"Guerra infinita" per aiutare gli Afgani? È solo una questione di soldi
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Asia Times, 23 agosto 2021 (trad.ossin)
"Guerra infinita" per aiutare gli Afgani? È solo una questione di soldi
Pepe Escobar
Chiunque abbia acquistato azioni Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon e altri prodotti del sistema militare industriale degli Stati Uniti si è reso complice di crimini di sangue
Dopo 20 anni e l'incredibile somma di 2,23 trilioni di dollari spesi in una " guerra infinita" per promuovere la democrazia e aiutare il "popolo afghano", è legittimo chiedersi cosa l’Impero del Caos ha da dire in proposito.
I numeri sono disastrosi. L'Afghanistan resta la settima nazione più povera del mondo: il 47% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, secondo l'Asian Development Bank. Non meno del 75% del bilancio del governo – dissolto – di Kabul proveniva da aiuti internazionali. Secondo la Banca Mondiale, quegli aiuti costituivano il 43% dell'economia, che è stata rapinata dalla spaventosa corruzione del governo.
Secondo i termini dell'accordo Washington-Talebani firmato a Doha nel febbraio 2020, gli Stati Uniti dovrebbero continuare a finanziare l'Afghanistan durante e dopo il suo ritiro.
Ora, con la caduta di Kabul e l'imminente ritorno dell'Emirato islamico dell'Afghanistan, sta diventando chiaro che il ricorso a tattiche di soft power finanziario può rivelarsi persino più mortale di una semplice occupazione della NATO.
Washington ha congelato $ 9,5 miliardi delle riserve della Banca centrale afgana e il Fondo monetario internazionale ha annullato i suoi prestiti all'Afghanistan, inclusi $ 460 milioni che fanno parte di un programma di soccorso Covid-19.
Con questi dollari vengono pagati gli stipendi dei funzionari pubblici e le importazioni. Il loro venir meno farà soffrire ancora di più il “popolo afghano”, che sarà già martoriato dall'inevitabile deprezzamento della valuta, dall'aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell'inflazione.
Un corollario di questa tragedia economica è il classico "prendi i soldi e scappa": l'ex presidente Ashraf Ghani è fuggito dal paese, sembra dopo avere riempito quattro auto con $ 169 milioni in contanti, lasciando per mancanza di spazio $ 5 milioni sulla pista dell'aeroporto di Kabul.
Questo secondo due testimoni: una delle sue stesse guardie del corpo e l'ambasciatore afghano in Tagikistan; Ghani ha respinto ogni accusa.
All'aereo di Ghani è stato negato il permesso di atterraggio in Tagikistan e anche in Uzbekistan, ha proceduto verso l'Oman fino a quando non è stato accolto dagli Emirati Arabi Uniti, molto vicino a Dubai, una Mecca globale del contrabbando, del riciclaggio e del racket.
I Talebani hanno già affermato che un nuovo governo e un nuovo quadro politico ed economico saranno annunciati solo dopo che le truppe Nato saranno definitivamente fuori dal Paese, il mese prossimo.
Le complesse trattative per formare un governo “inclusivo”, come più volte promesso dai portavoce talebani, sono di fatto guidate, sul versante non talebano, da due membri di un consiglio di tre: l'ex presidente Hamid Karzai e l'eterno rivale di Ghani, il leader dell’Alto Consiglio per la Riconciliazione Nazionale, Abdullah Abdullah. Il terzo membro, che agisce nell'ombra, è il signore della guerra diventato politico e due volte primo ministro Hekmatyar Gulbuddin
Karzai e Abdullah, entrambi di grande esperienza, sono considerati dagli USA "accettabili", quindi la cosa potrebbe molto favorire l’ipotesi di un futuro riconoscimento occidentale ufficiale dell'Emirato islamico dell'Afghanistan e ripristinare i finanziamenti da parte delle istituzioni multilaterali.
Eppure c'è una miriade di problemi, tra cui il ruolo molto attivo di Khalil Haqqani, che guida la Commissione del Consiglio di pace dei Talebani anche se il suo nome è inserito in una "lista nera di terroristi" ed è sanzionato dalle Nazioni Unite. Non solo Haqqani è responsabile della sicurezza di Kabul, ma partecipa anche con Karzai e Abdullah alle discussioni per formare un governo inclusivo.
Cosa faranno i Talebani?
I Talebani operano ormai da due decenni al di fuori del sistema bancario occidentale. La maggior parte delle loro entrate proviene dalle tasse di transito sulle rotte commerciali (ad esempio dall'Iran) e dalle tasse sul carburante. Secondo quanto riferito, i profitti delle esportazioni di oppio ed eroina (il consumo interno non è consentito) rappresentano meno del 10% delle loro entrate.
In innumerevoli villaggi nella profonda campagna afghana, l'economia ruota attorno a piccole transazioni in contanti e al baratto.
Ho ricevuto copia di un documento pakistano di alto livello accademico e di intelligence, che esamina le sfide che deve affrontare il nuovo governo afghano.
Il documento osserva che “il percorso standard di sviluppo da seguire sarà molto a favore delle persone. L'Islam dei Talebani è socialista. Ha un'avversione per la ricchezza accumulata in poche mani” – e, soprattutto, detesta l’usura.
