Pravda statunitense: Putin come Hitler?
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Le schede di ossin, 12 marzo 2022 - Sembra che Bismarck abbia scherzato una volta dicendo che esiste una Provvidenza speciale per ubriaconi, sciocchi e Stati Uniti d'America. Ma temo che ora abbiamo attinto a quella Provvidenza una volta di troppo, e adesso potremmo subirne le conseguenze...
Unz Review, 7 marzo 2022 (trad.ossin)
Pravda statunitense: Putin come Hitler?
Ron Unz
La demonizzazione di Vladimir Putin presentato come un altro Hitler
Per anni l'eminente studioso di Russia Stephen Cohen ha definito il presidente Vladimir Putin come il leader mondiale più importante dell'inizio del ventunesimo secolo. Ha elogiato l'enorme successo dell'uomo nel far rinascere il suo paese dopo il caos e l'indigenza degli anni di Eltsin, e ha sottolineato il suo desiderio di relazioni amichevoli con gli USA, ma temeva sempre più che stessimo entrando in una nuova Guerra Fredda, ancora più pericolosa della precedente.
Già nel 2017, il defunto Prof. Cohen sosteneva che nessun leader straniero era stato tanto diffamato nella recente storia statunitense come Putin, e l'invasione russa dell'Ucraina due settimane fa ha aumentato esponenzialmente l'intensità di tali denunce mediatiche, quasi eguagliando l'isteria che il nostro paese ha vissuto due decenni fa, dopo l'attacco dell'11 settembre a New York City. Larry Romanoff ha fornito alcuni utili esempi.
Fino a poco tempo, questa demonizzazione estrema di Putin era in gran parte confinata a Democratici e centristi, la cui bizzarra narrativa del Russiagate lo accusava di aver insediato Donald Trump alla Casa Bianca. Ma la reazione è ora diventata completamente bipartisan, e perfino l'entusiasta sostenitore di Trump, Sean Hannity, ha recentemente utilizzato il suo programma FoxNews in prima serata per chiedere la morte di Putin, un grido cui si è subito unito il senatore Lindsey Graham, un eminente repubblicano della Commissione Giustizia del Senato. Si tratta di minacce sorprendenti contro un uomo il cui arsenale nucleare potrebbe rapidamente annientare la maggior parte della popolazione statunitense, e la retorica sembra senza precedenti nella nostra storia del dopoguerra. Anche nei giorni più bui della Guerra Fredda, non ricordo che tali sentimenti pubblici siano mai stati diretti verso l'URSS o la sua massima leadership comunista.
Per molti aspetti, la reazione occidentale all'attacco della Russia è stata più vicina a una dichiarazione di guerra che a un semplice ritorno alla Guerra Fredda. Le enormi riserve estere della Russia detenute all'estero sono state sequestrate e congelate, le sue compagnie aeree civili escluse dai cieli occidentali e le sue principali banche disconnesse dalle reti finanziarie globali. A ricchi privati russi sono state confiscate le proprietà, la nazionale di calcio è stata bandita dai Mondiali e il direttore russo di lunga data della Filarmonica di Monaco è stato licenziato per essersi rifiutato di denunciare il proprio paese.
Tale rappresaglia internazionale contro la Russia e singoli russi sembra assolutamente sproporzionata. Finora i combattimenti in Ucraina hanno inflitto morti o distruzioni minime, mentre le altre grandi guerre degli ultimi due decenni, molte delle quali di iniziativa statunitense, hanno ucciso milioni di persone e distrutto completamente diversi paesi, tra cui Iraq, Libia e Siria. Ma il predominio globale della propaganda mediatica statunitense ha orchestrato una risposta popolare molto diversa, producendo questo straordinario crescendo di odio.
In effetti, il parallelo più vicino che viene in mente è l'ostilità statunitense verso Adolf Hitler e la Germania nazista dopo lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, come indicato dai diffusi confronti tra l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin e l'attacco di Hitler del 1939 alla Polonia. Una semplice ricerca su Google per "Putin e Hitler" restituisce decine di milioni di pagine web, con i risultati migliori che vanno dal titolo di un articolo del Washington Post ai Tweet della star della musica pop Stevie Nicks. Già nel 2014, Andrew Anglin del Daily Stormer aveva documentato il meme emergente "Putin è il nuovo Hitler".
Sebbene estremamente popolari, tali analogie Putin-Hitler non sono unanimi e alcuni media come il London Spectator sono stati fortemente in disaccordo, sostenendo che gli obiettivi strategici di Putin sono stati piuttosto limitati e ragionevoli.
Molti analisti strategici dalla mente sobria hanno ribadito a lungo questa stessa considerazione, ma solo molto occasionalmente, le loro opinioni contrarie sono riuscite a sfuggire al blocco dei media.
Sebbene FoxNews sia diventato uno dei media più rabbiosamente ostili alla Russia, una recente intervista con uno dei loro ospiti abituali ha fornito una prospettiva molto diversa. Il colonnello Douglas Macgregor è stato un ex consigliere del Pentagono ed ha spiegato in termini convincenti che gli USA hanno ignorato per quasi quindici anni gli infiniti avvertimenti di Putin che non avrebbe tollerato l'adesione alla NATO dell'Ucraina, né il dispiegamento di missili strategici al suo confine. Il nostro governo non ha prestato attenzione alle sue esplicite linee rosse, quindi Putin è stato alla fine costretto ad agire, provocando l'attuale calamità:
Anche il prof. John Mearsheimer dell'Università di Chicago, uno dei nostri più illustri scienziati politici, ha per molti anni sottolineato questi stessi punti, accusando gli USA e la NATO di essere i responsabili della pericolosa crisi ucraina, ma i suoi avvertimenti sono stati totalmente ignorati dalla nostra leadership politica e dai media. La sua lezione di un'ora che spiega queste spiacevoli realtà è rimasta tranquillamente su Youtube per sei anni, attirando relativamente poca attenzione, per diventare improvvisamente popolarissima nelle ultime settimane in concomitanza con lo scoppio del conflitto, e adesso ha raggiunto un pubblico mondiale di oltre 17 milioni. Le altre sue lezioni su Youtube, alcune piuttosto recenti, sono state seguite da altri milioni di persone.
Tanta enorme attenzione globale alla fine ha costretto i nostri media a prenderne atto e il New Yorker ha sollecitato un'intervista con Mearsheimer, permettendogli di spiegare al suo incredulo intervistatore che erano state le iniziative statunitensi a provocare il conflitto. Un paio di anni prima, quello stesso intervistatore aveva ridicolizzato il Prof. Cohen per aver dubitato della realtà del Russiagate, ma questa volta è sembrato molto più rispettoso, forse perché l'equilibrio del potere mediatico risulta adesso invertito; la base di 1,2 milioni di abbonati della sua rivista è di gran lunga inferiore ai diversi milioni che ascoltano il prof. Mearsheimer.
