La democrazia? Solo per il “popolo dei signori”
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Le Grand soir, 2 maggio 2013 (trad. ossin)
La democrazia? Solo per il “popolo dei signori”
Domenico Losurdo
Domenico Losurdo è un filosofo comunista italiano. Solidaire lo ha incontrato poco prima della presentazione del suo nuovo libro, Contro-storia del liberalismo. Intervista in rosso vivo
Ha inteso scrivere un “Libro nero del liberalismo”?
Domenico Losurdo. No. Qualcuno lo paragona al “Libro nero del comunismo (libro di propaganda anticomunista, scritto nel 1997 che ha avuto un successo strepitoso prima di essere stroncato dagli storici e da una buona metà dei suoi autori, ndr). Ma questa “Contro-storia del liberalismo” ospita un paragrafo finale che parla dell’eredità permanente del liberalismo. Se il “Libro nero” pubblicasse una nuova edizione nella quale comparisse un paragrafo finale sull’eredità permanente del comunismo, allora il paragone potrebbe tenere.
Perché ha scritto questo libro?
Domenico Losurdo. L’ideologia dominante ha diversi aspetti. Da un lato fa una agiografia della tradizione liberale. E dall’altro, tutta la tradizione rivoluzionaria, non solo il comunismo ma anche le correnti più radicali della Rivoluzione francese, perfino la grande rivoluzione degli schiavi neri a Santo Domingo (oggi Haiti), viene ignorata e diffamata.
Io ho raccontato in diversi libri il contributo fondamentale del movimento rivoluzionario, del movimento comunista, per la conquista della democrazia in Occidente. D’altro lato dovevo spiegare perché non è stato il liberalismo in quanto tale a produrre la democrazia in Occidente. Alla fine del libro, per esempio, cito degli autori statunitensi che spiegano molto chiaramente che, perfino dopo la Seconda Guerra Mondiale, perfino dopo la disfatta del III Reich, gli Stati Uniti erano uno stato razzista. Per esempio, in molti Stati degli Stati uniti, leggi severissime punivano molto severamente i matrimoni tra i Bianchi e le altre “razze”. Perfino sul piano più intimo della sfera privata, questi Stati interferivano pesantemente.
Racconto un episodio emblematico: nel 1952, la discriminazione razziale nelle scuole, nei mezzi di trasporto, nei cinema, ecc. c’era ancora, e la Corte Suprema venne chiamata a decidere se queste discriminazioni razziali fossero costituzionali o meno. Prima di decidere, la Corte ricevette una lettera del ministro della giustizia che diceva: “Se voi deciderete che le norme che disciplinano la discriminazione sono legittime, questo sarà una grande vittoria per il movimento comunista, per i movimenti dei popoli del Terzo mondo, nella misura in cui essi avranno un’occasione per screditare la democrazia USA. Noi potremo conquistare una legittimità agli occhi del Terzo mondo, solo se decideremo che le norme sulla discriminazione razziale sono incostituzionali”. Dunque la fine, o quasi la fine, dello stato razziale negli Stati Uniti non si può comprendere senza collegarlo alla sfida proveniente dal movimento comunista e del movimento rivoluzionario dei popoli colonizzati del Terzo mondo. Non vi è stata una endogenesi (formazione di cellule all’interno di altre cellule, ndr), una evoluzione spontanea grazia alla quale il liberalismo ha superato queste clausole di esclusione. No, queste clausole di esclusione sono state superate solo grazie al movimento di protesta.
Lei dice che il liberalismo è una democrazia valida solo per il “popolo dei signori”. Che cos’è questo “popolo”?
Domenico Losurdo. Nel mio libro, ricordo la visita negli Stati Uniti di due viaggiatori, Alexis de Tocqueville, grande pensatore liberale, e Victor Schoelcher, che è stato ministro dopo la rivoluzione francese del 1848 e ha deciso l’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi. Queste due personalità hanno viaggiato negli Stati uniti indipendentemente l’uno dall’altro negli anni 1830. Ciononostante ne hanno fatto quasi la stessa descrizione. Tocqueville racconta quanto fosse terribile la schiavitù dei Neri, racconta che gli Amerindiani erano stati sterminati. Ma la sua conclusione è che gli Stati Uniti sono la più grande democrazia del mondo. Il destino dei popoli colonizzati non gioca alcun ruolo nella definizione di democrazia che Tocqueville dà agli Stati Uniti.
Schoelcher, da parte sua, riconosce che, per ciò che concerne la comunità bianca, vige la ”Rule of laws”, la Costituzione delle leggi, l’indipendenza della magistratura, il presidente è eletto dal popolo, ecc. Ma egli assume la sorte degli Amerindiani e dei Neri come prova del fatto che gli Stati uniti siano uno dei peggiori sistemi dispotici che si possano concepire.