Quanto ai primi progetti di sviluppo, il documento si aspetta che provengano da società russe, cinesi, turche, iraniane e pakistane, nonché da alcuni settori governativi. L'Emirato Islamico "varerà pacchetti di sviluppo infrastrutturale" a costi "abbordabili tenuto conto del PIL del Paese".
Il PIL nominale dell'Afghanistan nel 2020 è stato di 19,8 miliardi di dollari, secondo i dati della Banca Mondiale.
Nuovi pacchetti di aiuti e investimenti dovrebbero arrivare dai paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Russia, Cina, Pakistan) o dagli osservatori della SCO (Turchia e attualmente Iran, che dovrebbe diventare un membro a pieno titolo al vertice della SCO il mese prossimo in Tagikistan). A tutti è chiaro che ottenere il riconoscimento occidentale sarà una fatica di Sisifo.
Il documento riconosce che i Talebani non hanno avuto il tempo di valutare in che modo l'economia dovrà essere il vettore chiave per la futura indipendenza dell'Afghanistan.
Ma in questo passaggio potrebbe esservi la chiave: “Nelle consultazioni con i Cinesi, è stato consigliato loro di andarci piano e di non scuotere la barca del sistema mondiale occidentale parlando troppo presto di controllo statale del mercato capitalista, di economia senza interessi, e di distacco dal sistema finanziario basato sul FMI. Tuttavia, poiché l'Occidente ha ritirato tutti i soldi dall'erario afghano, è probabile che l'Afghanistan richieda pacchetti di aiuti a breve termine contando sulle proprie risorse effettive”.
FMI-NATO come fratelli in armi
Ho chiesto a Michael Hudson, professore di economia all'Università del Missouri di Kansas City e all'Università di Pechino, cosa raccomanderebbe di fare al nuovo governo. Ha risposto: "Per prima cosa, di mettere in mortale imbarazzo il FMI per aver agito come se fosse un’articolazione della NATO".
Hudson ha fatto riferimento a un articolo del Wall Street Journal scritto da un ex consigliere del FMI ora al Consiglio Atlantico. Costui ha affermato che "ora, poiché il riconoscimento è congelato, le banche di tutto il mondo esiteranno a fare affari con Kabul. Questa situazione fornisce agli Stati Uniti una leva per negoziare con i Talebani”.
Quindi l’evoluzione potrebbe essere quella del Venezuela, con il FMI che non "riconosce" il nuovo governo per mesi e persino anni. E quanto al sequestro dell'oro afghano da parte della Fed di New York – in realtà una raccolta di banche private – ricorda il saccheggio della Libia e il sequestro dell'oro del Venezuela.
Hudson vede tutto quanto sopra come "un abuso del sistema monetario internazionale, che dovrebbe agire nell’interesse pubblico e che si muove invece come fosse un’articolazione della NATO, gestita dagli Stati Uniti. Il comportamento del FMI, in particolare per quanto riguarda i nuovi diritti di prelievo, dovrebbe essere presentato come una cartina di tornasole” per la sopravvivenza di un Afghanistan guidato dai Talebani.
Hudson sta ora lavorando a un libro sul crollo del mondo antico. Le sue ricerche gli hanno fatto incrociare Cicerone, in In Favor of the Manilian Law (Pro Lege Manilia), che scriveva della campagna militare di Pompeo in Asia e dei suoi effetti sulle province in un passaggio che si applica perfettamente alla "guerra infinita" in Afghanistan:
“Le parole non possono esprimere, signori, quanto siamo amaramente odiati tra le nazioni straniere a causa della condotta sfrenata e oltraggiosa degli uomini che negli ultimi anni abbiamo inviato a governarle. Perché, in quei paesi, quale tempio secondo voi è stato considerato sacro dai nostri ufficiali, quale condizione inviolabile, quale casa sufficientemente custodita dalle sue porte chiuse? Ebbene, cercano città ricche e fiorenti per trovare l'occasione di una guerra contro di esse per soddisfare la loro brama di saccheggio”.
Passando dai classici a un livello più pedestre, WikiLeaks ha riproposto una sorta di Greatest Hits dell'Afghanistan, ricordando ad esempio all'opinione pubblica che già nel 2008 non esisteva “nessuna data di fine predefinita” per la “guerra infinita”.
Eppure la valutazione più concisa potrebbe provenire dallo stesso Julian Assange :
“L'obiettivo è usare l'Afghanistan per sottrarre denaro alle basi imponibili degli Stati Uniti e dell'Europa attraverso l'Afghanistan e consegnarlo ad un'élite della sicurezza transnazionale. L'obiettivo è una guerra senza fine, non una guerra vittoriosa".
La "guerra infinita" potrebbe essere stata un disastro per il "popolo afgano" bombardato, invaso e impoverito, ma è stato un successo assoluto per quello che Ray McGovern definisce in modo così memorabile come il complesso MICIMATT (Military-Industrial-Counter-Intelligence-Media-Academia -Think Tank). Chiunque abbia acquistato azioni Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon et similia si è reso complice di omicidio.
I fatti sono davvero terribili. Barack Obama – che ha gestito una lunga “lista delle uccisioni” afghane – organizza una festa di compleanno e invita i nuovi ricchi illuminati. Julian Assange subisce torture psicologiche imprigionato a Belmarsh. E Ashraf Ghani riflette su come spendere 169 milioni di dollari nel racket di Dubai, fondi che alcuni dicono siano stati propriamente rubati al "popolo afghano".
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