Charlie Hebdo e la libertà borghese di espressione
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Le blog de Mohamed Belaali, 6 marzo 2015 (trad. ossin)
Charlie Hebdo e la libertà borghese di espressione
Miguel Antonio
“Le idee dominanti di un’epoca
non sono mai state altro se non le idee della classe dominante” – Karl Marx
“Conservo come modello di riferimento il ‘Charlie’ originale:
il grande Charlie Chaplin, che non ha mai preso in giro i poveri” – Schlomo Sand
Raramente un concetto è stato tanto glorificato e esaltato, come la libertà di espressione. Presidente della Repubblica, Governo, Parlamento e media, in singolare comunione, l’hanno celebrata con entusiasmo e esuberanza. E mentre la classe dirigente pretende di difendere questa preziosa libertà, le sue istituzioni repressive braccano, arrestano, processano, condannano e, qualche volta, imprigionano tutti coloro che esprimono un pensiero differente, o semplicemente proferiscono parole subito interpretate come “apologia del terrorismo”. Regna oggi in Francia un clima detestabile. Una sorta di terrorismo intellettuale e fascistizzazione dello spirito si sta affermando insidiosamente in nome della libertà di espressione
La classe dominante, perfino inconsapevolmente, presenta la sua libertà di espressione come fosse quella di tutte le altre classi sociali. Quando parla di libertà di espressione, è alla sua libertà che pensa. In quanto essa è esattamente l’espressione dei propri interessi. Ciò che è permesso a uno, è vietato a un altro. Come si potrebbe spiegare altrimenti questo accanimento nel mettere a tacere e soffocare tutto quel che si leva, in un modo o in un altro, contro il pensiero dominante (vedi la sorte riservata ai sindacalisti, agli intellettuali che protestano, ai giornalisti, umoristi, ammonitori, ecc.). I grandi media, che hanno una considerevole influenza sull’opinione pubblica, sono concentrati nelle mani di potenti gruppi industriali e finanziari, che utilizzano la libertà di espressione unicamente per servire i loro interessi economici e ideologici. La libertà di espressione resta un privilegio di classe.
E’ libera qualsiasi espressione che sia, direttamente o indirettamente, in sintonia con gli interessi dominanti. Ed è sospetto, talvolta perfino criminale, ogni pensiero differente. Anche i bambini e gli adolescenti non sfuggono a questa logica di sospetto e repressione (1). Le loro espressioni spontanee offendono la verità ufficiale. Bisogna condannarla. Questa repressione è di per se stessa una eclatante negazione della famosa libertà di espressione borghese.
Le idee altre rispetto a quelle del Potere diventano insopportabili. Solo la libertà di espressione della classe dominante deve regnare: “La scuola è in prima linea anche su un altro fronte, perché anche là dove non si sono avuti incidenti, vi sono stati troppi interrogativi sollevati dagli studenti, e noi tutti abbiamo inteso i ‘sì, io sono con Charlie, ma…’, I due pesi e le due misure. Perché difendere la libertà di espressione qui e non là? Queste domande ci risultano insopportabili”, dichiarava una eminente rappresentante del governo (2). Dunque, basta interrogativi, basta domande, basta spirito critico, basta tutto. Sì al lavaggio del cervello e all’inquadramento.
Molti professori sono costretti oggi a lavorare in condizioni difficili, sotto l’occhio vigile dei genitori, dell’amministrazione, della polizia, dei procuratori. Nessun professore è al riparo dal rischio di essere accusato, di denuncia e di altre forme di delazione.
I cittadini non devono più interrogarsi sul dramma di Charlie Hebdo. Niente più domande sulle radici del terrorismo, sul ruolo degli Stati Uniti, della Francia, dell’Arabia Saudita, del Qatar e della Turchia nella creazione di questi gruppi armati che seminano oggi il terrore un po’ dappertutto nel pianeta. Essi devono solo ripetere quello che il Potere pensa al loro posto. E’ la sola libertà di espressione che viene loro lasciata.
Nessun interrogativo nemmeno sulla società francese che produce, e ancora produrrà probabilmente, mostri. Perché l’approfondimento, gli interrogativi e la ricerca delle cause complesse, interne ed esterne, del terrorismo possono mettere in evidenza gli stretti legami che esistono tra le borghesie occidentali e il terrorismo. I terroristi non cadono dal cielo come la pioggia. Essi sono il prodotto delle loro società e delle loro condizioni materiali di esistenza (3).
Per la classe dirigente, porsi queste domande è semplicemente “insopportabile”. La borghesia è dunque incapace di sopportare una vera libertà di espressione. Vara continuamente nuove leggi, sempre più repressive, per proteggere la sua libertà di espressione e i suoi interessi. Essa criminalizza non solo gli atti, ma anche le opinioni (nuovo articolo 421-2-5 del codice penale). Così il termine “apologia” contenuto nella legge del 13 novembre 2014 indica un discorso, uno scritto o un’opinione che elogi o glorifichi il terrorismo. In questo caso la legge parifica l’opinione, per scioccante che essa sia, con l’atto. Uno scritto che giustifichi il terrorismo è parificato ad un atto terrorista. Si tratta dunque di un delitto di opinione, una limitazione della libertà di espressione, come delineata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (4).