Vi è questa “razza” di signori, quasi tutti proprietari di schiavi, e quel senso di infinita superiorità che i Bianchi provano nei confronti degli altri, scaturente dai rapporti di rispetto sul piano del governo e della legge. Questa democrazia del “popolo dei signori” esiste ancora oggi. Tutti conoscono la propaganda occidentale in Medio oriente: Israele è l’unica democrazia. E noi non dobbiamo sottovalutare il fatto che effettivamente, per i cittadini israeliani, vige il governo delle leggi.
Tutti sanno che i Palestinesi sono condannati senza processo, senza sapere quale crimine venga loro addebitato… “E’ una democrazia per il popolo dei signori”, che ci spiega la cosa più terribile: questa democrazia per il popolo dei signori può trasformarsi senza troppe difficoltà nella dittatura del popolo dei signori. E’ il nazismo, il fascismo. Alcuni ricercatori hanno parlato di “Herrenvolk democracy” (sistema politico nel quale le diverse etnie non godono dei medesimi diritti, come in Africa del Sud durante l’Apartheid o in Israele, ndr).
Domenico Losurdo
E’ ancora così in Europa o negli Stati Uniti, oggi?
Domenico Losurdo. Negli Stati Uniti, guardiamo Guantanamo, Abu Ghraib o questo tipo di prigioni in Afghanistan. In questo caso non vale il governo della legge. Ma se non consideriamo solo i rapporti tra gli individui, ma anche i rapporti tra gli Stati, risulta chiaro che l’imperialismo USA o europeo non vuole riconoscere l’eguaglianza tra gli Stati. Quale è l’ideologia che l’Occidente rappresenta? Esso mette avanti che “il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ci autorizza a fare una guerra”. Bene. Ma se il Consiglio rifiuta di dare questa autorizzazione, io attribuisco a me stesso il diritto di fare la guerra, per esempio in Jugoslavia, in Iraq o in Siria. Per ciò che concerne i rapporti tra occidente e il resto del mondo, l’Occidente funziona ancora come una democrazia per il popolo dei signori.
Io cito uno storico statunitense, George Fredricson, che spiega che, nello Stato razzista che erano gli Stati Uniti degli anni 1930, le discriminazioni razziali non erano diverse da quelle concepite dal III Reich nei confronti degli ebrei. Alla fine del XIX° secolo e agli inizi del XX°, negli Stati uniti il linciaggio contro i Neri veniva organizzato come uno spettacolo di massa. Si trattava di una tortura che durava diverse ore. Gli scolari avevano un giorno di permesso per assistere allo spettacolo. Lo storico descrive come la “Herrenvolk Democracy” possa trasformarsi nella dittatura del popolo dei signori. Nella metà del XIX° secolo, nella Carolina del Sud, la pena di morte non era solo prevista per lo schiavo fuggitivo, ma anche per chiunque lo avesse aiutato. Ogni Statunitense era obbligato a diventare un cacciatore di uomini, la mobilitazione era in favore della schiavitù, regnava un’atmosfera totalitaria. Nelle condizioni di una crisi storica come quella che si è verificata negli anni 1930, questo tipo di democrazia non ha avuto difficoltà a trasformarsi in una dittatura.
Se leggiamo la storia degli Stati Uniti, possiamo constatare la grande validità della tesi di Marx ed Engels, secondo la quale “non può essere libero un popolo che opprime un altro popolo”.
E questa logica continua ancora oggi. Ho parlato di Guantanamo. Lì i prigionieri vengono torturati. Sono considerati come barbari. In genere non si tratta di cittadini statunitensi. Ma c’è un’eccezione. Ogni martedì Obama discute con la CIA la “kill-list”, la lista delle persone che possono essere uccise dai droni in quanto sospettati di terrorismo. In questa lista compaiono anche cittadini statunitensi. Anche per i cittadini statunitensi, questa democrazia del popolo dei signori può ritorcersi contro di loro.
Molti storici respingono la nozione di universalismo. Lei no, perché?
Domenico Losurdo. Questo bilancio storico che critica l’universalismo in quanto tale non è corretto. Se prendiamo il capitolo peggiore della storia del colonialismo, è il nazismo. Il nazismo è la radicalizzazione della tradizione coloniale. Basta leggere i discorsi di Hitler. O gli scritti di Rosenberg, l’ideologo del III Reich.
