Charlie, Dieudonné e la libertà di espressione
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Analisi, gennaio 2015 - L'arresto del comico Dieudonné M'Bala, per "apologia di reato" è l'ultima manifestazione della spaventosa ipocrisia con la quale il governo francese, e il primo ministro Manuel Valls in primo luogo, hanno reagito all'orribile attentato contro Charlie Hebdo (nella foto, il comico Dieudonné M'Bala)
Charlie, Dieudionné e la libertà di espressione
Nicola Quatrano
La straordinaria ipocrisia con la quale il governo francese, e l’Europa intera, hanno reagito ai dolorosi attentati contro il giornale satirico Charlie Hebdo sta cominciando a palesarsi sempre di più, con il passare dei giorni, e la crociata che il primo ministro francese, Manuel Valls, mena con furore iconoclasta contro il controverso comico Dieudonné M’Bala ne è la dimostrazione più evidente
Manipolazione della commozione popolare
L’imponente manifestazione dell’11 gennaio 2015, con tutti i capi di Stato in prima fila (compresi i dirigenti turchi sostenitori dell’ISIS e un uomo dalle mani lorde di sangue come Netanyahu), è stata indetta e organizzata dal governo francese. Certamente ha saputo interpretare lo sbigottimento e la commozione popolare, ma li ha allo stesso tempo usati e manipolati nell’intento di restituire un minimo di credibilità a una leadership in caduta verticale di consensi, a causa della crisi economica devastante, del fallimento dell’Europa e delle ridicole scappatelle di Hollande (1).
Essa non può certo essere paragonata alle imponenti manifestazioni di Madrid, seguite agli attentati dell’11 marzo 2004, queste sì spontanee e organizzate solo dal tam tam dei social network e dei telefonini. Non a caso erano contro il governo (non a favore) e contro le manipolazioni della verità fatte dal governo Aznar, l’esito fu la sconfitta del Partito Popolare alle elezioni politiche (2).
In Francia, invece, nulla è stato realmente spontaneo, nemmeno lo slogan, l’oramai famoso “Je suis Charlie”, nel quale pure milioni di persone si sono riconosciute. Esso non è affatto nato per caso, ma è stato inventato da uno specialista della comunicazione. Per la prima volta esso è apparso su Twitter, il 7 gennaio 2015, alle ore 11,57, solo un’ora dopo l’inizio dell’operazione omicida, per la mano di un certo Joachim Roncin, che non è affatto un perfetto sconosciuto, ma direttore artistico e giornalista musicale del settimanale “Stylist” (3), giornale dell’importante gruppo editoriale “Marie Claire”.
E così, di manipolazione in manipolazione, la manifestazione di Parigi è diventata una gigantesca esaltazione del “nostro sistema di vita”, contro gli attacchi delle altre culture (4). Interprete di primo piano e “teorico” di questo appello alla “difesa della nostra identità” (politicamente molto utile per sottrarre voti a Marine le Pen) è senz’altro il primo ministro francese Manuel Valls. E’ stato lui a dichiarare: «On a voulu assassiner l'esprit français, la liberté, la démocratie, la tolérance. La réponse de tous les Français qui disent Je suis Charlie, de la presse internationale, la seule réponse possible est bien celle de la liberté» (« Si è inteso assassinare lo spirito francese, la libertà, la democrazia, la tolleranza. La risposta di tutti i Francesi che dicono ‘Je suis Charlie’, della stampa internazionale, la sola risposta possibile è quella della libertà”) (5)
La libertà di espressione secondo Valls (quella di essere d’accordo con lui)
Ricordiamo che la “libertà di espressione”, giustamente difesa dal primo ministro francese, è quella che ha permesso ai redattori di Charlie Hebdo di pubblicare vignette volgari e per nulla divertenti su Maometto, offendendo i sentimenti di 5 milioni di mussulmani francesi.
Una delle irriverenti vignette su Maometto
Libertà a mio avviso sacrosanta. Ma che acquista un sapore discriminatorio in Francia dove, solo nei pochi giorni che ci separano dalla grandiosa manifestazione di Parigi, oltre settanta persone sono state denunciate per il reato di opinione di “apologia di reato”, con cinque (al momento) condanne pronunciate a pene assai severe.
