Pravda Statunitense: Comprendere la seconda Guerra Mondiale – parte seconda
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Le schede di ossin, 14 novembre 2021 - La seconda parte dell'importante saggio di Ron Unz, sulle omissioni, distorsioni, esagerazioni, e perfino vere e proprie falsità che compongono la narrativa ufficiale della Seconda Guerra Mondiale (nella foto, Franklin Delano Roosevelt)
Unz Review, 23 settembre 2019 (trad.ossin)
Pravda Statunitense: Comprendere la seconda Guerra Mondiale – parte seconda
Ron Unz
Durante gli anni '30, John T. Flynn fu uno dei giornalisti progressisti più influenti degli USA e, sebbene fosse stato all’inizio un forte sostenitore di Roosevelt e del suo New Deal, ne divenne gradualmente un acuto critico, concludendo che i vari schemi governativi di FDR non erano riusciti a risollevare l'economia statunitense. Poi nel 1937 un nuovo collasso economico riportò la disoccupazione agli stessi livelli di quando il presidente era entrato in carica per la prima volta, confermando Flynn nel suo severo verdetto. E come ho scritto l'anno scorso:
In effetti, Flynn sostiene che, alla fine del 1937, FDR adottò una politica estera aggressiva, volta a coinvolgere il paese in una grande guerra estera, principalmente perché credeva che questa fosse l'unica via d'uscita dal suo disperato stallo economico e politico, uno stratagemma non sconosciuto ai leader nazionali nel corso della storia. Nella sua rubrica del 5 gennaio 1938 sulla New Republic, Flynn avvertì i suoi lettori increduli della prospettiva incombente di un grande rafforzamento militare navale e di una guerra all'orizzonte, dopo che un alto consigliere di Roosevelt si era vantato privatamente con lui che una grande operazione di "keynesismo militare" e una grande guerra avrebbero curato il paese dai suoi problemi economici apparentemente insormontabili. A quel tempo, l’obiettivo sembrava una guerra con il Giappone, forse per interessi latinoamericani, ma lo sviluppo degli eventi in Europa persuase presto FDR che fomentare una guerra globale contro la Germania era la migliore linea d'azione. Memorie e altri documenti storici ottenuti da ricercatori successivi sembrano generalmente confermare le accuse di Flynn, e indicare che Roosevelt ordinò ai suoi diplomatici di esercitare un'enorme pressione sia sui governi britannico che su quello polacco, per evitare qualsiasi accordo negoziato con la Germania.
L'ultimo punto è importante, perché alle opinioni confidenziali di coloro che hanno personalmente preso parte a importanti eventi storici dovrebbe essere accordato un notevole peso probatorio. In un recente articolo, John Wear ha raccolto le numerose valutazioni contemporanee che hanno indicato FDR come una figura fondamentale nell'orchestrare la guerra mondiale con la sua costante pressione sulla leadership politica britannica, una politica che ha anche ammesso in privato e che avrebbe potuto portare al suo impeachment se rivelata. Tra le altre testimonianze, abbiamo le dichiarazioni degli ambasciatori di Polonia e Gran Bretagna a Washington e dell'ambasciatore statunitense a Londra, che hanno anche rivelato il parere concordante dello stesso Primo Ministro Chamberlain. In effetti, il sequestro e la pubblicazione, da parte dei Tedeschi, di documenti diplomatici segreti polacchi nel 1939 avevano già rivelato gran parte di queste informazioni, e William Henry Chamberlin ne confermò l'autenticità nel suo libro del 1950. Ma poiché i media mainstream non hanno mai riportato nessuna di queste informazioni, questi fatti rimangono poco conosciuti anche oggi.
FDR sembra aver giocato un ruolo cruciale nell'orchestrare lo scoppio della seconda guerra mondiale, aiutato molto da Churchill e dalla sua cerchia in Gran Bretagna. Ma durante il 1939, le crescenti tensioni su Danzica diedero a Stalin una tremenda opportunità strategica. Firmando un patto con Hitler, i due presto invasero congiuntamente la Polonia ma, anche se i Sovietici avevano occupato metà del territorio, Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra solo alla Germania. E mentre Stalin aspettava che le altre potenze europee si dissanguassero a vicenda, avviò un armamento offensivo di grandezza senza precedenti, riuscendo in breve tempo ad avere più e migliori carri armati rispetto al resto del mondo messo insieme.
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Queste importanti considerazioni assumono particolare rilevanza quando cerchiamo di comprendere le circostanze che accompagnarono l'Operazione Barbarossa, l'attacco tedesco del 1941 all'Unione Sovietica, che costituì il punto di svolta centrale della guerra. Sia all'epoca che durante il mezzo secolo che seguì, gli storici occidentali hanno uniformemente affermato che l'assalto aveva colto completamente di sorpresa uno Stalin eccessivamente fiducioso, e che la motivazione di Hitler era di coronare il suo sogno di creare l'enorme impero tedesco di cui aveva parlato nelle pagine del Mein Kampf, pubblicato sedici anni prima.
Ma nel 1990 un ex ufficiale dell'intelligence militare sovietica, che aveva disertato in Occidente e viveva in Gran Bretagna, lanciò una notizia-bomba. Scrivendo con lo pseudonimo di Viktor Suvorov, aveva già pubblicato una serie di libri molto apprezzati sulle forze armate dell'URSS, ma in Icebreaker ora affermava che la sua vasta ricerca passata negli archivi sovietici aveva rivelato che, nel 1941, Stalin aveva ammassato enormi forze militari offensive e le aveva posizionate lungo il confine, preparandosi ad attaccare e sopraffare facilmente le forze della Wehrmacht , notevolmente inferiori per numero ed armi, e a conquistare in breve tempo tutta l'Europa.
Poi, quasi all'ultimo momento, Hitler si era reso improvvisamente conto della trappola strategica in cui era caduto, e aveva ordinato alle sutruppe, sebbene molto inferiori per numero ed armi, un disperato attacco a sorpresa contro i Sovietici che si stavano ammassando, cogliendoli casualmente proprio nel punto in cui i loro preparativi finali per l'attacco li rendevano più vulnerabili, strappando così una grande vittoria iniziale dalle fauci di una sconfitta certa. Enormi scorte di munizioni e armi sovietiche erano state posizionate vicino al confine per rifornire l'esercito di invasione in Germania, e caddero rapidamente nelle mani dei tedeschi, rafforzando in modo importante le loro risorse tristemente inadeguate.
Sebbene quasi totalmente ignorato nel mondo di lingua inglese, il libro seminale di Suvorov divenne presto un bestseller senza precedenti in Russia, Germania e molte altre parti del mondo, e insieme a diversi volumi di approfondimento, i suoi cinque milioni di copie stampate lo consacrarono come lo storico militare più letto nella storia del mondo. Nel frattempo, i media e le comunità accademiche di lingua inglese mantenevano un rigoroso silenzio sul dibattito mondiale in corso, senza che nessuna casa editrice fosse disposta a produrre un'edizione inglese dei libri di Suvorov, fino a quando un editore della prestigiosa Naval Academy Press ha finalmente rotto l'embargo quasi due decenni dopo.
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Sebbene l'obiettivo principale di questa discussione sia la guerra europea, anche le circostanze del conflitto nel Pacifico sembrano differire notevolmente da quanto ricostruito dalla storia ufficiale. Il Giappone combatteva in Cina dal 1937, ma raramente questa circostanza viene considerata come l'inizio della guerra mondiale. Invece, l'attacco del 7 dicembre 1941 a Pearl Harbor è solitamente considerato il momento in cui la guerra è diventata globale.
Dal 1940 in poi, FDR aveva fatto un grande sforzo politico per coinvolgere direttamente gli Stati Uniti nella guerra contro la Germania, ma l'opinione pubblica era in modo schiacciante contraria, con punte che, nei sondaggi, toccavano l'80%. La situazione si è ribaltata di colpo, quando le bombe giapponesi sono cadute sulle Hawaii, e improvvisamente il paese entrò in guerra.
Alla luce di questi fatti, era naturale il sospetto che Roosevelt avesse deliberatamente provocato l'attacco, con i suoi ordini esecutivi di congelare i beni giapponesi, decretare l’embargo di tutte le forniture di olio combustibile vitale e respingere le ripetute richieste di negoziati da parte dei leader di Tokyo. Nel volume del 1953 edito da Barnes, il noto storico diplomatico Charles Tansill ha riassunto la sua forte tesi che FDR abbia cercato di usare un attacco giapponese come la sua migliore "porta di servizio per la guerra" contro la Germania, un argomento che aveva già trattato l'anno precedente in un libro con lo stesso titolo. Nel corso dei decenni, le informazioni contenute nei diari privati e nei documenti governativi sembrano aver stabilito in modo quasi definitivo questa interpretazione, in particolare quelli del segretario alla Guerra Henry Stimson, che sosteneva che il piano era di "manovrare [il Giappone] per fargli sparare il primo colpo". Nelle sue memorie successive, il prof. Oliver ha attinto dall'intima conoscenza che aveva acquisito durante l’attività svolta durante la guerra nell'intelligence militare, per affermare persino che FDR aveva deliberatamente ingannato i Giapponesi, facendogli credere che avesse pianificato di lanciare un attacco a sorpresa contro le loro forze, spingendoli così a colpire per primi per legittima difesa.