Egli parla accalorandosi dello Stato razzista degli Stati uniti. Dice che è lo Stato del futuro. Il colonialismo è il frutto dell’universalismo o dell’anti-universalismo? Il nazismo vuole ridurre in schiavitù o sterminare gli “Untermenschen”, i sub-umani. Quegli esseri che hanno l’apparenza di uomini ma che non lo sono. Il nazismo è stato il più grande anti-universalismo. Ha perfino distrutto il concetto universale di uomo. Ci sono i veri, gli ariani. E gli altri. Rosenberg dice anche che l’universalismo è un’invenzione della razza ebraica. Se si analizza la storia di questo termine “Untermensch”, non sono stati i nazisti a inventarlo. E’ la traduzione di “under man”, che viene dagli Stati Uniti degli inizi del XX° secolo, dove indicava i Neri. Già in quest’epoca dunque c’era stata la decostruzione del concetto di uomo universale.
Quale è stato il movimento che ha messo in discussione il colonialismo? La Rivoluzione d’ottobre. Lenin non ha rivolto solo agli operai l’appello a insorgere contro il capitalismo, l’imperialismo. Ha rivolto un appello anche agli schiavi delle colonie a ribellarsi contro la dominazione delle sedicenti razze superiori. L’ideologia di Lenin è universalista.
Nel suo libro lei individua due correnti: il radicalismo e il liberalismo
Domenico Losurdo. Il liberalismo è una categoria assai più ampia del radicalismo. Il liberalismo, è la difesa dell’individuo contro il potere dello Stato. Ma in ciascun periodo il liberalismo ha dato di sé una differente definizione. Andrew Fletcher, nel XVII° secolo, che si considerava repubblicano (cosa che all’epoca era assai rivoluzionaria, in quanto tutti erano monarchici), criticava il potere assoluto del monarca. Egli parla la lingua della libertà dell’individuo. Ma, dall’atro lato, Fletcher è per la schiavitù e perfino per la riduzione in schiavitù dei vagabondi bianchi. Per lui l’individuo è solo quello della classe dominante, la classe più ricca inglese. In nome di questo individuo egli è pronto a lottare contro il potere monarchico. E’ la prima fase del liberalismo.
Per la seconda fase, prendiamo John Locke (filosofo inglese del XVII° secolo, ndr). Per lui deve escludersi la schiavitù dei bianchi. Ma ovviamente non quella dei Neri. Era d’altronde azionista della Royal African Company, la società che faceva la tratta dei Neri. In questo periodo, l’individuo è solo l’individuo bianco. I Neri non sono da considerarsi individui, essi sono degli strumenti di lavoro. Dopo la guerra di secessione e l’abolizione della schiavitù dei Neri, i liberali criticano la schiavitù in generale ma, negli Stati uniti e nelle colonie europee, il governo della legge non vale per le razze inferiori. Il liberalismo esalta il diritto alle libertà individuali, ma non lo concepisce nella sua universalità. Le cause di esclusione variano a seconda delle epoche e le fasi del liberalismo. Dipende dalle grandi lotte.
Quale differenza tra liberalismo e radicalismo? Prendiamo Tocqueville. Egli critica la schiavitù ufficiale. E’ abolizionista ma non penserebbe mai di incoraggiare una rivolta degli schiavi. Non considera i Neri come degli interlocutori validi. Sono sempre i Bianchi. Prendiamo Condorcet (filosofo francese del XVIII°secolo, ndr). Ha scritto una lettera aperta agli schiavi neri. Essi sono gli interlocutori di Condorcet. E va ancora oltre: dice che “gli schiavisti non considerano i Neri come uomini. Per quanto mi riguarda, io considero uomini solo i Neri, non i proprietari di schiavi”. Secondo lui gli amici della libertà sono i Neri e gli schiavi neri. Mentre i proprietari di schiavi non vengono presi in considerazione come interlocutori da Condorcet. Per lui, essi sono nemici della libertà. Il radicalismo è questo.
Lei fa il ritratto del liberalismo. Ma evoca anche un’alternativa
Domenico Losurdo. Nell’ultimo paragrafo sull’eredità del liberalismo, faccio appello alle correnti anticapitaliste, ai comunisti, perché non sottovalutino questa eredità permanente. I comunisti devono imparare qualcosa dal liberalismo. In altri libri ho parlato della necessità della “demessianizzazione” del programma comunista. Dopo la Rivoluzione di ottobre, un grande filosofo tedesco, Ernst Bloch, nella prima edizione del suo libro “Spirito dell’utopia” ha affermato che i Soviet stavano trasformando il potere in amore. E’ il messianesimo. Non ci sono più contraddizioni. Nella seconda edizione l’ha cancellato. Il problema non è la trasformazione del potere in amore.
La società post-capitalista non sarà l’amore universale, come per un momento aveva pensato Bloch. Sarà una società dove non ci saranno più contraddizioni antagoniste. Noi abbiamo bisogno di pensare ad una emancipazione radicale, che non sarà però la fine della storia.