Cose perfino ridicole, come la vicenda dell’ubriaco di 34 anni che, dopo aver provocato un incidente stradale ad Haulchain l’11 gennaio, se l’è presa coi poliziotti intervenuti, esaltando l’attentato. Ebbene, per queste parole dal sen fuggite, il poveraccio si è beccato quattro anni di prigione senza condizionale, non solo per essersi rifiutato di sottoporsi all’alcoltest, ma anche per “apologia di reato”. Altre pene minori sono state comminate a Orleans e a Tolone mentre, a Saint Etienne, un uomo è stato arrestato per avere gridato in strada: “Sono fiero di essere mussulmano, io non amo Charlie, hanno avuto ragione di fare quello che hanno fatto” (6)
E poi l’affaire Dieudonné. Mercoledì 14 gennaio il comico Dieudonné M’Bala è stato fermato dalla polizia per «apologia di terrorismo », per aver scritto sulla sua pagina facebook di sentirsi « Charlie Coulibaly », mettendo insieme le vittime di Charlie Hebdo con Amedy Coulibaly, l'assassino del supermercato ebraico.
Ne è seguito anche il divieto di uno spettacolo, ma questa non è una novità perché più volte il « difensore della libertà di espressione » Manuel Valls, in qualità di ministro dell’interno, aveva già vietato (con alterno successo) gli spettacoli del comico (7).
A chi gli faceva notare che non si può difendere la libertà di espressione e, allo stesso tempo comprimerla, Manuel Valls ha risposto: "Le racisme, l'antisémitisme, le négationnisme, l'apologie du terrorisme ne sont pas des opinions, ce sont des délits" (Il razzismo, il negazionismo, l’apologia del terrorismo non sono opinioni, sono delitti). Ma la verità è piuttosto un’altra: Dieudonné continua ad essere il beniamino del pubblico e i suoi spettacoli fanno sempre il pienone, come pure i suoi post nei social network. E’ un opinion leader, che si fa beffe del politicamente corretto, e per questo fa paura ad un governo in spaventosa crisi di consenso.
Chi è Diuedonné?
Prendiamo l’accurato ritratto del personaggio, delineato da Diana Johnstone su Countdr Punch, 1° gennaio 2014 (8).
Dieudonné M'Bala M'Bala è nato nella banlieue parigina 49 anni fa. Sua madre era una bianca originaria della Bretagna, suo padre un Africano originario del Camerun. Ciò che avrebbe dovuto fare di lui il bambino-modello del "multiculturalismo" che l'ideologia dominante di sinistra afferma di promuovere. E nel corso della prima parte della sua carriera, in duo con l'amico ebreo Elie Semoun, era esattamente questo: faceva campagne contro il razzismo, concentrando i suoi attacchi nei confronti del Fronte Nazionale, giungendo perfino a presentarsi alle elezioni municipali contro un candidato del Fronte nazionale a Dreux, un quartiere dormitorio a circa 90 km a ovest di Parigi, dove risiede. Come i migliori comici, Dieudonné ha sempre trattato argomenti di attualità, con un impegno e una dignità poco comuni nella professione. La carriera andava bene, prendeva parte a dei film, veniva invitato alla televisione e lavorava orami da solo.
Undici anni fa, il 1° dicembre 2003, invitato in una trasmissione televisiva su argomenti di attualità, dal titolo "On ne peut pas plaire à tout le monde" (Non si può piacere a tutti), un nome davvero appropriato, Dieudonné si è presentato in scena sommariamente travestito in "convertito al sionismo estremista", suggerendo agli altri di "unirsi all'asse del bene israelo-statunitense". Tale messa in discussione relativamente moderata "dell'asse del male" di Geroge W. Bush era del tutto coerente con lo spirito del tempo. La scenetta si chiudeva con un breve saluto "Isra-heil". Si era lontani dal Dieudonné degli esordi, ma il popolare umorista venne comunque accolto con entusiasmo dagli altri comici, mentre il pubblico presente alla trasmissione gli riservava una standing ovation. Si era nel primo anno dell'attacco statunitense contro l'Iraq, cui la Francia aveva rifiutato di associarsi, cosa che aveva portato Washington a ribattezzare quelle che da loro si chiamano "french fries" (patatine fritte, belghe in verità) in "freedom fries".
