Dimmi babbo, dove nascono i soldi?
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Analisi, luglio 2015 - “Gli esseri umani e la natura non devono essere al servizio dei soldi. Diciamo NO ad una economia della esclusione e della diseguaglianza, dove il denaro regna invece di essere un servizio. Questa economia uccide. Questa economia esclude. Questa economia distrugge la Terra-Madre” – Papa Francesco
Cluborlov, 14 luglio 2015 (trad.ossin)
Dimmi babbo, dove nascono i soldi?
Adrian Kuzminski
C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro sistema finanziario mondiale. Papa Francesco è solo l’ultimo a dare l’allarme:
“Gli esseri umani e la natura non devono essere al servizio dei soldi. Diciamo NO ad una economia della esclusione e della diseguaglianza, dove il denaro regna invece di essere un servizio. Questa economia uccide. Questa economia esclude. Questa economia distrugge la Terra-Madre” – Papa Francesco
Si capisce bene che cosa sia quello che il Papa chiama “una economia della esclusione e delle diseguaglianza dove il denaro regna”. Meno chiaro è sapere come siamo arrivati a questa situazione e cosa bisogna fare.
La maggior parte delle persone considerano il nostro sistema monetario come un dato di fatto e sono scioccati quando apprendono che in realtà non è solo il governo a emettere moneta. Essa è infatti quasi interamente creata con dei prestiti venuti dal nulla sotto forma di scritture contabili dalle banche private. Per questo gioco di prestigio, le banche fatturano interessi, e si gratificano di graditi profitti senza praticamente fare nulla. La moneta stampata dai governi – monete e banconote – è una quantità trascurabile in rapporto all’ammontare complessivo di quella circolante (un rapporto da 1 a 10, Ndt).
L’idea di dare alle banche private un monopolio nella creazione monetaria risale al XVII° secolo in Inghilterra. Il governo britannico, in una specie di patto col diavolo, accettò di consentire a un gruppo di banchieri privati di usare il debito nazionale come garanzia per la concessione di prestiti, contando sulla capacità dello Stato di pagare gli interessi del debito sulle spalle dei contribuenti.
E nulla è cambiato dopo. Alexander Hamilton ammirava molto questo regime, che denominò “il sistema inglese”. Lui e i suoi successori sono stati in grado di trasferirlo alla fine anche negli Stati Uniti, e poi nella maggior parte del mondo.
La il denaro è troppo importante per essere lasciato ai banchieri. Non v’è alcuna buona ragione di concedere a un gruppo privato il lucroso monopolio della creazione della moneta. La creazione della moneta dovrebbe essere quel servizio pubblico che la maggior parte della gente crede a torto che sia. Inoltre la creazione monetaria privatizzata consente a un piccolo numero di grandi banche e istituzioni finanziarie, non solo di approfittarne basandolo su semplici scritture contabili, ma di dirigere gli investimenti economici globali verso i loro compari del Big Business, e non verso il grande pubblico.
La gente comune può ottenere il finanziamento che le occorre solo a condizioni schiaccianti, se non rovinose, che la rende schiava del suo debito, appesantito dai prestiti ipotecari, dai prestiti per gli studi, da quelli per l’automobile, dai saldi della carta di credito, ecc. Gli interessi ricavati da questi prestiti alimentano la macchina dell’investimento privato della finanza di Wall Street, rappresentata dall’ultima categoria di creditori: il famoso 1%.
Le principali critiche al sistema finanziario privatizzato vengono da due fonti: i goldbugs (economisti, propugnatori del regime di riserva aureo) e i fautori di un sistema bancario pubblico. I goldbugs vorrebbero farci tornare al regime fondato sulle riserve auree, fare dell’oro la nostra moneta. Il problema e che ciò renderebbe quasi impossibile prestare denaro, perché la quantità di oro che potrebbe essere messa in circolazione è relativamente minuscola e non elastica. E non v’è alcun modo facile di aumentare la disponibilità di oro nel mondo.