Isaac Chotiner • The New Yorker • 1 marzo 2022 • 3.900 parole
Nel corso della sua lunga e illustre carriera alla CIA, l'ex analista Ray McGovern ha diretto il Soviet Policy Branch, e svolto anche le funzioni di Presidential Briefer, una di quelle persone che attualmente consigliano il presidente Joe Biden. Lui invece, qualche giorno fa, ha presentato le sue opinioni con Mearsheimer, in una video discussione ospitata dal Comitato per la Repubblica. Entrambi i massimi esperti hanno convenuto che Putin era stato spinto oltre ogni ragionevole limite, e costretto all’invasione.
Prima del 2014 i nostri rapporti con Putin erano stati ragionevolmente buoni. L'Ucraina fungeva da Stato cuscinetto neutrale tra la Russia e i paesi della NATO, con una popolazione equamente divisa tra elementi di tendenza russa e di tendenza occidentale, e il suo governo eletto oscillava tra i due campi.
Ma, mentre l'attenzione di Putin era concentrata sui Giochi Olimpici di Sochi del 2014, un colpo di stato pro-NATO ha rovesciato il governo filo-russo democraticamente eletto, con chiare prove che fosse stato orchestrato da Barbara Nuland e dagli altri neocon raggruppati attorno al Segretario di Stato Hillary Clinton. La penisola ucraina della Crimea ospita la fondamentale base navale russa di Sebastopoli, ed è potuta rimanere sotto il controllo russo solo grazie ad una rapida azione di Putin, che ha anche fornito supporto alle enclave filo-russe separatiste nella regione del Donbass. L'accordo di Minsk, successivamente firmato dal governo ucraino, ha concesso l'autonomia a queste ultime aree, ma Kiev ha rifiutato di onorare i suoi impegni e ha continuato, invece, a bombardare l'area, infliggendo gravi perdite agli abitanti, molti dei quali avevano passaporti russi. Diane Johnstone ha giustamente definito la nostra politica una caccia di anni agli orsi russi.
Come Mearsheimer, McGovern e altri osservatori hanno sostenuto in modo convincente, la Russia ha invaso l'Ucraina solo dopo che tali infinite provocazioni e avvertimenti sono stati continuamente ignorati o respinti dalla nostra leadership statunitense. Forse l'ultima goccia è stata la recente dichiarazione pubblica del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy che intendeva acquisire armi nucleari. Come reagirebbero gli USA se un governo filostatunitense democraticamente eletto in Messico fosse stato rovesciato in un colpo di Stato sostenuto dalla Cina, e il nuovo governo messicano, ferocemente ostile, avesse continuato per anni a uccidere cittadini statunitensi e, alla fine, avesse annunciato piani per acquisire un arsenale nucleare?
Inoltre, alcuni analisti come l'economista Michael Hudson nutrono forti sospetti che da parte statunitense si sia deliberatamente provocata l'invasione russa per ragioni geostrategiche, e Mike Whitney ha proposto argomentazioni simili in un articolo che è diventata supervirale, accumulando oltre 800.000 visualizzazioni di pagina. Il gasdotto Nord Stream 2, che trasporta gas naturale russo in Germania, è stato infine completato lo scorso anno e stava per entrare in funzione, il che avrebbe notevolmente aumentato l'integrazione economica eurasiatica e l'influenza russa in Europa, eliminando al contempo il potenziale mercato del gas naturale statunitense più costoso. L'attacco russo e l'enorme isteria mediatica che ne è derivata hanno ora precluso questa possibilità.
Quindi, sebbene siano state le truppe russe ad attraversare il confine ucraino, si può affermare con forza che lo hanno fatto solo dopo le provocazioni più estreme, e queste potrebbero essere state deliberatamente intese a produrre esattamente quel risultato. A volte le parti responsabili dell'inizio di una guerra non sono necessariamente quelle che alla fine sparano il primo colpo.
Hitler e le origini della seconda guerra mondiale
Ironia della sorte, le argomentazioni di Mearsheimer e altri, secondo cui Putin è stato fortemente provocato, o forse addirittura manipolato, per attaccare l'Ucraina, solleva alcuni intriganti parallelismi storici. Le legioni di occidentali ignoranti che si affidano senza pensare ai nostri media ingannevoli possono ben sostenere che Putin è "un altro Hitler", e forse inavvertitamente si potrebbero avvicinare alla verità.
Un paio di mesi fa ho finalmente letto l'eccezionale volume del 2011 di Gerd Schultze-Rhonhof, che analizza gli anni precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale, un'opera che consiglio vivamente. L'autore ha avuto una carriera di militare professionista a pieno titolo, giungendo al grado di maggiore generale nell'esercito tedesco prima di ritirarsi, e il suo racconto ha evocato misteriosi parallelismi con l'attuale conflitto con la Russia.
Come molti di noi sanno, la seconda guerra mondiale iniziò quando la Germania attaccò la Polonia nel 1939 su Danzica, una città di confine quasi interamente tedesca controllata dai polacchi.
Ma meno noto è che Hitler aveva effettivamente compiuto enormi sforzi per evitare la guerra e risolvere quella disputa, impegnando molti mesi in negoziati infruttuosi e offrendo condizioni estremamente ragionevoli. In effetti, il dittatore tedesco aveva fatto numerose concessioni che nessuno dei suoi predecessori democratici di Weimar era stato disposto a prendere in considerazione, ma queste furono tutte respinte, mentre le provocazioni aumentarono fino a quando la guerra con la Polonia sembrò l'unica opzione possibile. E, proprio come nel caso dell'Ucraina, elementi politicamente influenti in Occidente hanno quasi certamente cercato di provocare quella guerra, usando Danzica come scintilla per accendere il conflitto, proprio come il Donbass potrebbe essere stato usato per forzare la mano di Putin.
Dovremmo riconoscere che, per molti aspetti, la narrativa storica standard della Seconda Guerra mondiale è semplicemente una versione congelata della propaganda mediatica di quell'epoca. Se la Russia fosse sconfitta e distrutta a causa del conflitto in corso, possiamo essere certi che i futuri libri di storia demonizzeranno completamente Putin e tutte le decisioni che ha preso.
Anche se sono rimasto molto colpito dall'analisi meticolosamente dettagliata di Schultze-Rhonhof delle circostanze che hanno portato allo scoppio della guerra nel 1939, il suo resoconto ha solo rafforzato le mie opinioni precedenti, che si erano già sviluppate lungo linee del tutto simili.
Ad esempio, nel 2019, ho usato il controverso bestseller del 2008 di Pat Buchanan sulla Seconda Guerra mondiale come punto di partenza per una discussione molto lunga e dettagliata sulle vere origini di quel conflitto:
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Tuttavia, la maggior parte del libro si concentrava sugli eventi che portarono alla Seconda Guerra Mondiale, e questa era la parte che aveva ispirato tanto orrore a McConnell e ai suoi colleghi. Buchanan raccontava le oltraggiose disposizioni del Trattato di Versailles imposte a una Germania prostrata, e la determinazione di tutti i successivi leader tedeschi a porvi rimedio. Ma, mentre i suoi predecessori democratici di Weimar avevano fallito, Hitler è riuscito ad avere successo, in gran parte bluffando, ma anche annettendosi l'Austria tedesca e i Sudeti tedeschi della Cecoslovacchia, in entrambi i casi con il sostegno schiacciante delle popolazioni.