Nel 1941 gli Stati Uniti erano riusciti a decifrare tutti i codici diplomatici giapponesi, e leggevano liberamente le loro comunicazioni segrete. Pertanto, da tempo è convinzione diffusa, anche se contestata, che il presidente fosse ben consapevole del pianificato attacco giapponese alla nostra flotta, e deliberatamente abbia omesso di avvertire i comandanti locali, garantendosi in tal modo che le pesanti perdite che ci si aspettava di subire avrebbero unito il paese nella idea di una guerra di vendetta. Tansill e un ex capo ricercatore per la commissione investigativa del Congresso hanno presentato questo caso nello stesso volume di Barnes del 1953 e, l'anno successivo, un ex ammiraglio degli Stati Uniti ha pubblicato The Final Secret of Pearl Harbor, fornendo argomenti simili in modo più esteso. L’introduzione di questo libro è di uno dei comandanti navali statunitensi di più alto grado della Seconda Guerra Mondiale, che avalla pienamente la controversa teoria.
Nel 2000, il giornalista Robert M. Stinnett ha pubblicato una serie di ulteriori prove a sostegno, basate sui suoi otto anni di ricerche d'archivio, discusse in un recente articolo. Un punto significativo evidenziato da Stinnett è che, se Washington avesse avvertito i comandanti di Pearl Harbor, le loro manovre difensive sarebbero state notate dalle spie giapponesi locali e segnalate alla task force in avvicinamento. Perso così l'elemento sorpresa, l'attacco probabilmente sarebbe stato interrotto, vanificando così tutti i piani di guerra di vecchia data di FDR. Sebbene vari dettagli possano essere contestati, trovo che le prove della preveggenza di Roosevelt siano piuttosto convincenti.
Il ruolo dell'ebraismo centrale nello scoppio della seconda guerra mondiale
I problemi economici di Roosevelt spingevano verso una guerra all’estero, ma fu probabilmente la schiacciante ostilità ebraica nei confronti della Germania nazista che lo spinse in quella particolare direzione. Il rapporto confidenziale dell'ambasciatore polacco negli Stati Uniti, citato da John Wear, fornisce una descrizione impressionante della situazione politica negli USA all'inizio del 1939:
C'è un sentimento ormai prevalente negli Stati Uniti segnato da un crescente odio contro il fascismo, e soprattutto contro il cancelliere Hitler e tutto ciò che è connesso con il nazionalsocialismo. La propaganda è principalmente nelle mani degli ebrei, che controllano quasi il 100% [di] radio, film, stampa quotidiana e periodica. Sebbene questa propaganda sia estremamente grossolana e presenti la Germania nel peggior modo possibile – soprattutto vengono sfruttate persecuzioni religiose e campi di concentramento – questa propaganda è tuttavia estremamente efficace perché il pubblico qui è totalmente ignorante, e non sa nulla della situazione in Europa.Al momento, la maggior parte degli Statunitensi considera il cancelliere Hitler e il nazionalsocialismo come il più grande male e il più grande pericolo che minacci il mondo. La situazione qui fornisce un'ottima piattaforma per oratori di ogni genere, per gli emigrati dalla Germania e dalla Cecoslovacchia che, con moltissime parole e con le più varie calunnie, sobillano gli ascoltatori. Lodano la libertà statunitense, che contrappongono agli Stati totalitari.È interessante notare che in questa campagna estremamente ben pianificata, condotta soprattutto contro il nazionalsocialismo, la Russia sovietica è quasi completamente assente. La Russia sovietica, quando viene menzionata, lo è in modo amichevole e le cose vengono presentate in modo tale, che pare quasi che l'Unione Sovietica cooperi con il blocco degli Stati democratici. Grazie all'abile propaganda, le simpatie del pubblico statunitense sono tutte per la Spagna Rossa.
L’ingente impegno ebraico nel finanziamento di Churchill e dei suoi compari, e anche nell’influenzare il governo e l'opinione pubblica statunitensi verso la guerra contro la Germania, fa dei gruppi ebraici organizzati probabilmente i maggiori responsabili dello scoppio della guerra mondiale, e questo è stato sicuramente riconosciuto dalle persone più informate di quel tempo. In effetti, i Diari di Forrestal registrano la dichiarazione molto significativa del nostro ambasciatore a Londra: "Chamberlain, egli dice, ha dichiarato che gli USA e gli Ebrei avevano costretto l'Inghilterra alla guerra".
Il conflitto in corso tra Hitler e l'ebraismo internazionale era da anni al centro dell’attenzione pubblica. Nel corso della sua ascesa politica, Hitler non aveva affatto nascosto il suo intento di togliere alla piccola minoranza ebraica della Germania il controllo totale che aveva acquisito sui media e sulla finanza tedeschi, e di volere invece governare il paese perseguendo gli interessi della maggioranza tedesca che rappresentava il 99% della popolazione, un proposito che suscitò la rancorosa ostilità degli ebrei ovunque. Infatti, subito dopo il suo insediamento, un importante quotidiano londinese pubblicò un memorabile titolo, nel 1933, che annunciava che gli Ebrei del mondo avevano dichiarato guerra alla Germania e stavano organizzando un boicottaggio internazionale per ridurre i Tedeschi alla fame.
Negli ultimi anni, tentativi in qualche modo simili, organizzati da ebrei per ottenere l’imposizione di sanzioni internazionali contro le nazioni recalcitranti, sono diventati merce corrente della politica globale. Ma c’è da aggiungere che oggi il dominio ebraico sul sistema politico statunitense è diventato così schiacciante che, invece di boicottaggi privati, tali sanzioni vengono imposte direttamente dal governo USA. In una certa misura, è stato già così con l'Iraq negli anni 1990, ma è diventato molto più comune con l'inizio del nuovo secolo.
Sebbene l’indagine governativa ufficiale abbia concluso che il costo finanziario totale degli attacchi terroristici dell'11 settembre era stato assolutamente insignificante, l'amministrazione Bush dominata dai neoconservatori ne ha comunque approfittato per istituire una nuova importante struttura all’interno del Dipartimento del Tesoro, il Sottosegretario per il Terrorismo e l’Intelligence Finanziaria. Quell'ufficio ha immediatamente utilizzato il controllo statunitense del sistema bancario globale e del commercio internazionale in dollari, per imporre sanzioni finanziarie e combattere una guerra economica contro persone, organizzazioni e nazioni considerate ostili nei confronti di Israele, in particolare Iran, Hezbollah, e Siria.
Forse per coincidenza, sebbene gli Ebrei costituiscano solo il 2% della popolazione statunitense, tutte e quattro le persone che sono state investite di questo rilevantissimo incarico negli ultimi 15 anni - Stuart A. Levey, David S. Cohen, Adam Szubin, Sigal Mandelker - sono ebrei, l’ultimo di essi è cittadino israeliano. Levey, primo sottosegretario, ha iniziato la sua attività sotto il presidente Bush, proseguendo poi ininterrottamente per anni sotto il presidente Obama, sottolineando il carattere del tutto bipartisan della sua nomina.
La maggior parte degli esperti di politica estera è certamente consapevole che i gruppi e gli attivisti ebraici hanno svolto un ruolo centrale nel condurre il nostro paese nella disastrosa guerra in Iraq del 2003, e che molti di questi stessi gruppi e individui hanno lavorato negli ultimi dodici anni circa per fomentare un identico attacco statunitense all'Iran, anche se ancora senza successo. Questo sembra piuttosto ricordare la situazione politica della fine degli anni '30 in Gran Bretagna e negli USA.
Le persone indignate per la fuorviante copertura mediatica che si ha sulla guerra in Iraq, ma che hanno sempre accettato la narrativa ufficiale sulla Seconda Guerra Mondiale, dovrebbero prendere in considerazione un esperimento mentale che ho suggerito l'anno scorso:
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Quando cerchiamo di capire il passato, dobbiamo stare attenti a evitare di attingere a una selezione ristretta di fonti, specialmente quando la parte che ha vinto ha poi acquisito il totale monopolio nella produzione di libri e altri commenti. Prima dell'esistenza di Internet, era molto difficile, e spesso era necessario un notevole sforzo accademico, anche solo per esaminare i volumi rilegati di periodici un tempo popolari. Tuttavia, se non facciamo così, possiamo cadere in errori molto gravi.
