I retroscena del braccio di ferro Compaoré/Sarkozy sull’intervento militare francese ad Abidjan
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Come si diventa dittatori
Nelle elezioni presidenziali tenutesi alla fine del 2010 in Costa d’Avorio, dopo la chiara vittoria di Laurent Gbagbo al primo turno, sono stati contestati i risultati che davano Gbagbo sconfitto al ballottaggio contro Alassane Ouattara (45,9% contro il 54,1% del suo avversario. Il Consiglio Costituzionale ha ratificato un altro risultato con il quale, per l'annullamento di 7 sezioni elettorali del nord, corrispondenti al 13% degli aventi diritto al voto, Gbagbo è stato dichiarato vincente con il 51,45% dei consensi. La cosidetta “comunità internazionale” ha pressoché unanimemente riconosciuto la legittimità dell'elezione di Ouattara, contestando le resistenze di Gbagbo che, non cedendo alle rivendicazioni interne né alle pressioni esterne, ha determinato il riaprirsi del conflitto all'interno del paese.
Il 10 aprile 2011, Laurent Gbagbo è stato catturato assieme alla moglie Simone con l'intervento delle forze speciali francesi "La Licorne" (intervenute su mandato ONU a seguito di risoluzione 1975 votata quasi all'unanimità) nella sua residenza-bunker ad Abidjan, dalle forze di opposizione del presidente eletto Alassane Ouattara, in seguito è stato consegnato alla Corte Penale Internazionale dove è detenuto con l'accusa di crimini contro l'umanità.
Il presidente burkinabé, Blaise Compaoré, si era in un primo tempo opposto all’intervento francese in Costa d’Avorio. Successivamente lo ha appoggiato: è un uomo che conosce le regole del gioco. Sapeva bene che cosa gli sarebbe capitato se non avesse ottemperato. Sarebbe stato immediatamente iscritto nella lista “nera” dei dittatori secondo Parigi, esposto alla vendetta mediatica parigina. Ed eventualmente militare…
Operazione umanitaria Laurent Gbagbo
I retroscena del braccio di ferro Compaoré/Sarkozy sull’intervento militare francese ad Abidjan
Jean Marc Soboth
Contrariamente all’apparenza, l’operazione militare multinazionale diretta a rovesciare il presidente Laurent Gbagbo “con ogni mezzo” non si è svolta in una atmosfera di unanimità. Il ricatto dell’Eliseo avrebbe giocato un ruolo centrale sugli alleati africani
Pur sostenendo in modo convinto il suo pupillo sulla scena ivoriana, l’attuale presidente dell’Assemblea nazionale e capo ribelle Guillaume Soro, il presidente burkinabé Blaise Compaoré si era, secondo una fonte esclusiva, opposto con forza l’anno scorso ad un intervento militare ad Abidjan, sostenuto con insistenza dal presidente francese Nicolas Sarkozy, per rovesciare il presidente Laurent Gbagbo in modo da risolvere il contenzioso elettorale in atto.
Così, nonostante tutte le assicurazioni di “successo” che forniva Sarkozy, vale a dire: l’appoggio politico del suo “amico”, il presidente statunitense Barack Obama, quello del presidente dell’Unione africana (UA), Jean Ping, quello del Nigeriano Goodluck Ebele A. Jonathan, il coinvolgimento diretto delle truppe dell’ONUCI/Force Licorne, il deferimento alla Corte Penale Internazionale (CPI) di Gbagbo e degli apparatcik del FPI, se fossero rimasti in vita dopo l’intervento ecc., il presidente burkinabé restava nel dubbio.
“Blaise” accarezzava l’idea di una soluzione politica della quale sarebbe stato senza dubbio nuovamente il punto di riferimento, dicendosi preoccupato delle conseguenze che avrebbe avuto una opzione militare sulle popolazioni di origine burkinabé della Costa d’Avorio, come anche degli altri stranieri dell’Africa dell’ovest, residenti nel paese.
Forze nuove. Forte dell’esperienza della pasticciata ribellione nord-ivoriana delle Forze Nuove (FN), i cui capi erano stati addestrati a Ouagadougou, che ne ospitava anche le retrovie, “il bel Blaise” avrebbe soprattutto chiarito che, “nel caso di un’offensiva militare in Costa d’Avorio, Burkinabé e assimilati sarebbero stati non solo uccisi in massa, ma non sarebbero mai più stati sicuri per lungo tempo in questo paese”.
E’ possibile che abbia anche considerato i riflessi negativi sulla sua immagine nella regione, tanto più che egli gode già della fama di piromane.
Tale posizione comunque avrebbe provocato poco meno di una collera storica in un Sarkozy vestito dei panni di capo guerriero.
Da fonte degna di fede, apprendiamo che il presidente francese era soprattutto affascinato dall’idea di riuscire a tutti i
costi nell’impresa che, alla fine del 2004, il suo predecessore Jacques Chirac aveva dovuto abbandonare in extremis, preferendo evitare un bagno di sangue a Abidjan – che Sarkozy non ha esitato un solo istante a provocare.
Blaise Compaoré, che si ritiene sia in qualche modo influenzato dalla moglie ivoriana, Chantal, sarebbe stato costretto a capitolare davanti all’intransigenza e all’astio mostrato da Sarkozy nei confronti del regime di Laurent Gbagbo, senza alcuna considerazione per gli eventuali massacri di civili – la Risoluzione 1975 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU promossa dall’ambasciatore francese, Gerard Araud, si autodefiniva “umanitaria” e diretta (asseritamente) alla protezione dei civili ivoriani.
Sospetti. Tra i due uomini già il clima non era cordiale. Sarkozy nutriva dei sospetti verso il presidente burkinabé a causa della sua troppo grande amicizia col suo predecessore e nemico, Jacques Chirac – che l’uomo del Faso aveva personalmente rimesso in contatto con il “fratello Guida” libica Muammar Gheddafi, su richiesta dell’ospite dell’Eliseo.
Sempre Sarkozy ha trovato “Blaise” molto tiepido nei confronti dell’opzione militare libica (Risoluzione 1973 proposta dal francese Gerard Araud) per rovesciare la Guida libica, “suo amico” – il “Beduino del deserto” che viveva in tenda dove leggeva, si dedicava al suo sogno panafricano e alla sua famiglia, e non esercitava alcun potere ufficiale nel paese.
La Jamahiriya aveva intrattenuto in effetti eccellenti relazioni diplomatiche con Ouagadougou e realizzato investimenti colossali nel paese; inoltre la Guida si era fatto costruire una residenza da fiaba a Ouaga 2000, il nuovo quartiere per ricchi…
Ma Blaise, “l’ausiliario” di Parigi, conosceva le regole del gioco. Sapeva bene che cosa gli sarebbe capitato se non avesse ottemperato. Sarebbe stato immediatamente iscritto nella lista “nera” dei dittatori secondo Parigi, esposto alla vendetta mediatica parigina. Ed eventualmente militare…