Perché è sbagliato allontanare i figli dei boss dalle famiglie
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Intervento, 16 aprile 2018 - Stavolta è il CSM, la sesta commissione, che va in giro a propagandare quest’ideuzza in tutta Italia: ha in programma addirittura un tour, come fosse il Cantagiro (nella foto, la VI commissione del CSM nel carcere di Nisida)
Corriere del Mezzogiorno, 10 aprile 2018
Perché è sbagliato allontanare i figli dei boss dalle famiglie
Nicola Quatrano
Il fatto è che la cultura del magistrato italiano, la sua stessa visione del mondo, sono autoreferenziali. Curvo sulla scrivania, avvolto nella sua funzione che gli sta comoda come la tuta che la madre gli ha regalato per Natale, egli studia diligentemente i fascicoli, inseguendo un’astratta coerenza interpretativa. Trascurando a volte che si parla di uomini in carne ed ossa, anche se restano sullo sfondo, come fossero senza volto e senza vera vita. Succede così che l’arresto di una persona, qualche giorno dopo scarcerata dal Tribunale del riesame, venga spiegata come “la possibilità di punti di vista diversi nella fisiologica dialettica processuale”, e non come una tragedia personale e familiare che si poteva forse evitare. E anche adesso, con la questione dei bambini da sottrarre alle famiglie mafiose, lo scenario non cambia.
Stavolta è il CSM, la sesta commissione, arricchita dalla presenza dell’intera rappresentanza napoletana, che va in giro a propagandare quest’ideuzza in tutta Italia: ha in programma addirittura un tour, come fosse il Cantagiro. La prima tappa ha avuto come location il carcere minorile di Nisida, dove si è discusso di baby gang e sottrazione dei bambini alle famiglie mafiose, giudicate recentemente dallo stesso Consiglio, con la sicurezza di chi si crede nel giusto, “di per sé maltrattanti”. Il vicepresidente Giovanni Legnini ha nell’occasione espresso apprezzamento per le esperienze di questo tipo prodotte dai Tribunali per i minorenni di Reggio Calabria e Napoli, definendole un “orientamento giurisprudenziale innovativo”.
Rieccoci ! Pare niente parlare di “orientamento giurisprudenziale innovativo”, sembra evocare solo fumose discussioni e barbosi convegni giuridici. Ma per chi lo subisce, questo “orientamento” ha una tragica concretezza: l’irruzione dei carabinieri alle 6 di mattina, il piccolo svegliato bruscamente, vestito in fretta e portato via in lacrime strappandolo alle braccia della madre… le grida dei parenti, la confusione, il terrore… Non pare davvero un intervento fatto a favore dei minori. Sembra più il tributo ad un’idea astratta e terribile della Giustizia, simile a quella dea bendata con gli occhi marci e verminosi della nota poesia di Edgard Lee Master.
Chiamiamolo dunque “orientamento”, ma ha tutta l’aria di una sanzione. E nemmeno verso il reato, piuttosto verso il contesto, verso la famiglia in cui si è nati. Nel mirino di questi “orientamenti giurisprudenziali innovativi” non c’è il reato in sé, piuttosto la criminalità della plebe (che certamente si accompagna ad ulteriori manifestazioni di degrado sociale e familiare) e l’iniziativa dei Tribunali per i minorenni costituisce, io credo, un’ulteriore drammatica escalation di quella “guerra” alla criminalità, di quella logica militare che considera chi delinque (ma non tutti) un “nemico” da annientare, e non un problema sociale da risolvere.
Sottrarre i figli a chi delinque è una punizione collettiva vietata dalla Convenzione di Ginevra. E’ una rappresaglia, un atto di guerra. Di una “guerra” alla criminalità che si è già dimostrata ampiamente fallimentare, quanto meno perché gli arresti di massa non sono riusciti a chiudere una sola piazza di spaccio, e hanno invece allargato a dismisura l’area della illegalità, favorendo il reclutamento di tanti giovanissimi nei posti lasciati vuoti dagli arrestati. Una “guerra” alla criminalità che non ha ridotto gli atti criminali, ma ha piuttosto contribuito a selezionare un nuovo tipo di “delinquente”, non solo più violento ma anche rabbioso, “antagonista”.
I consiglieri del CSM, e tutti quelli che si illudono di aver trovato la soluzione all’emergenza “baby gang”, farebbero meglio a interrogarsi su quanto l’allontanamento dei bambini, una misura vissuta come odiosa e discriminatoria da chi la subisce, possa accrescere ancora di più questa rabbia e questo “antagonismo”, fino a conseguenze imprevedibili ma potenzialmente terrificanti… Perché prima o poi qualcuno si ribellerà, e allora saranno guai.