Il caso del genocidio palestinese
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La guerra in Medio Oriente, 14 gennaio 2024 - Il genocidio non è un problema politico, è una questione morale, è l'espressione più pura del male. Dobbiamo schierarci inequivocabilmente dalla parte dei Palestinesi e dei giuristi sudafricani. Dobbiamo chiedere giustizia (nella foto, "Io urlo, tu urli, noi tutti urliamo" di Mr. Fish)
Sheerpost, 12 gennaio 2024 (trad.ossin)
Il caso giudiziario (e morale) del genocidio palestinese
Chris Hedges (*)
L’esauriente memoria di 84 pagine presentata dal Sud Africa alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) che accusa Israele di genocidio è difficile da confutare. La campagna israeliana di uccisioni indiscriminate, distruzione totale di infrastrutture, compresi alloggi, ospedali e impianti di trattamento dell'acqua, insieme all'uso della fame come arma, accompagnata dalla retorica genocida dei suoi leader politici e militari che affermano di voler distruggere Gaza e pulirla etnicamente da 2,3 milioni di Palestinesi, costituisce un’accusa forte contro il genocidio di Israele.
La diffamazione di Israele nei confronti del Sudafrica come “braccio legale” di Hamas dimostra il fallimento della sua difesa, una diffamazione replicata da coloro che sostengono che le manifestazioni organizzate per chiedere un cessate il fuoco e proteggere i diritti umani dei Palestinesi siano “antisemite”. Israele, con il suo genocidio trasmesso in diretta streaming al mondo, non ha alcuna controargomentazione sostanziale.
Ma ciò non significa che i giudici della Corte si pronunceranno a favore del Sud Africa. La pressione che gli Stati Uniti eserciteranno – il Segretario di Stato Antony Blinken ha definito “infondate” le accuse sudafricane – sui giudici, provenienti dagli Stati membri dell’ONU, sarà intensa.
Una condanna per genocidio sarebbe una macchia che Israele – che utilizza l’Olocausto come un’arma per giustificare la brutalizzazione dei Palestinesi – troverebbe difficile rimuovere. Essa sfaterebbe il ritornello israeliano sugli ebrei vittime eterne. Manderebbe in frantumi la giustificazione dell’uccisione indiscriminata di Palestinesi disarmati da parte di Israele e della costruzione della più grande prigione a cielo aperto del mondo a Gaza, insieme all’occupazione della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. Spazzerebbe via l’immunità alle critiche di cui godono la lobby israeliana e i suoi sostenitori sionisti negli Stati Uniti, che hanno con successo equiparato le critiche allo “Stato ebraico” e il sostegno ai diritti dei Palestinesi con l’antisemitismo.
— nicola quatrano (@nicola_quatrano) January 14, 2024
Oltre 23.700 Palestinesi, tra cui oltre 10.000 bambini, sono stati uccisi a Gaza dal 7 ottobre, quando Hamas e altri combattenti della resistenza hanno violato le barriere di sicurezza attorno a Gaza. Circa 1.200 persone furono uccise: ci sono prove evidenti che alcune delle vittime furono uccise da equipaggi di carri armati e piloti di elicotteri israeliani che presero di mira intenzionalmente i circa 200 ostaggi insieme ai loro rapitori. Mancano al conto altre migliaia di Palestinesi, presumibilmente sepolti sotto le macerie. Gli attacchi israeliani hanno provocato ferite e mutilazioni ad oltre 60.000 Palestinesi, la maggior parte dei quali donne e bambini. Altre migliaia di civili palestinesi, compresi bambini, sono state arrestate, bendate, numerate, picchiate, costrette a spogliarsi fino alle mutande, caricate su camion e trasportate in località sconosciute.
Potrebbero volerci anni per arrivare alla sentenza del tribunale. Ma il Sudafrica chiede misure provvisorie che impongano a Israele di cessare il suo attacco militare – in sostanza un cessate il fuoco permanente. Questa decisione potrebbe arrivare entro due o tre settimane. Si tratta di una decisione che non equivarrebbe ad una condanna definitiva di Israele, ma risponde alle richieste urgenti avanzate dal Sudafrica. La Corte, ordinando a Israele di porre fine alle sue ostilità a Gaza, non definirebbe la campagna israeliana a Gaza come un genocidio. Sarebbe solo una conferma che esiste la possibilità di un genocidio, ciò che gli avvocati sudafricani chiamano atti di “carattere genocida”.
