Pravda statunitense – Rompere la barriera mediatica
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Intervento, 17 agosto 2018 - In questo articolo, Ron Unz parla dei media, del loro controllo sulla democrazia e fornisce strumenti per resistere al loro dominio, per combattere la loro ideologia e per vincere, infine, di fronte al loro strapotere...
Soverain.fr, 31 luglio 2018 (trad.ossin)
Pravda statunitense – Rompere la barriera mediatica
Ron Unz
Nota di Soverain : in collaborazione con Ron Unz, Soverain traduce per la prima volta un articolo dell’immensa serie dell’autore « American Pravda ». In questo articolo, Ron Unz parla dei media, del loro controllo sulla democrazia e fornisce strumenti per resistere al loro dominio, per combattere la loro ideologia e per vincere, infine, di fronte al loro strapotere
Qualche anno fa ho lanciato la mia « Unz Review », che offre un ampio ventaglio di opinioni, gran parte delle quali totalmente escluse dai media mainstream. Ho anche pubblicato un certo numero di articoli nella mia rubrica « American Pravda », ponendo l’accento sulle faglie e le lacune sospette delle nostre narrazioni mediatiche.
La strategia politica che ispira tali lacune è già di per sé evidente, e talvolta io l’ho anche evidenziata qui e là. Ma oggi voglio infine, in questo articolo, esporre esplicitamente questi ragionamenti.
I media mainstream sono l’ostacolo principale
I gruppi che si oppongono all’establishment statunitensi dovrebbero riconoscere che il maggiore ostacolo che si trovano di fronte è di solito quello dei media mainstream.
Esistono senz’altro ostacoli di ordine politico e ideologico, ma sono generalmente ispirati, motivati, organizzati e assistiti da un potente supporto mediatico, che si preoccupa anche di confezionare l’ambito percepito del conflitto. In termini clausewitziani, i media costituiscono spesso il « centro di gravità » strategico delle forze di opposizione.
I media dovrebbero diventare un obiettivo principale
Se i media sono l’ostacolo principale, essi devono essere considerati come l’obiettivo principale di qualsiasi strategia politica. Finché i media restano forti, potrà essere difficile avere successo, ma se l’influenza e la credibilità dei media si riducessero considerevolmente, gli ostacoli a qualsiasi critica antiestablishment perderebbero gran parte della loro forza. Per molti versi, sono i media a creare la realtà, cosicché il percorso più efficace di cambiare la realtà passa probabilmente per i media.
Screditare i media nei loro punti deboli
I media mainstream esistono come un insieme senza soluzione di continuità, cosicché indebolirli o screditarli in particolari ambiti, ne mina automaticamente la loro influenza complessiva.
Gli elementi della narrativa mediatica con i quali un particolare gruppo antistablishment deve confrontarsi possono essere troppo forti e troppo ben difesi per essere efficacemente aggrediti, e qualsiasi attacco del genere può essere accusato di avere motivazioni ideologiche. Di conseguenza, la strategia più produttiva può essere talvolta quella indiretta, con attacchi alla narrazione mediatica in altri ambiti dove è molto più debole e peggio difesa. Inoltre la vittoria in queste battaglie più facili può garantire maggiore credibilità e slancio, utili agli attacchi ulteriori su fronti più difficili.
Un’ampia alleanza può essere utile all’obiettivo comune di indebolire i media
Se si riconosce che l’indebolimento dei media è un obiettivo strategico primario, una conseguenza evidente è che diversi gruppi antistablishment debbono allearsi, anche solo temporaneamente.
Tali inaspettate alleanze tattiche possono raggruppare una vasta gamma di prospettive politiche e ideologiche differenti – sinistra, destra o altro – e malgrado il fatto che questi gruppi abbiano obiettivi a più lungo termine diversi se non conflittuali. Finché tutti questi componenti della coalizione riconoscono che i media ostili sono i loro avversari più immediati, essi possono cooperare in questo impegno comune, guadagnandone in credibilità e attenzione per il fatto stesso che non sono tutti d’accordo su tante altre questioni.
I media sono potentissimi ed esercitano un controllo su vasti territori del campo intellettuale. Ma questa influenza onnipresente fa anche sì che gli avversari siano numerosi e diffusi, essendo tutti fortemente in opposizione ai media ostili che li fronteggiano nel loro specifico. Per analogia, un grande e potente impero viene spesso abbattuto da una larga alleanza di fazioni ribelli disparate, ognuna perseguendo obiettivi diversi ma, tutte insieme, capaci di sopraffare le difese imperiali attaccando simultaneamente su più lati diversi.
