Dal Safari Club al Safari Club II
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Analisi, 8 febbraio 2018 - La CIA e i suoi alleati della Guerra Fredda hanno fornito, col Safari Club originale, un modello di inestimabile valore ai popoli assediati e minacciati dello Yemen, del Corno d’Africa e di tutto il Medio Oriente...
Dedefensa, 29 gennaio 2018 (trad.ossin)
Dal Safari Club al Safari Club II
Il commentatore dissidente Wayne Madsen ha sviluppato la descrizione di una iniziativa originale e di reale importanza politica; l’ha messa a confronto con un modello iniziale, ugualmente originale, che è interessante analizzare da un punto di vista strutturale (“struttura flessibile”), lasciando da parte la critica ideologica, che va da sé quando si tratta di trame a beneficio dell’americanismo, come nel caso di specie. Entrambe le trattazioni hanno uno specifico interesse e, di conseguenza, il testo di Madsen è doppiamente interessante. Parla del “Safari Club”, ex-“Mt. Kenya Safari Club” (Safari Club del Monte Kenya), e del “Safari Club-II”.
Il Safari Club è stato, nel corso della sua vita operativa (dal 1977 fino a qualche momento tra il 1983 e il 1986) una di quelle associazioni informali e semiclandestine, formate per una o più questioni regionali dai capi di alcuni servizi segreti che condividevano gli stessi interessi e gli stessi obiettivi. Per il loro carattere allo stesso tempo informale, libero da ogni costrizione vincolante, da logiche burocratiche, ed evolvendo apparentemente piuttosto nella sfera sociale dell’influenza, ma anche con tramiti verso capacità operative, queste “strutture” sono estremamente flessibili e hanno una capacità di agire molto in fretta e con grande efficacia.
(Altro esempio della Guerra Fredda, e simile a quello del Safari Club, è Le Cercle, di chiara obbedienza britannica e direttamente legato al MI6. Tutte queste “strutture flessibili”, legate anche ad altre strutture clandestine di azione diretta come le reti Stay Behind/Gladio, non producono direttamente “azioni dirette”. E anche questo contribuisce alla loro flessibilità di funzionamento).
Il Safari Club iniziale, che nacque dal riscatto di una associazione di cacciatori in Kenya di proprietà di tre azionisti (tra cui l’attore William Holden), il “Mt. Kenya Safari Club” che ebbe funzione di copertura iniziale, raccoglieva diversi paesi mussulmani anticomunisti e del Medio Oriente, e la Francia, ovviamente con una connessione forte ma non vincolante con la CIA. Nella descrizione di Madsen, il Safari Club viene implicitamente presentato quasi come una creazione della CIA, e l’autore Peter Dale Scott ne fa addirittura una “CIA n°2”. Noi tendiamo a vedere in questi giudizi impliciti ed espliciti un paradossale tropismo americanista, che fa sì che perfino “dissidenti” del Sistema e accaniti avversari della CIA vedano la CIA dovunque, attribuendole dunque capacità che essa non sempre ha, esattamente come i partigiani filo USA vedono dovunque tracce decisive della presenza egemonica e “benevola” degli USA e dei loro vari “organi”.
Noi pensiamo al contrario che sia stata proprio un carenza egemonica della CIA (vedi poi) a contribuire al successo del Safari Club originale, impedendo alla formidabile burocrazia americanista, degno contraltare della burocrazia sovietica, di rovinare tutti i vantaggi che il progetto garantiva. Negli anni di preparazione e di piena operatività del Safari Club, dal 1977 al 1981, la CIA era ancora in panne dopo la crisi paralizzante del 1975 (inchiesta della Commissione Church al Congresso, nomina di un direttore risolutamente riformista, l’ammiraglio Stansfield Turner, da parte del nuovo presidente Carter nel 1977).
