L'Expression 10 novembre 2008


La paranoia invade il mondo, non c’è paese dove l’industria della paura non sia fiorente, le torrette di guardia, le videocamere, la sorveglianza, i doberman, tutto concorre al sospetto generalizzato. Il mercato delle armi superava i 1000 miliardi di dollari nel 2007, i paesi dei diritti dell’uomo sono i primi mercati dei cannoni. Si dice anche che Israele avrebbe più di 100 bombe atomiche e che il reattore di Dimona, nel deserto del Negev, serva a fabbricare le armi atomiche. Chi potrebbe impedirglielo? Dappertutto nel mondo l’attentato dell’11 settembre fornisce nuove giustificazioni all’estensione dei poteri della polizia. Negli Stati Uniti si moltiplicano le detenzioni segrete ed i progetti deliranti di sorveglianza “panoramica” della popolazione. L’Europa non è da meno. Il perfezionamento, presentato come tecnico, del sistema di informazione Schengen, serve da paravento ad un mutamento dei suoi obiettivi, dall’assistenza alla libertà di circolazione verso la formazione di un data base di sorveglianza ed inchiesta.
“Nel quartiere di Neuhof – scrive Jelle Van Buuren – a Strasburgo, un edificio strettamente sorvegliato, di classe “antiterrorismo”, protegge il computer centrale del Sistema d’informazione Schengen (SIS). Le memorie di questo server, polmone numerico della cooperazione tra le polizie europee, stoccano milioni di informazioni sugli stranieri cui è vietato il soggiorno in Europa, i criminali ricercati, le armi e i sospetti da mettere sotto sorveglianza
(Jelle Van Buuren: Les tentacules du système Schengen. Le Monde Diplomatique. Mars 2003)

Eloi, Edvige e le altre
Uno dei progetti mira a registrare ogni straniero che entri con un visto nell’Unione Europea. I servizi nazionali delle dogane e dell’immigrazione vogliono verificare che i visitatori abbiano lasciato l’Unione alla data di scadenza del loro visto. Nel caso contrario saranno segnalati al SIS. Lo straniero sarà dunque bollato come “illegale” in tutta Europa e potrà essere espulso, immediatamente dopo il suo arresto. Una misura che le autorità considerano necessaria dopo gli attentati dell’11 settembre 2001: documenti interni del gruppo di Schengen sostengono così che “un maggior controllo delle persone che entrano nella zona Schengen contribuirà a migliorare la sicurezza interna”. La lista dei desiderata che gli Stati membri fanno circolare a Bruxelles non si fermano qua: auspicano possano essere inseriti nell’archivio centrale anche le fotografie, le impronte digitali, le impronte DNA e dati biometrici. In collegamento con gli archivi dei sistemi di riconoscimento facciale e dell’iride degli occhi, il SIS II consentirà una migliore identificazione delle persone controllate. Tanto più che le polizie chiedono di poter consultare gli archivi sulla base anche di informazioni “incomplete”… Ma è con il coinvolgimento dei servizi di informazione che gli obiettivi del sistema Schengen potranno cambiare natura. Un proponimento in contraddizione con l’obiettivo originario di questo archivio, che era quello di seguire e controllare la libertà di movimento delle persone nello spazio Schengen. L’utilizzo distorto di un archivio nominativo per finalità diverse da quelle previste al momento della sua creazione è – deve constatarsi una volta di più – il peccato capitale dei data base. (…) Gli attacchi dell’11 settembre hanno dato lo spunto (ai servizi di informazione) per rivendicare pretese che si inseriscono nel clima securitario sulla questione dei richiedenti asilo e dei diritti degli stranieri. L’ispirazione viene dagli Stati Uniti, dove l’ammiraglio John Poindexter, malgrado il suo coinvolgimento nello scandalo Irangate, è stato incaricato del progetto “Total Information Awareness”, che mira a realizzare la “firma informativa” di ciascun individuo, per permettere allo Stato di individuare i potenziali terroristi. Un documento interno del gruppo di Schengen lo sottolinea: “L’idea di utilizzare i dati del SIS per obiettivi diversi da quelli originari, e specialmente per obiettivi di intelligence poliziesca in senso ampio, è attualmente sostenuto da un largo consenso, in sintonia con le conclusioni del Consiglio dopo gli avvenimenti dell’11 settembre” (Jelle Van Buuren: Les tentacules du système Schengen. Le Monde Diplomatique. Mars 2003).
