano di Washington mirante a «isolare la Russia di Putin recidendo i suoi legami economici e politici col mondo esterno».
Per centinaia di miliardi
La portata degli accordi è strategica. Un contratto del valore di 270 miliardi di dollari tra la compagnia statale russa Rosneft e la China’s National Petroleum Company prevede che la Russia fornirà alla Cina nei prossimi 25 anni oltre 700 milioni di tonnellate di petrolio. Un altro contratto prevede che la compagnia statale russa Gazprom fornirà alla Cina, entro il 2018, 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ossia circa un quarto di quello che fornisce oggi all’Europa. Avvalendosi anche di investimenti cinesi previsti in 20 miliardi di dollari, concentrati nelle infrastrutture, Mosca progetta di potenziare l’oleodotto tra la Siberia orientale e il Pacifico, affiancandolo con un gasdotto di 4000 km per rifornire la Cina. Pechino è interessata a effettuare investimenti anche in Crimea, in particolare per la produzione ed esportazione di gas naturale liquefatto, per l’ammodernamento dell’agricoltura e la costruzione di un terminal cerealicolo.
Abbandonare il dollaro…
Allo stesso tempo Mosca e Pechino stanno pensando di abbandonare il dollaro quale moneta per gli scambi nella regione asiatica. E la Russia sta progettando un proprio sistema di pagamenti, sul modello di quello cinese Union Pay, le cui carte di credito possono essere usate in oltre 140 paesi collocandosi al secondo posto mondiale dopo le Visa.
Ma, com’era facile intuire, la cooperazione russo-cinese non si limita al campo economico. I presidenti Xi Jinping e Valdimir Putin, preannunciano fonti diplomatiche, faranno una «sostanziale dichiarazione» sulla situazione internazionale. La convergenza di interessi strategici sarà esemplificata dall’esercitazione congiunta che le marine dei due paesi effettueranno nel Mar Cinese Meridionale, proprio dopo che nelle Filippine si è svolta una grossa esercitazione aeronavale Usa. Ed è praticamente concluso l’accordo militare, nel cui quadro Mosca fornirà a Pechino caccia multiruolo Sukhoi Su-35, sottomarini della classe Lada e i più avanzati sistemi di difesa missilistica S-400.
La «fiducia» in Asia
Per sottolineare la convergenza di interessi tra Mosca e Pechino, Putin interviene anche alla Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia (Cica) che, presieduta da Xi Jinping, si tiene a Shanghai oggi e domani, il 20–21 maggio, con la partecipazione tra gli altri del primo ministro iracheno Nouri al-Maliki, del presidente afghano Hamid Karzai e di quello iraniano Hassan Rouhani.
Uno schiaffo agli Stati uniti che, dopo aver speso nelle guerre in Iraq e Afghanistan 6mila miliardi di dollari vedono ora la Cina economicamente sempre più presente in questi paesi. In Iraq, essa compra circa la metà del greggio prodotto ed effettua grossi investimenti nell’industria petrolifera; in Afghanistan, investe soprattutto nel settore minerario, dopo che geologi del Pentagono hanno scoperto ricchi giacimenti di litio, cobalto, oro e altri metalli. E, aprendo all’Iran sbocchi ad est, Russia e Cina vanificano di fatto l’embargo effettuato da Usa e Unione europea.
Le sanzioni annunciate
Non vanno meglio le cose per Washington sul fronte occidentale. La possibilità, prospettata dall’amministrazione Obama, di ridurre di oltre il 25% entro il decennio le forniture di gas russo all’Europa per sostituirle con gas naturale liquefatto fornito dagli Stati uniti, si sta rivelando un bluff. Lo conferma il fatto che, nonostante le sanzioni annunciate da Berlino, società tedesche continuano a investire nell’industria energetica russa: la Rma Pipeline Equipment, produttrice di valvole per oleodotti e gasdotti, sta aprendo il suo più grosso impianto nella regione del Volga. E la Gazprom ha già firmato tutti i contratti, tra cui uno da 2 miliardi di euro con l’italiana Saipem (Eni), per la realizzazione del gasdotto South Stream che, aggirando l’Ucraina, porterà il gas russo attraverso il Mar Nero fino in Bulgaria e da qui nella Ue. Anche se gli Usa riuscissero a bloccare il South Stream, la Russia potrebbe dirottare il gas fino alla Cina. Ormai è aperto l’«East Stream».