Lenin, il portabandiera degli oppressi e degli sfruttati
- Dettagli
- Visite: 7422
Intervento, novembre 2017 - Il 24-25 ottobre (6-7 novembre) 1917, gli operai, i contadini e i soldati russi prendevano il potere, un potere che li aveva asserviti, che li aveva oppressi...
Le blog de Mohamed Belaali, 16 ottobre 2017 (trad.ossin)
Lenin, il portabandiera degli oppressi e degli sfruttati
Mohamed Belaali
Cento anni dopo la Rivoluzione di ottobre, è utile e necessario, soprattutto in tempi così tristi, ricordare alcune delle idee di un uomo che ha, lo si voglia o meno, profondamente segnato la storia contemporanea. Parlare di Lenin, è in qualche modo ridargli la parola, citare i suoi scritti e ricordare il suo ruolo decisivo nella gloriosa Rivoluzione dell’ottobre 1917. Quella rivoluzione che la borghesia odia con tutte le sue forze, e Lenin le ha dedicato e sacrificato tutta la sua vita. Solo la Rivoluzione socialista mondiale può salvare l’umanità dal capitalismo e dai suoi disastri che diventano oggi sempre più evidenti e sempre più insopportabili. Per far trionfare la rivoluzione, Lenin si ispirava alla dottrina di Marx e di Engels, inconciliabile con la ciarlataneria e la superstizione. E’ lui che diceva «senza teoria rivoluzionaria, niente movimento rivoluzionario» (1), frase, oh quanto attuale in questi tempi di generalizzato manicomio ideologico! Lenin ha dichiarato una guerra implacabile alla società delle classi, alla schiavitù salariale, allo Stato borghese, alla sottomissione della donna all’uomo, allo sciovinismo nazionale, a ogni forma di opportunismo, all’oppressione, insomma a tutte le condizioni economiche, sociali e politiche che declassano e avviliscono gli uomini.
Per Lenin, l’avanzata verso il socialismo non può venire da qualche miglioramento della democrazia borghese, da una riconciliazione tra le classi ecc. Solo una rivoluzione è in grado vincere la resistenza della minoranza di sfruttatori, e di generare una nuova società. «Gli uomini, diceva Lenin, sono sempre stati e sempre saranno, in politica, degli ingenui ingannati da altri e da se stessi, finché non impareranno a distinguere, dietro le frasi, le dichiarazioni e le promesse morali, religiose, politiche e sociali, gli interessi di questa o quella classe. I fautori delle riforme e dei miglioramenti saranno sempre imbrogliati dai tutori del vecchio ordine di cose, finché non avranno capito che ogni vecchia istituzione, per quanto appaia barbara e corrotta, è sostenuta da questa o quella classe dominante. E, per spezzare la resistenza di classe, c’è solo un modo: trovare nella stessa società che ci circonda, e poi educare e organizzare per la lotta, le forze che possono – e devono data la loro situazione sociale – diventare la forza in grado di spazzare via il vecchio e creare il nuovo» (2).
Lenin si è battuto con tutte le sue energie e su tutti I fronti per rendere possibile la Rivoluzione socialista tanto sognata e sperata da tutti gli oppressi e da tutti gli sfruttati del mondo. Tute le sue forze, tutta la sua azione, tutto il suo lavoro teorico e tutte le sue tattiche tendevano verso la stessa strategia, l'emancipazione dei lavoratori, verso la rivoluzione non solo in Russia ma in tutto il pianeta.
Ma oggi, per tutti i borghesi del mondo, piccoli e grandi, Lenin è un mostro, un demonio, un dittatore responsabile di tutti i crimini e gli orrori possibili e immaginabili. Non gli si perdonerà mai di avere incitato gli operai, i contadini poveri e i soldati a ribellarsi, armi alla mano, contro la società borghese. «Guai al genio che si oppone fieramente alla società borghese e che forgia le armi che le daranno il colpo di grazia. A un simile genio, la società borghese riserva supplizi e torture che possono sembrare meno barbari di quanto non lo fossero la ruota dell’antichità o il rogo del Medio Evo, che in fondo solo più crudeli» diceva Franz Mehring parlando di un altro genio, Karl Marx (3). Quando era ancora in vita, Lenin era odiato, detestato, calunniato e perseguitato dalle classi possidenti e da tutti gli opportunisti del movimento operaio. Hanno perfino tentato di assassinarlo a colpi di revolver. I proiettili che lo hanno colpito hanno certamente contribuito ad abbreviarne la vita. Ma l’attentato alla sua persona dimostra in modo evidente l’odio viscerale che i nemici della classe operaia nutrono contro di lui. Niente di più normale in una società fondata sul conflitto di classe ! «Le classi degli oppressori riservano alla vita dei grandi rivoluzionari persecuzioni incessanti; esse accolgono la loro dottrina con il furore più selvaggio, con l’odio più ostinato, con le più forsennate campagne di menzogne e calunnie» diceva Lenin (4).