Buchanan ha documentato questa controversa tesi attingendo a piene mani a numerose dichiarazioni di importanti figure politiche contemporanee, per lo più britanniche, nonché alle conclusioni di storici tradizionali molto rispettati. La richiesta finale di Hitler, che il 95% della Danzica tedesca fosse restituita alla Germania proprio come desideravano i suoi abitanti, era assolutamente ragionevole, e solo un terribile errore diplomatico da parte degli Inglesi indusse i Polacchi a rifiutare la richiesta, provocando così la guerra. La diffusa affermazione successiva che Hitler avrebbe cercato di conquistare il mondo era totalmente assurda, e il leader tedesco ha effettivamente fatto ogni sforzo per evitare la guerra con la Gran Bretagna o la Francia. In effetti, era generalmente abbastanza amichevole con i Polacchi e aveva sperato di arruolare la Polonia come alleato tedesco contro la minaccia dell'Unione Sovietica di Stalin.
Sebbene molti Statunitensi possano essere rimasti scioccati da questo resoconto degli eventi che portarono allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la narrativa di Buchanan si accordava ragionevolmente bene con la mia impressione di quel periodo. Come matricola ad Harvard, avevo seguito un corso introduttivo di storia e uno dei testi principali richiesti sulla Seconda Guerra Mondiale era quello di AJP Taylor, un rinomato storico dell'Università di Oxford. La sua famosa opera del 1961 Origins of the Second World War conteneva una esposizione molto persuasiva e non dissimile da quella di Buchanan, e non avevo mai trovato motivo di mettere in discussione il giudizio dei professori che lo avevano consigliato. Quindi, se Buchanan sembrava semplicemente assecondare le opinioni di un importante professore di Oxford e dei membri della facoltà di storia di Harvard, non riuscivo a capire perché si accusasse il suo nuovo libro di aver passato il segno.
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Il recente 70° anniversario dello scoppio del conflitto che ha consumato così tante decine di milioni di vite è stata la naturale occasione per la pubblicazione di numerosi articoli storici, e la discussione che ne è derivata mi ha indotto a tirar fuori la mia vecchia copia del volumetto di Taylor, che ho riletto per la prima volta dopo quasi quarant'anni. L'ho trovato altrettanto magistrale e persuasivo di come mi era apparso quando lo leggevo nella mia stanza del dormitorio del college, e i lusinghieri apprezzamenti riportati in copertina dimostravano che al suo apparire aveva ricevuto molti consensi. Il Washington Post aveva elogiato l'autore come "lo storico vivente più importante della Gran Bretagna", World Politics lo aveva definito "Potentemente argomentato, scritto brillantemente e sempre persuasivo", The New Statesman, la principale rivista di sinistra britannica, lo aveva descritto come "Un capolavoro: lucido, compassionevole, ben scritto" e l'augusto Times Literary Supplement lo aveva definito "semplice, devastante, superlativamente leggibile e profondamente inquietante". Come best-seller internazionale, è sicuramente l'opera più famosa di Taylor, e posso facilmente capire perché era ancora nella mia lista di letture obbligatorie, quasi due decenni dopo la sua pubblicazione originale.
Eppure, rivisitando lo studio pionieristico di Taylor, ho fatto una scoperta notevole. Nonostante tutte le vendite internazionali e il plauso della critica, le tesi contenute nel libro hanno presto suscitato una tremenda ostilità in alcuni ambienti. Le lezioni di Taylor a Oxford sono state enormemente popolari per un quarto di secolo ma, a causa di quell’ostilità, "lo storico vivente più importante della Gran Bretagna" venne sommariamente epurato dalla facoltà non molto tempo dopo. All'inizio del suo primo capitolo, Taylor chiarisce fino a che punto trovasse strano che, più di vent'anni dopo l'inizio della guerra più catastrofica del mondo, non fosse stata prodotta alcuna analisi seria delle cause immediate. Forse le ritorsioni che ha dovuto in seguito subire lo hanno poi aiutato a capirne le ragioni.
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Di recente ho riletto il libro di Pat Buchanan del 2008, che critica duramente Churchill per il suo ruolo nella catastrofica guerra mondiale, e ho fatto una scoperta interessante. Irving è sicuramente tra i più autorevoli biografi di Churchill, con la sua esauriente ricerca documentaria che è stata la fonte di tante nuove scoperte, e coi suoi libri venduti a milioni. Eppure il nome di Irving non compare mai una volta né nel testo di Buchanan né nella sua bibliografia, sebbene si possa sospettare che gran parte del materiale di Irving sia stato "riciclato" da Buchanan col ricorso a fonti secondarie. Buchanan cita ampiamente AJP Taylor, ma non fa menzione di Barnes, Flynn, e di vari altri importanti accademici e giornalisti statunitensi che furono epurati per aver espresso opinioni contemporanee non così dissimili da quelle dell'autore stesso.
Negli anni 1990, Buchanan è stato una delle figure politiche più importanti degli Stati Uniti, assiduamente presente sui media sia scritti che televisivi, protagonista di una forte crescita nella corsa per la nomination presidenziale repubblicana nel 1992 e nel 1996, che ne consolidavano la sua statura nazionale. Ma i suoi numerosi nemici ideologici hanno lavorato instancabilmente per indebolirlo e, nel 2008, le frequenti apparizioni come esperto sul canale via cavo MSNBC erano diventate una delle ultime presenze rimastegli di grande rilievo pubblico. Probabilmente ritenne che la pubblicazione di una storia revisionista della Seconda Guerra Mondiale avrebbe potuto mettere in pericolo la sua posizione, e che qualsiasi collegamento diretto con figure epurate e diffamate, come Irving o Barnes, avrebbe sicuramente portato al suo bando permanente da tutti i media elettronici.
Dieci anni fa ero rimasto piuttosto colpito dal libro di Buchanan, ma in seguito ho letto molto su quell'epoca e il libro mi è apparso a questo punto deludente. A parte il tono spesso sbarazzino, retorico e poco accademico, le mie critiche più acute non riguardano le posizioni controverse che assume, ma piuttosto gli altri argomenti e domande controverse che ha evitato con tanta cura.
Soprattutto a proposito delle vere origini della guerra, che devastò gran parte dell'Europa, uccise forse cinquanta o sessanta milioni di persone e diede origine alla successiva era della Guerra Fredda, durante la quale i regimi comunisti controllarono metà dell'intero continente euro-asiatico. Taylor, Irving e numerosi altri hanno completamente sfatato la ridicola mitologia secondo cui la causa risiedeva nel folle desiderio di conquista del mondo da parte di Hitler, ma se il dittatore tedesco aveva chiaramente solo responsabilità minori, c'era davvero un vero colpevole? O questa guerra mondiale massicciamente distruttiva è avvenuta in un modo in qualche modo simile a quella precedente, che la storia ufficiale considera come dovuta soprattutto ad una serie di errori grossolani, incomprensioni e escalation sconsiderate?