Crediamo che la chiave di volta del Safari Club sia stato piuttosto il direttore del SDECE francese, il gigantesco e tuonante conte Alexandre de Marenches, detto “Porthos”, uomo dai molteplici contatti e amante delle manovre di influenza nelle reti sociali del tempo, essenzialmente gli intrighi di salotto, la “Alta Società” (che non si chiamava ancora jet set, ma era sul punto di esserlo), ma anche certi rete bancarie, di trafficanti ecc. Marenches, amico degli Anglosassoni, sposato ad una donna appartenente ad una vecchia famiglia statunitense di origine francese (Ugonotti che abbandonarono la Francia quando venne revocato l’editto di Nantes), filo USA e anticomunista dopo una bella guerra (fu uno dei capi di stato maggiore e ufficiale di collegamento del generale Juin, futuro maresciallo, che comandò con un eccezionale brio l’esercito francese libero durante la campagna in Italia) e le dimissioni dai Servizi di Informazione francesi nel 1962 (in disaccordo con De Gaulle sull’Algeria) prima di essere nuovamente ingaggiato da Pompidou per dirigere il SDECE dal 1969 al 1981.
Ci sono due diversi punti di vista sul Safari Club in Wikipedia, uno nella versione francese e l’altra in quella inglese. Dalla seconda, traiamo questo giudizio di uno dei membri del Safari Club, il Principe Turki, capo dei servizi di informazione sauditi, durante una conferenza a Georgetown University nel 2002, – dove si vede che non viene dato troppo spazio alla CIA e non si menziona ufficialmente Israele, – ma al contrario l’operazione viene collocata nel contesto che conta, vale a dire l’indebolimento delle capacità di intelligence degli USA:
« Nel 1976, dopo la crisi del Watergate avvenuta proprio qui a Washington, la vostra comunità di intelligence era stata fatta letteralmente a pezzi dal Congresso. Non poteva fare più niente. Non poteva mandare agenti in missione, non poteva scrivere rapporti, non poteva spendere soldi per le operazioni. Nel tentativo di porre rimedio a questa situazione, alcuni paesi formarono un gruppo nella speranza di combattere il comunismo, e realizzarono quello che venne chiamato il Safari Club. Comprendeva la Francia, l’Egitto, l’Arabia Saudita, il Marocco e l’Iran [fino alla caduta dello Scià]. Lo scopo principale di questo gruppo era di condividere tra i membri le informazioni e aiutarsi gli uni con gli altri per ostacolare l’influenza mondiale dell’Unione Sovietica, soprattutto in Africa... »
Queste precisazioni non sono prive di interesse per introdurre il secondo punto dell’analisi di Madsen, che tratta la rivelazione che gli Huthi, attualmente in guerra in Yemen contro l’Arabia Saudita, sono parte di una organizzazione informale dello stesso tipo del Safari Club, che Madsen battezza immediatamente e molto logicamente Safari Club-II. Descrive dettagliatamente questa “struttura flessibile” che mette insieme i servizi di informazione dell’Iran, di Hezbollah, di Fatah e di Hamas.
Oltre questa presentazione formale, vi è poi la descrizione delle varie operazioni realizzate dagli Huthi, nelle quali ha giocato un ruolo importante questa associazione Safari Club-II. Esse dunque trascendono il puro profilo tattico, per assumere il carattere di una strategia che coinvolge tutto il Medio Oriente. E questo giustifica il concetto presentato nel titolo originale dell’articolo: « Che cosa è il “Safari Club-II” e come può cambiare la dinamica politica del Medio Oriente » (“What Is ‘Safari Club II’ and How It Can Change Middle East Dynamics”).
In tal modo, il conflitto yemenita perde il suo carattere strettamente regionale, se non locale, di uno scontro confuso provocato dall’aggressione dell’Arabia Saudita contro gli Huthi e lo Yemen, un’aggressione insieme illegale, assurda e crudele, e tuttavia di importanza apparentemente secondaria nella situazione generale. Al contrario, la componente Huthi, che si trova coinvolta in una simile “struttura flessibile” che è il Club Safari-II, appare come se debba conservare nello stesso tempo le sue capacità di adattamento proprie ai movimenti di guerriglia, capacità soprattutto di flessibilità, ma anche acquistare una dimensione politica e strategica importante, effettivamente capace di modificare alcune situazioni di grande politica e di grande strategia. Da questo punto di vista, il conflitto yemenita potrebbe rivelarsi non solo un assurdo errore dell’Arabia Saudita, ma addirittura un errore catastrofico, potendo dare luogo ad una situazione politico militare in cui la stabilità e la struttura stessa del regno sarebbero minacciati, con conseguenze telluriche a catena in tutta la regione.