La guerra in Iraq e le sue conseguenze sono state certamente uno degli eventi centrali nella storia statunitense degli anni 2000. Eppure supponiamo che alcuni lettori in un lontano futuro possano consultare solo gli archivi di The Weekly Standard, National Review, la pagina degli editoriali del WSJ e FoxNews transcripts. Penso che solo una piccola frazione di ciò che leggerebbero potrebbe essere classificata come menzogna pura e semplice. Ma le distorsioni generali, le forzature, le esagerazioni e soprattutto le incredibili omissioni fornirebbero loro una visione eccezionalmente irrealistica di ciò che è realmente accaduto durante quel periodo importante.
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Un altro sorprendente parallelo storico è stata la feroce demonizzazione del presidente russo Vladimir Putin, dopo che aveva provocato la grande ostilità degli elementi ebraici, cacciando una manciata di oligarchi ebrei che avevano preso il controllo della società russa sotto il malgoverno ubriaco del presidente Boris Eltsin, e completamente impoverito la massa della popolazione. La demonizzazione si è intensificata, dopo che l'investitore ebreo William F. Browder ha organizzato il passaggio al Congresso della legge Magnitsky per punire i leader russi per le azioni legali che avevano intrapreso contro il suo enorme impero finanziario nel loro paese. I più severi critici neocon di Putin lo hanno spesso bollato come "un nuovo Hitler", mentre alcuni osservatori neutrali hanno convenuto che nessun leader straniero, dopo il cancelliere tedesco degli anni '30, è stato diffamato così ferocemente dai media statunitensi. Vista da un'angolazione diversa, può effettivamente esserci una stretta corrispondenza tra Putin e Hitler, ma non nel modo solitamente suggerito.
Persone ben informate sono state certamente consapevoli del ruolo cruciale degli ebrei nell'orchestrare le aggressioni militari o finanziarie contro Iraq, Iran, Siria e Russia, ma assai raramente è capitato che personaggi pubblici di spicco o giornalisti rispettabili abbiano denunciato questi fatti, per non essere denunciati e diffamati da attivisti ebrei zelanti, e dai media che essi controllano. Ad esempio, un paio di anni fa, un singolo tweet suggestivo del famoso agente della CIA incaricata dei controlli anti-proliferazione delle armi di distruzione di massa, Valerie Plame, ha provocato un'ondata di vituperi così enorme che è stata costretta a dimettersi dalla sua posizione in un'importante organizzazione no-profit. Un episodio analogo che ha colpito una figura molto più famosa si era verificato tre generazioni prima:
Questi fatti, ora accertati definitivamente dopo decenni di studi, forniscono un contesto necessario al famoso e controverso discorso di Lindbergh a un raduno di America First nel settembre 1941. In quella occasione, egli denunciò che tre gruppi in particolare stavano "spingendo questo paese verso la guerra [:] gli inglesi, gli ebrei e l'amministrazione Roosevelt”, scatenando così un'enorme tempesta di attacchi mediatici e denunce, comprese diffuse accuse di antisemitismo e simpatie naziste. Data la realtà della situazione politica, l'affermazione di Lindbergh costituiva una perfetta dimostrazione della famosa battuta di Michael Kinsley secondo cui "una gaffe è quando un politico dice la verità - una verità ovvia che non dovrebbe dire". Ma a cagione di tutto questo, la reputazione un tempo eroica di Lindbergh ha subito danni enormi e permanenti, e le campagne di diffamazione sono continuate per i restanti tre decenni della sua vita, e anche ben oltre. Sebbene non sia stato completamente epurato dalla vita pubblica, la sua posizione è radicalmente cambiata.
Tenuto conto di tali esempi, non deve sorprenderci che, per decenni, questo enorme impegno ebraico nell'orchestrare la Seconda Guerra Mondiale sia stato accuratamente omesso da quasi tutte le narrazioni storiche successive, anche quelle che sfidavano nettamente la mitologia del resoconto ufficiale. L'indice dell'opera iconoclasta di Taylor del 1961 non contiene assolutamente alcuna menzione di ebrei, e lo stesso vale per i libri precedenti di Chamberlin e Grenfell. Nel 1953 Harry Elmer Barnes, decano dei revisionisti storici, pubblicò il suo più importante volume volto a demolire le falsità sulla Seconda Guerra Mondiale, e ancora una volta mancava quasi del tutto ogni discussione sul ruolo ebraico, salvo una mezza frase e una breve citazione di Chamberlain, sepolte tra le più di 200.000 parole che compongono il testo.
Persino l'ultra-revisionista David Hoggan sembra aver accuratamente aggirato il tema dell'influenza ebraica. Il suo indice di 30 pagine è privo di voci sugli ebrei e le sue 700 pagine di testo contengono solo riferimenti sparsi. Infatti, sebbene citi le esplicite dichiarazioni private dell'ambasciatore polacco e del primo ministro britannico che sottolineano l'enorme ruolo ebraico nel promuovere la guerra, afferma poi piuttosto discutibilmente che queste dichiarazioni confidenziali di individui che sono bene informati dovrebbero semplicemente essere ignorate.
Nella popolare serie di Harry Potter, Lord Voldemort, il grande nemico giurato dei giovani maghi, è spesso identificato come "Colui che non deve essere nominato", perché anche la sola pronuncia di quelle poche sillabe particolari potrebbe risultare fatale. Gli Ebrei hanno a lungo goduto di un enorme potere e influenza sui media e sulla vita politica, mentre fanatici attivisti ebrei dimostrano un'impaziente ansia di denunciare e diffamare chiunque sospettino essere non sufficientemente amichevole nei confronti del loro gruppo etnico. La combinazione di questi due fattori ha quindi indotto una sorta di "Effetto Lord Voldemort" per quanto riguarda le attività ebraiche, tra la maggior parte degli scrittori e personaggi pubblici. Una volta riconosciuta questa realtà, dovremmo essere molto cauti nell'analizzare questioni storiche controverse, che potrebbero coinvolgere gli Ebrei, ed essere particolarmente diffidenti verso ciò che non si dice.
Gli scrittori disposti a rompere questo temibile tabù ebraico riguardo alla Seconda Guerra Mondiale sono stati piuttosto rari, ma mi viene in mente una notevole eccezione. Come ho scritto di recente:
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Alcuni anni fa, mi sono imbattuto in un libro del 1951 del tutto oscuro, intitolato The Iron Curtain Over America di John Beaty, un professore universitario molto apprezzato. Beaty aveva trascorso i suoi anni di guerra nell'intelligence militare, con il compito di preparare i rapporti informativi giornalieri distribuiti a tutti i massimi funzionari statunitensi, contenenti un sunto di tutte informazioni di intelligence acquisite durante le 24 ore precedenti, ed era ovviamente una posizione di notevole responsabilità.
Da zelante anticomunista, riteneva che gran parte della popolazione ebraica statunitense fosse profondamente implicata in attività sovversive, costituendo quindi una seria minaccia alle tradizionali libertà statunitensi. In particolare, il crescente controllo ebraico sull'editoria e sui media rendeva sempre più difficile che opinioni dissenzienti raggiungessero la popolazione, attraverso questo regime di censura che costituiva la "cortina di ferro" descritta nel suo titolo. Ha attribuito agli interessi ebraici la responsabilità della guerra totalmente inutile contro la Germania di Hitler, che aveva cercato a lungo buone relazioni con gli USA, ma che aveva invece subito la distruzione totale, a causa della sua forte opposizione alla minaccia comunista europea sostenuta dagli Ebrei.
Allora come adesso, un libro che prendeva posizioni così controverse aveva poche possibilità di trovare un editore mainstream di New York, ma fu presto pubblicato da una piccola azienda di Dallas, e poi ebbe un enorme successo, con circa diciassette ristampe negli anni successivi. Secondo Scott McConnell, editore fondatore di The American Conservative, il libro di Beaty è diventato il secondo testo conservatore più popolare degli anni '50, classificandosi solo dietro al classico iconico di Russell Kirk, The Conservative Mind.