Il punto focale non sarà tanto determinato dalla documentazione di crimini specifici, nemmeno quelli definiti crimini di guerra. Sarà determinato dall’intento genocida – l’intento di sradicare in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso – come definito nella Convenzione sul genocidio.
Questi atti nel loro insieme comprendono l’aver preso di mira campi profughi e altre aree civili densamente popolate con bombe da 2.000 libbre, il blocco degli aiuti umanitari, la distruzione del sistema sanitario e gli effetti di tutto ciò su bambini e donne incinte – le Nazioni Unite stimano che siano circa 50.000 donne incinte a Gaza e che ogni giorno nascano più di 160 bambini – oltre alle ripetute dichiarazioni di genocidio da parte di importanti politici e generali israeliani.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha equiparato Gaza ad Amalek, una nazione ostile agli israeliti nella Bibbia, e ha ripetuto l'ingiunzione biblica di uccidere ogni uomo, donna, bambino o animale Amalek. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha definito i Palestinesi “animali umani”. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha affermato, come hanno detto alla Corte gli avvocati sudafricani, che tutti a Gaza sono responsabili di quanto accaduto il 7 ottobre perché hanno votato per Hamas, sebbene metà della popolazione di Gaza sia costituita da bambini troppo piccoli per votare. Ma, anche se l’intera popolazione di Gaza votasse per Hamas, ciò non li renderebbe un obiettivo militare legittimo. Secondo le regole della guerra, essi restano civili e hanno diritto alla protezione. Hanno anche il diritto, sancito dalle norme internazionale, di resistere alla loro occupazione attraverso la lotta armata.
Gli avvocati sudafricani, che hanno paragonato i crimini di Israele a quelli perpetrati dal regime di apartheid in Sud Africa, hanno mostrato alla Corte un video di soldati israeliani che festeggiavano e invocavano la morte dei Palestinesi – cantavano mentre ballavano “Non ci sono civili non coinvolti”. – come prova che l’intento genocida discende dall’alto verso il basso della macchina da guerra e del sistema politico israeliano. Hanno fornito alla Corte foto di fosse comuni dove sono stati sepolti corpi “spesso non identificati”. Nessuno – nemmeno i neonati – è stato risparmiato, ha spiegato alla Corte l’avvocato sudafricano Adila Hassim, giurista di larga esperienza.
Gli avvocati sudafricani hanno dichiarato alla Corte che “il primo atto genocida è stato l’uccisione di massa dei Palestinesi a Gaza”. Il secondo atto di genocidio, hanno affermato, è il grave danno fisico o mentale inflitto ai Palestinesi di Gaza in violazione dell’articolo 2B della Convenzione sul genocidio. Tembeka Ngcukaitobi, un altro avvocato e studioso di diritto in rappresentanza del Sud Africa, ha sostenuto che “i leader politici, i comandanti militari e le persone che ricoprono posizioni ufficiali di Israele hanno sistematicamente ed in termini espliciti dichiarato il loro intento genocida”.
Lior Haiat, portavoce del Ministero degli Affari Esteri israeliano, ha definito l'udienza di giovedì, durata tre ore, una delle "più grandi manifestazioni di ipocrisia della storia, aggravata da una serie di affermazioni false e infondate". Ha accusato il Sudafrica di lavorare per consentire ad Hamas di tornare in Israele per “commettere crimini di guerra”.
I giuristi israeliani, nella loro risposta di venerdì, hanno definito le accuse sudafricane “infondate, “assurde” e equivalenti a “diffamazione”. Il team legale israeliano ha affermato di non aver ostacolato l'assistenza umanitaria, nonostante i rapporti delle Nazioni Unite sulla fame diffusa e sulle malattie infettive dovute al crollo dei servizi igienico-sanitari e alla carenza di acqua pulita. Israele ha difeso gli attacchi agli ospedali, definendoli “centri di comando di Hamas”. Ha detto alla Corte che stava agendo per legittima difesa. “Le inevitabili vittime e le sofferenze umane di qualsiasi conflitto non sono di per sé un modello di condotta che mostri plausibilmente un intento genocida”, ha affermato Christopher Staker, un avvocato di Israele.
