Perché l'ingerenza è reazionaria
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Analisi, ottobre 2017 - La nostra epoca è generosa di raggiri ideologici. Uno dei peggiori – ahimè – è aver fatto passare l'ingerenza per un'idea progressista...
Le Grand Soir, 3 ottobre 2017 (trad.ossin)
Il dovere di ingerenza, è il riuscito matrimonio tra le ghiandole lacrimali e gli attacchi chirurgici
Perché l'ingerenza è reazionaria
Bruno Guigue
La nostra epoca è generosa di raggiri ideologici. Uno dei peggiori – ahimè – è aver fatto passare l'ingerenza per un'idea progressista. Gli interventi occidentali pretendono di essere a favore dei “diritti umani” e in realtà vogliono liquidare – o destabilizzare – i governi che non piacciono ai paesi della NATO. Essi invocano volentieri la “democrazia” per violare la sovranità degli altri Stati. Si vedono perfino dei capitalisti fornire armi a sedicenti “rivoluzionari” arabi, applauditi da organizzazioni della sinistra occidentale, felici di accreditare come progressiste le operazioni della CIA.
Questo inganno è possibile solo a prezzo di una considerevole rimozione, quella del vero senso della “democrazia”. 2 500 anni fa, Aristotele diceva che “la decisione presa dai cittadini può riguardare solo le questioni che sono nostre, non quelle degli Sciti”. Riposto in guardaroba questo robusto buon senso, la modernità post-comunista ha partorito uno strano “dovere di ingerenza” che autorizza i rappresentanti del Bene a sconfiggere i mostri del Male, senza rispetto per le frontiere. Garanzia di moralità che giustifica l'intervento in casa di altri, il dovere di ingerenza designa in realtà il diritto alla distruzione del vicino quando è sgradito.
Elaborato agli inizi degli anni 1990, questo sedicente “dovere” intendeva denunciare la “teoria arcaica della sovranità degli Stati, sacralizzata a protezione dei massacri” (Kouchner). Arcaica la “sovranità degli Stati”? Non propriamente. In realtà parliamo della sovranità di alcuni Stati, il cui unico torto è di opporsi all'egemonia occidentale. Sposandosi agli interessi degli Stati Uniti profondi, la dottrina del dovere di ingerenza serve soprattutto a far girare le rotative della menzogna per giustificare nuovi massacri. Il dovere di ingerenza è il matrimonio riuscito tra le ghiandole lacrimali e gli attacchi chirurgici, realizza una specie di miracolo, dove le indignazione umanitarie coincidono come per incanto con i piani imperialisti.
Poco importa il diritto dei popoli a risolvere da sé i propri problemi, giacché, in nome della “democrazia” e del “progresso”, la sovranità nazionale viene abolita. “Arcaica”, vi dicono! Per i fautori dell'ingerenza, la “volontà generale” è una di quelle anticaglie abbandonate alla critica roditrice dei topi. Un popolo può dirsi libero solo se è in grado di scegliersi le sue proprie leggi, e nessuno può farlo al posto suo se non con la forza. Ma la potenza tutoria sa meglio di questa massa incolta che cosa è buono per lei. L’ordine politico deve discendere dal consenso dei cittadini, e non dall'intervento straniero? Confidando nelle virtù pedagogiche dei B52, i benefattori dell'umanità ne hanno cura.
E' semplice: violando la sovranità nazionale, l'ingerenza imperialista nega la sovranità popolare. Cancella il diritto dei popoli all'autodeterminazione sostituendola con l'obbligo di ringraziare quelli che decidono al posto loro. Sostituisce la democrazia dal basso (l'unica possibile) con una “democrazia” dall'alto imposta “manu militari” da potenze straniere. A voler pure ammettere che le intenzioni siano buone (e non è questo il caso), l'ingerenza consiste nel trattare i popoli che intende soccorrere come dei minorenni irresponsabili.