I libri di autori sconosciuti pubblicati da piccoli editori raramente vendono molte copie, ma l'opera attirò l'attenzione di George E. Stratemeyer, un generale in pensione che era stato uno dei comandanti di Douglas MacArthur, che scrisse a Beaty una lettera di approvazione. Beaty citò quella lettera nei suoi materiali promozionali, suscitando l'ira dell'ADL, il cui presidente nazionale contattò Stratemeyer, chiedendogli di ripudiare il libro, definendolo una sorta di "testo di base per tutti i gruppi marginali pazzi" degli USA. Invece, Stratemeyer rispose ferocemente all'ADL, denunciandola per aver fatto "minacce velate" contro "la libertà di espressione e pensiero" e per aver tentato di attuare una repressione in stile sovietico negli Stati Uniti. Dichiarò che ogni "cittadino fedele" avrebbe dovuto leggere The Iron Curtain Over America, le cui pagine hanno finalmente rivelato la verità sulla nostra situazione nazionale, e si diede a promuovere attivamente il libro in tutto il paese, denunciando il tentativo ebraico di farlo tacere. Numerosi altri alti generali e ammiragli statunitensi presto si unirono a Stratemeyer nell'approvare pubblicamente il lavoro, così come un paio di membri influenti del Senato degli Stati Uniti, e tutto questo favorì le enormi vendite nazionali del volume.
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Contrariamente a quasi tutte le altre narrazioni sulla Seconda Guerra Mondiale citate sopra, siano esse ortodosse o revisioniste, l'indice del volume di Beaty è pieno di riferimenti agli ebrei e alle attività ebraiche, con decine di voci e spazio dedicato in tutte le pagine del suo libro, nel complesso abbastanza breve. Sospetto quindi che qualsiasi lettore moderno che si imbattesse per caso nel volume di Beaty resterebbe sbalordito e costernato da un materiale così pervasivo, e probabilmente bollerebbe l'autore come delirante e "ossessionato dagli Ebrei"; ma penso che la trattazione di Beaty sia probabilmente molto più onesta e realistica. Come ho notato l'anno scorso su una questione correlata:
... quando la documentazione storica viene epurata e riscritta, qualsiasi riferimento sopravvissuto alla realtà originale viene spesso percepito come frutto di bizzarre delusioni o bollato come "teoria del complotto".
Il ruolo di Beaty in tempo di guerra e i suoi rapporti con l'intelligence statunitense gli hanno permesso una grande comprensione degli eventi, e il convinto sostegno dato al suo libro da molti dei nostri comandanti militari di più alto grado supporta tale conclusione. Più di recente, un decennio di ricerche d'archivio del Prof. Joseph Bendersky, un importante storico mainstream, ha rivelato che le opinioni di Beaty erano condivise privatamente da molti dei nostri professionisti dell'intelligence militare e dai massimi generali dell'epoca, essendo piuttosto diffuse in tali circoli.
John Beaty • 1951 • 82.000 parole
La “leggenda nera” di Adolf Hitler e della Germania nazista
Alla fine degli anni 1960, gli storici hanno ricominciato a interessarsi al ruolo centrale degli ebrei nella guerra mondiale. In effetti, negli ultimi decenni, l'aspro conflitto tra la Germania nazista e l'ebraismo mondiale è diventato un tema così ossessivamente presente nei nostri media popolari, che potrebbe forse essere l'unico aspetto della Seconda Guerra Mondiale noto a molti giovani statunitensi. Ma la vera storia è in realtà molto più complessa della semplice storiella che Hitler era cattivo e odiava gli Ebrei perché erano buoni.
Tra l'altro, costituisce una realtà storica quella dell'importante partenariato economico nazista-sionista degli anni '30, che svolse un ruolo cruciale nella costituzione dello Stato di Israele. Sebbene questi fatti siano accuratamente documentati e abbiano persino ricevuto un'ampia copertura mediatica durante gli anni 1980, in particolare dall'augusto Times di Londra, negli ultimi decenni vi è stato un occultamento di parti della storia talmente radicale, che un paio di anni fa un importante politico di sinistra è stato cacciato dal Partito Laburista Britannico solo per avervi alluso. David Irving ha anche scoperto l'affascinante dettaglio che i due maggiori donatori finanziari tedeschi dei nazisti, durante la loro ascesa al potere, erano entrambi banchieri ebrei, uno dei quali era il leader sionista più importante del paese, sebbene le motivazioni non siano state del tutto chiarite.
Un altro fatto sconosciuto è che circa 150.000 mezzi e quarti ebrei hanno servito fedelmente negli eserciti di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale, principalmente come ufficiali di combattimento e, tra essi, c’erano almeno 15 generali e ammiragli mezzi ebrei, e un'altra dozzina di quarti ebrei che anche figuravano nei più alti ranghi. L'esempio più notevole fu il feldmaresciallo Erhard Milch, il potente secondo in comando di Hermann Goering, che svolse un ruolo operativo molto importante nella creazione della Luftwaffe. Milch aveva certamente un padre ebreo e, secondo alcune affermazioni molto meno fondate, forse anche una madre ebrea, mentre sua sorella era sposata con un generale delle SS.
Nel frattempo, sebbene i nostri media pesantemente dominati dagli Ebrei presentino regolarmente Hitler come l'uomo più malvagio che sia mai vissuto, molti dei suoi contemporanei di spicco sembrano avere un'opinione molto diversa. Come ho scritto di recente :
Riportando la Germania ad uno stato di prosperità, mentre quasi tutti gli altri paesi erano rimasti impantanati nella Grande Depressione mondiale, Hitler ricevette encomi entusiastici da persone di ogni orientamento ideologico. Dopo una lunga visita nel 1936, David Lloyd George, l'ex primo ministro britannico in tempo di guerra, elogiò il cancelliere definendolo “il George Washington della Germania”, un eroe nazionale della più grande statura. Nel corso degli anni, ho trovato plausibili affermazioni secondo le quali, nel corso degli anni 1930, Hitler fu ampiamente riconosciuto come il leader nazionale più popolare e di successo del mondo, e il fatto che sia stato selezionato come uomo dell'anno di Time Magazine nel 1938 conferma questa convinzione.
Ho scoperto uno specifico esempio di questa storia occultata all'inizio di quest'anno, quando ho deciso di leggere The Prize, la magistrale storia dell'industria petrolifera mondiale scritta da Daniel Yergin, vincitore del premio Pulitzer nel 1991, e mi sono imbattuto in alcuni paragrafi sorprendenti, sepolti nel profondo delle 900 pagine di un testo assai denso. Yergin ha spiegato che, nel corso di tutta la metà degli anni 1930, l'imperioso presidente della Royal Dutch Shell, che aveva trascorso decenni al vertice assoluto del mondo degli affari britannico, si infatuò di Hitler e del suo governo nazista. Credeva che un'alleanza anglo-tedesca fosse il mezzo migliore per mantenere la pace europea e proteggere il continente dalla minaccia sovietica, e da pensionato si trasferì persino in Germania, in conformità con le sue nuove simpatie.
Poiché la vera storia di quest'epoca è stata totalmente sostituita da un’estrema propaganda, gli specialisti accademici che fanno ricerche si imbattono talvolta in anomalie sconcertanti. Ad esempio, un po' di googling molto casuale ha portato alla mia attenzione un interessante articolo di un importante biografo della famosa scrittrice ebrea modernista Gertrude Stein, che si mostrava assai perplesso sulle ragioni per le quali il suo idolo femminista pare fosse stata una grande ammiratrice di Hitler, e un'entusiasta sostenitrice del governo francese filo-tedesco di Vichy. L'autore nota anche che la Stein non era l’unica a nutrire simili sentimenti, che erano generalmente condivisi da tanti dei principali scrittori e filosofi di quel periodo.
C'è anche il caso molto interessante, ma molto meno documentato, di Lawrence d'Arabia, uno dei più grandi eroi militari britannici usciti dalla Prima Guerra Mondiale e che pare aver nutrito sentimenti simili, poco prima di morire nel 1935 in un incidente di moto forse sospetto. Un presunto resoconto delle sue opinioni politiche in evoluzione sembra estremamente dettagliato e forse vale la pena approfondirne lo studio, anche se l’originale è stato cancellato da Internet, ma è ancora disponibile su Archive.org.
Un paio di anni fa, il diario del 1945 del ventottenne John F. Kennedy in viaggio nell'Europa del dopoguerra fu venduto all'asta e il contenuto rivelò che era piuttosto affascinato da Hitler. Il giovane JFK predisse che "Hitler emergerà dall'odio che attualmente lo circonda come una delle figure più significative che siano mai vissute" e riteneva che "avesse avuto la stoffa di cui sono fatte le leggende". Questi sentimenti sono particolarmente rimarchevoli, per essere stati espressi subito dopo la fine di una brutale guerra contro la Germania, e nonostante l'enorme volume di propaganda ostile che l'aveva accompagnata.