Durante gli anni '30, John T. Flynn fu uno dei giornalisti progressisti più influenti degli USA e, sebbene fosse stato all’inizio un forte sostenitore di Roosevelt e del suo New Deal, ne divenne gradualmente un acuto critico, concludendo che i vari schemi governativi di FDR non erano riusciti a risollevare l'economia statunitense. Poi nel 1937 un nuovo collasso economico riportò la disoccupazione agli stessi livelli di quando il presidente era entrato in carica per la prima volta, confermando Flynn nel suo severo verdetto. E come ho scritto l'anno scorso:
In effetti, Flynn sostiene che, alla fine del 1937, FDR adottò una politica estera aggressiva, volta a coinvolgere il paese in una grande guerra estera, principalmente perché credeva che questa fosse l'unica via d'uscita dal suo disperato stallo economico e politico, uno stratagemma non sconosciuto ai leader nazionali nel corso della storia. Nella sua rubrica del 5 gennaio 1938 sulla New Republic, Flynn avvertì i suoi lettori increduli della prospettiva incombente di un grande rafforzamento militare navale e di una guerra all'orizzonte, dopo che un alto consigliere di Roosevelt si era vantato privatamente con lui che una grande operazione di "keynesismo militare" e una grande guerra avrebbero curato il paese dai suoi problemi economici apparentemente insormontabili. A quel tempo, l’obiettivo sembrava una guerra con il Giappone, forse per interessi latinoamericani, ma lo sviluppo degli eventi in Europa persuase presto FDR che fomentare una guerra globale contro la Germania era la migliore linea d'azione. Memorie e altri documenti storici ottenuti da ricercatori successivi sembrano generalmente confermare le accuse di Flynn, e indicare che Roosevelt ordinò ai suoi diplomatici di esercitare un'enorme pressione sia sui governi britannico che su quello polacco, per evitare qualsiasi accordo negoziato con la Germania.
L'ultimo punto è importante, perché alle opinioni confidenziali di coloro che hanno personalmente preso parte a importanti eventi storici dovrebbe essere accordato un notevole peso probatorio. In un recente articolo, John Wear ha raccolto le numerose valutazioni contemporanee che hanno indicato FDR come una figura fondamentale nell'orchestrare la guerra mondiale con la sua costante pressione sulla leadership politica britannica, una politica che ha anche ammesso in privato e che avrebbe potuto portare al suo impeachment se rivelata. Tra le altre testimonianze, abbiamo le dichiarazioni degli ambasciatori di Polonia e Gran Bretagna a Washington e dell'ambasciatore statunitense a Londra, che hanno anche rivelato il parere concordante dello stesso Primo Ministro Chamberlain. In effetti, il sequestro e la pubblicazione, da parte dei Tedeschi, di documenti diplomatici segreti polacchi nel 1939 avevano già rivelato gran parte di queste informazioni, e William Henry Chamberlin ne confermò l'autenticità nel suo libro del 1950. Ma poiché i media mainstream non hanno mai riportato nessuna di queste informazioni, questi fatti rimangono poco conosciuti anche oggi.
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Il ruolo nascosto degli ebrei nell'orchestrare questi conflitti
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I problemi economici di Roosevelt spingevano verso una guerra all’estero, ma fu probabilmente la schiacciante ostilità ebraica nei confronti della Germania nazista che lo spinse in quella particolare direzione. Il rapporto confidenziale dell'ambasciatore polacco negli Stati Uniti, citato da John Wear, fornisce una descrizione impressionante della situazione politica negli USA all'inizio del 1939:
C'è un sentimento ormai prevalente negli Stati Uniti segnato da un crescente odio contro il fascismo, e soprattutto contro il cancelliere Hitler e tutto ciò che è connesso con il nazionalsocialismo. La propaganda è principalmente nelle mani degli ebrei, che controllano quasi il 100% [di] radio, film, stampa quotidiana e periodica. Sebbene questa propaganda sia estremamente grossolana e presenti la Germania nel peggior modo possibile – soprattutto vengono sfruttate persecuzioni religiose e campi di concentramento – questa propaganda è tuttavia estremamente efficace perché il pubblico qui è totalmente ignorante, e non sa nulla della situazione in Europa.
Al momento, la maggior parte degli Statunitensi considera il cancelliere Hitler e il nazionalsocialismo come il più grande male e il più grande pericolo che minacci il mondo. La situazione qui fornisce un'ottima piattaforma per oratori di ogni genere, per gli emigrati dalla Germania e dalla Cecoslovacchia che, con moltissime parole e con le più varie calunnie, sobillano gli ascoltatori. Lodano la libertà statunitense, che contrappongono agli Stati totalitari.
È interessante notare che in questa campagna estremamente ben pianificata, condotta soprattutto contro il nazionalsocialismo, la Russia sovietica è quasi completamente assente. La Russia sovietica, quando viene menzionata, lo è in modo amichevole e le cose vengono presentate in modo tale, che pare quasi che l'Unione Sovietica cooperi con il blocco degli Stati democratici. Grazie all'abile propaganda, le simpatie del pubblico statunitense sono tutte per la Spagna Rossa.
L’ingente impegno ebraico nel finanziamento di Churchill e dei suoi compari, e anche nell’influenzare il governo e l'opinione pubblica statunitensi verso la guerra contro la Germania, fa dei gruppi ebraici organizzati probabilmente i maggiori responsabili dello scoppio della guerra mondiale, e questo è stato sicuramente riconosciuto dalle persone più informate di quel tempo. In effetti, i Diari di Forrestal registrano la dichiarazione molto significativa del nostro ambasciatore a Londra: "Chamberlain, egli dice, ha dichiarato che gli USA e gli Ebrei avevano costretto l'Inghilterra alla guerra".
Il conflitto in corso tra Hitler e l'ebraismo internazionale era da anni al centro dell’attenzione pubblica. Nel corso della sua ascesa politica, Hitler non aveva affatto nascosto il suo intento di togliere alla piccola minoranza ebraica della Germania il controllo totale che aveva acquisito sui media e sulla finanza tedeschi, e di volere invece governare il paese perseguendo gli interessi della maggioranza tedesca che rappresentava il 99% della popolazione, un proposito che suscitò la rancorosa ostilità degli ebrei ovunque. Infatti, subito dopo il suo insediamento, un importante quotidiano londinese pubblicò un memorabile titolo, nel 1933, che annunciava che gli Ebrei del mondo avevano dichiarato guerra alla Germania e stavano organizzando un boicottaggio internazionale per ridurre i Tedeschi alla fame.