Un aspetto cruciale che rende possibile tale alleanza è costituito dalla diversità e particolarità degli obiettivi da ciascun gruppo perseguiti. La maggior parte dei gruppi o degli individui che si oppongono all’establishment tende a essere ideologicamente zelante su una questione particolare o magari su un piccolo gruppo di questioni, restando piuttosto indifferenti alle altre. Dal momento che i media mainstream sopprimono totalmente i loro punti di vista, qualsiasi luogo nel quale i loro punti di vista non ortodossi vengano trattati con rispetto e in modo paritario, piuttosto che essere ridicolizzati e denigrati, tende a ispirare un entusiasmo e un notevole senso di lealtà da parte loro. Cosicché, sebbene possano avere punti di vista abbastanza convenzionali sulla maggior parte delle altre questioni, con un approccio ai punti di vista contrari altrettanto scettico e intollerante di tutti gli altri, saranno generalmente disposti a evitare ogni critica nei confronti di una eterodossia più larga, a condizione che gli altri componenti della loro alleanza siano disposti a restituire tale favore sui loro argomenti di primaria importanza.
Attaccare la narrativa dei media lì dove è debole e non dove è solida
Utilizzando una differente metafora, i media dell’establishment possono essere considerati come un grande muro che esclude le prospettive alternative dalla coscienza del pubblico e limita così l’opinione pubblica offrendole una limitata gamma di punti di vista ritenuti accettabili.
Alcune parti di questo muro mediatico possono essere solide e vigorosamente difese da interessi potenti, e questo rende gli attacchi difficili. Ma altre parti, forse le più vecchie e le più oscure, potrebbero essersi rovinate col tempo, e i loro difensori trovarsi lontani. Potrebbe essere molto più facile spezzare il muro in questi punti più deboli, e una volta che la barriera sia stata demolita in più parti, diventa molto più difficile da difendere anche nelle altre.
Per esempio, pensate alle conseguenze che può produrre il fatto di dimostrare che la narrazione mediatica mainstream è totalmente falsa su di un certo fatto importante. Se si riconosce questo, la credibilità dei media in ogni altra questione, anche quelle che non hanno nessun collegamento, sarà in qualche modo attenuata. La gente comune giungerà alla conclusione che, se i media si sono sbagliati da tanto tempo su una questione tanto importante , potrebbero ingannarsi anche su altre, e la potente sospensione dell’incredulità che tanto potere attribuisce ai media sarebbe meno potente. Perfino gli individui che formano collettivamente il corpus dei media potrebbero cominciare a nutrire seri dubbi su se stessi riguardo alle loro precedenti certezze.
Il punto cruciale è che tali passi in avanti possono essere più facili da realizzare su questioni che sembrano solo di importanza storica, e sono totalmente sganciati da qualsiasi conseguenza pratica attuale.
Riformulare le « teorie del complotto » vulnerabili in efficace « critica mediatica »
Nel corso degli ultimi decenni, l’establishment politico e i suoi alleati mediatici hanno creato una potente difesa intellettuale contro le maggiori critiche, investendo considerevoli risorse nella stigmatizzazione della nozione di « teoria del complotto ». Questa espressione peggiorativa si applica a qualsiasi importante analisi che si distacchi notevolmente dalla narrativa ufficiale approvata, e suggerisce implicitamente che il suo promotore sia un fanatico spregevole, delirante, paranoico o comunque malato mentale. Simili attacchi ideologici spesso ne distruggono la credibilità, e questo consente di ignorare i suoi reali argomenti. Una espressione un tempo innocua è diventata politicamente « armata ».
Tuttavia, un mezzo efficace per aggirare questo meccanismo di difesa intellettuale potrebbe essere quello di adottare una meta-strategia di riformulazione delle « teorie del complotto » in « critica mediatica ».
Secondo i parametri abituali del dibattito pubblico, le contestazioni dell’ortodossia stabilita vengono considerate quali « affermazioni straordinarie » che richiedono prove di straordinaria evidenza. Tale pretesa può essere ingiusta, ma costituisce la realtà in molti dibattiti pubblici, sulla base del contesto fornito dai media asseritamente imparziali.