A distanza di quasi un secolo dalla sua morte, le idee di Lenin fanno ancora paura a tutti i difensori dell’ordine costituito. Perché Lenin ha preso di mira le fondamenta stesse del potere di queste minoranze di sfruttatori che non esitano e non arretrano di fronte a niente, pur di perpetuare i loro privilegi. Lenin ha dimostrato che, senza un rovesciamento del capitalismo con una rivoluzione socialista, non v’è alcuna speranza per tutti i lavoratori e per gli oppressi. Il vero crimine di Lenin è di aver rimpiazzato la Rivoluzione borghese del febbraio 1917 con la Rivoluzione socialista di ottobre. Questo crimine, la borghesia non glielo perdonerà mai. «Lenin deve naturalmente apparire come un Attila venuto a distruggere la Roma del benessere e del confort borghese, basato sulla schiavitù, il sangue e il saccheggio. Ma, come la Roma antica ha meritato di perire, così i crimini del mondo contemporaneo giustificano la necessità della sua distruzione» diceva Massimo Gorki (5).
Lenin era amato e ammirato dagli operai e dai contadini poveri. Sapeva loro spiegare concetti profondi con parole semplici. John Reed lo descriveva così: «Poco adatto, fisicamente, ad essere l’idolo della folla, venne amato e venerato come pochi altri capi nel corso della storia. Uno strano capopoplo, capo per la sola forza del suo spirito. Non brillante, senza humour, intransigente e distaccato, senza alcuna particolarità pittoresca, ma capace di spiegare concetti profondi con parole semplici, di analizzare concretamente delle situazioni e dotato della più grande audacia intellettuale» (6).
Non è questione di culto della personalità o di idolatria. Lo stesso Lenin combatteva fermamente questo genere di sciocchezze. Sono le masse che fanno la storia e non i «grandi uomini». «Non esistono salvatori supremi» diceva Eugène Pottier nell’Internazionale. Ma per fare la rivoluzione, le masse hanno bisogno di capi della tempra di Lenin e degli intellettuali rivoluzionari: «gli operai non potevano avere ancora la coscienza social-democratica. Questa poteva venir loro solo dall’esterno. La storia di tutti i paesi dimostra che, con le sue sole forze, la classe operaia può raggiungere solo la coscienza sindacale, vale a dire la consapevolezza che occorre unirsi in sindacati, lottare contro il padronato, reclamare dal governo questa o quella legge necessaria agli operai, ecc. Quanto alla dottrina socialista, essa è nata dalle teorie filosofiche, storiche, economiche elaborate dai rappresentanti istruiti delle classi possidenti, dagli intellettuali. I fondatori del socialismo scientifico contemporaneo, Marx ed Engels, erano anche loro, per condizione sociale, degli intellettuali borghesi. Lo stesso in Russia, la dottrina economica della socialdemocrazia nacque in modo del tutto indipendente dalla crescita spontanea del movimento operaio; essa fu il risultato naturale, ineluttabile dello sviluppo del pensiero tra gli intellettuali rivoluzionari socialisti» (7).
Senza Lenin, la Rivoluzione di ottobre 1917 non avrebbe probabilmente mai trionfato. La rivoluzione era il prodotto dei rapporti sociali della Russia dell’epoca. Ma Lenin operava in condizioni sociali e politiche particolari. La Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione di febbraio erano occasioni, opportunità da non perdere per rovesciare il Governo provvisorio e dare il potere agli operai e ai contadini poveri. «Coglieva il sentimento del soldato, del soldato annichilito da tre anni di un carnaio diabolico – senza ragioni e senza obiettivi – del soldato risvegliato dall’uragano rivoluzionario» diceva Trotskij (8).