Gli entusiasmi politici di intellettuali letterari, giovani scrittori o anche anziani uomini d'affari non sono certo le fonti più affidabili cui affidarsi per valutare un certo regime. Ma, all'inizio di quest'anno, ho segnalato una valutazione abbastanza completa delle origini e delle politiche della Germania nazionalsocialista da parte di uno dei più importanti storici britannici:
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Non molto tempo fa, mi sono imbattuto in un libro molto interessante scritto da Sir Arthur Bryant, uno storico influente che Wikipedia descrive come il favorito personale di Winston Churchill e di due altri primi ministri britannici. Aveva lavorato a quest’opera, “Unfinished Victory”, alla fine degli anni 1930, poi l’aveva un po’ modificata e pubblicata all’inizio del 1940, pochi mesi prima che la Seconda Guerra mondiale modificasse considerevolmente il paesaggio politico. Poco dopo ancora, con la guerra che diventava sempre più aspra, si scatenò una dura repressione contro le voci fuori dal coro della società britannica, così violenta che Bryant si allarmò per quanto aveva scritto e tentò di ritirare tutte le copie esistenti dalla circolazione. Ne consegue che i pochi esemplari disponibili in Amazon hanno un prezzo esorbitante ma, fortunatamente, il saggio è anche scaricabile gratuitamente su Archive.org.
Scrivendo prima che la «versione ufficiale» degli avvenimenti storici venisse determinata in modo rigido, Bryant descrisse la situazione interna difficilissima della Germania tra le due guerre mondiali, le sue problematiche relazioni con la sua minuscola minoranza ebraica, e le circostanze che favorirono l’ascesa di Hitler, fornendo una prospettiva su questi importanti avvenimenti, molto differente da quella che ci viene offerta abitualmente nei nostri manuali scolastici.
Tra gli altri fatti sorprendenti, egli nota che, anche se gli Ebrei rappresentavano solo l’1% della popolazione totale, perfino cinque anni dopo l’arrivo al potere di Hitler e l’applicazione delle diverse misure antisemite, sembra possedessero ancora circa un terzo di tutti i beni immobiliari del paese, la maggior parte dei quali era stata acquistata da Tedeschi disperati e affamati nei terribili anni 1920. Quindi, una gran parte della popolazione tedesca (99%) era stata recentemente spossessata dai beni che aveva accumulato nel corso di generazioni…
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Bryant nota anche candidamente l'enorme presenza ebraica nella leadership dei movimenti comunisti che avevano temporaneamente preso il potere dopo la prima guerra mondiale, sia nella maggior parte della Germania che nella vicina Ungheria. E si trattava di un inquietante parallelo con i bolscevichi, a stragrande maggioranza ebrei, che avevano assunto il controllo della Russia e poi massacrato o espulso le tradizionali élite dominanti russe e tedesche di quel paese, e quindi una delle principali fonti di timore per i nazisti.
A differenza dei tanti altri storici citati in precedenza, quando è mutato il clima politico, Bryant si è molto impegnato a cancellare le sue opinioni diventate di colpo fuori moda, e di conseguenza ha continuato a godere di una carriera lunga e di successo, ricca di riconoscimenti da parte di un grato establishment britannico. Ma sospetto che il suo volume del 1940, a lungo tenuto nascosto, che presenta una visione ragionevolmente favorevole di Hitler e della Germania nazista, sia probabilmente più accurato e realistico delle molte migliaia di opere intrise di propaganda degli altri che presto seguirono. Ora l'ho incorporato nel mio sistema di libri HTML, così chi è così interessato può leggerlo e decidere da solo.
Arthur Bryant • 1940 • 79.000 parole
L'enormità dei crimini di guerra commessi dagli alleati
Per la maggior parte degli Statunitensi di oggi, l'immagine principale associata a Hitler e al suo regime tedesco è l'orrenda portata dei crimini di guerra che si dice abbiano commesso nel corso della guerra mondiale che avrebbero scatenato. Ma, in una delle sue conferenze, Irving ha osservato che, invece, la dimensione di tali crimini della Seconda Guerra Mondiale e soprattutto le prove addotte, non necessariamente puntano verso i Tedeschi.
Per quanto Hollywood e i suoi scherani abbiano sempre fatto riferimento alle sentenze dei Tribunali di Norimberga come la parola definitiva sulla barbarie nazista, un’analisi, anche solo superficiale, di quei processi lascia assai dubbiosi. Col passare del tempo, gli storici hanno gradualmente riconosciuto che alcune delle prove più scioccanti e spaventose poste a fondamento della condanna mondiale degli imputati - i paralumi umani e le saponette, le teste rimpicciolite - erano del tutto fraudolente. I sovietici erano determinati a perseguire i nazisti per il massacro, nella foresta di Katyn, degli ufficiali polacchi catturati, anche se gli alleati occidentali erano convinti che responsabile fosse piuttosto stato Stalin, una convinzione alla fine confermata da Gorbaciov e dagli archivi sovietici appena aperti. Se i Tedeschi avessero davvero fatto tante cose orribili, c’è da chiedersi perché l’Accusa sarebbe dovuta ricorrere a tali accuse false e prefabbricate.
E, nel corso dei decenni, si sono accumulate prove considerevoli che le camere a gas e l'Olocausto ebraico - gli elementi centrali dell'odierna "leggenda nera" nazista - erano altrettanto fittizi come tutti gli altri. I Tedeschi erano notoriamente meticolosi archivisti, provvisti di una burocrazia diligente come nessun altro popolo, e quasi tutti i loro archivi furono sequestrati alla fine della guerra. Date tali premesse, sembra piuttosto strano che non ci siano praticamente tracce dei piani o delle direttive associate ai mostruosi crimini che la loro leadership avrebbe ordinato di commettere su scala massicciamente industriale. La totalità delle prove sembra invece consistere in una piccolissima quantità di materiale documentario alquanto dubbio, nelle dubbie interpretazioni di alcune frasi e in varie confessioni tedesche, spesso ottenute per mezzo di brutali torture.
Dato il suo ruolo cruciale in tempo di guerra nell'intelligence militare, Beaty è stato particolarmente duro nel denunciare quel processo, e gli apprezzamenti del suo libro da parte di numerosi alti generali statunitensi ne confermano notevolmente il giudizio:
Era feroce nei confronti dei processi di Norimberga, che descrisse come una "grande macchia indelebile" sugli Stati Uniti e "una parodia della giustizia". Secondo lui, i procedimenti sono stati guidati da Ebrei tedeschi vendicativi, molti dei quali impegnati nella falsificazione di testimonianze, e perfino con precedenti penali. Di conseguenza, questo "fiasco immondo" ha semplicemente dimostrato ai Tedeschi che "il nostro governo non aveva il senso della giustizia". Il senatore Robert Taft, il leader repubblicano dell'immediato dopoguerra, prese una posizione molto simile, che in seguito gli valse l'elogio di John F. Kennedy in Profiles in Courage. Il fatto che il procuratore capo sovietico a Norimberga avesse svolto lo stesso ruolo durante i famigerati processi farsa stalinisti della fine degli anni '30, nel corso dei quali numerosi vecchi bolscevichi confessarono ogni sorta di cose assurde e ridicole, non accresce la credibilità del procedimento agli occhi di molti osservatori esterni.
Al contrario Irving nota che, se fossero stati invece gli Alleati sul banco degli imputati a Norimberga, le prove della loro colpevolezza sarebbero state assolutamente schiaccianti. Dopotutto, è stato Churchill a iniziare l’illegale bombardamento terroristico delle città, una strategia deliberatamente intesa a provocare ritorsioni tedesche e che, alla fine, ha portato alla morte di un milione o più di civili europei. Verso la fine della guerra, i rovesci militari avevano persino convinto il leader britannico a ordinare attacchi illegali con l’uso di gas velenosi contro le città tedesche, e anche l’avvio di una guerra biologica ancora più orribile, anche con bombe all'antrace. Irving trovò queste direttive firmate negli archivi britannici, sebbene Churchill fosse stato in seguito convinto a revocarle prima che fossero eseguite. Al contrario, Il materiale d'archivio tedesco dimostra che Hitler aveva ripetutamente escluso qualsiasi primo utilizzo di tali armi illegali in qualsiasi circostanza, anche se l'arsenale molto più letale della Germania avrebbe potuto invertire le sorti della guerra a suo favore.