Ma, al di là dell’aspetto giuridico, è la dimensione politica e ideologica che interessa alla borghesia. Si tratta di creare, attraverso la lotta al terrorismo, un clima, un sentimento di unione nazionale che consenta e faciliti, non solo ulteriori attacchi contro le libertà individuali e anche contro la libertà di espressione, ma anche le politiche di austerità che devastano oggi la Francia. Questo stato d’animo, basato sulla strumentalizzazione delle emozioni, della rabbia e dell’indignazione suscitate dal dramma di Charlie Hebdo, deve durare il più a lungo possibile, tanto è utile alla classe dirigente. “Lo spirito del gennaio 2015, è l’unità della Repubblica (…) Questo spirito deve mantenersi”, diceva il capo dello Stato (5).
La libertà di espressione è una temibile arma ideologica nelle mani della borghesia che le consente di combattere contro quelle degli altri. Essa la utilizza per emarginare e costringere gli avversari al silenzio, pur presentandosi, paradossalmente, come la grande protettrice di questa preziosa libertà. In definitiva, la libertà di espressione è il riflesso della lotta delle classi che dilania la società capitalista.
Note:
(1) http://www.franceinfo.fr/emission/france-info-numerique/2014-2015/apologie-du-terrorisme-un-enfant-de-8-ans-convoque-par-la-police-28-01-2015-22-10
Leggi anche :
http://www.laprovence.com/article/edition-arles/3246613/chateaurenard-ils-navaient-pas-respecte-laffiche-je-suis-charlie.html
(2) Anche se non esiste un profilo tipico del terrorista o jihadista, resta il fatto che le ragioni profonde dei terroristi francesi sono da ricercarsi nelle condizioni stesse che li hanno visti nascere e crescere. Non si tratta qui di giustificare i crimini e gli orrori commessi da questi terroristi e le sofferenze che hanno inflitto alle famiglie delle vittime, ma solo di ricordare per grandi linee le situazioni economiche e sociali che caratterizzano la vita di una parte dei giovani delle classi popolari.
Come è stata per esempio l’infanzia dei fratelli Kouachi? Miserabile! Orfani di padre e con la madre che si prostituiva per allevare i figli. Abbandonata alla sua triste sorte, ella si è alla fine suicidata. Non è che uno degli esempi tra i tanti, tanto è insopportabile la situazione cui la classe dominante costringe i figli dei lavoratori immigrati. Confinati nei ghetti che circondano le grandi metropoli industriali, essi subiscono, più di tutte le altre fasce di popolazione, ogni tipo di violenza, umiliazione, rifiuto e disprezzo. La loro religione viene caricaturizzata in senso proprio da una parte dei media e degli intellettuali al servizio dell’ordine costituito. La laicità è spesso usata come un’arma contro l’Islam e i mussulmani di Francia. Il mondo politico e dei media gli è loro ermeticamente chiuso. La lista dei giovani morti nei commissariati o durante i fermi giudiziari è, ahimè, troppo lunga. Fallimenti scolastici, massicce discriminazioni nelle assunzioni e nell’alloggiamento, insulti da parte di uomini politici (Selvaggi, ladri, plebaglia, teppisti…), controlli polizieschi dovuti alle loro origini etniche, tutto ciò ha convinto questi dannati della terra che essi non fano parte della comunità nazionale http://www.ville.gouv.fr/IMG/pdf/rapport_onzus_2011.pdf leggi anche: http://www.ladocumentationfrancaise.fr/var/storage/rapports-publics/114000053/0000.pdf
Respinta, frustrata e disperata, una piccola minoranza di questi giovani è facile preda dei reclutatori professionali che li strappano letteralmente al loro ambiente e alle loro famiglie. Dopo le umiliazioni accumulate, il jihad viene vissuto come una rivincita violenta contro una Repubblica che li ha visti nascere sul suo suolo, ma che li ha poi respinti.
L’intensa propaganda delle borghesie occidentali contro il governo di Bachar el Assad ha contribuito ampiamente all’arruolamento di questi giovani nelle milizie di combattenti in Siria, con la complicità della Turchia. Il sostegno indefettibile dei governi occidentali allo Stato di Israele e la distruzione dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia e oggi della Siria, con l’aiuto dei gruppi terroristi che essi stessi hanno creato, vengono visti da questi giovani, non come calcoli e manovre dell’imperialismo per realizzare i propri interessi, ma come una guerra dell’occidente contro l’islam e i mussulmani.
(4) http://www.vigo-avocats.com/media/article/s6/id566/cff8e3f8340f9c9dc69208fa42eae912.pdf
(5) http://www.elysee.fr/conferences-de-presse/article/5e-conference-de-presse-du-president-francois-hollande-2/