In Francia le forze dell’ordine da sempre hanno schedato gli individui. Di volta in volta con più o meno controllo ed efficacia… Nel 1990 Michel Rocard ha avviato un programma per razionalizzare e ufficializzare le prassi esistenti, giustificando il tutto col fatto che una buona polizia è una polizia che ha buona memoria e dunque degli archivi bene ordinati. Già nel gennaio scorso, molto prima dell’archivio Edvige (“Exploitation Documentaire et Valorisation de l'Information Générale", Gestione dello Schedario e Valorizzazione dell'Informazione Generale, creata con decreto governativo del 27 giugno 2008, conseguente alla trasformazione dei Renseignements Généraux in Direzione generale della sicurezza pubblica, ndt), il governo francese aveva creato un archivio degli stranieri da espellere chiamato ELOI.
Secondo Eric Passim, sociologo all’Ecole normale supérieure “si è razionalizzata la burocrazia delle espulsioni, la si è industrializzata. E’ la logica delle cifre. Ma con un particolare entusiasmo: più si espelle, più bisogna espellere. La razionalizzazione diventa folle. Per la prima volta, con Eloi si sono schedati i figli dei sans papiers. Per quale motivo, se essi non possono essere espulsi? Non sarà, come l’attualità suggerisce, per costringere i minori a partire coi loro genitori, minacciandoli di separazione? (…) Quanto ai partiti della sinistra, non considerano elettoralmente pagante indignarsi. Per il PS in particolare, il popolo sarebbe naturalmente xenofobo. Ma così non si finisce col dare ragione ai discorsi sull’identità nazionale? Adesso noi siamo tutti paralizzati da quello che viene fatto in nostro nome. Questo clima di sospetto gettato sui sans papiers rischia di estendersi a tutti gli immigrati (…) Perché chi è che assomiglia di più a un sans papiers se non un immigrato legale? E ancora chi è che, per la polizia e i nostri politici, rassomiglia di più ad uno straniero se non un Francese che appartenga ad una qualche minoranza etnica? La xenofobia di Stato si iscrive dunque in un continuum con il razzismo ordinario”. ( Eric Fassin "On fiche même les enfants!" C. Boltanski. Le Nouvel Observateur. 10 01 2008).
L’emozione suscitata da Edvige ha posto fine alla relativa indifferenza che aveva regnato fino a quel momento in Francia in materia di privacy. “A chi appartiene il vostro DNA?”, si è chiesto Franz Manni. I test del DNA permettono nello stesso tempo di identificare, di scagionare o incolpare, di controllare una filiazione biologica, di mettere in correlazione un gene ad una malattia. Servono altresì a ripercorrere la storia delle migrazioni umane. Ma la loro diffusione riaccende il timore di una schedatura generalizzata. “Non facciamoci ingannare – ammonisce Eric Fassin - se si costruiscono oggi degli archivi come Edvige, è per potersene servire domani. La lotta per la democrazia comincia all’interno delle nostre frontiere. Giustamente ci si inquieta per le libertà politiche in Cina, ma si avrebbe torto a negare che c’è da preoccuparsene anche in Francia – come se la democrazia fosse una proprietà inerente alla nostra cultura -. Così come di un archivio come Edvige che, secondo la Gazzetta Ufficiale del 1 luglio, riguarda le persone fisiche dai 13 anni in su: Il Sindacato della magistratura ci ha avvertito, la registrazione dei dati a carattere personale non ha alcun limite, né di tempo né di contenuto, perché potranno essere archiviate tutte le informazioni relative alle frequentazioni, al comportamento, agli spostamenti, all’appartenenza etnica, alla vita sessuale, alle opinioni politiche, filosofiche e religiose, al patrimonio, al veicolo, ecc. Dunque si tratta certamente di una schedatura politica. Vi saranno compresi non solo coloro che, a cagione delle loro attività individuali o collettive, siano da considerarsi socialmente pericolosi, ma anche coloro che si siano candidati o abbiano esercitato o esercitino un mandato politico, sindacale o economico, o che svolgano un ruolo istituzionale, economico, sociale o religioso significativo” ( Eric Fassin: pour Regards (France) Le 01-09-2008).