Sebbene oggi dimenticato da tempo, Freda Utley era una giornalista di una certa importanza alla metà del secolo scorso. Nata inglese, aveva sposato un comunista ebreo e si era trasferita nella Russia sovietica, poi era fuggita negli USA quando il marito fu vittima di una delle purghe di Stalin. Sebbene non potesse certamente considerarsi simpatizzante dei nazisti sconfitti, condivideva fortemente la visione di Beaty sulla mostruosa perversione della giustizia a Norimberga, e il suo resoconto di prima mano dei mesi trascorsi nella Germania occupata è illuminante nella sua descrizione dell'orribile sofferenza imposta alla popolazione prostrata, anche anni dopo la fine della guerra. Inoltre:
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Il suo libro tratta anche delle espulsioni organizzate di Tedeschi etnici dalla Slesia, dal Sudatenland, dalla Prussia orientale e da varie altre parti dell'Europa centrale e orientale dove avevano vissuto pacificamente per molti secoli, e il numero totale di tali espulsioni viene generalmente stimato in 13-15 milioni. Alle famiglie venivano a volte concessi solo dieci minuti per lasciare le case in cui avevano risieduto per un secolo o più, e poi erano costrette a marciare a piedi, a volte per centinaia di miglia, verso una terra lontana che non avevano mai visto, portando con sé solo i beni che potevano stringere nelle mani. In alcuni casi, tutti gli uomini sopravvissuti venivano separati e spediti nei campi di lavoro forzato, producendo così un esodo composto esclusivamente da donne, bambini e anziani.
In questi giorni leggiamo frequenti narrazioni dolorose sul famigerato "Trail of Tears", sofferto dai Cherokee nel lontano passato dell'inizio del XIX secolo, ma questo evento piuttosto simile del XX secolo è stato quasi mille volte più imponente. Nonostante questa enorme discrepanza e una distanza temporale di gran lunga maggiore, immagino che il primo evento sia conosciuto mille volte di più dagli Statunitensi medi. Se è così, ciò dimostrerebbe che il controllo schiacciante dei media può facilmente amplificare di un milione e più la percezione della realtà.
Quel movimento demografico sembra certamente aver rappresentato la più grande pulizia etnica nella storia del mondo, e se la Germania avesse mai fatto qualcosa di anche solo lontanamente simile durante i suoi anni di vittorie e conquiste europee, le scene avvincenti di un così enorme diluvio di profughi disperati e arrancanti sarebbe sicuramente diventato la trama di numerosi film sulla Seconda Guerra Mondiale degli ultimi settant'anni. Ma, dal momento che non è mai successo niente del genere, gli sceneggiatori di Hollywood hanno perso un'enorme opportunità.
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Penso che forse la spiegazione più plausibile per la diffusa promozione di una moltitudine di crimini di guerra tedeschi in gran parte fittizi a Norimberga sia stata la volontà di camuffare e oscurare quelli reali realmente commessi dagli Alleati.
Altri indicatori correlati possono essere trovati nel tono estremo di alcune delle pubblicazioni statunitensi del periodo, comprese quelle prodotte ben prima che il nostro paese entrasse in guerra. Ad esempio :
Ma già nel 1940, un ebreo statunitense di nome Theodore Kaufman si arrabbiò così tanto per il trattamento riservato da Hitler all'ebraismo tedesco, che pubblicò un breve libro dal titolo evocativo Germany Must Perish! (La Germania deve perire!), in cui proponeva esplicitamente lo sterminio totale del popolo tedesco. E quel libro, a quanto pare, ricevette buone recensioni, anche se forse non del tutto serie, da molti dei nostri media più prestigiosi, tra cui il New York Times, il Washington Post e il Time Magazine.
Sicuramente qualsiasi libro simile pubblicato nella Germania di Hitler, che avesse sostenuto lo sterminio di tutti gli ebrei o slavi, sarebbe stato portato come prova rilevante a Norimberga, e qualsiasi recensore di giornali che ne avesse scritto in termini favorevoli sarebbe stato probabilmente trascinato sul banco degli imputati, accusato di "crimini contro l'umanità".
Nel frattempo, si combatteva una guerra altrettanto terribile nel Pacifico, all'indomani di Pearl Harbor, come si può vedere in un numero del 1944 della rivista Life, che pubblica la foto di una giovane donna statunitense mentre osserva il teschio di un soldato giapponese, che il suo ragazzo le aveva inviato come souvenir di guerra. Se qualche rivista nazista avesse mai pubblicato immagini simili, dubito che gli Alleati avrebbero avuto bisogno di inventare storie ridicole di paralumi umani o sapone.
E, abbastanza sorprendentemente, quella scena grottesca fornisce effettivamente un'indicazione ragionevolmente accurata delle atrocità selvagge che venivano regolarmente commesse durante i brutali combattimenti nel teatro del Pacifico. Questi fatti spiacevoli sono stati esaurientemente trattati in War Without Mercy, un pluripremiato volume del 1986 dell'eminente storico statunitense John W. Dower, che ha ricevuto entusiasmanti riconoscimenti da importanti studiosi e intellettuali.
La sgradevole verità è che gli Statunitensi usavano massacrare i Giapponesi che cercavano di arrendersi o che erano già stati fatti prigionieri, col risultato che solo una piccola parte - in alcuni anni solo una minuscola parte – dei soldati giapponesi sconfitti in battaglia è sopravvissuta. La scusa tradizionale offerta al pubblico per giustificare l'assenza di prigionieri di guerra giapponesi era che il loro codice Bushido rendeva impensabile la resa, ma quando i Sovietici sconfissero gli eserciti giapponesi nel 1945, non ebbero difficoltà a catturare oltre un milione di prigionieri. E tuttavia, poiché interrogare i prigionieri era importante per scopi di intelligence, verso la fine della guerra i comandanti statunitensi iniziarono a offrire delle ricompense, come un gelato ad esempio, alle loro truppe quando portavano vivi alcuni giapponesi che si arrendevano, piuttosto che ucciderli sul campo.
Anche i soldati statunitensi commettevano regolarmente atrocità straordinariamente selvagge. Ai Giapponesi morti o feriti venivano spesso strappati i denti d'oro, presi come bottino di guerra, e le loro orecchie venivano spesso tagliate e conservate come souvenir, come talvolta accadeva anche con i loro teschi. Inoltre Dower nota l'assenza di prove che suggeriscano un comportamento simile dall'altra parte. I media statunitensi generalmente dipingevano i Giapponesi come parassiti da eliminare, e numerose dichiarazioni pubbliche di alti leader militari USA affermavano esplicitamente che la maggior parte della popolazione giapponese doveva possibilmente essere sterminata, per portare la guerra a una conclusione positiva. È piuttosto rivelatore il confronto di fatti così ampiamente documentati con le accuse piuttosto tenui di solito mosse contro i leader politici o militari nazisti.
Alla fine degli anni 1980, vennero improvvisamente alla luce le prove di altri profondi segreti del tempo di guerra.
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Durante una visita in Francia nel 1986, in preparazione di un libro che trattava argomenti diversi, uno scrittore canadese di nome James Bacque si imbatté in indizi che suggerivano che uno dei più terribili segreti della Germania del dopoguerra era rimasto a lungo completamente nascosto, e presto intraprese un'ampia ricerca sull'argomento, pubblicando infine Other Losses (Altre perdite) nel 1989. Basandosi su prove considerevoli, inclusi documenti governativi, interviste personali e testimonianze oculari registrate, sostenne che, dopo la fine della guerra, gli Statunitensi avevano fatto morire di fame circa un milione di prigionieri di guerra tedeschi, parrebbe come un atto politico deliberato, un crimine di guerra che sarebbe sicuramente tra i più grandi della storia.
Per decenni, i propagandisti occidentali hanno incessantemente accusato i Sovietici di trattenere un milione o più di prigionieri di guerra tedeschi "dispersi" come lavoratori schiavi nel loro Gulag, e i Sovietici hanno sempre inutilmente negato fatti del genere. Secondo Bacque, i Sovietici hanno sempre detto la verità e i soldati scomparsi erano quelli che, in numero enorme, erano fuggiti verso ovest alla fine della guerra, sperando di trovare un trattamento di gran lunga migliore se fossero caduti nelle mani degli eserciti anglo-statunitensi in avanzata. Ma, invece, furono loro negate tutte le normali protezioni legali e confinati in condizioni orribili, dove morirono rapidamente di fame, malattia ed assideramento.
Senza tentare di riassumere tutto l'ampia documentazione cui fa riferimento Bacque, vale tuttavia la pena menzionare alcuni dei fatti riportati. Alla fine delle ostilità, il governo USA utilizzò un capzioso ragionamento legale, per sostenere che i molti milioni di soldati tedeschi catturati non dovessero essere considerati "prigionieri di guerra", e quindi protetti dalle disposizioni della Convenzione di Ginevra. Poco dopo, i tentativi della Croce Rossa Internazionale di effettuare spedizioni di cibo agli enormi campi di prigionia alleati furono ripetutamente respinti e furono affissi avvisi in tutte le vicine città e villaggi tedeschi, che qualsiasi civile avesse tentato di contrabbandare cibo ai prigionieri di guerra disperati poteva essere fucilato a vista. Questi fatti storici innegabili sembrano suggerire certe inquietanti ipotesi.