Negli ultimi anni, tentativi in qualche modo simili, organizzati da ebrei per ottenere l’imposizione di sanzioni internazionali contro le nazioni recalcitranti, sono diventati merce corrente della politica globale. Ma c’è da aggiungere che oggi il dominio ebraico sul sistema politico statunitense è diventato così schiacciante che, invece di boicottaggi privati, tali sanzioni vengono imposte direttamente dal governo USA. In una certa misura, è stato già così con l'Iraq negli anni 1990, ma è diventato molto più comune con l'inizio del nuovo secolo.
Sebbene l’indagine governativa ufficiale abbia concluso che il costo finanziario totale degli attacchi terroristici dell'11 settembre era stato assolutamente insignificante, l'amministrazione Bush dominata dai neoconservatori ne ha comunque approfittato per istituire una nuova importante struttura all’interno del Dipartimento del Tesoro, il Sottosegretario per il Terrorismo e l’Intelligence Finanziaria. Quell'ufficio ha immediatamente utilizzato il controllo statunitense del sistema bancario globale e del commercio internazionale in dollari, per imporre sanzioni finanziarie e combattere una guerra economica contro persone, organizzazioni e nazioni considerate ostili nei confronti di Israele, in particolare Iran, Hezbollah, e Siria.
Forse per coincidenza, sebbene gli Ebrei costituiscano solo il 2% della popolazione statunitense, tutte e quattro le persone che sono state investite di questo rilevantissimo incarico negli ultimi 15 anni - Stuart A. Levey, David S. Cohen, Adam Szubin, Sigal Mandelker - sono ebrei, l’ultimo di essi è cittadino israeliano. Levey, primo sottosegretario, ha iniziato la sua attività sotto il presidente Bush, proseguendo poi ininterrottamente per anni sotto il presidente Obama, sottolineando il carattere del tutto bipartisan della sua nomina.
La maggior parte degli esperti di politica estera è certamente consapevole che i gruppi e gli attivisti ebraici hanno svolto un ruolo centrale nel condurre il nostro paese nella disastrosa guerra in Iraq del 2003, e che molti di questi stessi gruppi e individui hanno lavorato negli ultimi dodici anni circa per fomentare un identico attacco statunitense all'Iran, anche se ancora senza successo. Questo sembra piuttosto ricordare la situazione politica della fine degli anni '30 in Gran Bretagna e negli USA.
Le persone indignate per la fuorviante copertura mediatica che si ha sulla guerra in Iraq, ma che hanno sempre accettato la narrativa ufficiale sulla Seconda Guerra Mondiale, dovrebbero prendere in considerazione un esperimento mentale che ho suggerito l'anno scorso:
Quando cerchiamo di capire il passato, dobbiamo stare attenti a evitare di attingere a una selezione ristretta di fonti, specialmente quando la parte che ha vinto ha poi acquisito il totale monopolio nella produzione di libri e altri commenti. Prima dell'esistenza di Internet, era molto difficile, e spesso era necessario un notevole sforzo accademico, anche solo per esaminare i volumi rilegati di periodici un tempo popolari. Tuttavia, se non facciamo così, possiamo cadere in errori molto gravi.
La guerra in Iraq e le sue conseguenze sono state certamente uno degli eventi centrali nella storia statunitense degli anni 2000. Eppure supponiamo che alcuni lettori in un lontano futuro possano consultare solo gli archivi di The Weekly Standard, National Review, la pagina degli editoriali del WSJ e FoxNews transcripts. Penso che solo una piccola frazione di ciò che leggerebbero potrebbe essere classificata come menzogna pura e semplice. Ma le distorsioni generali, le forzature, le esagerazioni e soprattutto le incredibili omissioni fornirebbero loro una visione eccezionalmente irrealistica di ciò che è realmente accaduto durante quel periodo importante.
Un altro sorprendente parallelo storico è stata la feroce demonizzazione del presidente russo Vladimir Putin, dopo che aveva provocato la grande ostilità degli elementi ebraici, cacciando una manciata di oligarchi ebrei che avevano preso il controllo della società russa sotto il malgoverno ubriaco del presidente Boris Eltsin, e completamente impoverito la massa della popolazione. La demonizzazione si è intensificata, dopo che l'investitore ebreo William F. Browder ha organizzato il passaggio al Congresso della legge Magnitsky per punire i leader russi per le azioni legali che avevano intrapreso contro il suo enorme impero finanziario nel loro paese. I più severi critici neocon di Putin lo hanno spesso bollato come "un nuovo Hitler", mentre alcuni osservatori neutrali hanno convenuto che nessun leader straniero, dopo il cancelliere tedesco degli anni '30, è stato diffamato così ferocemente dai media statunitensi. Vista da un'angolazione diversa, può effettivamente esserci una stretta corrispondenza tra Putin e Hitler, ma non nel modo solitamente suggerito.
Persone ben informate sono state certamente consapevoli del ruolo cruciale degli ebrei nell'orchestrare le aggressioni militari o finanziarie contro Iraq, Iran, Siria e Russia, ma assai raramente è capitato che personaggi pubblici di spicco o giornalisti rispettabili abbiano denunciato questi fatti, per non essere denunciati e diffamati da attivisti ebrei zelanti, e dai media che essi controllano. Ad esempio, un paio di anni fa, un singolo tweet suggestivo del famoso agente della CIA incaricata dei controlli anti-proliferazione delle armi di distruzione di massa, Valerie Plame, ha provocato un'ondata di vituperi così enorme che è stata costretta a dimettersi dalla sua posizione in un'importante organizzazione no-profit. Un episodio analogo che ha colpito una figura molto più famosa si era verificato tre generazioni prima:
Questi fatti, ora accertati definitivamente dopo decenni di studi, forniscono un contesto necessario al famoso e controverso discorso di Lindbergh a un raduno di America First nel settembre 1941. In quella occasione, egli denunciò che tre gruppi in particolare stavano "spingendo questo paese verso la guerra [:] gli inglesi, gli ebrei e l'amministrazione Roosevelt”, scatenando così un'enorme tempesta di attacchi mediatici e denunce, comprese diffuse accuse di antisemitismo e simpatie naziste. Data la realtà della situazione politica, l'affermazione di Lindbergh costituiva una perfetta dimostrazione della famosa battuta di Michael Kinsley secondo cui "una gaffe è quando un politico dice la verità - una verità ovvia che non dovrebbe dire". Ma a cagione di tutto questo, la reputazione un tempo eroica di Lindbergh ha subito danni enormi e permanenti, e le campagne di diffamazione sono continuate per i restanti tre decenni della sua vita, e anche ben oltre. Sebbene non sia stato completamente epurato dalla vita pubblica, la sua posizione è radicalmente cambiata.