Il business della paura

In effetti questa paranoia occidentale alimenta un mercato lucroso: il mercato della paura, valutato in decine di miliardi di dollari. Secondo Denis Duclos, gli attentati omicidi del luglio a Londra si iscrivono in una serie di atti aventi come obiettivo soprattutto le nazioni coinvolte nell’occupazione militare del Vicino Oriente. Sono il frutto di una guerra asimmetrica che lascia poche scelte a coloro che – religiosi o meno – pensano di combattere una “crociata” lanciata più per controllare le risorse che per esportare la democrazia (…) A più breve termine, gli Spagnoli hanno scelto una difesa efficace dopo l’orribile attentato che provocò 186 morti l’11 marzo 2004 a Madrid: il ritiro delle loro truppe di occupazione all’Iraq, accoppiata ad una dligente inchiesta poliziesca. Gli altri grandi paesi coinvolti hanno invece percorso strade diverse: hanno piuttosto dato la priorità ad una risposta “tecnocentrata”, diretta contro un gran numero di stranieri considerati – per ragioni indipendenti dal terrorismo – come “indesiderabili”, ed anche contro l’insieme delle popolazioni. Quattro anni dopo la macchina tecno securitaria gira a pieno regime. Specialmente nei paesi cosiddetti liberi. Si radiografano i viaggiatori ed il contenuto dei loro bagagli, si raccolgono i dati biometrici, si sorvegliano i telefoni mobili, si archiviano miriadi di numeri di telefono, si digitalizzano le impronte digitali, si incrociano i giganteschi archivi delle amministrazioni o delle imprese (…). Perché mai, malgrado la sua accertata inefficacia e la sua sproporzione rispetto all’obiettivo, persiste questa mania di inserimento, di informatizzazione dei dati personali e delle tracce corporali, di controllo tattile, visuale, termico, olfattivo, radiofrequenziale degli esseri umani, dappertutto? Perché mai si devono fotografare i Londinesi 300 volte al giorno, e filmare continuamente, con 2,5 milioni di videocamere disseminate dovunque, quando si sa che tutto questo non ha impedito ai terroristi di sganciare le loro bombe lo scorso 7 luglio? (Denis Duclos: Terroristes ou citoyens, tous sous contrôle: Le Monde diplomatique. 09 2006)
« Dopo l’11 settembre la politica di George W. Bush propone una soluzione plausibile: riimobilitare l’intero pianeta intorno ad un obiettivo securitario. Un’idea brillante. A differenza del petrolio, il giacimento di angoscia, alimentato dalla crisi economica, il riscaldamento climatico ed il boom demografico, non è prossimo a prosciugarsi. L’urgenza che legittima l’azione senza garanzie democratiche, le imprese e le istituzioni che vendono “sicurezza” possono impegnarsi a fondo nel business della paura, sicuri di essere sostenuti dagli Stati, nonostante che un clima di paura nuoccia di solito agli affari. (…) Così si costruisce, col pretesto di un pericolo proteiforme, un esercito mondiale della sicurezza, le cui convergenze rapide e funzionali fanno pensare che si tratti del nocciolo di un nuovo capitalismo in gestazione: il capitalismo della paura. (…) Qualche esempio a caso. In Francia, una filiale del TF1 Visiowave utilizza le sue competenze televisive per rilevare i comportamenti sospetti nei luoghi pubblici (grazie a dei software di interpretazione dei gesti) e produrre dei publireportage sui monitor della metropolitana e dei bus. (…) I grandi dell’informatica e dell’elettronica non sono da meno, come Microsoft e la sua famosa pulce Palladium, capace di controllare dall’esterno la gestione degli archivi dei pc. Già diversi gruppi ricorrono a procedimenti similari, come la catena inglese Tesco, che sperimenta un controllo con radiofrequenze dei suoi imballaggi (Denis Duclos: Terroristes ou citoyens, tous sous contrôle: Le Monde diplomatique. 09 2006).