Nel 1915, solo un anno dopo l’inizio di questa terribile Guerra imperialista, Lenin già diceva che bisognava trasformarla in guerra civile : «Il carattere reazionario di questa guerra, le menzogne vergognose della borghesia di tutti i paesi, che dissimula i suoi propositi briganteschi sotto il manto della ideologia ‘nazionale’, suscitano necessariamente, nella situazione rivoluzionaria che obiettivamente esiste, tendenze rivoluzionarie in seno alle masse. Nostro compito è quello di aiutare a prendere coscienza di queste tendenze, approfondirle e dare loro corpo. Solo la parola d’ordine della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile esprime correttamente questo compito, e ogni conseguente lotta di classe nel corso della guerra, ogni tattica seriamente applicata di ‘azione di massa’ vi conduce inevitabilmente» (9).
Lenin spiegava a chi vuole intendere che non si trattava per niente di una semplice opposizione alla guerra, ma di rovesciare tutti i governi in guerra, a cominciare da quello della Russia.
Ma il suo stesso partito non era pronto per questo, a portare cioè la rivoluzione borghese di febbraio fino alle sue ultime conseguenze. La maggior parte del dirigenti bolscevichi, prima del rientro di Lenin dall’esilio nell’aprile 1917, era pronto a lavorare col Governo provvisorio di Kerenski, composto da borghesi e proprietari terrieri.
Nelle sue celebri «tesi di aprile», Lenin pretende che i Bolscevichi si preparino all’insurrezione e alla presa del potere: «Quello che vi è di originale nella situazione attuale in Russia, è la transizione dalla prima tappa della rivoluzione che ha dato il potere alla borghesia, alla sua seconda tappa, che deve dare il potere al proletariato e alle fasce povere dei contadini» (10).
Le tesi di Lenin vennero accolte con molta ostilità: «Anche i suoi compagni di partito, i bolscevichi imbecilli, si allontanarono da lui» scriveva Trotskij nella « Storia della rivoluzione russa». Lenin si ritrovò allora solo con le sue idee rivoluzionarie. Ma, allo stesso tempo, sapeva di poter contare sugli operai, i contadini poveri, la base del partito e sui soldati che disertavano in massa il fronte. Lenin diceva che «questo paese di operai e contadini indigenti era mille volte più a sinistra dei Tchernov e dei Tseretelli e cento volte più a sinistra di noi altri bolscevichi» (11) . Le masse oppresse sanno che i potenti non rinunciano mai ai loro privilegi, che non concedono mai niente per generosità o grandezza d’animo e che non arretrano davanti a nulla pur di salvare i loro interessi e perpetuare il loro sistema. E avevano capito, come Lenin, che era giunto il momento di conquistare il potere con le armi.
Ma la direzione del partito continuava a tergiversare. Lenin diventava sempre più impaziente «I bolscevichi devono prendere il potere sul campo, scriveva in una lettera al comitato centrale. (…) Temporeggiare è un crimine. Attendere il Congresso dei Soviet, è dare prova di un formalismo puerile e disonorevole; è tradire la rivoluzione » (12).
Il 24-25 ottobre (6-7 novembre) 1917, gli operai, i contadini e i soldati russi prendono il potere, un potere che li aveva asserviti, che li aveva oppressi.
In questi primi momenti di portata storica, «qualcosa si era bruscamente risvegliato in tutti questi uomini, scriveva John Reed. Uno parlava della rivoluzione mondiale in marcia, un altro della nuova era della fratellanza, in cui tutti i popoli sarebbero stati una grande famiglia (…) Mossi da un impulso comune, ci siamo improvvisamente trovati tutti insieme, unendo le nostre voci all’unisono nel lento crescendo dell’Internazionale. Il canto si sollevava potentemente nella sala, scuotendo le porte e le finestre e andando a perdersi nella calma del cielo».(13).
La Rivoluzione dell’ottobre 1917 ha rovesciato l’ordine antico e aperto la prospettiva di una nuova forma superiore di vita. «L’unica ragione del successo dei bolscevichi, è che realizzavano le ampie ed elementari aspirazioni degli strati più profondi del popolo, chiamandoli all’opera di distruzione del passato e cooperando con esse per edificare sulle sue rovine ancora fumanti un mondo nuovo» (14). Dopo la gloriosa Comune di Parigi, le masse oppresse guidate da Lenin e i bolscevichi di nuovo prendono il potere e entrano nella Storia.