Poi sono cominciate ad arrivare le proteste, soprattutto a proposito del gesto finale nel quale si vedeva una collocazione sullo stesso piano di Israele e della Germania nazista.
"Antisemitismo!", si cominciò a gridare, benché il bersaglio dello sketch fosse Israele (e gli Stati uniti e i loro alleati in Medio Oriente). Si moltiplicarono gli appelli per vietare i suoi spettacoli, incriminarlo, distruggerne la carriera. Dieudonné ha cercato di spiegare che il suo sketch non se la prendeva con gli Ebrei in quanto tali ma, a differenza di tanti prima di lui, non ha presentato alcuna scusa per una offesa che non riteneva di aver commesso. Perché non ha mai ricevuto proteste da parte degli Africani che ha preso in giro? O dai Mussulmani? o dai Cinesi? Perché una sola comunità ha reagito con tanta rabbia?
E' cominciato allora un decennio di escalation. La LICRA (Lega Internazionale contro il Razzismo e l’Antisemitismo) ha avviato una lunga serie di azioni giudiziarie contro di lui ("Incitamento all'odio razziale"), perdendole all'inizio, ma senza mollare la presa. Invece di cedere, dopo ogni attacco Dieudonné si è spinto sempre oltre nella sua critica al "sionismo". Nello stesso tempo veniva gradualmente escluso dagli studi televisivi e trattato come un paria dai media più importanti. E' stata solo la recente divulgazione in internet di immagini che mostrano i giovani fare il gesto della "quenelle" che ha spinto l'establishment a ritenere che un attacco frontale sarebbe più efficace che tentare di ignorarlo.
Tutto inutile, nella sua recente tournée nelle città francesi, dei video mostrano ampie sale gremite di gente che si piega dal ridere davanti al loro umorista preferito. Ha reso popolare un gesto semplice che si chiama la "quenelle", ed esso viene imitato dai giovani in tutta la Francia. Il suo significato è semplice e evidente: siamo stufi.
La quenelle
Per inventare un pretesto per distruggere Dieudonné, la più importante organizzazione ebraica, il CRIF (Conseil Représentatif des Institutions Juives de France, equivalente francese della statunitense AIPAC) e la LICRA (Ligue Internationale contre le racisme er l'antisémitisme), che godono di privilegi particolari nella legislazione francese (in particolare del diritto di costituirsi parte civile), hanno tirato fuori una storia stravagante per poter definire Dieudonné e quelli che lo seguono come "nazisti". La "quenelle" è solo, di tutta evidenza, un gesto grossolano che significa pressappoco "nel tuo culo", con una mano posta sulla parte alta dell'altro braccio puntato verso il basso per misurare la lunghezza della "quenelle". Ma per il CRIF e la LICRA la "quenelle" è un "saluto nazista all'incontrario" (Non si è mai abbastanza "vigili" quando si cerca un Hitler nascosto). Come ha fatto notare qualcuno, un "saluto nazista all'incontrario" può essere considerato altrettanto bene come anti-nazista. Se ancora il gesto avesse qualche cosa a che vedere con Hitler. Cosa che non è in tutta evidenza.
Ma il mondo dei media riprende questa affermazione, segnalando per lo meno che "alcuni considerano la quenelle come un saluto nazista all'incontrario". Poco importa se quelli che fanno questo gesto non hanno alcun dubbio su quello che vuole invece dire: In culo al sistema!
Il vero problema è che Dieudonné fa ridere a spese di tutto l'establishment politico. E questo produce un torrente di ingiurie e iniziative tese a vietare i suoi spettacoli, a rovinarlo finanziariamente e perfino a farlo arrestare. Gli attacchi verbali creano un clima propizio alle aggressioni fisiche. Come è accaduto nel 2005, quando il comico è stato aggredito nel parcheggio di una stazione televisiva a Fort de France, da quattro persone, tre delle quali con passaporto israeliano (9). Essi sono stati poi condannati, ma il tribunale non ha riconosciuto, nel loro caso, la motivazione razziale, nonostante l’avessero gratificato del classico “sporco negro”. Ed anche i suoi collaboratori, come l’assistente Jacky Sigaux, sono stati oggetto di aggressioni fisiche.
Ma quale protezione può sperare da parte di un governo il cui primo ministro, quando era capo della polizia, ha promesso che troverà il modo di mettere a tacere Dieudonné?
