Napoli, città accogliente?
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Intervento, settembre 2017 - Napoli è davvero la città "accogliente" raccontata dal sindaco Luigi De Magistris? E come la mettiamo con la rivolta degli abitanti di Miano contro l'allocamento nel loro quartiere dei Rom scacciati dal campo di Cupa Perillo da un ennesimo pogrom? (nella foto, la protesta contro i Rom)
Corriere del Mezzogiorno (editoriale), 12 settembre 2017
Napoli, città accogliente?
Nicola Quatrano
Fummo facili profeti, ai tempi della «mezza giornata» di Napoli contro Salvini, a dire che c’era qualcosa di sbagliato, che la demonizzazione dell’avversario non aiuta a risolvere i problemi, serve piuttosto a eluderli.
All’epoca Napoli era insorta contro il leader padano (almeno così recita la versione ufficiale), non solo per il suo passato di anti-meridionale, ma anche per il suo presente di anti-immigrati e per la sua proposta di usare le ruspe contro i campi Rom. Il sindaco de Magistris twittò nell’occasione di una Napoli «città rifugio, che accoglie. Città ribelle. Paradiso e Inferno. Passione e Amore». Ma non ci convinse. E infatti oggi il popolo di Miano insorge contro il collocamento «provvisorio» nella caserma Boscariello dei 300 Rom cacciati, ancora una volta col fuoco e la violenza, dal campo di Cupa Perillo.
C’è da chiedersi cosa sia mai successo in questi mesi: la città «accogliente» è diventata forse xeonofoba? Da dove vengono le donne che bloccano il traffico gridando: «I Rom se ne devono andare»? Sono tutte militanti della Lega Nord? O magari non sono napoletane? Oggi, però, i profili social del sindaco tacciono, gli ultimi post essendo stati accolti piuttosto sfavorevolmente. Con intuito politico, nelle ultime ore de Magistris sembra aver ceduto la scena all’assessore Roberta Gaeta, conferendole forse la delega di capro espiatorio.
Quanto a noi, ieri come oggi, pensiamo che Napoli non sia né antirazzista, né xenofoba. Pensiamo che, come in molte altre parti dell’Occidente, la cattiva politica, e l’incapacità dimostrata da governi e amministratori nel gestire complesse vicende come quelle dell’immigrazione, abbiano ingenerato una collera sempre meno sorda tra la popolazione, specie la più povera, su cui viene di fatto scaricato l’intero peso di convivenze difficili. In fondo, la rabbia dei cittadini di Miano, più che contro i Rom, pare rivolta contro la scelta dell’amministrazione di sistemarli nel loro quartiere, già degradato e privo di servizi, come fosse una legge inderogabile che le persone più «complicate» debbano essere alloggiate nelle periferie piuttosto che nel centro cittadino (abitato da una borghesia il cui politically correct è inversamente proporzionale alla distanza che li separa dai campi di accoglienza, come hanno dimostrato i liberal di Capalbio all’arrivo dei migranti nel loro buen retiro).
Intendiamoci, prima o poi dovremo farci una ragione del fatto che, dell’immigrazione, abbiamo un disperato bisogno, non fosse altro per il calo demografico che rischia di far saltare il nostro welfare. L’accoglienza costituisce poi un dovere morale per un Occidente largamente responsabile, con le sue guerre per il petrolio, dei disastri sociali e umanitari che sono all’origine del fenomeno migratorio. E pure i Rom, che a molti non piacciono (a me invece sì), non possiamo certo pensare di eliminarli, salvo a voler proseguire l’opera di annientamento avviata dai nazisti.
Dunque, volenti o nolenti, dobbiamo rassegnarci ad accettare i nuovi giunti, sforzandoci di offrire loro opportunità e favorendone l’integrazione. Il processo deve essere però ben governato, altrimenti si rischia di alimentare una xenofobia che esiste ed è crescente. Dicono i sondaggi che il rilevante crollo della popolarità del presidente Trump (che tocca un misero 36%) riflette un giudizio negativo verso l’intero operato del suo governo, tranne… le politiche contro gli immigrati, che raccolgono il consenso del 49% degli Statunitensi. Il 55% degli Europei si dichiara contrario alla immigrazione, posizione condivisa dal 40% degli Italiani. Risultati allarmanti, che sono però il frutto di scelte sconsiderate, come quella dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, di scambiare l’ospitalità dei profughi provenienti dalla Libia, con una maggiore flessibilità dell’Europa verso i nostri conti. La decisione aveva sì le sue ragioni, ma se ne sono sottovalutate le conseguenze sociali, e non si è accompagnata a serie politiche di integrazione.
Speriamo dunque che l’amministrazione comunale dia oggi buona prova di sé, e che la sistemazione dei Rom a Miano sia davvero «temporanea». Speriamo che prevalga la saggezza e la lungimiranza, che insomma si amministri davvero, senza perdersi in sterili contrapposizioni tra chi è (a chiacchiere) per l’accoglienza e chi contro.
La politica di questi anni assomiglia troppo (magari vi assomigliasse anche nei toni e nell’erudizione dei personaggi) all’interminabile querelle tra l’umanista Settembrini e l’ascetico gesuita Naphta, per contendersi l’anima (e forse anche il corpo) del giovane Hans Castorp, in «La Montagna incantata» di Thomas Mann. La tragica futilità di quelle discussioni venne travolta dall’assurdo carnaio della Prima Guerra Mondiale, nelle cui trincee perdiamo di vista il protagonista del romanzo.