Se così fosse, il Safari Club originale apparirebbe retrospettivamente come una iniziativa effettivamente originale, ma più ancora una iniziativa profetica, potendo servire da modello ad una organizzazione che si adatta perfettamente alle “guerre ibride” di oggi, esempio di effettiva applicazione di quel che William S. Lind designa come la “Guerra della 4° generazione” (G4G). Evidentemente Wayne Madsen è stato informato, “istruito” in questo senso, da una o più fonti che apprezzano l’associazione Safari Club-II.
Di conseguenza siamo portati a guardare al conflitto yemenita con altri occhi, diversi dall’abituale visione di una aggressione assurda, unita alla carneficina realizzata da forze saudite, incapaci di controllare la loro potenza di fuoco contro una popolazione e una organizzazione che si difendono come possono, con pochi mezzi. Al contrario, i combattenti Huthi sembrano disporre di una maturità, di una organizzazione e di una efficienza molto maggiore di quanto si pensasse, mentre mettono in campo tecniche di cooperazione e di organizzazione, a partire da entità che la critica strategica del bloc-BAO considerava relegate a forme primitive di guerra incapaci di resistere alla sicurezza arrogante del massimalismo tecnologico della post modernità. E’ effettivamente una ironia della Storia, ma anche molto significativo e pieno di insegnamenti logici, il fatto che sia stato creato, per lottare contro l’aggressione burocratica e predatrice del Sistema, una struttura ispirata al “modello” dell’esperienza del Safari Club che fu un successo del Sistema, soprattutto perché il peso paralizzante della burocrazia americanista era a quel tempo costretta a allentare la sua presa.
Il testo di Wayne Madsen, una cui traduzione-adattamento viene pubblicata qui sotto, è stata messa online su Strategic-Culture.org il 26 gennaio 2018. - dedefensa.org
Come “Safari Club-II“ può cambiare il Medio Oriente
Wayne Madsen
Durante la Guerra Fredda, la Central Intelligence Agency (CIA) convinse alcuni alleati europei e del Medio Oriente a realizzare una alleanza informale tra servizi di informazione, i cui legami con gli Stati Uniti avrebbero dovuto essere ufficialmente « contestabili in modo plausibile » – secondo il linguaggio tipico della CIA. Nel 1976, un gruppo di direttori di Servizi di intelligence filo occidentali si incontrò segretamente al « Mt. Kenya Safari Club » (Safari Club del Monte Kenya), a Nanyuki in Kenya, per elaborare un patto informale che si proponesse di limitare l’influenza sovietica in Africa e in Medio Oriente. Il gruppo si riunì sotto gli auspici del mercante d’armi saudita Adnan Khashoggi, del presidente del Kenya Jomo Kenyatta e del segretario di Stato USA Henry Kissinger. Se Khashoggi era presente alla prima riunione di questo gruppo informale che sarebbe diventato noto come « Safari Club », Kenyatta e Kissinger erano invece assenti.
Tra i firmatari della carta di fondazione del Safari Club in Kenya, compariva il conte Alexandre de Marenches, direttore del Servizio di Documentazione Estera e del Controspionaggio (SDECE, predecessore della DGSE) ; Kamal Adham, capo di Al Mukhabarat Al A’amah, il servizio di intelligence saudita; il generale Kamal Hassan Aly, direttore del servizio di intelligence egiziano; Ahmed Dlimi, capo del servizio di intelligence marocchino; infine il generale Nematollah Nassiri, capo dell’agenzia della intelligence iraniana SAVAK. Vi sono indizi, ma nessuna prova reale, che il capo del Mossad israeliano, Yitzhak Hofi, avrebbe partecipato informalmente a questa prima riunione del Safari Club.