Ma non si può parlare di Lenin senza ricordare la sua compagna Nadejda Kroupskaïa. Come diceva Clara Zetkin «E’ impossibile parlare di lui senza pensare a lei. Lei era la mano destra di Lenin, il suo miglior segretario, la compagna devota, la migliore interprete delle sue idee» (15).
La sua devozione ha molto aiutato Lenin a sopportare la clandestinità e la penosa vita dei rivoluzionari braccati dovunque dalla polizia dello Zar. Ricordiamo che Lenin e Nadejda Kroupskaïa hanno trascorso più di quindici anni in esilio, cambiando continuamente paese, città e abitazione. Kroupskaïa ha probabilmente sofferto più di Lenin le pene dell’esilio. Combatteva diverse battaglie e aveva vari compiti. Oltre ai suoi lavori scientifici nel campo della pedagogia e di tutti gli aspetti della politica educativa (16), ella dedicava gran parte del suo tempo alla diffusione di opuscoli e documenti del partito, combatteva i nemici di Lenin, lottava per la causa delle donne ecc. ma se «la vita non era gioiosa» nell’esilio, il ritorno della coppia in Russia nell’aprile 1917 fu trionfale: «Le masse, operai, soldati, marinai, si erano portate più avanti del loro capo. Tutto attorno a noi, c’era una marea umana che ribolliva. Chi non ha mai visto la rivoluzione non può immaginarne la bellezza maestosa, trionfale» scriveva Nadejda Kroupskaïa in « Ricordi di Lenin » (17).
Giunto al crepuscolo della sua vita, malato, indebolito e lontano dal potere, Lenin poteva ancora contare sulla sua più fedele compagna, Nadejda. Questo è il ruolo giocato da questa donna discreta nella vita di Lenin e, quindi, nella rivoluzione di ottobre.
Il 21 gennaio 1924, Lenin, il grande Lenin, è morto all’età di cinquantaquattro anni dopo una lenta agonia. Se la vita gli avesse accordato qualche anno in più, le sorti della Rivoluzione di ottobre sarebbero state probabilmente molto diverse. In ogni caso, i suoi nemici si affrettarono, contro la volontà della vedova, a imbalsamarne il corpo, per consolidare il loro potere e meglio seppellire le sue idee rivoluzionarie.
Parlando dei capi delle classi oppresse in lotta, Lenin disse «Dopo la loro morte, si cerca di trasformarli in icone inoffensive, di canonizzarli per così dire, di circondare il loro nome di una certa aureola per ‘consolare’ le classi oppresse e prenderle in giro; ciò facendo si svuota la loro dottrina rivoluzionaria del suo contenuto , la si avvilisce e ne si smussa il taglio rivoluzionario»(18).
Dopo l’addio ufficiale a Lenin, Nadejda Kroupskaïa pronunciò queste parole: «Compagni, operai e operaie, contadini e contadine. Non lasciate che il vostro dolore si tramuti in adorazione esteriore della personalità di Vladimir Ilitch. Non costruite palazzi o monumenti a suo nome. A tutte queste cose, egli dava poca importanza nel corso della sua vita. Anzi ne provava addirittura fastidio.(...) Se voi volete onorare la memoria di Vladimir Ilitch, costruite asili, giardini di infanzia, case, scuole, ospedali, e meglio ancora mettete in pratica le sue idee» (19). Le sue raccomandazioni non sono state ascoltate.
Note:
(1)Lenin, « Che fare»
(2)Lenin « Su Marx e Engels»
(3)Franz Mehring «Karl Marx, storia della sua vita »
(4)Lenin « Stato e rivoluzione » :
(5)Massimo Gorki in V I Lenin :
(6) John Reed, «I dieci giorni che sconvolsero il mondo »
(7)Lenin, « Che fare? »
(10) https://www.marxists.org/francais/lenin/works/1917/04/vil19170407.htm(11)https://www.marxists.org/francais/trotsky/oeuvres/1924/04/lt1924042100c.htm
(13)John Reed, « I dieci giorni che sconvolsero il mondo »
(14)John Reed, op. cit.
(15)Clara Zetkin, «Ricordi di Lenin» : https://www.marxists.org/francais/zetkin/works/1924/01/zetkin_19240100.htm
(17)Nadejda Kroupskaïa, «Ricordi di Lenin» :
(18) Lenin, «Stato e rivoluzione»
(19)Citato in Tariq Ali, «The Dilemmas of Lenin», 2017