La Voce del Padrone mente
Caitlin Johnstone
Molti giornalisti statunitensi sono stati arrestati nonostante il New York Times sostenga che simili cose non accadono negli USA
In una esibizione scioccamente sfacciata di autoritarismo, la polizia ha arrestato l’altro giorno un reporter della CNN, Omar Jimenez, mentre stava coprendo in diretta le manifestazioni contro l’assassinio di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis.
(Traduzione) Le immagini del giornalista arrestato in diretta dalla polizia del Minnesota mentre faceva solo il suo lavoro sono state divulgate inavvertitamente. Li abbiamo visti comportarsi come fascisti, ma lui è disperato ed ha rinunciato a criticare la polizia per non perdere il suo *accreditamento*. Ecco cosa è la “stampa libera” negli Stati Uniti
Nel suo articolo sull’arresto di Jimenez, il New York Times ha fatto una dichiarazione veramente scioccante per inesattezza e ingenuità.
«Capita spesso nei paesi autocratici che dei giornalisti vengano arrestati nel corso di manifestazioni e scontri, ma ciò accade raramente negli Stati Uniti, dove la raccolta di informazioni è protetta dal primo emendamento», hanno scritto gli autori dell’articolo, Michael Grynbaum e Marc Santora.
Alcuni giornalisti indipendenti non hanno tardato a sottolineare l’assurdità di questa affermazione.
«Da qualche anno faccio reportage sulle manifestazioni e posso dire con certezza che i giornalisti che vengono arresti durante le manifestazioni e gli scontri non sono affatto rari», ha twittato il giornalista indipendente Ashoka Jegroo.
«Il New York Times ha bizzarramente, e in modo totalmente erroneo, dichiarato oggi che i giornalisti vengono raramente arrestati nel corso delle manifestazioni negli Stati Uniti», ha risposto il giornalista Ford Fischer, che copre regolarmente ogni tipo di manifestazioni negli Stati Uniti.
«Per me si tratta di una novità…. Perché sono stato arrestato diverse volte nel corso di manifestazioni», ha twittato Luke Rudkowski di We Are Change.
«Come giornalista indipendente che è stato arrestato nel corso delle manifestazioni per i casi di Eric Garner e Mike Brown a New York, direi questo: Quanto è successo a Omar Jimenez costituisce un rischio frequente e ben noto per i giornalisti indipendenti (soprattutto quelli di colore) negli Stati Uniti», ha twittato Andrew J Padilla. «Solidarietà con Omar Jimenez, ma purtroppo quanto gli è accaduto non è una novità».
Infatti solo un giornalista chiuso in quella torre d’avorio che sono i media mainstream, che non sa niente di che cosa sono le manifestazioni negli Stati Uniti, può credere che tali cose siano rare. E’ forse raro che dei reporter ben pagati di una grande emittente vengano arrestati in diretta alla televisione nazionale, ma troverete numerosi resoconti, provenienti da numerosi giornalisti, che sono stati regolarmente «fermati dalla polizia» nel corso di grandi manifestazioni, in qualunque località degli Stati Uniti negli ultimi anni.
«Il posto più pericoloso per un giornalista negli Stati Uniti è trovarsi in una manifestazione», sosteneva la Columbia Journalism Review nel 2017. «E’ una delle più importanti conclusioni del Press Freedom Tracker statunitense, un sito web imparziale nato ad agosto che documenta i problemi della libertà di stampa nel paese. A metà settembre, il database aveva già registrato 20 arresti e 21 aggressioni fisiche di giornalisti, per lo più in occasione di manifestazioni pubbliche».
Nessuno potrà dunque meravigliarsi se l’immaginetta dipinta dal New York Times – quella di un paese che venera il giornalismo quale nemico di ogni oppressione autocratica – sia stata oggetto di lazzi e battute nelle ore successive.
«I miei colleghi dell’US Press Freedom Tracker stanno indagando su più di venti violazioni della libertà di stampa avvenuti nel corso dei soli due ultimi giorni: giornalisti arrestati, aspersi di lacrimogeni, colpiti da proiettili di gomma», si legge in un recente tweet di Trevor Timm, direttore esecutivo della Freedom of the Press Foundation, che ha poi aggiunto: «Ho detto venti? Sono probabilmente il doppio o il triplo – e, cosa inquietante, saranno probabilmente molto di più quando finirà la notte».
Freedom of the Press Foundation è una organizzazione senza scopo di lucro che milita a favore della libertà di stampa. US Press Freedom Tracker è un sito dedicato alla documentazione delle violazioni della libertà di stampa negli Stati Uniti.
Per citare solo qualcuno degli avvenimenti delle ultime 24 ore, collegati a questa cosa che avviene solo nelle nazioni autocratiche:
Un reporter dello Huffington Post di nome Christopher Mattias è stato arrestato e condotto in carcere mentre copriva le manifestazioni di New York e portava visibilmente il suo accreditamento di giornalista attorno al collo.
Fiorella Isabel, del Convo Couch, è stata arrestata, ammanettata e interrogata mentre faceva un reportage sulla manifestazione di Los Angeles. «Non si sono preoccupati che fossi una giornalista», ha detto Isabel. «Mi hanno stretto le manette ai polsi tanto forte che le mie mani sono ancora arrossate e hanno trattato tutti come criminali».
Un commentatore e cronista di CNN, Keith Boykin, è stato arrestato e trattenuto per sei ore per avere coperto la manifestazione di New York. «La polizia mi ha stretto le manette ai polsi tanto forte da procurarmi dei lividi. Mi hanno trattenuto in un vano per un’ora. Poi un’altra ora in un bus della polizia dove si soffocava di caldo. Quindi mi hanno condotto al 1 Police Plaza e mi hanno chiuso in una cella con qualcosa come altre 35 persone, senza alcuna distanza sociale nonostante molti di esse non portassero mascherina», riferisce Boykin.
Ma questi sono solo gli arresti della giornata precedente. Ci sono ancora molti giornalisti contro i quali la polizia ha sparato proiettili di gomma o lacrimogeni, nonostante fossero identificabili perfettamente come esponenti della stampa.
Tutto ciò succede negli Stati Uniti dove queste cose non succedono. Perché gli Stati Uniti non sono un paese autocratico.
«Sono stato investito da gas al peperoncino e poi arrestato la notte scorsa dalla polizia di Minneapolis, anche se mi ero qualificato come giornalista RIPETUTAMENTE»
«E’ frequente che nei paesi autocratici dei giornalisti vengano arrestati nel corso di manifestazioni e scontri, ma è raro negli Stati Uniti, dove la stampa è protetta dal Primo Emendamento».
La visione suprematista del mondo che spinge qualcuno a scrivere cose tanto idiote è la stessa visione suprematista che un giornalista deve mostrare se vuole essere assunto e fare carriera in un media a forte visibilità come il New York Times. Ed è la stessa visione suprematista che spinge i giornalisti del New York Times ad acclamare le guerre imperialiste, gli interventi «umanitari», regimi e sanzioni, uno dopo l’altro.
Le persone che operano sul campo per documentare gli eventi importanti che si svolgono in tutti gli States fanno dei veri reportage e rendono un importante servizio alla società. Le persone che scrivono articoli sulla supremazia statunitense per il New York Times non fanno veri reportage e sono di fatto noci8vi per la società.
Ma indovinate chi otterrà più soldi e ricompense?
E’ per questo che la gente dorme, solo questo.
Speriamo che si svegli.
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