Tenuto conto di tali esempi, non deve sorprenderci che, per decenni, questo enorme impegno ebraico nell'orchestrare la Seconda Guerra Mondiale sia stato accuratamente omesso da quasi tutte le narrazioni storiche successive, anche quelle che sfidavano nettamente la mitologia del resoconto ufficiale. L'indice dell'opera iconoclasta di Taylor del 1961 non contiene assolutamente alcuna menzione di ebrei, e lo stesso vale per i libri precedenti di Chamberlin e Grenfell. Nel 1953 Harry Elmer Barnes, decano dei revisionisti storici, pubblicò il suo più importante volume volto a demolire le falsità sulla Seconda Guerra Mondiale, e ancora una volta mancava quasi del tutto ogni discussione sul ruolo ebraico, salvo una mezza frase e una breve citazione di Chamberlain, sepolte tra le più di 200.000 parole che compongono il testo.
Persino l'ultra-revisionista David Hoggan sembra aver accuratamente aggirato il tema dell'influenza ebraica. Il suo indice di 30 pagine è privo di voci sugli ebrei e le sue 700 pagine di testo contengono solo riferimenti sparsi. Infatti, sebbene citi le esplicite dichiarazioni private dell'ambasciatore polacco e del primo ministro britannico che sottolineano l'enorme ruolo ebraico nel promuovere la guerra, afferma poi piuttosto discutibilmente che queste dichiarazioni confidenziali di individui che sono bene informati dovrebbero semplicemente essere ignorate.
Nella popolare serie di Harry Potter, Lord Voldemort, il grande nemico giurato dei giovani maghi, è spesso identificato come "Colui che non deve essere nominato", perché anche la sola pronuncia di quelle poche sillabe particolari potrebbe risultare fatale. Gli Ebrei hanno a lungo goduto di un enorme potere e influenza sui media e sulla vita politica, mentre fanatici attivisti ebrei dimostrano un'impaziente ansia di denunciare e diffamare chiunque sospettino essere non sufficientemente amichevole nei confronti del loro gruppo etnico. La combinazione di questi due fattori ha quindi indotto una sorta di "Effetto Lord Voldemort" per quanto riguarda le attività ebraiche, tra la maggior parte degli scrittori e personaggi pubblici. Una volta riconosciuta questa realtà, dovremmo essere molto cauti nell'analizzare questioni storiche controverse, che potrebbero coinvolgere gli Ebrei, ed essere particolarmente diffidenti verso ciò che non si dice.
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La demonizzazione di Adolf Hitler
Un altro aspetto dell'importante studio di Schultze-Rhonhof, nuovo per me, ma che ha ulteriormente consolidato le mie convinzioni precedenti, è stata la sua analisi dei discorsi pubblici di Hitler. Sebbene il Fuhrer tedesco sia notoriamente ritratto come un orribile guerrafondaio, le sue dichiarazioni non fornivano assolutamente alcuna prova di alcun piano per una guerra aggressiva, e sottolineavano invece l'importanza di mantenere la pace internazionale per promuovere lo sviluppo economico interno della Germania. In un altro articolo del 2019, avevo allo stesso modo suggerito che qualsiasi esame delle autorevoli fonti contemporanee rivela che l'Hitler dei nostri libri di storia è semplicemente una vignetta politica grottesca, simile a quella sempre più attualmente disegnata di Putin:
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Già il Kaiser tedesco era stato dipinto in termini demoniaci ma, dopo l’armistizio, le esagerazioni lasciarono il campo ad un approccio più equilibrato e furono progressivamente dimenticate nell’arco di una generazione. Non altrettanto è accaduto col suo successore della Seconda Guerra mondiale. In effetti, Adolf Hitler e i nazisti sembrano apparire oggi molto più grandi nel nostro panorama culturale e ideologico di quanto non fosse nell'immediato dopoguerra, e la loro demonizzazione cresce anche man mano che diventano più distanti nel tempo, una strana violazione delle leggi normali di prospettiva. Sospetto che le conversazioni casuali a tavola sui problemi della Seconda Guerra mondiale che tanto mi divertiva fare coi miei compagni di classe all'Harvard College all'inizio degli anni '80 sarebbero del tutto impossibili oggi.
In una certa misura, la trasformazione della "buona guerra" in una religione laica, con i suoi mostri e martiri designati può essere analoga a quanto accadde durante il decadimento finale dell'Unione Sovietica, quando l'evidente fallimento del suo sistema economico costrinse il governo a moltiplicare all’infinito le celebrazioni della sua vittoria nella Grande Guerra Patriottica, come fonte primaria della sua legittimità. I salari reali del lavoratore medio statunitense sono stati stagnanti per cinquant'anni e la maggior parte degli adulti ha meno di $ 500 di risparmi disponibili, quindi questo diffuso impoverimento potrebbe costringere anche i nostri leader ad adottare una strategia simile.
Ma penso che un fattore di gran lunga maggiore sia stato la sorprendente crescita del potere ebraico negli USA, che era già abbastanza consistente anche quattro o cinque decenni fa ma ora è diventato assolutamente schiacciante, in politica estera, nella finanza e nei media. Una minoranza del 2% esercita un controllo senza precedenti sulla maggior parte dei settori della nostra società e del nostro sistema politico. Solo una frazione degli ebrei statunitense ha credenze religiose, e il culto dello Stato di Israele e dell'Olocausto è servito a colmare quel vuoto, e i personaggi e gli eventi della Seconda Guerra mondiale sono diventati alcuni degli elementi centrali del mito che serve a unificare la comunità ebraica. Ed è così che nessun altro personaggio storico è stato demonizzato di più da questa religione secolare del leggendario Fuhrer e del suo regime nazista.
Tuttavia, le credenze basate sul dogma religioso spesso divergono nettamente dalla realtà empirica. I druidi pagani possono adorare una particolare quercia sacra e affermare che contiene l'anima della loro driade tutelare; ma se un arboricoltore picchietta l'albero, la sua linfa non appare diversa da quella di qualsiasi altro.
La nostra attuale dottrina ufficiale ritrae la Germania nazista di Adolf Hitler come uno dei regimi più crudeli e inesorabilmente aggressivi nella storia del mondo ma, all'epoca, questi caratteri sembra non fossero notati dai leader delle nazioni con cui la Germania era in guerra. L'operazione Pike fornisce un'enorme ricchezza di materiale d'archivio sulle discussioni interne segrete della leadership governativa e militare britannica e francese, ed esse dimostrano che queste leadership consideravano il nemico tedesco come un paese perfettamente normale, e ogni tanto addirittura sembra si rammaricassero di essersi fatti coinvolgere in una grande guerra per quella che equivaleva a una piccola disputa sul confine polacco.
Alla fine del 1939, un importante rete giornalistica statunitense inviò Stoddard a trascorrere alcuni mesi in Germania in tempo di guerra e raccontare quello che vedeva, attraverso numerosi dispacci che apparivano sul New York Times e su altri giornali importanti. Al suo ritorno, nel 1940, pubblicò un libro che raccoglieva tutte le sue informazioni, e che si mostrava imparziale come il suo precedente volume del 1917. Esso costituisce probabilmente uno dei resoconti statunitensi più obiettivi e completi della vita quotidiana della Germania nazionalsocialista, e quindi può sembrare piuttosto scioccante per i lettori moderni immersi in ottant'anni di propaganda hollywoodiana sempre più irrealistica.