Il « Mt. Kenya Safari Club », fondato nel 1959, era comproprietà del magnate del petrolio dell’Indiana, Ray Ryan, che aveva rapporti con la CIA e la Mafia; di Carl W. Hirschmann Sr., il fondatore svizzero della Jet Aviation, una società internazionale aerea di affari che aveva stretti legami con la CIA e che venne poi venduta a General Dynamics nel 2008 ; e dell’attore William Holden. Il 18 ottobre 1977, dopo che il Safari Club trasferì il suo quartier generale operativo al Cairo, Ryan venne ucciso da un’autobomba a Evansville, Indiana. William Holden morì nel suo appartamento di Santa Monica, in California, il 12 novembre 1981, apparentemente per essere inciampato in un comodino ed essersi provocato una ferita al cranio che ne determinò il decesso per emorragia; Holden era solo e agonizzò per diverse ore, giacché il suo corpo venne scoperto solo tre giorni dopo. L’uccisione di Ryan è rimasto un caso insoluto, mentre domande senza risposta continuano a circondare la morte solitaria di Holden.
Nel 1977, Khashoggi approfittò dei problemi fiscali di Ryan col governo USA e delle difficoltà finanziarie di Hirschmann per acquisire il controllo totale del « Mt. Kenya Safari Club » che diventò semplicemente il Safari Club, poco prima della morte di Ryan. Col trasferimento segreto della sede al Cairo, il Safari Club diventò uno snodo cruciale nel reclutamento dei combattenti irregolari arabi da mandare in Afghanistan contro l’Unione Sovietica. Khashoggi ha giocato un ruolo chiave nel finanziamento della « Legione araba » in Afghanistan, grazie al sostegno della famiglia reale saudita e del sultano Hassanal Bolkiah del Brunei.
Il « Mt. Kenya Safari Club » continuò a svolgere un utile ruolo di copertura per le riunioni clandestine del Safari Club, compresa quella del 13 maggio 1982 tra il ministro israeliano della Difesa, Ariel Sharon ; il presidente del Sudan, Jaafar al-Nimeiri ; Omar al-Tayeb, capo della intelligence sudanese ; il miliardario statunitense-israeliano Adolph « Al » Schwimmer, fondatore di Israel Aerospace Industries ; Yaacov Nimrodi, ex ufficiale di collegamento del Mossad a Teheran al tempo della SAVAK dello Scià ; infine il direttore aggiunto del Mossad, David Kimche.
Il capo del Safari Club era George « Ted » Shackley che, come direttore aggiunto della CIA per le operazioni, era il capo delle operazioni clandestine della CIA sotto il commando di George W. Bush [Bush padre] nel 1977-1978. Shackley, il cui soprannome era « Blond Ghost » fu licenziato dal direttore della CIA di Jimmy Carter, l’ammiraglio Stansfield Turner, e poi richiamato in servizio dal capo della CIA di Ronald Reagan, William Casey. Agendo come un agente di intelligence privato, Shackley ha giocato un ruolo chiave nella mobilitazione della ex rete SAVAK del Safari Club in Europa, per realizzare il tristemente celebre affaire Iran-contra.
Il Safari Club era responsabile della gran parte delle operazioni clandestine dell’Occidente contro l’Unione Sovietica nelle zone di conflitto che si estendono dall’Afghanistan alla Somalia e dall’Angola al Nicaragua. E’ una ironia della Storia che un gruppo di agenzie di intelligence e di gruppi di guerriglia che appoggiano gli Huthi in Yemen si ispirino oggi al modello dell’ex Safari Club per combattere contro gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita, Israele e i loro mandatari in Yemen, nel Corno d’Africa e nel grande Medio Oriente.