Il credito – la possibilità di prestare denaro – è vitale per ogni economia. Se non si può accedere ai prestiti per investire, strade e infrastrutture, alloggi, imprese, ospedali, educazione, ecc – non si possono finanziare i servizi essenziali. Per fare ciò, abbiamo bisogno di una massa monetaria elastica.
I fautori di un sistema bancario pubblico, come Stephen Zarlenga e Ellen Brown si rendono conto della necessità del credito. Essi intendono trasferire il monopolio della creazione monetaria da quello del settore privato a quello dei poteri pubblici. Malauguratamente non vi è alcuna garanzia che questa forma progressista di finanziamento dello Stato sarebbe meglio del finanziamento privato.
Se abbiamo un governo veramente democratico e trasparente, un simile sistema potrebbe funzionare. Ma, di fatto, i governi degli Stati Uniti e dei paesi più sviluppati sono delle oligarchie controllate da interessi particolari. Una banca centrale pubblica, senza un rivoluzione politica, potrebbe favorire le imprese legate al governo e continuerebbe a spremere i debitori, anche se questa volta con la scusa dell’interesse pubblico.
Questo per non ricordare il sistema dell’ex Unione Sovietica e della Cina di oggi, dove una nomenklatura politica ha finito col prendere il comando per arricchirsi. Il nostro sistema attuale di finanziamento privato centralizzato e la proposta progressista di finanze pubbliche centralizzate, sono solo due facce della stessa medaglia, che è quella di un controllo finanziario dall’alto verso il basso da parte di una élite.
Fortunatamente vi è un altro modello disponibile. Vi è una lunga tradizione negli Stati Uniti, cominciata con la resistenza anticoloniale contro il sistema inglese, e proseguita con gli anti-federalisti, gli jeffersoniani, i jacksoniani e i populisti del dopo guerra civile. Ed è una tradizione ostile ad ogni forma di banca centralizzata e favorevole ad un sistema di fornitura decentrata del denaro.
L’idea che hanno sviluppato è di vietare ogni tipo di banca centrale, pubblica o privata, e, al loro posto, di avere una moneta emessa localmente sulla base di una buona garanzia per i privati e le imprese. E’ un approccio dal basso verso l’alto. La priorità viene data ai cittadini e alle imprese locali, che possono ottenere prestiti senza interesse da banche pubbliche di credito locale per finanziare i loro progetti.
Un sistema di questo tipo dovrebbe essere disciplinata da una normativa che garantisca regole giuste e uniformi di prestiti al livello locale. In questo senso, sarebbe un sistema bancario pubblico. L’assenza di una autorità erogatrice centralizzata dovrebbe garantire, però, da ogni forma di concentrazione del potere finanziario, pubblico o privato.
Ogni sistema di controllo finanziario privato o pubblico, dall’alto verso il basso, presuppone una sorta di controllo da parte delle élite, che può qualificarsi come una pianificazione centrale, sia che avvenga nelle stanze dei consigli di amministrazione di imprese, che negli uffici delle agenzie governative, o in una combinazione delle due. L’esperienza storica insegna che simili decisioni prese dall’alto verso il basso sono inevitabilmente egoiste, distorte e controproducenti dal punto di vista sociale.
Infatti, che sia pubblica o privata, è l’avidità senza limiti della finanza centralizzata che ha creato “l’economia dell’esclusione e delle diseguaglianza” che Papa Francesco ha denunciato.
Il sistema decentralizzato popolare di finanziamento funzionerebbe senza pianificazione centrale. Al posto di questa, innumerevoli decisioni locali sui presti e solvibilità funzionerebbero come una vera mano invisibile della finanza, che in questo modo sarebbe autoregolata. La cupidigia non avrebbe alcun modo di moltiplicare la sua potenza. Essa rimarrebbe dispersa tra tutta la popolazione, così come si deve, senza tassi di interesse insostenibili, per il benessere di tutti.