Poiché la maggior parte di queste controversie coinvolge una larga gamma di questioni complesse e prove ambigue e contestate, è spesso estremamente difficile stabilire in modo concludente una teoria non ortodossa, diciamo a un livello di affidabilità del 95 % o 98 %. Pertanto il verdetto dei media è quasi sempre « Questione Non Dimostrata » e i suoi critici sono considerati dei vinti e screditati, anche se in realtà sembrano avere una preponderanza di prove dalla loro parte. E se essi si lamentano dell’ingiustizia di questi giudizi, tali lamenti giustificati vengono in seguito citati dai media come prova ulteriore del loro fanatismo o della loro paranoia.
Ipotizziamo però l’adozione di una strategia del tutto differente. Invece di presentare una teoria come fondata « al di là di ogni ragionevole dubbio », i loro promotori si limitano a fornire solo delle prove e una analisi sufficiente a suggerire che c’è un 30 % di possibilità, o un 50 % di possibilità, o un 70 % di possibilità che la teoria non ortodossa sia vera. Il fatto stesso che nessuna pretesa di quasi certezza venga avanzata fornisce una difesa efficace contro ogni plausibile accusa di fanatismo o pensiero delirante. Ma se la questione è di enorme importanza e – come di solito accade – la teoria non ortodossa è stata quasi del tutto ignorata dai media, nonostante abbia apparentemente almeno una ragionevole possibilità di essere vera, allora i media possono essere effettivamente attaccati e messi in ridicolo per la loro pigrizia e incompetenza. Si tratta di accuse ben difficili da confutare e poiché non viene avanzata alcuna pretesa che la teoria non ortodossa sia necessariamente vera, ma solo che potrebbe essere vera, qualsiasi contro-accusa di tendenze complottiste cadrebbe nel vuoto.
In effetti, l’unico mezzo a disposizione dei media per confutare efficacemente tali accuse sarebbe quello di analizzare compiutamente tutti i dettagli complessi della questione (cosa che permetterebbe di attirare l’attenzione su diversi fatti controversi) e affermare poi la modesta probabilità che la teoria non ortodossa sia fondata, forse un 10% o meno. In tal modo i pregiudizi abituali vengono completamente ribaltati. E siccome è poco probabile che la maggior parte dei giornalisti abbiano mai accordato una seria attenzione al tema, il loro modo di trattarla ignorante potrà apparire assai debole e vulnerabile ad una decostruzione bene informata. Infatti lo scenario più probabile è che i media continuino a ignorare totalmente la polemica, rafforzando in tal modo le plausibili accuse di pigrizia e incompetenza.
La gente che ha a che fare con gli errori dei media a proposito di soggetti controversi accusa spesso i media e i suoi esponenti di essere prevenuti, corrotti o segretamente al servizio di forze potenti dell’establishment. Queste accuse sono a volte fondate e altre no, ma sempre difficili da provare, tranne che per i critici, e vengono subito bollate come « paranoiche ». D’altra parte sostenere che gli errori dei media siano dovuti a peccati veniali come la pigrizia e l’incompetenza ha grandi probabilità di essere vero, e queste accuse hanno molto meno probabilità di venire contraddette.
Infine, una volta che i media sono diventati il bersaglio principale della critica, perdono automaticamente il loro carattere di arbitri esterni neutrali e non hanno più sufficiente credibilità per stabilire quale sia la parte vincente del dibattito.
Il vantaggio di « inondare » le zone di difesa dei media
Le persone che contestano la narrativa mediatica dominante con affermazioni poco ortodosse sono spesso restie a sollevare simili affermazioni controverse simultaneamente, per paura di essere ridicolizzate e di essere considerate « folli », con tutte le loro opinioni sommariamente respinte.
Nella maggior parte dei casi, è questa probabilmente la migliore strategia da adottare ma, se gestito correttamente, un approccio esattamente opposto può talvolta rivelarsi assai efficace. Finché la presentazione generale assume le forme di una critica mediatica e nessun valore eccessivo viene attribuito a nessuna delle particolari affermazioni in gioco, attaccare su un fronte molto ampio, mettendo insieme magari decine di questioni tra loro indipendenti, può « inondare la zona » dei media, saturando e sommergendo le difese esistenti. O, come suggerisce una citazione assai poco conosciuta di Stalin, , « la quantità è di per sé una qualità ».