Il movimento huthi anti-Saudita in Yemen, i cui membri aderiscono alla setta islamica Zaidi-Shi’a (zaidita), si oppone alle rigide pratiche fondamentaliste del wahhabismo saudita. Gli Huthi, che sono allineati sia dal punto di vista religioso che politico all’Iran sciita, hanno istituito un servizio di intelligence esterno, al comando di Abdelrab Saleh Jerfan. Ispirandosi alla formula del Safari Club, i servizi di informazione huthi hanno concluso accordi informali con il Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica (IRGC) o Pasdaran ; col Servizio di sicurezza preventiva (PSS) di Palestina ; coi tre rami della intelligence di Hezbollah libanese, compresa l’Unità 1800, la struttura di intelligence per le operazioni speciali di Hezbollah ; infine col servizio di informazioni di Hamas, che ha sede a Gaza ma i cui agenti sono operativi in tutto il Medio Oriente. Ora che il presidente siriano Bachar al-Assad ha sconfitto la maggior parte delle milizie jihadiste del suo paese, soprattutto con l’aiuto del personale delle forze di spedizione huthi, la Siria è in migliori condizioni per fornire assistenza militare alla coalizione huthi in Yemen. Insieme, questa alleanza di forze antisioniste e anti wahhabite, che si potrebbe soprannominare « Safari Club-II », è in grado di realizzare operazioni anche oltre la frontiera saudita dello Yemen e lanciare attacchi contro bersagli militari e governativi nella provincia di Asir in Arabia Saudita.
La coalizione messa in piedi dall’Arabia saudita, che comprende Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Egitto, Kuwait, Marocco, Sudan, Giordania e Bahrein, è intervenuta nella Guerra civile yemenita nel 2015, su impulso della direzione saudita. A questo intervento gli Huthi hanno risposto e , fin dal 2016, hanno portato la guerra in territorio saudita. Le forze huthi sono penetrate in tre regioni di frontiera saudite, soprattutto Asir, Jizan e Najran. Con l’aiuto dei servizi di intelligence dei Pasdaran e di Hezbollah, gli Huthi hanno creato un gruppo secessionista saudita, Ahrar al-Najran, o « gli Indipendenti della regione di Najran ».
Najran ha fatto parte fino al 1934 del regno di Mutawakkilite in Yemen, governato dalla dinastia Zaidita fino al 1962, quando il re venne rovesciato. Gli irredentisti della parte saudita della frontiera vogliono la riunificazione con lo Yemen. La tribù yemenita Hamdanid, che era stata la più importante sostenitrice della dinastia Zaidita, ha giurato fedeltà alla coalizione guidata dagli Huthi in Yemen, segnado così un considerevole successo del Safari Club-II.
L’intelligence huthi opera anche una attività di sorveglianza e raccolta di informazioni sulle basi navali israeliane del mar Rosso nell’arcipelago dei Dahlak, in Eritrea e nel porto di Massaua. Gli Huthi hanno anche sorvegliato le operazioni militari saudite e degli Emirati nella città portuaria di Assab in Eritrea. Nel 2016, le forze huthi avrebbero attaccato il quartier generale della marina eritrea ad Assab, dopo l’arrivo delle forze saudite nella città portuaria. Gli Huthi sono stati forse aiutati da un altro alleato del Safari Club-II, il gruppo di opposizione eritreo, l’Organizzazione democratica Afar del mar Rosso (RSADO), che è anche appoggiato dall’Etiopia.
Nel 2016, gli Huthi hanno realizzato con successo una incursione nell’Asir e catturato una base militare saudita, insieme ad un deposito di armi statunitense e canadese. La sponsorizzazione da parte di Safari Club-II di un movimento secessionista in Arabia Saudita assomiglia al sostegno che il Safari Club originale assicurò a diversi gruppi di insorti, tra cui l’UNITA in Angola, la RENAMO in Mozambico e i Contras in Nicaragua.
