I Talebani a lezione di politica da Russia e Cina
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Unz Review, 18 agosto 2021 (trad.ossin)
I Talebani a lezione di politica da Russia e Cina
Pepe Escobar
La prima conferenza stampa dei Talebani dopo il terremoto geopolitico stile Saigon di questo fine settimana, concessa dal portavoce Zabihullah Mujahid, è stata di per sé un punto di svolta
Il contrasto non potrebbe essere più netto con quelle pressioni farneticanti che ascoltammo nell’ambasciata talebana di Islamabad dopo l'11 settembre e prima dell'inizio dei bombardamenti statunitensi, a dimostrazione che questo è un animale politico completamente nuovo.
Eppure alcune cose non cambiano mai. Le traduzioni in inglese rimangono atroci.
Di seguito un riassunto delle dichiarazioni più importanti dei Talebani, e qui (in russo) una carrellata molto dettagliata.
- Nessuna limitazione all’istruzione, anche universitaria, per le donne e al lavoro femminile. Dovranno solo indossare l'hijab (come in Qatar o Iran). Non sarà obbligatorio il burqa. I Talebani insistono: “tutti i diritti delle donne saranno garantiti entro i limiti della legge islamica”.
- L'Emirato Islamico “non minaccia nessuno” e non tratterà nessuno come nemico. Soprattutto, la vendetta - un asse essenziale del codice Pashtunwali - sarà abbandonata, e questo è senza precedenti. Ci sarà un'amnistia generale, anche per le persone che hanno lavorato per l'ex sistema allineato sulla NATO. I traduttori, per esempio, non saranno molestati e non avranno bisogno di lasciare il paese.
- La sicurezza delle ambasciate estere e delle organizzazioni internazionali “è una priorità”. Le forze di sicurezza speciali talebane proteggeranno sia coloro che lasciano l'Afghanistan sia coloro che rimangono.
- Verrà formato un governo islamico forte e inclusivo. “Inclusivo” significa che vi parteciperanno anche donne e sciiti.
- I media stranieri continueranno a lavorare indisturbati. Il governo talebano consentirà critiche e dibattiti pubblici. Ma "la libertà di parola in Afghanistan deve essere in linea con i valori islamici".
- L'Emirato islamico dei Talebani vuole il riconoscimento della “comunità internazionale” – ci si riferisce alla Nato. La stragrande maggioranza dell'Eurasia e del Sud del mondo lo riconoscerà comunque. È fondamentale notare, ad esempio, la progressiva integrazione della SCO (Shanghai Cooperation Organisation) in espansione – l'Iran sta per diventare membro a pieno titolo, l'Afghanistan è un osservatore – con l'ASEAN (Association of South East Asian Nations): la maggioranza assoluta dell'Asia non discriminerà i Talebani.
Per la cronaca, nella conferenza stampa hanno anche ricordato che i Talebani hanno preso il controllo di tutto l'Afghanistan in soli 11 giorni: è abbastanza esatto. Hanno sottolineato "ottimi rapporti con Pakistan, Russia e Cina". Eppure i Talebani non hanno alleati formali e non fanno parte di alcun blocco politico-militare. Sicuramente “non permetteranno all'Afghanistan di diventare un rifugio sicuro per i terroristi internazionali”. Questo è un riferimento a ISIS/Daesh.
Sulla questione chiave dell'oppio/eroina: i Talebani ne vieteranno la produzione. Praticamente si tratta di un duro colpo ai traffici di eroina organizzati dalla CIA.
Oltre a dichiarazioni tanto inaspettate, i Talebani non hanno però sfiorato il tema degli accordi di sviluppo economico/infrastrutturale. Eppure avranno bisogno di molte nuove industrie, nuovi posti di lavoro e migliori relazioni commerciali in tutta l'Eurasia. Se ne parlerà in seguito.
Il ragazzo russo di riferimento
Acuti osservatori statunitensi hanno rimarcato, un po’ per scherzo, che i Talebani in una sola conferenza stampa hanno risposto a più domande reali dei media statunitensi rispetto a quanto abbia fatto POTUS da gennaio.