Prendiamo l’esempio dell’artista Bill Cosby. Nel corso degli anni, una o due donne sono venute fuori sostenendo che le aveva drogate e violentate, e le accuse sono state ampiamente ignorate, in quanto considerate non veritiere o inverosimili. L’anno scorso, però, la diga ha improvvisamente ceduto e quasi sessanta donne diverse sono venute fuori con accuse identiche, e per quanto sembra che non siano sorrette da prove consistenti, praticamente tutti gli osservatori sostengono adesso che le accuse potrebbero essere vere.
Supponiamo che si stabilisca che i media abbiano del tutto trascurato o ignorato una questione importante che avrebbe dovuto essere il tema di una inchiesta o un reportage. L’impatto non sarà necessariamente sostanziale e molte persone ostinatamente fedeli alla narrazione mediatica potrebbero anche opporre resistenza alla possibilità di ammettere che i media abbiano commesso un grave errore in questa particolare situazione.
Supponiamo però che tali mancanze dei media vengano stabilite in diversi distinti casi, ognuno dei quali suggerisce grossi errori o una omissione grave da parte dei media. A quel punto le difese ideologiche non terranno più e quasi tutti riconosceranno con naturalezza che molte, forse tutte, le accuse rivolte ai media sono probabilmente vere, e questo determinerebbe un’enorme mancanza di credibilità per i media mainstream. Le difese di credibilità dei media potranno essere saturate e battute.
Il punto cardine è che tutti i vari episodi dovranno essere presentati come casi di verosimiglianza e indicativi delle carenze dei media piuttosto che essere provati o necessariamente come questioni importanti di per sé. Mantenendosi distaccati e un po’ agnostici rispetto ad un particolare soggetto, c’è poco rischio di essere etichettati come fanatici o monomaniaci per averne sollevato molti.
La mia rubrica American Pravda e il periodico on line Unz Review a titolo di esempio
La strategia politico/mediatica su descritta è quella che ispira i miei articoli della rubrica American Pravda e sul periodico on line Unz Review.
Per esempio, nel primo articolo della rubrica American Pravda del 2013, ho messo in evidenza più di una mezza dozzina di errori mediatici, tutti oggi universalmente riconosciuti: il crollo di Enron, le Armi di Distruzione di Massa (ADM) della guerra in Iraq, la truffa Madoff, le spie della Guerra Fredda e diversi altri. Una volta preparato il terreno presentando questo schema riconosciuto di errori rilevanti, dimostrando che si giustificava una certa diffidenza, ho poi esteso la trattazione a tre o quattro altri esempi importanti, nessuno dei quali ancora riconosciuto, ma tutti perfettamente plausibili. Di conseguenza, l’articolo ha forse ricevuto un’abbastanza buona attenzione, compreso da parte dei media mainstream, che sono spesso disposti a riconoscere gli errori del loro ambiente, purché presentati in modo convincente e responsabile.
In seguito, ho scritto ogni tanto qualche altro articolo, alcuni più completi di altri, e adesso avvio una rubrica regolare.
Gli esempi McCain/POW della rubrica illustrano compiutamente quanto ho scritto sopra. La guerra del Vietnam è finita quarant’anni fa, i prigionieri di guerra sono probabilmente tutti morti da decenni, e perfino John McCain è al crepuscolo della sua carriera. L’importanza pratica di sollevare uno scandalo o di fornire prove è praticamente nulla. Ma se si diffonde l’idea che i nostri media hanno coperto uno scandalo di tale importanza per anni, la credibilità dei media subirà un colpo devastante. Diversi colpi del genere e sarà per loro la rovina. Nel frattempo i potenti interessi che in passato hanno ispirato la narrativa ufficiale su quel tema sono da tempo svaniti, e la narrativa ortodossa ha oramai pochi difensori nei media, e ciò accresce considerevolmente la probabilità di una vittoria.
Una strategia simile in ambito più largo viene applicata dal mio periodico on line di media alternativi Unz Review, che ospita molti scrittori, cronisti e blogger diversi, che tendono tutti a mettere in discussione la narrativa mediatica dell’establishment in materie e con modi diversi, alcuni perfino contraddittori. Sollevando seri dubbi sulle omissioni ed errori dei nostri media mainstream in tanti ambiti differenti, l’obiettivo è di indebolire la credibilità percepita dei media, e questo spinge i lettori a ritenere che importanti elementi della narrativa convenzionale possano essere completamente infondati.