I leader israeliani accusano Hamas di aver compiuto un genocidio, argomento non pertinente perché nemmeno alle vittime di genocidio è consentito di commettere un genocidio. Inoltre Hamas non è uno Stato. Non è quindi parte della Convenzione sul genocidio. L'Aia, per questo motivo, non ha giurisdizione sull'organizzazione. Israele afferma inoltre che i Palestinesi vengono avvisati di evacuare le aree che saranno attaccate e dotati di “aree sicure”, anche se, come hanno documentato gli avvocati sudafricani, le “aree sicure” vengono regolarmente bombardate da Israele, provocando numerose vittime civili.
Israele e l’amministrazione Biden intendono impedire qualsiasi ingiunzione temporanea da parte della Corte, non perché la Corte sia in grado di costringere Israele a fermare i suoi attacchi militari, ma per ragioni di immagine, che è già disastrosa. L'attuazione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dipende dal Consiglio di Sicurezza, il che, dato il potere di veto degli Stati Uniti, rende inapplicabile qualsiasi sentenza contro Israele. Il secondo obiettivo dell’amministrazione Biden è assicurarsi che Israele non venga giudicato colpevole di aver commesso un genocidio. Sarà implacabile in questa campagna, esercitando forti pressioni sui governi che hanno giuristi in tribunale affinché non ritengano Israele colpevole. Russia e Cina, che hanno giuristi all’Aia, stanno sostenendo le proprie accuse di genocidio e potrebbero decidere che non è nel loro interesse giudicare Israele colpevole.
L’amministrazione Biden sta giocando un gioco molto cinico. Insiste nel tentativo di fermare quello che, per sua stessa ammissione, è un bombardamento indiscriminato dei Palestinesi da parte di Israele, bypassando il Congresso per accelerare la fornitura di armi a Israele, comprese le bombe “stupide”. Insiste nel volere che i combattimenti a Gaza finiscano mentre pone il veto alle risoluzioni di cessate il fuoco alle Nazioni Unite. Insiste nel sostenere lo stato di diritto mentre sovverte il meccanismo legale che può fermare il genocidio.
Il cinismo pervade ogni parola pronunciata da Biden e Blinken. Questo cinismo riguarda anche noi. La Casa Bianca di Biden conta sul fatto che la nostra repulsione per Donald Trump ci spingerà a mantenere Biden in carica. Per qualsiasi altra questione potrebbe essere così. Ma non può essere così in caso di genocidio.
Il genocidio non è un problema politico. È una questione morale. Non possiamo, costi quel che costi, sostenere coloro che commettono o sono complici del genocidio. Il genocidio è il crimine di tutti i crimini. È l'espressione più pura del male. Dobbiamo schierarci inequivocabilmente dalla parte dei Palestinesi e dei giuristi sudafricani. Dobbiamo chiedere giustizia. Dobbiamo ritenere Biden responsabile del genocidio di Gaza.
(*) Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer che è stato corrispondente estero per quindici anni del New York Times, col il ruolo di capo dell'ufficio per il Medio Oriente e capo dell'ufficio per i Balcani. In precedenza era stato corrispondente estero di The Dallas Morning News , The Christian Science Monitor e NPR. È il conduttore della trasmissione The Chris Hedges Report .
Ha fatto parte del team che ha vinto, nel 2002, il Premio Pulitzer per i reportage sul terrorismo globale del New York Times e, nel 2002, ha ricevuto l'Amnesty International Global Award per il giornalismo sui diritti umani. Hedges, che ha conseguito un Master in Divinity presso la Harvard Divinity School, è l'autore dei bestseller American Fascists: The Christian Right and the War on America, Empire of Illusion: The End of Literacy and the Triumph of Spectacle, ed è stato un National Book Critics. Finalista del Circle per il suo libro War Is a Force That Gives Us Meaning. Tiene una rubrica online per il sito ScheerPost. Ha insegnato alla Columbia University, alla New York University, alla Princeton University e all'Università di Toronto.
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