Ciò che questa prima conferenza stampa rivela è come i Talebani stiano rapidamente imparando lezioni essenziali di pubbliche relazioni impartite loro da Mosca e da Pechino, ponendo l’accendo sulla coesistenza etnica, il ruolo delle donne, il ruolo della diplomazia e disinnescando abilmente, in una sola mossa, tutta l'isteria che imperversa nel NATOstan .
Il prossimo passo bomba di questa guerra di pubbliche relazioni sarà quella di tagliare la connessione letale e priva di prove dell'11 settembre coi Talebani; seguirà la rimozione dell’etichetta di “organizzazione terroristica”, e alla fine i Talebani, come movimento politico, saranno pienamente legittimati.
Mosca e Pechino stanno mettendo in scena meticolosamente il reinserimento dei Talebani nella geopolitica regionale e globale. Ciò significa che alla fine è la SCO a dirigere l’intero processo, in virtù di un consenso raggiunto dopo una serie di riunioni ministeriali e dei leader, che avrà coronamento in un vertice molto importante il mese prossimo a Dushanbe.
L'attore-chiave con cui stanno parlando i Talebani è Zamir Kabulov, l'inviato presidenziale speciale della Russia per l'Afghanistan. Proseguendo nell’opera di demistificazione della narrativa del NATOstan, Kabulov ha confermato, ad esempio, "non vediamo alcuna minaccia diretta ai nostri alleati in Asia centrale. Non ci sono fatti che dimostrino il contrario".
La Beltway (i palazzi del potere di Washington, ndt) sarà sbalordita nel sapere che Zabulov ha anche rivelato: "Siamo stati a lungo in trattative con i Talebani sulle prospettive di sviluppo dopo la loro presa del potere, ed essi hanno ripetutamente confermato di non avere ambizioni extraterritoriali, hanno imparato la lezione del 2001.” Questi contatti sono stati stabiliti "negli ultimi 7 anni".
Zabulov rivela molti retroscena preziosi in tema di diplomazia talebana: “Se facciamo un confronto con la disponibilità al negoziato di colleghi e partner, i Talebani mi sono sembrati molto più disponibili del governo fantoccio di Kabul. Noi partiamo dal presupposto che gli accordi devono essere attuati. Finora, per quanto riguarda la sicurezza dell'ambasciata e la sicurezza dei nostri alleati in Asia centrale, i Talebani hanno rispettato gli accordi”.
Fedele alla propria adesione al diritto internazionale, e non all'“ordine internazionale basato su alcune regole”, Mosca tiene sempre a sottolineare il ruolo del Consiglio di sicurezza dell'ONU: “Dobbiamo fare in modo che il nuovo governo sia pronto a rispettare certe condizioni e a comportarsi, come noi diciamo, in modo civile. Sarà allora che questo punto di vista potrà diventare comune a tutti, e potrà avviarsi la procedura [per rimuovere la qualificazione dei Talebani come organizzazione terroristica]”.
Così, mentre USA/UE/NATO fuggono da Kabul in preda a spasmi di panico autoinflitto, Mosca pratica – che altro ! – la diplomazia. Zabulov: "Il fatto che abbiamo preparato il terreno per un dialogo con il nuovo governo in Afghanistan è un vantaggio della politica estera russa".
Dmitry Zhirnov, ambasciatore russo in Afghanistan, sta facendo gli straordinari con i Talebani. Ieri ha incontrato un alto funzionario della sicurezza talebana. L'incontro è stato “positivo, costruttivo…Il movimento talebano è il più amichevole; la migliore politica verso la Russia… È giunto da solo in auto, senza scorta”.
Mosca e Pechino non si fanno alcuna illusione sul fatto che l'Occidente stia già impiegando tattiche di guerra ibrida per screditare e destabilizzare un governo che non è nemmeno formato e non ha nemmeno iniziato a funzionare. Non c'è da stupirsi che i media cinesi descrivano Washington come una "canaglia strategica".
Ciò che conta, è che Russia-Cina sono molto più avanti della curva, acquisendo contemporanee posizioni di vantaggio nel dialogo diplomatico con i Talebani. Non va dimenticato che la Russia ospita 20 milioni di musulmani e la Cina almeno 35 milioni. Questi saranno chiamati a sostenere l'immenso progetto di ricostruzione afghana – e la piena reintegrazione dell'Eurasia.