An Uncensored Report from Inside the Third Reich At War
Lothrop Stoddard • 1940 • 79.000 parole
E anche se l’attuale storiografia non lo ammetterebbe mai, il vero percorso verso la guerra sembra essere stato abbastanza diverso da quello che la maggior parte degli statunitensi crede. Numerose prove documentali fornite da esperti funzionari polacchi, statunitensi e britannici dimostrano che la pressione di Washington è stata il fattore chiave dietro lo scoppio del conflitto europeo. In effetti, i principali giornalisti statunitensi e intellettuali pubblici dell'epoca, come John T. Flynn e Harry Elmer Barnes, dichiararono pubblicamente di temere che Franklin Roosevelt stesse cercando di fomentare una grande guerra europea nella speranza che essa lo avrebbe salvato dal fallimento economico delle sue riforme del New Deal, e forse gli avrebbe anche consentito di assicurarsi un terzo mandato senza precedenti. Poiché questo è esattamente ciò che alla fine è successo, tali accuse difficilmente possono sembrare irragionevoli.
E, in paradossale contrasto coi fallimenti di politica interna di FDR, i successi economici di Hitler erano stati enormi, un confronto sorprendente poiché i due leader erano saliti al potere a poche settimane l'uno dall'altro all'inizio del 1933. Come notò una volta l'iconoclasta di sinistra Alexander Cockburn in un articolo del 2004 su Counterpunch :
Quando [Hitler] salì al potere nel 1933, la disoccupazione era del 40%. La ripresa economica arrivò senza lo stimolo delle spese militari... Realizzò imponenti opere pubbliche come le autostrade. Prestava poca attenzione al deficit o alle proteste dei banchieri sulle sue politiche. I tassi di interesse vennero mantenuti bassi e, sebbene i salari fossero stabili, il reddito familiare aumentava per merito della piena occupazione. Nel 1936 la disoccupazione era scesa all'uno per cento. La spesa militare tedesca rimase bassa fino al 1939.
Non solo Bush, ma anche Howard Dean e i Democratici potrebbero imparare alcune lezioni di politica economica da quel primo Hitler keynesiano.
Facendo rinascere una Germania prospera mentre quasi tutti gli altri paesi restavano impantanati nella Grande Depressione mondiale, Hitler ottenne entusiastici riconoscimenti da parte di individui di tutto lo spettro ideologico. Dopo una lunga visita nel 1936, David Lloyd George, l'ex primo ministro britannico in tempo di guerra, lodò sinceramente il cancelliere definendolo “il George Washington della Germania”, un eroe nazionale di altissima statura. Nel corso degli anni, ho visto affermazioni plausibili qua e là a proposito del fatto che, negli anni '30, Hitler era ampiamente riconosciuto come il leader nazionale più popolare e di successo del mondo, e il fatto che sia stato selezionato come Uomo dell'anno dalla rivista Time per il 1938 conferma il dato.
Solo l'ebraismo internazionale era rimasto intensamente ostile a Hitler, indignato per i suoi tentativi riusciti di sloggiare l'1% della popolazione ebraica tedesca dalla morsa che aveva imposto sui media e la finanza tedeschi, preoccupandosi invece del benessere della maggioranza tedesca del 99%. Un sorprendente recente parallelo è stata l'enorme ostilità in cui è incorso Vladimir Putin dopo aver estromesso la manciata di oligarchi ebrei che avevano preso il controllo della società russa e impoverito la maggior parte della popolazione. Putin ha tentato di mitigare questa difficoltà alleandosi con alcuni elementi ebraici, e Hitler sembra aver fatto lo stesso avallando il partenariato economico nazi-sionista, che ha gettato le basi per la creazione dello Stato di Israele e quindi ha portato a bordo la piccola ma crescente fazione sionista ebraica.
Sulla scia degli attacchi dell'11 settembre, i neocon ebrei hanno spinto gli USA verso la disastrosa guerra in Iraq e la conseguente distruzione del Medio Oriente, con le teste parlanti delle televisioni che ripetevano all'infinito che "Saddam Hussein è un altro Hitler". Da allora, abbiamo sentito regolarmente lo stesso slogan ripetuto in varie versioni modificate, dicendo che "Muammar Gheddafi è un altro Hitler" o "Mahmoud Ahmadinejad è un altro Hitler" o "Vladimir Putin è un altro Hitler" o anche "Hugo Chavez è un altro Hitler”. Negli ultimi due anni, i nostri media statunitensi sono stati implacabilmente pieni dell'affermazione che "Donald Trump è un altro Hitler".
Durante i primi anni 2000, ho ovviamente riconosciuto che il sovrano iracheno era un tiranno duro, ma ho riso all'assurda propaganda divulgata dai media, sapendo perfettamente che Saddam Hussein non era Adolf Hitler. Ma con la crescita costante di Internet e la disponibilità di milioni di pagine di periodici forniti dal mio progetto di digitalizzazione, sono stato piuttosto sorpreso di scoprire gradualmente anche che Adolf Hitler non era Adolf Hitler.
Potrebbe non essere del tutto corretto affermare che la storia della Seconda Guerra mondiale sia quella di Franklin Roosevelt che, cercando di sfuggire alle sue difficoltà interne, ha orchestrato una grande guerra europea contro la prospera e pacifica Germania nazista di Adolf Hitler. Ma penso che l'immagine sia probabilmente un po' più vicina alla realtà storica reale rispetto all'immagine capovolta che si trova più comunemente nei nostri libri di testo.
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Gli Stati Uniti attuali e l'attuale equilibrio di potere contro la Russia
Per più di cento anni, tutte le numerose guerre statunitensi sono state combattute contro avversari già sconfitti, oppositori che possedevano solo una frazione delle risorse umane, industriali e naturali che noi e i nostri alleati controllavamo. Questo enorme vantaggio compensava regolarmente molti dei nostri gravi errori iniziali in quei conflitti. Quindi la principale difficoltà che i nostri leader incontravano era solo quella di persuadere i cittadini statunitensi, spesso molto riluttanti, a sostenere una guerra, motivo per cui molti storici hanno affermato che incidenti come l'affondamento del Maine e della Lusitania e gli attacchi a Pearl Harbor e Tonkin Bay sono stati orchestrati o manipolati esattamente per quello scopo.
Questo enorme vantaggio in termini di potere potenziale è stato certamente il caso dello scoppio della Seconda Guerra mondiale in Europa, e Schultze-Rhonof e altri hanno sottolineato che gli imperi britannico e francese, sostenuti dagli USA, comandavano potenziali risorse militari di gran lunga superiori a quelle della Germania, un paese di dimensioni inferiori al Texas. La sorpresa è stata che, nonostante tale schiacciante superiorità, la Germania si è rivelata un grande successo per diversi anni, prima di essere infine sconfitta.