Manuel Valls, sionista, un po' razzista e difensore della “libertà di espressione”
Manuel Valls
Dunque, secondo Valls, non si può confondere la libertà di espressione con il “razzismo, il negazionismo e l’incitamento all’odio”, che sono reati (per quanto pur sempre opinioni). E l’altrettanto ipocrita direttore di Le Monde, Gilles Van Kote, spiega che “la libertà di espressione ha un limite evidente: la legge”, aggiungendo che, se Dieudonné l’ha infranta scherzando sull’attentato, non altrettanto può dirsi delle vignette satiriche su Maometto, perché “nel nostro paese non esiste il reato di blasfemia”. (10). Tutto ciò, in una non tanto paradossale sintonia con quanto ha dichiarato, all'inverso, il presidente mauritano Mohamed Abdel Aziz, a proposito della condanna a morte del giovane Ould M'Kheitir: "Non ha espresso un'opinione, ma ha infranto la legge che punisce la blasfemia".
E, se il limite della libertà di espressione è nella legge, si apre allora la gara a punire quante più opinioni possibili. E, dal momento che in Francia è già reato parlare in modo non autorizzato dell’olocausto, ogni gruppo di pressione spinge perché siano protette dalla legge altre “verità ingessate”, come una sorta di copyright, la cui violazione comporti la galera.
Ci sono riusciti (ma in periodo elettorale) i numerosi Armeni francesi, ottenendo da Sarkozy un riconoscimento normativo del loro sterminio, poi bocciato dalla Corte Costituzionale. E lo sperano i Mussulmani, chiedendo l’introduzione del reato di islamofobia.
In un crescendo nel quale non si sa se ci si debba preoccupare del fatto che, nel paese della “libertà di espressione”, vi siano tante spinte ad allargare enormemente l’area del proibito, o piuttosto che, di fatto e di diritto, l’unica “verità” protetta per legge resta in Francia solo e unicamente quella propugnata dalle Associazioni ebraiche filo-israeliane.
Manuel Valls è l’espressione autentica di questa logica del “vieto tutto quello che non mi gusta e difendo la libertà di dire quello che mi piace”, un vero ribaltamento dei propositi di Voltaire! E, tra le cose che non gli piacciono, ci sono i Rom.
Il MRAP (Movimento contro il razzismo e l’amicizia tra i popoli) ha denunciato, il 12 novembre 2013, l’allora Ministro dell’Interno francese Manuel Valls, per incitamento all’odio, e alla violenza razzista, a causa delle dichiarazioni rese sui Rom ai microfoni di France Inter il precedente 24 settembre. Valls aveva, tra l’altro, detto che i Rom sono una popolazione che “ha modi di vita estremamente diversi dai nostri e che si contrappongono in modo evidente ad essi”. Aveva aggiunto che era auspicabile il loro rientro in Romania o in Bulgaria, precisando che in tal modo egli “aiuta i Francesi contro queste popolazioni e queste popolazioni contro i Francesi” (11)
Tutto ciò accadeva, nel pieno della polemica sulle espulsioni dei campi rom, promossa dal ministro dell’interno Valls nel marzo del 2013. Questi aveva affermato che lo smantellamento dei campi era “più che mai necessario” e sarebbe proseguito. Secondo lui “gli occupanti dei campi non desiderano integrarsi nel nostro paese, per ragioni culturali o perché sono nelle mani delle reti dedite alla mendicità e alla prostituzione” (12)
D'altronde la “coerenza” del personaggio (sempre nel senso della difesa di quel che gli piace e della lotta quello che non ama) si ritrova nelle dichiarazioni, solo apparentemente contraddittorie, del settembre 2012, quando ha dichiarato che gli ebrei francesi “possono portare con fierezza la kippa”, che è un simbolo di appartenenza religiosa (13). Salvo aggiungere, nel febbraio 2013, quando si parlava del simbolo religioso mussulmano del velo femminile, che “deve restare per la Repubblica una lotta essenziale quella contro il velo che impedisce alle donne di essere quello che sono” (14)
E anche nella vicenda Dieudonné è, per così dire, parte in causa, dal momento che il suo più ascoltato consigliere sul tema sarebbe Stephane Fouks, ex compagno di studi e oggi co-direttore del CRIF (Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni ebraiche francesi), (15) proprio quella organizzazione che, da anni, fa la guerra al comico.