Qualcuno potrebbe rispondere che tutti praticano l'ingerenza e non pi può quindi incriminare alcuni piuttosto che altri. Ma è falso. Gli USA, che hanno totalizzato 50 interventi in paesi stranieri dal 1945, possono difficilmente appellarsi a un tale relativismo. Si parla della Russia, ma questo paese ha solo 5 basi militari all'estero, contro i 725 degli USA, e il suo budget militare è pari all'8% di quello del Pentagono. Infine Mosca, a differenza di Washington, non finanzia alcuna organizzazione terrorista, non denuncia alcun trattato di disarmo, non infligge alcun embargo a delle popolazioni, non fa assassinare alcun capo di Stato e non minaccia nessuno di attacchi nucleari.
Ieri come oggi, l'ingerenza continua ad essere l'arma cui ricorrono le élite aggrappate ai loro privilegio. Nel 1790, quando ancora i giacobini erano una forza in embrione, la stampa realista premeva sulle teste coronate perché intervenissero a porre termine alla Rivoluzione. L’uomo politico e filosofo irlandese Edmund Burke faceva appello ad una crociata i cui protagonisti sarebbero stati “i vendicatori delle ingiurie e degli oltraggi arrecati alla razza umana”. Le monarchie europee hanno l'obbligo morale – diceva – di “impedire definitivamente a una nazione agitata e malefica di fare danni”. La minaccia del Duca di Brunswick di “distruggere Parigi” e l'invasione del territorio della Repubblica da parte delle truppe della coalizione risponderanno a questo appello.
Assediata da ogni parte da quattordici potenze straniere, la giovane Repubblica dei soviet subirà la stessa sorte dal 1917 al 1921. Come la Repubblica francese nel 1793, uscirà vittoriosa da una guerra spietata contro il nemico interno ed esterno. Schiacciata dalla macchina da guerra fascista, la Repubblica spagnola del “Frente popular” non avrà la stessa fortuna. A loro volta, i Vietnamiti e i Cubani dovranno battersi duramente per respingere un imperialismo che ha liquidato molti governi progressisti, da Mossadeq e Lumumba a Sukarno, Goulart e Allende. Arma privilegiata dalle classi dominanti, l'ingerenza non ha mai aiutato i popoli.
E' per questo che i progressisti hanno buone ragioni per condannarla. Dovrebbero dar retta a Robespierre, che tuonava contro la “mania di rendere una nazione libera e felice suo malgrado”, ricordava che “Parigi non è la capitale del mondo” e che “nessuno ama i missionari armati”. E' lui, il rappresentante dell'ala sinistra della borghesia rivoluzionaria, ad affermare che l'Europa non sarà mai sottomessa dai “successi in battaglia”, ma dalla “saggezza delle nostre leggi”. Lui, l’anti-schiavista, il fautore del suffragio universale e delle leggi contro l'indigenza, e non qui Girondini affaristi – cari a Michel Onfray – che sognavano di riempirsi le tasche sottomettendo i paesi vicini.
Giacché si tratta di affidarsi alla volontà dei popoli, l'ingerenza è reazionaria. Nessuna filosofia delle circostanze attenuanti, nessuna religione dei diritti dell'uomo la farà apparire più lucente aspergendola di acqua benedetta. Non ci si può vantare dell'universalismo se non per applicarlo a se stessi, e non per dare lezioni agli altri. Non ci si può aspettare nulla dalla destra, perché essa finisce sempre per obbedire alla potenza del danaro. Ma quel che resta della “sinistra”occidentale avrebbe tutto da guadagnare a meditare sugli insegnamenti della storia. “Il proletariato vittorioso, diceva Engels, non può imporre la felicità a nessun popolo straniero senza con ciò minare la propria vittoria”, e Lenin affermava contro i suoi compagni marxisti “il diritto delle nazioni a disporre di se stesse” in ogni circostanza.
Allora si prenda atto.