Sebbene inizialmente pubblicato da un oscuro editore, il libro di Bacque fece immenso scalpore e diventò presto un best-seller internazionale. Indica nel generale Dwight Eisenhower il principale colpevole della tragedia, notando che le perdite di prigionieri di guerra furono molto inferiori nelle aree al di fuori del suo controllo, e suggerisce che, come "generale politico" altamente ambizioso di origine tedesco-statunitense, potrebbe essere stato sottoposto a un'intensa pressione per dimostrare il suo "rigore" verso il nemico sconfitto della Wehrmacht.
Inoltre, una volta terminata la Guerra Fredda e aperti agli studiosi gli Archivi Sovietici, i loro contenuti sembrano aver fortemente convalidato la tesi di Bacque. Egli osserva che sebbene gli archivi contengano prove esplicite di atrocità a lungo negate, come il massacro del corpo degli ufficiali polacchi nella foresta di Katyn da parte di Stalin, non menzionano in alcun modo i milioni di prigionieri di guerra tedeschi scomparsi, che invece molto probabilmente avevano concluso la loro vita nella fame e malattia dei campi di sterminio di Eisenhower. Bacque sottolinea come il governo tedesco abbia severamente vietato ogni indagine diretta a trovare le fosse comuni che potrebbero contenere i resti di quei prigionieri di guerra morti da tempo e, in un'edizione aggiornata, cita anche l'emanazione da parte della Germania di nuove severe leggi che comminano pesanti pene detentive a chiunque metta semplicemente in discussione la narrativa ufficiale della Seconda Guerra Mondiale.
La trattazione da parte di Bacque delle nuove prove emerse dagli archivi del Cremlino costituisce una parte relativamente piccola del suo sequel del 1997, Crimes and Mercies, incentrato su un'analisi ancora più esplosiva e diventato anch’esso un best-seller internazionale.
Come già detto, osservatori diretti della Germania del dopoguerra nel 1947 e 1948, come Gollanz e Utley, hanno scritto racconti di prima mano sulle terribili condizioni che avevano scoperto, e hanno affermato che, per anni, le razioni alimentari ufficiali destinate alla popolazione sono state paragonabili a quelle dei detenuti dei campi di concentramento nazisti, talvolta molto inferiori, causando malnutrizione e malattie diffuse. Hanno anche sottolineato la distruzione della maggior parte del patrimonio edilizio prebellico della Germania, e il grave sovraffollamento prodotto dall'afflusso di tanti milioni di miserabili rifugiati di etnia tedesca, espulsi da altre parti dell'Europa centrale e orientale. Ma questi osservatori non disponevano di affidabili statistiche demografiche e potevano solo formulare ipotesi sull'enorme numero di morti che la fame e le malattie avevano già provocato, e che sarebbero certamente continuate, se non ci fosse stato un cambio di rotta politico.
Anni di ricerche d'archivio di Bacque hanno tentato di rispondere a questa domanda, e la conclusione fornita non è certo piacevole. Sia il governo militare alleato che le successive autorità civili tedesche sembrano aver compiuto uno sforzo concertato per nascondere o oscurare la vera portata della calamità che colpì i civili tedeschi negli anni 1945-1950, e le statistiche ufficiali sulla mortalità trovate nei rapporti del governo sono semplicemente troppo fantasiose per essere vere, sebbene siano state utilizzate per scrivere la storia di quel periodo. Bacque osserva che queste cifre suggeriscono che il tasso di mortalità nelle terribili condizioni del 1947, a lungo ricordato come "l'anno della fame" ( Hungerjahr) e vividamente descritto nel resoconto di Gollancz, era in realtà inferiore a quello della prospera Germania della fine degli anni '60. Inoltre, rapporti privati di funzionari statunitensi, i tassi di mortalità riscontrati in singole località, e altre prove evidenti, dimostrano che questi numeri aggregati a lungo accettati erano essenzialmente fittizi.
Invece, Bacque tenta di fornire stime più realistiche basate su un esame della somma della popolazione registrata nei vari censimenti, insieme all'afflusso registrato dell'enorme numero di rifugiati. Sulla base di questa semplice analisi, sostiene con ragionevole certezza che il surplus di morti in quel periodo ammonti a circa 10 milioni, e forse molti di più. Inoltre, fornisce prove sostanziali che la fame sia stata deliberatamente imposta, o almeno enormemente aggravata dalla opposizione del governo statunitense ad ogni tentativo di soccorso alimentare proveniente dall'estero. Forse questi numeri non dovrebbero essere così del tutto sorprendenti, visto che il Piano ufficiale Morgenthau prevedeva l'eliminazione di circa 20 milioni di tedeschi, e come dimostra Bacque, i massimi leader statunitensi hanno continuato, di fatto, a seguire quelle scelte, nonostante la avessero a parole ripudiate.
Supponendo che questi numeri siano anche solo lontanamente corretti, le implicazioni sono piuttosto notevoli. Il bilancio della catastrofe umana vissuta nella Germania del dopoguerra sarebbe certamente tra i più grandi nella storia moderna in tempo di pace, superando di gran lunga le morti avvenute durante la carestia ucraina dei primi anni '30, avvicinandosi forse anche alle perdite del tutto involontarie verificatesi durante il Grande balzo in avanti di Mao del 1959-61. Si noti che le perdite tedesche del dopoguerra supererebbero di gran lunga qualsiasi di queste altre tragedie, anche se le stime di Bacque si riducessero notevolmente. Eppure dubito che anche solo l’1% degli Statunitensi sia oggi informato di questa immane calamità. Presumibilmente i ricordi sono molto più forti in Germania e tuttavia, alla luce della crescente repressione legale delle opinioni discordanti in quello sfortunato paese, sospetto che chiunque discuta l'argomento con troppa energia rischi l'immediata reclusione.
In larga misura, questa ignoranza storica è stata pesantemente promossa dai nostri governi, spesso servendosi di mezzi subdoli o addirittura nefasti. Proprio come nella vecchia e decadente URSS, gran parte dell'attuale legittimità politica dell'odierno governo statunitense, e dei suoi vari Stati vassalli europei, si basa su una certa narrativa della Seconda Guerra Mondiale, e sfatarla potrebbe produrre conseguenze politiche disastrose. Bacque racconta in modo persuasivo alcuni dei tentativi che sembrano essere stati fatti per dissuadere qualsiasi importante quotidiano o rivista dal pubblicare articoli che trattassero delle sorprendenti scoperte del suo primo libro, imponendo così un "blackout" volto a ridurre al minimo qualsiasi copertura mediatica. Tali misure sembrano essere state abbastanza efficaci dal momento che, fino a otto o nove anni fa, credo di non averne sentito mai parlare, e certamente non le ho mai viste seriamente trattate in nessuno dei numerosi giornali o riviste che ho letto attentamente negli ultimi tre decenni.
Persino mezzi illegali furono impiegati per ostacolare gli sforzi di questo studioso solitario e determinato. A volte, le linee telefoniche di Bacque sono state poste sotto controllo, la sua posta intercettata e i suoi materiali di ricerca copiati di nascosto, mentre il suo accesso ad alcuni archivi ufficiali è stato bloccato. Alcuni degli anziani testimoni oculari che hanno arricchito la sua analisi con il loro racconto hanno ricevuto minacce e hanno subito atti di vandalismo sulle loro proprietà.
Nella sua prefazione a questo libro del 1997, De Zayas, l'eminente avvocato internazionale per i diritti umani, ha elogiato la ricerca pionieristica di Bacque, augurandosi che avrebbe presto portato a un importante dibattito accademico volto a rivalutare i veri fatti di questi eventi storici di mezzo secolo prima. Ma, nel suo aggiornamento all'edizione del 2007, ha manifestato una certa indignazione per il fatto che tale discussione non sia mai avvenuta, e per il fatto che, invece, il governo tedesco abbia semplicemente approvato una serie di severe leggi che prevedono pene detentive per chiunque contesti la narrativa ufficiale della Seconda Guerra Mondiale e delle sue immediate conseguenze, occupandosi forse eccessivamente della sofferenza dei civili tedeschi.
Sebbene entrambi i libri di Bacque siano diventati dei best-seller internazionali, l'assenza quasi totale di copertura mediatica ha fatto sì che non entrassero a far parte del senso comune. C’è anche da dire che vi è una sproporzione immensa tra la stampa e i media elettronici. Un best-seller può essere letto da molte decine di migliaia di persone, ma un film di successo ne raggiungere decine di milioni, e fintanto che Hollywood sfornerà infiniti film che denunciano le atrocità della Germania e nessuno che parli dei crimini perpetrati dall’altra parte, i fatti veri di quella storia difficilmente otterranno grande divulgazione. Sospetto fortemente che molte più persone oggi credano nell'esistenza di Batman e Spiderman di quante siano a conoscenza delle tesi di Bacque.