Gli sconvolgimenti politici in Yemen e in Arabia hanno portato a nuove alleanze tra la coalizione saudita e i membri del Safari Club-II. Il 4 novembre 2017, il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, nel tentativo di consolidare il suo potere, arrestava diversi principi della Casa dei Saud, oltre a eminenti ministri, dignitari religiosi e uomini di affari. Un elicottero che trasportava il principe Mansour bin Muqrin, vice governatore della provincia di Asir, e sette altri alti responsabili sauditi, si schiantava vicino ad Abha, nella provincia di Asir, nei pressi della frontiera con nord Yemen controllata dagli Huthi. Secondo diversi rapporti, l’elicottero sarebbe stato abbattuto dai Sauditi, quando hanno appreso che esso volava verso lo Yemen controllato dagli Huthi, dove il principe e il suo partito avevano ricevuto assicurazione di asilo politico. Un principe saudita che si fosse unito agli Huthi sarebbe stato un colpo simbolico e di comunicazione enorme per il Safari Club-II. In ogni caso, questo intervento segnala che gli Huthi hanno preso posizione nella lotta per il potere in seno alla casa dei Saud.
Contemporaneamente, i servizi segreti huthi, aiutati dalle impressionanti capacità di informazione telefonica di Hezbollah, hanno intercettato dei colloqui telefonici tra il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, ex alleato degli Huthi, con gli EAU e la Giordania, alleati dei Sauditi. Questi ascolti hanno consentito di scoprire che Saleh stava negoziando un accordo separato con la coalizione saudita-Emirati, un orientamento considerato dagli Huthi come un estremo tradimento. Gli Huthi hanno preso d’assalto la residenza di Saleh nella capitale yemenita di Sanaa e lo hanno giustiziato sul posto.
E’ rimarchevole e paradossale allo stesso tempo che il Safari Club-II combatta contro molti esponenti del Safari Club originale. Con l’eccezione dell’Iran, membro del Safari Club-II ma con un regime completamente diverso, parliamo dell’Arabia Saudita, di Israele, della Francia, dell’Egitto, del Marocco e di altri satelliti degli Stati Uniti, e del Sudan. Henry Kissinger, uno dei padrini del Safari Club originale, oggi è consigliere del genero di Donald Trump, Jared Kushner, anello di congiunzione tra Mossad e Casa Bianca, nei suoi frequenti contatti coi leader sauditi ed altri attori regionali della stessa cricca, ivi compresi gli Israeliani.
Il Safari Club-II dispone di quello che mancava al Safari Club originale: un sostegno popolare. La convergenza degli interessi dei popoli oppressi dello Yemen, del Libano e della Palestina (Cisgiordania e Gaza), oltre alle preoccupazioni geopolitiche di sicurezza dell’Iran, spiegano questo sostegno popolare. Più di recente, l’evoluzione della situazione in Qatar, dopo la querelle di questo Emirato con l’Arabia saudita, ha fornito al Safari Club-II nuovi vantaggi, in termini di comunicazione e sicuramente di altro. Il Safari Club-II gode di simpatie a Doha, capitale del Qatar, originariamente membro della coalizione saudita in Yemen ma oramai bersaglio di boicottaggio economico da parte dei Sauditi, del Bahrein, del Kuwait e degli Emirati. La Cina, che aveva collaborato col Safari Club originale in Afghanistan e in Angola, ha ricevuto delegazioni huthi a Pechino. Questa potenza fornirebbe armi alla coalizione huthi in Yemen attraverso l’Iran. Oman, rimasto neutrale nella Guerra civile yemenita, è diventato un punto di transito per la fornitura di armi agli Huthi, in camion con targa dell’Oman. Il governo iracheno a guida sciita, pure appoggia gli Huthi.
La CIA e i suoi alleati della Guerra Fredda hanno fornito, col Safari Club originale, un modello di inestimabile valore ai popoli assediati e minacciati dello Yemen, del Corno d’Africa e di tutto il Medio Oriente. Il Safari Club-II dà ai sauditi, agli Israeliani, agli Statunitensi, agli Egiziani, ai Marocchini e ad altri, compresi lo Stato Islamico finanziato dall’Arabia Saudita e i guerriglieri di Al Qaeda in Yemen, un assaggio amaro della loro stessa medicina.