I cinesi l'hanno visto arrivare
Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi lo ha previsto settimane fa. E questo spiega l'incontro di Tianjin a fine luglio, quando ha ospitato una delegazione talebana di alto livello, guidata dal mullah Baradar, conferendo loro di fatto una legittimità politica totale. Pechino sapeva già che il “momento di Saigon” era inevitabile. Di qui la dichiarazione in cui si sottolinea che la Cina dovrebbe "svolgere un ruolo importante nel processo di riconciliazione pacifica e di ricostruzione in Afghanistan".
Ciò significa in pratica che la Cina sarà un partner dell'Afghanistan negli investimenti infrastrutturali, attraverso il Pakistan, incorporandolo in un Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) ampliato, destinato a diversificare i canali di connettività con l'Asia centrale. Sta per nascere il corridoio della Nuova Via della Seta dallo Xinjiang al porto di Gwadar nel Mar Arabico: la prima dimostrazione grafica è la costruzione cinese dell'autostrada ultra-strategica Peshawar-Kabul.
I Cinesi stanno anche costruendo una strada principale attraverso il corridoio desertico e geologicamente spettacolare di Wakhan, dallo Xinjiang occidentale fino alla provincia di Badakhshan che, per inciso, è ora sotto il totale controllo dei Talebani.
Il compromesso è abbastanza semplice: i Talebani non dovrebbero consentire alcun rifugio sicuro per il Movimento islamico del Turkestan orientale (ETIM) e astenersi da qualsiasi interferenza nello Xinjiang.
La combinazione globale di commercio/sicurezza sembra una soluzione vincente certificata. Senza parlare dei futuri accordi che consentiranno alla Cina di sfruttare l'immensa ricchezza mineraria dell'Afghanistan.
Ancora una volta, il quadro generale si legge come la doppia elica Russia-Cina, collegata a tutti gli "stan" e al Pakistan, che disegna un piano di gioco/road map completo per l'Afghanistan. Nei loro molteplici contatti sia con Russi che con Cinesi, i Talebani sembrano aver capito perfettamente come trarre profitto dal loro ruolo nel Nuovo Grande Gioco.
Il Nuovo Asse del Male esteso
Sono inevitabili le azioni di guerra ibrida imperiale per contrastare un simile scenario. Prendete il primo proclama di una “resistenza” dell'Alleanza del Nord, guidata in teoria da Ahmad Masoud, figlio del leggendario Leone del Panjshir ucciso da al-Qaeda due giorni prima dell'11 settembre.
Ho incontrato il padre di Masoud, un'icona. Le informazioni privilegiate afghane sul figlio di Masoud non sono esattamente lusinghiere. Eppure è già diventato un beniamino degli europei illuminati, con tanto di posa glamour per AFP, una visita improvvisata nel Panjshir del truffatore filosofo professionista Bernard-Henri Levy e l'uscita di una sorta di manifesto pubblicato su diversi giornali europei, che mette insieme tutti i tormentoni: "tirannia", "schiavitù", "vendetta", "nazione martirizzata", "urla di Kabul", "nazione in catene", ecc.
L'intero set puzza di manovra del tipo di quella del "figlio dello Shah" [dell'Iran]. Il figlio di Masoud e la sua mini-milizia sono completamente circondati dalle montagne del Panjshir e di fatto non sono in grado nemmeno di irreggimentare gli under 25, i due terzi della popolazione afgana, la cui principale preoccupazione è trovare un vero lavoro in una nascente economia reale.
Le “analisi” del NATOstan sull'Afghanistan dei Talebani non si qualificano nemmeno come irrilevanti, insistendo come fanno sul fatto che l'Afghanistan non è strategico e ha persino perso la sua importanza tattica per la NATO. È uno spettacolo triste che illustra come l'Europa sia irrimediabilmente dietro la curva, intrisa di neocolonialismo del genere “il fardello dell’uomo bianco”, si allontana da una terra dominata da clan e tribù.
Aspettatevi che la Cina sia una delle prime potenze a riconoscere formalmente l'Emirato islamico dell'Afghanistan, insieme alla Turchia e, in seguito, alla Russia. Ho già accennato all'avvento di un Nuovo Asse del Male: Pakistan-Taliban-Cina. L'asse sarà inevitabilmente esteso a Russia-Iran. E allora? Chiedete al mullah Baradar: non potrebbe fregarsene di meno.
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