Peraltro Manuel Valls aveva fatto pubblicamente la sua scelta di campo nel corso di una trasmissione radiofonica del 2011, "Io sono legato da parte di mia moglie, in modo indissolubile alla comunità ebraica e a Israele".
Manuel Valls: "Sono legato indissolubilmente a Israele"
E nel mondo si moltiplicano le proteste contro la pubblicazione delle vignette di Maometto che, per la religione islamica, non dovrebbe nemmeno essere rappresentato, figuriamoci preso in giro o svillaneggiato! Mentre Hollande, tra una scappatella amorosa ed un’altra, esalta la libertà di espressione, pur governando un paese che mette in galera chi la pensa in maniera diversa.
Con questa classe dirigente, in Europa c’è da aspettarsi il peggio.
Note:
2. Almodovar accusa Aznar: “Ha pensato al golpe”, in La Repubblica, 16 marzo 2004 http://www.repubblica.it/2004/c/sezioni/esteri/spagna4/almodovar/almodovar.html
4. “Perché Non sono Charlie”, in www.ossin.org, gennaio 2015 http://www.ossin.org/analisi-e-interventi/perche-non-sono-charlie.html
6. "Plus de 70 procédures ouvertes pour apologie et menaces d'actions terroristes", in Le Monde, 14 gennaio 2015 http://www.lemonde.fr/police-justice/article/2015/01/14/une-cinquantaine-de-procedures-ouvertes-pour-apologie-du-terrorisme_4555819_1653578.html
7. Dieudonné sur "Charlie Hebdo": le polémiste interpellé et placé en garde à vue pour apologie du terrorisme, in Huffington Post, 14.1.2015 http://www.huffingtonpost.fr/2015/01/14/dieudonne-charlie-hebdo-garde-a-vue-apologie-terrorisme_n_6468078.html
8. « Il tentativo di mettere a tacere Dieudonné M’Bala, la bestia nera dell’establishment francese », in www.ossi.org, gennaio 2014 http://www.ossin.org/francia/il-tentativo-di-mettere-a-tacere-dieudonne-m-bala-la-bestia-nera-dell-establishment-francese.html
9. « Agression de Dieudonné à Fort de France », in Le Monde 2 marzo 2005 http://www.lemonde.fr/societe/article/2005/03/02/agression-de-dieudonne-a-fort-de-france_400003_3224.html
10. « Dieudonné non fa satira ma incita all’odio : bisogna fermarlo », in La Rebubblica, 15 gennaio 2015 http://www.repubblica.it/esteri/2015/01/15/news/gilles_van_kote_dieudonn_non_fa_satira_ma_incita_all_odio_bisogna_fermarlo-104974259/
11. Sulla denuncia per incitamento all’odio razziale nei confronti di Manuel Valls: http://www.lemonde.fr/politique/article/2013/11/12/le-mrap-porte-plainte-contre-manuel-valls-pour-ses-propos-sur-les-roms_3512261_823448.html
12, « Où en est-on de l'hébergement des Roms en France ? », in Le Monde, 15 maggio 2013, http://www.lemonde.fr/societe/article/2013/05/15/ou-en-est-on-de-l-hebergement-des-roms-en-france_3205224_3224.html
13. « Porter avec fierté la kippa (Valss) », in Le Figaro, 23 settembre 2012 http://www.lefigaro.fr/flash-actu/2012/09/23/97001-20120923FILWWW00098-porter-avec-fierte-la-kippa-valls.php
14. Voile islamique: « combat essentiel » (Valls) ou « pollution du débat public » (rapport Tuot), in Le Monde, 9 febbraio 2013 http://religion.blog.lemonde.fr/2013/02/09/voile-islamique-combat-essentiel-valls-ou-pollution-du-debat-public-rapport-tuot/
15. “Affaire Dieudonné: Manuel Valls est conseillé par un directeur du Crif », in Panamza http://www.panamza.com/09012014-dieudonne-valls-crif-fouks
16. « Said Kouachi sepolto a Reims. La sua tomba resterà senza nome”, in Il Giornale, 17 gennaio 2015 http://www.ilgiornale.it/news/mondo/sepolto-reims-said-kouachi-tomba-rester-senza-nome-1083698.html