E’ oramai chiaro: la CPI è un’altra Guantanamo
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Le Grand Soir, 12 giugno 2013 (trad. ossin)
La Corte Penale Internazionale e il caso Gbagbo
E’ oramai chiaro: la CPI è un’altra Guantanamo
Avic
Eppure si erano dati tanto da fare per darle un aspetto rispettabile, rifinendola con l’attribuzione di una efficacia universale. Le hanno assegnato grandi giuristi bardati delle loro toghe solenni, che dovevano rappresentare la serenità della giustizia. Questa bella entità universale è la Corte Penale Internazionale, la CPI, con sede a La Haye. Col cuore in mano avevano giurato, grazie ad essa, di lottare contro l’impunità, le ingiustizie e i crimini contro l’umanità dovunque nel mondo. Nessun dittatore avrebbe più potuto dormire sonni tranquilli.
Una volta creata, tante persone sono passata sul banco degli accusati. La CPI assolve dunque pienamente la missione affidatale. Siamo noi che non abbiamo capito niente. Noi crediamo stupidamente alla definizione del Larousse di nozioni come “dittatori”, “crimini di guerra”, genocidio” o “crimini contro l’umanità”. Non sappiamo infatti che tutte queste nozioni non esistono in sé, esse devono essere decretate. E non da chicchessia. Ed esse non si applicano a chiunque, per niente. Perché possano esistere occorre che si realizzino alcune condizioni fondate su criteri geografici, per non dire razziali. Solo in Africa queste condizioni si realizzano. Sembra che questo continente brulichi di dittatori, conclamati o in potenza, circondati da massacratori e genocidari.
Eravamo quanto meno riusciti a capire questa piccola verità. Ma una verità può nasconderne un’altra. Quella che i clienti della CPI sono tutti neri, tutti cominciano ad abituarsi. Facile. Tutte le prigioni inglesi, statunitensi o francesi non ospitano già una popolazione carceraria nella quale le persone abbronzate sono sovra-rappresentate rispetto al loro numero nella società? Ma la rivelazione, che sta per essere messa in evidenza nel caso dell’ex presidente della Costa d’Avorio Laurent Ghagbo, è che non c’è bisogno, alla fine, di alcun motivo per potere incarcerare qualcuno che è stato decretato dittatore o autore di crimini contro l’umanità.
Dopo molti mesi di detenzione, la CPI oggi annuncia di non avere prove a sostegno delle accuse contro Laurent Gbagbo. In sostanza dicono: “Noi la accusiamo senza prove”. Se avessero un po’ di coraggio, con tutto quello che ciò comporterebbe per le loro carriere, avrebbero perfino potuto aggiungere che le prove di cui dispongono accusano senza ambiguità qualcun altro.
Accusato e mantenuto in stato di detenzione senza prove. Questo vi ricorda niente? Ovviamente Guantanamo. Ecco qua. Dietro i paroloni, dietro i trucchi e il maquillage, l’unico obiettivo era quello di camuffare una realtà. L’impero ha bisogno di campi di internamento per rinchiudervi i suoi nemici. Se lo si può rivestire di orpelli giuridici, tanto meglio, altrimenti necessità fa legge. Laurent Gbagbo resterà prigioniero, fino a quando non se ne troverà una giustificazione.
Al di là dell’ingiustizia fatta nei confronti del presidente Gbagbo, della Costa d’Avorio e dell’Africa, un’altra verità salta agli occhi. Questa entità giuridica non avrebbe dovuto chiamarsi CPI, ma CPS, Corte Penale Sovranazionale. Essa è una creazione dei paesi sedicenti democratici ma sfugge totalmente al controllo dei popoli di questi paesi, e non parliamo nemmeno dei popoli africani che forniscono la materia prima per il suo funzionamento. Illustra bene il mondo d’oggi, dove diverse strutture che dovrebbero essere di emanazione popolare hanno in realtà carattere dittatoriale o di macchine di frantumazione. Sempre con la stessa scusa che consiste nel dire: “Non è perfetto, ma è meglio di niente, in attesa del meglio”.
Dunque signori africani (o forse cavie?), pazienza…