“La piccola impresa nordamericana Applied Digital ha creato la pulce Verichip – iniettabile sottopelle! – che permette di seguire le tracce delle persone… Si può ancora citare un grande trust farmaceutico (Eli Lilly), inventore tra l’altro del Prozac, che sviluppa delle ricerche sul controllo a distanza dei detenuti agli arresti domiciliari, e sperimenta ad esempio un braccialetto sensore che segnala il consumo di alcol e cannabis, munito di un erogatore di sostanze inibitorie o di shock elettrici (…) Di fronte al pericolo, il consorzio elettronico Gixel suggerisce, nel suo “libro blu”, di generalizzare il pedinamento elettronico fin dalla scuola materna per educare i giovani spiriti ai vantaggi della biometria… Questo clima incoraggia gli attacchi sempre meno scrupolosi ai principi di riservatezza stabiliti dalla Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU. (…) In Danimarca la virtù democratica non impedisce di votare una legge antiterrorista che limita le libertà. Negli Stati Uniti il Foreign Intelligence Surveillance Act (Fisa) permette al governo di esercitare la propria sorveglianza sulle letture nelle biblioteche. La politica della paura la spunterà?”
José Saramago, premio Nobel per la letteratura, si chiede: “Gli Occidentali sono civili tra di loro e barbari con gli altri? Che cosa resta allora dei valori dell’Occidente, Libertà, Democrazie e Giustizia, dopo il passaggio del ciclone Bush e delle piccole tempeste dei suoi cloni, vassalli e pappagalli un po’ dappertutto nel mondo? Dove vanno le famose democrazie occidentali, missionarie della loro Libertà obbligatoria, come direbbe lo scrittore e drammaturgo italiano Dario Fo? Una Libertà al sapore di petrolio, di oppio, della frusta e delle bombe (José Saramago " De la justice à la démocratie,... ". Le Monde diplomatique. Mars 2002).
Paul Valéry aveva visto giusto e dato tempestivamente l’allarme sulla precarietà di ogni civiltà, soprattutto della civiltà occidentale: “Noi civiltà sappiamo ora di essere mortali”. Si comprende che è vero dopo l’esempio nordamericano del Patrioct Act e la cinquantina di testi, uno più liberticida dell’altro, e l’Europa non vuole essere da meno. C’è una vera competizione, in definitiva, nella caccia al nero. La Direttiva europea di iniziativa del commissario europeo Juan Manuel Barroso è ancora più drastica in quanto il periodo di trattenimento degli immigrati in situazioni irregolari può raggiungere i 18 mesi, anche se si tratti di bambini! Come dirlo meglio? Eppure l’uguaglianza dei diritti riconosciuti a tutti i membri della famiglia umana è il fondamento della Dichiarazione Universale dei diritti. Non solo la legge deve essere uguale per tutti, ma deve anche assicurare protezione contro i comportamenti che attentino a questa uguaglianza.

Chems Eddine CHITOUR


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