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Ron Unz • 9 luglio 2018 • 6.600 parole
“Chi controlla il passato controlla il futuro”
Molti dei passi riportati in questo articolo sono stati tratti dai miei precedenti articoli pubblicati nell'ultimo anno o giù di lì, ma credo sia utile presentarli insieme e non separatamente, anche se la lunghezza totale diventa necessariamente considerevole.
La Seconda Guerra Mondiale domina il nostro panorama del ventesimo secolo come un colosso, e proietta ancora enormi ombre sul nostro mondo moderno. Quel conflitto globale è stato probabilmente oggetto di un’attenzione molto maggiore, sia sulla stampa che sui media elettronici, rispetto a qualsiasi altro evento nella storia umana. Quindi, se ci imbattiamo in qualche elemento anomalo che sembra contraddire l’oceano di informazioni dettagliatissime che abbiamo a lungo accettate, c'è una naturale tendenza a liquidarlo come non plausibile o addirittura delirante. Ma una volta che il numero totale di tali elementi, discordanti ma che appaiono ben documentati, diventa sufficientemente grande, dobbiamo prenderli molto più sul serio, e forse alla fine ammettere che la maggior parte di essi è probabilmente corretta. Come è stato suggerito in una citazione ampiamente attribuita in modo dubbio a Stalin, “La quantità ha una qualità tutta sua”.
Non sono certo il primo ad avere preso gradualmente coscienza di questa ampia e coesa contro-narrazione della Seconda Guerra Mondiale, e qualche mese fa mi è capitato di leggere German's War, pubblicato nel 2014 dallo storico dilettante John Wear. Attingendo a fonti che sostanzialmente si sovrappongono a quelle che ho discusso, le sue conclusioni sono ragionevolmente simili alle mie, ma presentate in una forma di libro che include circa 1.200 riferimenti esatti alla fonte. Quindi chi è interessato a un'esposizione molto più dettagliata di questi stessi problemi può leggerlo e decidere da solo, comodamente disponibile in un formato HTML su questo sito web.
The Origins, Aftermath and Atrocities of World War II
John Wear • 2014 • 167.000 parole
Quando la libertà intellettuale è sotto attacco, sfidare una mitologia ufficialmente consacrata può diventare legalmente pericoloso. Sento dire che migliaia di persone che manifestano opinioni eterodosse su vari aspetti della storia della Seconda Guerra Mondiale vengono imprigionati in Europa a causa di tali convinzioni. Se è così, si tratta di un numero molto più alto dei dissidenti ideologici che hanno subito un destino simile nei paesi in decadenza del blocco sovietico degli anni 1980.
La Seconda Guerra Mondiale è finita quasi tre generazioni fa, e pochi dei suoi sopravvissuti adulti camminano ancora sulla terra. Da un certo punto di vista i veri fatti di quel conflitto, e il fatto che contraddicano o meno la nostra narrativa tradizionale, potrebbero sembrare del tutto irrilevanti. Abbattere le statue di alcuni personaggi storici morti da tempo e sostituirle con le statue di altri sembra un esercizio privo di effetti pratici.
Ma se giungiamo gradualmente alla conclusione che la storia che ci hanno raccontato per tutta la vita è sostanzialmente falsa, e forse in gran parte capovolta, le conseguenze sulla nostra visione del mondo sono enormi. La maggior parte del materiale sorprendente presentato qui è praticamente nascosto o tenuto sotto chiave. Quasi tutti i libri sono facilmente disponibili su Amazon o addirittura liberamente leggibili su Internet, molti degli autori hanno ricevuto il plauso della critica e degli studiosi, e in alcuni casi le loro opere hanno venduto milioni di copie. Eppure questo importante materiale è stato quasi del tutto ignorato o respinto dai media popolari che modellano le credenze comuni della nostra società. Quindi dobbiamo necessariamente cominciare a chiederci quali altre enormi falsità potrebbero essere state promosse in modo simile da quei media, magari su fatti del recente passato o anche dei giorni nostri. E questi ultimi eventi hanno un enorme significato pratico. Come ho sottolineato diversi anni fa nel mio primo articolo della Pravda statunitense :
A parte l'evidenza dei nostri sensi, quasi tutto ciò che sappiamo del passato o delle notizie di oggi proviene da frammenti di inchiostro su carta o pixel colorati su uno schermo, e fortunatamente negli ultimi anni la crescita di Internet ha enormemente ampliato la gamma di informazioni a nostra disposizione. Anche se la stragrande maggioranza delle affermazioni non ortodosse fornite da tali fonti non tradizionali basate sul web non è corretta, almeno ora esiste la possibilità di estrarre pepite vitali di verità da vaste montagne di falsità.
Dobbiamo anche riconoscere che molte delle idee che dominano il nostro mondo attuale sono state fondate su una particolare comprensione di quella storia del tempo di guerra, e se abbiamo buone ragioni di credere che la narrativa sia sostanzialmente falsa, forse dovremmo iniziare a mettere in discussione tutto il quadro di idee che è stato eretto su quelle basi.
George Orwell ha combattuto nella guerra civile spagnola durante gli anni 1930 e ha scoperto che i fatti veri in Spagna erano radicalmente diversi da come gli era stato raccontato dai media britannici del suo tempo. Nel 1948 queste esperienze passate, insieme alla "storia ufficiale" della Seconda Guerra Mondiale che si andava rapidamente rapprendendo, potrebbero essere state l’ispirazione del suo romanzo più famoso, 1984, che notoriamente dichiarava che "Chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato”.
In effetti, come ho notato l'anno scorso, questa osservazione non è mai stata più vera, laddove si considerino alcuni dei presupposti storici che governano la politica del mondo di oggi e la probabilità che siano del tutto fuorvianti:
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Alla fine della Guerra Fredda, il numero di civili innocenti uccisi durante la rivoluzione bolscevica e nei primi due decenni del regime sovietico era calcolato in diverse decine di milioni, comprendendovi anche le vittime della guerra civile russa, della carestie, dei Gulag e delle condanne a morte. Ho sentito dire che queste cifre sono state notevolmente ridimensionate, ridotte forse a una ventina di milioni, ma poco importa. Per quanto i nostalgici dell’URSS possano contestare questi numeri tanto elevati, essi fanno parte della storia tradizionale insegnata in Occidente.
Allo stesso tempo, tutti gli storici sanno perfettamente che i leader bolscevichi erano per lo più ebrei, tre dei cinque rivoluzionari scelti da Lenin come suoi successori possibili erano tali. Nonostante che solo il 4% della popolazione russa fosse ebrea, Vladimir Putin ha dichiarato qualche anno fa che gli ebrei costituivano forse l’80-85% del primo governo sovietico, una stima del tutto coerente con le affermazioni contemporanee di Winston Churchill, del corrispondente del Times of London, Robert Wilton, e degli ufficiali della intelligence militare USA. I recenti libri di Alexander Solgenitsin, Yuri Slezkin e altri, hanno tutti dipinto un quadro assai simile. E prima della Seconda Guerra Mondiale gli ebrei erano superpresenti nella direzione comunista, specie nella amministrazione dei Gulag e nei ranghi superiori del temibile NKVD.
Questi due semplici fatti sono stati diffusamente accettati negli Stati Uniti nel corso della mia vita. Ma combinateli con il numero relativamente ridotto di ebrei nel mondo, circa 16 milioni prima della Seconda Guerra mondiale, e la conclusione ineluttabile è che, paragonati al loro numero complessivo, gli ebrei sono stati i più grandi assassini di massa del XX secolo, meritando questa terribile distinzione con un margine enorme e senza che nessun’altra nazionalità possa avvicinarsene, neppure da lontano. E però, attraverso uno sbalorditivo trucco di Hollywood, i peggiori assassini degli ultimi cento anni sono stati in qualche modo trasformati nelle più grandi vittime, una trasformazione tanto poco plausibile che le generazioni future ne resteranno certamente stupefatte.
I neocon statunitensi di oggi sono ebrei come lo erano i bolscevichi di cento anni fa, e hanno tratto grandi benefici dall’immunità politica fornita da tale inversione completamente bizzarra della realtà storica. Anche per merito della loro immagine fabbricata dai media di vittime, sono riusciti ad assumere il controllo di gran parte del nostro sistema politico, soprattutto in politica estera, e hanno passato gli ultimi anni a fare il possibile per fomentare guerre insensate contro la Russia, paese dotato di armi nucleari. Se riusciranno in questo, supereranno certamente il numero impressionante di morti accumulati dai loro antenati etnici.
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