Tuttavia, le cose hanno quasi preso una piega molto diversa. Come ho discusso in un articolo del 2019, da più di tre generazioni tutti i nostri libri di storia hanno del tutto escluso ogni accenno a una delle svolte più cruciali del Novecento. All'inizio del 1940, gli inglesi e i francesi erano sul punto di lanciare un grande attacco contro l'URSS neutrale, sperando di distruggere i giacimenti petroliferi di Baku di Stalin per mezzo della più grande campagna di bombardamenti strategici della storia del mondo, e forse di rovesciare il suo regime come conseguenza. Solo l'improvvisa invasione della Francia da parte di Hitler prevenne questo piano e, se essa fosse stata ritardata di alcune settimane, i sovietici sarebbero stati costretti a entrare in guerra dalla parte della Germania. Una piena alleanza militare tedesco-sovietica avrebbe facilmente eguagliato le risorse degli alleati, compresi gli USA, assicurando così probabilmente la vittoria di Hitler.
Ma questa fuga molto ristretta dal disastro strategico della Seconda Guerra mondiale è stata completamente spazzata via nel buco della memoria, e dubito che un attuale decisore politico di Washington DC su cento ne sia nemmeno consapevole. Ciò rafforza l'enorme arroganza secondo cui gli USA non dovranno mai confrontarsi con forze opposte di potenza paragonabile.
Si consideri l'atteggiamento assunto durante l'attuale conflitto con la Russia, un duro confronto da Guerra Fredda che potrebbe plausibilmente diventare caldo. Nonostante la sua grande forza militare e l'enorme arsenale nucleare, la Russia sembra in posizione di inferiorità come qualsiasi altro nemico statunitense del passato. Includendo i paesi della NATO e il Giappone, l'alleanza USA ha un vantaggio di 6 a 1 in termini di popolazione e una superiorità di 12 a 1 in termini di PIL. Tale enorme disparità è implicita negli atteggiamenti dei nostri pianificatori strategici e dei loro portavoce dei media.
Ma questa è una visione molto irrealistica dei veri rapporti di forza. Prima dello scoppio della guerra in Ucraina, gli USA avevano per anni concentrato la loro ostilità soprattutto contro la Cina, formando un'alleanza militare contro quel paese, implementando sanzioni per paralizzare Huawei, il campione tecnologico globale della Cina, e lavorando per rovinare le Olimpiadi di Pechino, spingendosi anche molto vicino alla linea rossa della promozione attiva dell'indipendenza taiwanese. Ho anche sostenuto che ci sono prove forti, forse schiaccianti, che l'epidemia di Covid a Wuhan sia stata probabilmente il risultato di un attacco di guerra biologica da parte di elementi canaglia dell'amministrazione Trump. Quindi, appena due settimane prima dell'attacco russo all'Ucraina, Putin e il leader cinese Xi Jinping hanno tenuto il loro 39° incontro personale a Pechino, dichiarando che la loro collaborazione "non ha limiti". La Cina sosterrà sicuramente la Russia in qualsiasi conflitto globale.
Nel frattempo, gli attacchi senza fine e la diffamazione dell'Iran da parte degli USA sono andati avanti per decenni, culminando nell’assassinio, due anni fa, del principale comandante militare del paese, Qasem Soleimani, che veniva indicato come uno dei principali candidati alle elezioni presidenziali iraniane del 2021. Insieme al nostro alleato israeliano, abbiamo anche assassinato molti dei migliori scienziati iraniani nell'ultimo decennio e, nel 2020, l'Iran ha pubblicamente accusato gli USA di aver scatenato l'arma della guerra biologica Covid contro il loro paese, infettando gran parte dei loro parlamentari e uccidendo molti membri della loro élite politica. Anche l'Iran si schiererebbe sicuramente con la Russia.
Gli USA, insieme agli alleati della NATO e al Giappone, possiede un'enorme superiorità in qualsiasi test di potenza globale contro la sola Russia. Tuttavia, non sarebbe la stessa cosa contro una coalizione composta da Russia, Cina e Iran, e in effetti penso che quest'ultimo gruppo potrebbe effettivamente avere il sopravvento, dato il suo enorme peso di popolazione, risorse naturali e forza industriale.
Dalla caduta dell'Unione Sovietica nel 1991, gli USA hanno vissuto un momento unipolare, regnando come l'unica iperpotenza mondiale. Ma questo status ha favorito la nostra arroganza e l'aggressione internazionale contro obiettivi molto più deboli, portando infine alla creazione di un potente blocco di Stati disposti a opporsi a noi.
Una delle maggiori risorse strategiche degli USA è stato lo schiacciante controllo dei media globali, che modella la percezione della realtà per miliardi di persone, inclusa la maggior parte delle élite mondiali. Ma un pericolo intrinseco di tale potere propagandistico incontrastato è la probabilità che i nostri leader possano alla fine arrivare a credere alle proprie bugie ed esagerazioni, prendendo così decisioni basate su presupposti che non corrispondono alla realtà.
Quando alla fine lasciammo l'Afghanistan dopo vent'anni di occupazione e trilioni di dollari spesi, i nostri pianificatori militari erano fiduciosi che il regime cliente, pesantemente armato, che ci eravamo lasciati alle spalle sarebbe rimasto al potere per almeno sei mesi o più; invece, cadde in mano ai talebani in pochi giorni.
Un esempio molto più importante è stato evidenziato da Ray McGovern nella sua presentazione del 3 marzo. Durante il vertice Biden-Putin dello scorso giugno, il nostro presidente ha detto al leader russo di aver compreso appieno la terribile pressione che stava affrontando dai cinesi e la sua paura della loro minaccia militare. Tali dichiarazioni devono essere state considerate come pura follia dalla leadership della sicurezza nazionale russa e un forte segno della natura completamente delirante dell'establishment della politica estera statunitense. Poiché tali bizzarre convinzioni avrebbero potuto spingere gli USA a intraprendere azioni dannose per gli interessi russi, Putin ha tentato di perforare questa bolla di irrealtà organizzando una dichiarazione pubblica congiunta con la sua vicina controparte cinese affermando che la loro relazione era "più di un'alleanza".
Questa dichiarazione altamente visibile aveva lo scopo di costringere l'establishment di Washington DC a riconoscere l'esistenza di un potente blocco Russia-Cina, e quindi persuaderlo a fargli ottenere importanti concessioni dal suo stato cliente Ucraina, ma sembra non esserci riuscito. Al contrario, l'Ucraina ha dichiarato pubblicamente la sua intenzione di acquisire armi nucleari e Putin ha deciso che la guerra era la sua unica opzione.
Sembra che Bismarck abbia scherzato una volta dicendo che esiste una Provvidenza speciale per ubriaconi, sciocchi e Stati Uniti d'America. Ma temo che ora abbiamo attinto a quella Provvidenza una volta di troppo, e adesso potremmo subirne le conseguenze.
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